Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 February 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa

L’UNIONE SARDA
 
LA NUOVA SARDEGNA

1 – L’Unione Sarda
Pagina 51 - Cultura
Così funzionava l’inferno dei nazisti
Campi di sterminio e di concentramento, come Mauthausen  
Olocausto. Per il Giorno della Memoria lo storico Enzo Collotti all’Università di Cagliari
 
I nazisti cominciarono ad aprire i lager appena preso il potere nel 1933. Il primo fu Dachau. Poi seguirono Buchenwald (’37), Flossenborg e Mauthausen (’38), Ravensburg (’39) e quindi con la guerra il più grande di tutti: Auschwitz-Birkenau, per la soluzione finale degli ebrei. Tra campi principali e sottocampi gli storici ne hanno censito quasi diecimila, sparsi su tutta la Germania e i paesi occupati. Furono costruiti secondo due criteri: uno territoriale, l’altro pensando alla specializzazione. A Ravensburg solo donne, a Dachau i politici tedeschi e tutti i prelati di ogni confessione, a Mauthausen i nemici irriducibili del Terzo Reich, i prigionieri ritenuti "irrecuperabili" dai nazisti e per questo destinati a morte certa. Una cosa erano i campi di concentramento, dove finirono i prigionieri di guerra e furono rinchiusi 600 mila soldati italiani dopo l’8 settembre, un’altra i campi di sterminio creati con lo scopo di eliminare gli ebrei, gli zingari, i russi e tutte le popolazioni che rientravano nel piano razzista di Hitler. Nei primi, pur in condizioni di prigionia spaventosa (affamati, pestati, al gelo e soprattutto utilizzati come schiavi per l’industria bellica nazista) i reclusi avevano qualche debole speranza di sopravvivenza. A Mauthausen morì il 57 per cento dei prigionieri, oltre la metà dei 280 mila che finirono oltre il muro del campo austriaco. Nei lager dello sterminio, invece, la sopravvivenza poteva durare qualche mese, ma il destino delle camere a gas era segnato sin dall’arrivo. La terrificante macchina bellica nazista creò un universo concentrazionario efficiente, un vero inferno in terra, che divorò milioni di vite umane.
«Oggi che gli ultimi testimoni scompaiono per l’età anagrafica, è quantomai importante conservare la memoria di una pagina così tragica della storia del secolo scorso», dice Enzo Collotti, docente dell’università di Firenze e uno dei maggiori storici della Resistenza. A Cagliari, in un’affollata aula magna del corpo aggiunto della Facoltà umanistiche, spiega agli studenti il valore del ricordo di fronte ai revisionismi, alle negazioni dell’Olocausto, ai tentativi di cancellare le prove e i documenti della tragedia nazista. In occasione del seminario per il Giorno della Memoria, organizzato dal Dipartimento di storia della facoltà, dall’Issra, dall’Istituto Scano (presenti gli storici Francesco Atzeni, Claudio Natoli e Luisa Maria Plaisant), Collotti interviene su un argomento sconvolgente, non abbastanza noto e studiato. Gli studenti ascoltano con attenzione mentre scorrono le immagini del campo di Mauthausen: la mappa delle baracche, il vicino castello dove venivano uccisi i disabili nel folle piano di eugenetica, la scalinata simbolo del massacro. «Difficile dire perché i prigionieri erano costretti ad andare su e giù portando sulle spalle pesanti massi di granito. Forse per puro sadismo, per fiaccare le poche forze rimaste», sottolinea il docente. Niente veniva lasciato al caso dai meticolosi carnefici. «Mauthausen cominciò a riempirsi anche di ebrei quando nel novembre del 1944 Himmler ordinò di chiudere Auschwitz e tutte le camere a gas, sperando di rifarsi una verginità agli occhi degli alleati. Così i lager polacchi furono svuotati e centinaia di miglia di ebrei costretti alle assurde marce della morte. Molti morirono lungo il cammino».
Nei giorni di rievocazione dell’Olocausto è doveroso conoscere i vari aspetti dello sterminio. «Pensate che un paesino vicino a Mauthausen, che accoglieva uno dei sottocampi con i deportati costretti ai lavori forzati, dopo la guerra è stato ricostruito esattamente sopra il lager. Così molte case hanno le fondamenta sui basamenti delle vecchie baracche. Un gruppo di ex prigionieri spagnoli e francesi ha comprato il terreno su cui c’erano gli ultimi resti dei forni crematori e ci ha fatto un piccolo museo perché l’amministrazione pubblica non voleva più saperne», afferma Collotti: «Il problema della memoria è importante, bisogna impedire che le reliquie dei lager siano distrutte. L’unica arma di resistenza civile per i prigionieri era quella di sopravvivere e di aiutare i compagni. E i superstiti sono il simbolo della vittoria sul male assoluto».
CARLO FIGARI
2 – L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cronaca di Cagliari
Viale La Playa. Le ragioni della bocciatura nel Protocollo d’intesa siglato nel 2006
Il no al Campus? Eccesso di volumetrie
La Regione si impegnò a ridurle, ma poi le ha aumentate  
Su Wikipedia il progetto del Campus universitario di Cagliari compare già tra le opere dell’architetto Paulo Mendes da Rocha
 
