Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 January 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
L'UNIONE SARDA
2 - Come si misura uno Stato di diritto, un commento di Leonardo Filippi
 
LA NUOVA SARDEGNA

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 16
Comune. Il progetto dell'Ersu prevede volumetrie per 160 mila metri cubi contro i 95.000 dell'intesa
La Giunta boccia il campus universitario
Affossato l'Accordo di programma con la Regione: «Troppo cemento»
Dopo gli stop sui progetti di Sant'Elia (il museo del Betile e il Concept master plan) ora salta anche l'intesa sul campus di viale La Playa
 
L'accordo di programma del marzo 2008 tra Comune di Cagliari e Regione può essere ormai considerato carta straccia. Dopo gli stop sui progetti che riguardavano Sant'Elia (il museo del Betile e il Concept master plan) ora salta (forse) definitivamente l'intesa sul campus universitario che sarebbe dovuto sorgere sulle ceneri della semoleria Sem di viale La Playa.
LA DECISIONE A decretarlo è stata ieri mattina la Giunta comunale, che ha espresso parere negativo sulla proposta avanzata dall'Ersu (Ente regionale di assistenza agli studenti universitari) per la realizzazione di nuove residenze. L'assessore all'Urbanistica Giovanni Campus ha spiegato che le cubature indicate nella proposta sarebbero risultate molto superiori a quelle fissate nel protocollo d'intesa a suo tempo sottoscritto dal sindaco Emilio Floris con la Regione: «Una dimensione che a nostro avviso non è compatibile con il benessere degli studenti, destinatari dell'intervento. E che configura più che un campus universitario una residenza caratterizzata da una forte concentrazione e da una scarsa integrazione con il contesto».
IL PROGETTO In sostanza l'amministrazione comunale contesta all'Ersu di aver realizzato un progetto che prevede volumetrie difformi rispetto a quelle concordate prima nel protocollo d'intesa firmato nel 2006 e poi nell'accordo i programma del 2008: «Ci eravamo accordati per un campus che, secondo il progetto, avrebbe dovuto prevedere non più di 95 mila metri cubi - ricorda l'assessore Campus - mentre quello più volte portato alla nostra attenzione dall'architetto brasiliano Paulo Mendes da Rocha (incaricato dall'Ersu in accordo con la Giunta regionale) ne prevedeva 160 mila. Quando lo abbiamo fatto notare ci sono state opposte questioni tecnico-interpretative che facevano scendere gli indici. Ma in ogni caso si arrivava a 140 mila. Una volumetria decisamente “impattante” con un contesto come quello nel quale si sarebbe dovuta integrare».
L'INTEGRAZIONE La giunta comunale ha contestato anche il merito e non soltanto la forma della proposta progettuale: «Ci sono rilevanti aspetti urbanistici che ci hanno portato a ufficializzare il diniego - prosegue l'assessore - considerando che i 160 mila metri cubi si sarebbero dovuti sviluppare su una superficie di poco inferiore ai due ettari, facendo due conti si evince che per ognuno dei 1600 studenti che l'Ersu pensava di sistemare in questa nuova struttura ci sarebbero stati a disposizione appena 13 o 14 metri quadri. Non certo uno spazio degno di un campus ma piuttosto di un dormitorio o, nella migliore delle ipotesi, di un albergo». Con conseguenti ricadute dal punto di vista non solo ambientale ma anche sociale: «Non possiamo nasconderci che in una città di appena 160 mila residenti i 40 mila iscritti all'università rappresentano un motore di sviluppo non solo economico ma anche e soprattutto culturale - conclude Campus - noi crediamo che la presenza degli studenti fuori sede debba essere distribuita in tutto il tessuto cittadino e dunque siamo contrari a una concentrazione tanto ampia in una sola zona».
LE CONSEGUENZE La decisione assunta ieri dalla Giunta comunale farà certamente discutere sia in ambito locale che regionale: l'effetto è quello di azzerare le intese assunte prima a luglio del 2006 e poi a marzo del 2008 dal sindaco Emilio Floris e dall'ex presidente della Regione Renato Soru, che si erano impegnati a ridisegnare pezzi di città. Prima della firma di quell'accordo c'erano stati 31 tra passaggi burocratici e istituzionali.
L'ACCORDO Economicamente il patto prevede investimenti per 180 milioni, euro più, euro meno. In ballo c'era, oltre al recupero dell'ex area industriale di viale La Playa, la completa qualificazione del quartiere di Sant'Elia e la realizzazione del museo Betile. Progetti che, prima di vedere la luce, dovranno aspettare ancora a lungo.
ANTHONY MURONI
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 35 - Commenti
nell'olimpo informatico
Come si misura uno Stato di diritto
di Leonardo Filippi*  
 