Su Wikipedia il progetto del Campus universitario di Cagliari compare già tra le opere di Paulo Mendes da Rocha, assieme ad altri progetti importanti, come il Padiglione brasiliano della Fiera Internazionale di Osaka e il Museo d’Arte di Campinas, che nel 2006 gli sono valsi il premio Pritzker, una sorta di Nobel dell’architettura.
«Non ancora costruito», è precisato. Chiarimento opportuno. Perché è probabile che l’opera concepita dalla matita dell’ottantunenne architetto brasiliano non veda mai la luce. Per una ragione che forse va al di là delle letture politiche «inoppugnabili», di questi giorni: l’eccesso di cubatura.
Il problema vero, insomma, è il cemento. Ed è politicamente paradossale che il centrodestra sia fermo sul rispetto delle regole e il centrosinistra legittimi un consistente aumento di volumi, seppure griffati da Rocha.
IL PROGETTO DI EDILIA Il progetto originario, quello realizzato dalla società Edilia e oggetto di un Programma integrato d’area approvato dal Comune il 2 aprile del 2003, prevede 95 mila metri cubi e la cessione gratuita al Comune del Silos vecchio della semoleria, da ristrutturare. Il 2 maggio del 2005 Edilia ottiene la concessione edilizia ed è pronta a realizzare circa mille posti letto per gli studenti fuori sede.
INTERVENTO REGIONALE Poi entra in ballo la Regione. Il 9 agosto del 2006 viene siglato un protocollo d’intesa col Comune che prevede che il Campus ...«potrà essere dimensionato in riduzione rispetto alla potenzialità volumetrica e con soluzioni tali da aumentare le aree verdi». Il progetto di da Rocha, al contrario, porta i volumi a circa 165 mila metri cubi e non prevede verde. Più mattoni e meno spazio per gli studenti (14 metri secondo il centrodestra, 20 secondo l’Ersu). Come mai? «Per compensare gli standard urbanistici la Regione si impegnò ad acquisire alcune aree attigue delle Ferrovie, ma non lo fece», ricordano nel centrodestra. «Il progetto fu presentato anche in Consiglio comunale ma nessuno disse nulla. Eppoi gli Accordi di programma servono proprio a derogare dagli standard urbanistici», obietta il centrosinistra. Fatto sta che il sindaco e il presidente della Regione nel marzo del 2008 firmano l’Accordo di programma, che il Consiglio non ratifica. Soldi sacrificati a cieche logiche di schieramento, come sostengono nel Pd? Probabilmente solo un banale rispetto delle norme, replicano dal Pdl. (f. ma.)

 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 34 - Nazionale
«Mezzo milione di euro all’ateneo» 
Il presidente della Provincia Deriu punta dritto alla Fondazione 
Camera di commercio, anche Pisano ci mette altri 120 mila euro 
NINO BANDINU 
 
NUORO. Dalle parole ai fatti. La Provincia mette in bilancio 500 mila euro per l’università nuorese. Lo ha deciso venerdì con una delibera di consiglio. La somma servirà a sostenere il progetto di una «Fondazione» che andrà a sostituire, nelle intenzioni della Provincia e di alcuni altri enti, il tradizionale Consorzio universitario composto da Provincia e Comune di Nuoro.
 Dalle parole ai fatti, ma se anche il Comune lo vuole. Le cose stanno anche in questo modo, perchè il sindaco Zidda e il consiglio comunale di Nuoro non hanno sciolto il nodo: cioè non hanno ancora deciso se aderire o meno all’idea della Fondazione. Anzi, su questo c’è da dire che il Pd nuorese discute sulla “forma” da adottare per la gestione dell’ateneo. Insomma, non ha deciso ancora che pesci prendere. In questo clima va quindi inquadrata l’azione istituzionale e contabile della Provincia con i 500 mila euro messi in bilancio per l’università. Da non trascurare inoltre il fatto che l’iniziativa cade in piena campagna elettorale. Il presidente Roberto Deriu ha comunque deciso di andare avanti e stando a una nota avrebbe anche telefonato ai rettori delle Università di Cagliari e Sassari, Pasquale Mistretta e Alessandro Maida, per definire «tempi e modi di una riunione operativa» da effettuare nei prossimi giorni.
Anche l’assessore provinciale all’università, Franca Carroni, interviene per dire che l’Università rappresenta il più importante «strumento di sviluppo per questa provincia» sul quale si è deciso di investire «una parte importante delle nostre risorse». Insomma per la Carroni si è scritta una «pagina fondamentale per l’Università» e per la città di Nuoro. Infine un messaggio al sindaco Zidda. «Auspico - ha concluso Carroni - che così come ha fatto la Camera di Commercio, che ha messo di suo 120mila euro, anche le altre istituzioni, prima fra tutte proprio il Comune di Nuoro, ci affianchino in questo cammino». Insieme all’assessore Carroni ha espresso la sua soddisfazione anche la presidente della Commissione provinviale Pubblica istrauzione, Caterina Loi, che ha detto: «Facciamo nostre le esperienze di altri territori, Trento, Mantova, Vicenza, Benevento, Belluno che proprio grazie a Fondazioni costituite dalla province hanno visto le loro università crescere e diventare perni dello sviluppo economico e sociale».
Pronto anche il commento del presidente della Camera di Commercio di Nuoro, Romolo Pisano, che ha voluo sottolineare questo passaggio: «Come Camera di commercio - ha detto - abbiamo subito creduto al progetto, versando 120mila euro: il mondo economico, imprenditoriale e produttivo delle province di Nuoro e Ogliastra durante tutte le riunioni ha fortemente appoggiato il progetto di rafforzamento dell’università a Nuoro, decidendo di investire il proprio denaro. Continueremo a farci promotori dell’iniziativa, perché l’università rappresenta davvero un’arma contro lo spopolamento e dunque un’arma contro la crisi economica». Positivo infine, anche il giudizio del presidente della Lega cooperative di Nuoro, Totoni Sanna.
 Ora non resta che attendere e capire in che direzione si muoverà il Comune di Nuoro e tutto il Pd. Non solo, ma bisognerà anche aspettare che che passi la nuttata elettorale, per capire che succederà a all’università in agonia.
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 13 - Cagliari
Un salto indietro verso la preistoria del territorio 
Sinergia Università-Geoparco per studiare Tanì, Monte Casula e Su Carroppu 
Un anno di lavori e indagini scientifiche con gli archeologi 
LAURA SANNA 
 
 IGLESIAS. L’uomo, le grotte e la roccia: un salto indietro nel tempo di ottomila anni alla ricerca delle tracce degli insediamenti del Neolitico antico nel Sulcis Iglesiente. È l’obiettivo primario di una campagna di scavi che si svolgerà a Tanì, Monte Casula e Su Carroppu che durerà un anno: a coordinarla sarà la professoressa Giuseppa Tanda.
 Giuseppa Tanda è docente di preistoria e protostoria all’Università di Cagliari e direttrice del Centro interdipartimentale per la preistoria e protostoria del Mediterraneo dell’Università degli studi di Cagliari, mentre a finanziare il progetto è stato il Parco geominerario.
 Ieri mattina, a villa Monteverdi - sede del Consorzio del parco geominerario - è stata firmata la convenzione tra l’Università di Cagliari e il Parco per avviare gli scavi: i lavori dovrebbero cominciare entro maggio e dureranno un anno. Si svolgeranno parallelamente a quelli che Giuseppa Tanda condurrà a Santadi, presso Monte Meana, e coinvolgeranno anche esperti locali, come i soci del Cissa e Luciano Alba, ispettore onorario della Soprintendenza che in zona si è occupato di censire tutte le aree in cui sono affiorati reperti. In particolare si scaverà a Monte Casula, Tanì e Su Carroppu ed è la prima volta che si parla di indagini scientifiche in provincia, se si esclude la necropoli di Su Stangioni, a Portoscuso, dove la ricerca era legata a ragioni contingenti (in una cava erano emersi reperti importanti). Molto è stato mappato, ma nessun sito individuato in superficie è stato prima scavato e proprio partendo da questo fatto è nata l’idea del progetto. «Qualche mese fa abbiamo cominciato a discutere con la professoressa Tanda della necessità di condurre qui una campagna di scavi - ha detto Giampiero Pinna, commissario straordinario del Parco Geominerario - e abbiamo pensato a una convenzione per finanziare i lavori: il Parco stanzierà novantamila euro che serviranno per sostenere i costi vivi della ricerca, ma il lavoro dell’Università varrà tre volte tanto, dato che i ricercatori saranno studenti specializzandi e volontari».
 «E’ da più di un anno che parliamo della necessità di indagini sulla preistoria nel Sulcis Iglesiente - aggiunge Tanda - perché qui sono emerse tracce importanti della presenza dell’uomo del Neolitico antico: il nostro obbiettivo è capire tutte le caratteristiche della civiltà neolitica nell’isola nel momento in cui è apparsa: è necessario capire se è stata importata da popoli orientali o è il risultato del rapporto tra questi popoli stranieri e comunità già presenti in Sardegna. Se riuscissimo a dimostrare la seconda ipotesi dimostreremo anche che nell’isola c’è stato un Mesolitico».
 L’indagine porterà dunque i futuri archeologi sulle tracce del Neolitico antico - sesto millennio avanti Cristo - il momento di formazione di questa cultura e i risultati saranno rapportati e ciò che dello stesso periodo è emerso in Italia e in tutta l’Europa mediterranea, «più si ampliano i termini del confronto - continua Tanda - più sarà chiara la specificità dell’isola che noi studiamo come parte di una grande regione che comprende anche Italia centro-occidentale, Corsica e Baleari: la definiamo regione tirrenica del Cardiale (dalla conchiglia con cui si decoravano le ceramiche)». Oltre agli scavi in grotta si spera anche di poter avviare le indagini sui villaggi preistorici all’aperto, «sarebbero interventi urgenti - conclude Tanda - per salvaguardare questi luoghi dalle speculazioni e devastazioni, perché conoscerli è un diritto di tutti».
 

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