Come ha scritto un giurista al di sopra di ogni sospetto, come Giuliano Vassalli, c'è solo da sperare che le dimensioni dello scandalo nato dal cosiddetto archivio Genchi (il consulente informatico del pubblico ministero De Magistris, che ha allestito un imponente dossier di tabulati telefonici) siano inferiori a quelle finora trapelate, e cioè circa 350.000 persone non indagate eppure controllate nei loro contatti telefonici. È vero che non si tratta di intercettazioni in senso proprio, perché con queste si capta il contenuto delle conversazioni, mentre con i tabulati telefonici o telematici, più semplicemente, si acquisiscono i cosiddetti dati esterni alla comunicazione (numero e utente chiamante, quello chiamato, loro localizzazione, data e durata della comunicazione), ma si tratta, pur sempre, di attività lesive della segretezza delle comunicazioni. Infatti la Corte costituzionale, sin dal 1993, ha affermato che "in forza dell'art. 15 della Costituzione, va riconosciuto il diritto di mantenere segreti tanto i dati che possono portare all'identificazione dei soggetti della conversazione, quanto quelli relativi al tempo e al luogo dell'intercorsa comunicazione".
Pertanto, se fosse vero, ci troveremmo, come ha detto il presidente del Consiglio, davanti al più grande scandalo della nostra storia repubblicana. Si sarebbe consumata un'illegittima, anzi un'illecita, intrusione nella riservatezza di persone non inquisite, col rischio di strumentalizzazioni o addirittura di estorsioni a loro danno (si ricordi il non lontano precedente del dossier Telecom).
Tale abuso è stato possibile per l'estrema vaghezza della legge. Attualmente e fino al prossimo 31 marzo vige una disciplina transitoria, ma il Codice della privacy, in attuazione della direttiva N. 2006/24/CE ("direttiva Frattini"), ha di recente allineato le norme sulla retention dei cosiddetti "dati di traffico" a quanto richiesto dall'Unione europea, dimezzando i tempi di conservazione: per finalità di accertamento e repressione dei reati, i dati relativi al traffico telefonico devono essere conservati dal gestore per non più di 24 mesi e 12 mesi per il traffico telematico, dalla data della comunicazione. Entro tali termini, i dati sono acquisiti presso il provider con decreto motivato del pubblico ministero, mentre in precedenza i dati erano acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice. Ed è proprio qui che sta il principale difetto: la tutela della privacy è affidata al pubblico ministero che svolge le indagini, anziché al giudice, come dovrebbe essere ovvio in un processo accusatorio, nel quale il pm è una parte come il difensore e soprattutto come impone l'articolo 15 della Costituzione. È veramente paradossale che in tempi in cui si propone di affidare l'autorizzazione all'intercettazione anziché al giudice monocratico, come oggi, a un collegio di tre giudici (il che però comporterebbe mille complicazioni organizzative), si lasci invece lo strumento dell'acquisizione del tabulato nelle mani esclusive del pm, senza nemmeno possibilità di controllo davanti al tribunale delle libertà.
Come ha giustamente scritto Vassalli, la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, qualora fosse attuata, servirebbe a rendere più rispettosi delle reciproche competenze, meno confidenziali, i rapporti tra il Gip che deve decidere se autorizzare le intercettazioni (e in futuro, si spera, anche i tabulati) e il pm che le richiede. Si aggiunga che i presupposti per l'acquisizione del tabulato sono quanto mai evanescenti, essendo prescritto dalla legge un generico riferimento a finalità di accertamento e repressione dei reati.
Inesistente invece il ruolo del difensore dell'imputato o della persona sottoposta alle indagini, che può soltanto richiedere, direttamente al fornitore, i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito con le modalità previste per le investigazioni difensive per la richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione. Ma si tratta di facoltà del tutto inutile e superflua, giacché il titolare dell'utenza può richiedere direttamente i propri tabulati, senza necessità di ricorrere al difensore.
Ecco allora che una disciplina legislativa più rispettosa della Costituzione e del "giusto processo" servirebbe a evitare che l'uso investigativo dei tabulati, pur indispensabile, possa diventare l'occasione per mettere il naso nella privacy di cittadini estranei alle indagini. In fondo, è proprio qui che si misura lo Stato di diritto.
*Università di Cagliari

 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Il Comune boccia il campus dell’Università 
Le quattro delibere in giunta: «passano» il piano regolatore del porto e Su Stangioni 
Motivo: c’è troppo cemento e non si integra col tessuto urbano attorno 
L’assessore Mongiu: «Così il capoluogo volta le spalle a tutta la Sardegna» 
 
CAGLIARI. Poker di superdelibere ieri in Comune. La giunta ha approvato il piano regolatore del porto, lo studio per sistemare la zona di Su Stangioni e quindi mettere in moto l’edilizia popolare, il piano di utilizzo dei litorali (sul quale si decideranno quante concessioni resisteranno nelle spiagge), infine ha bocciato il campus dell’Ersu nell’ex semoleria. Attenzione alle parole: nella delibera si parla di residenza universitaria, non di campus. Perché secondo il Comune quello dell’Ersu è un albergone bellissimo da 1.600 persone dove, su 2 ettari, per ogni studente non ci sarebbero più di 10 metri quadri.
 L’assessore all’urbanistica Gianni Campus spiega che «si può perfezionare il degnissimo progetto di realizzare nell’ex Semoleria un luogo per studenti», ma che «bisogna rivedere l’impostazione e la quantità» del progetto. Tutto, insomma. Perché secondo il Comune, così concepito, il progetto costruisce residenze per studenti senza spazi e senza scambi con la città attorno (il porto e la via Roma). Inoltre il progetto sostenuto dall’Ersu non terrebbe conto delle necessità patrimoniali, quindi erariali, del Comune perché non si è trovato un accordo su cosa dare in cambio alla città una volta cancellato il silos che, nel progetto precedente sulla stessa zona (con la società Edilia), doveva diventare un edificio comunale destinato ad archivio. «Il progetto Ersu in sé è bellissimo - dice Campus - ma bisogna capire che un corpo sociale come quello degli studenti e il grande porto, fisicamente proprio lì adesso ridisegnato dal piano regolatore, non possono non integrarsi, non si può progettare la città per incidenti successivi. Nell’ex Semoleria si sta disegnando un pezzo di città, non si può creare segregazione ulteriore: Cagliari gli studenti li deve vedere, non sistemarli in un ricovero seppure di lusso». Con il no al progetto dell’architetto brasiliano Paulo Mendes da Rocha, viene dato un altro colpo a uno dei temi residui dell’accordo di programma Regione-Comune, bocciato dal consiglio comunale con uno strascico di polemiche nella maggioranza di centrodestra (il sindaco l’aveva firmato, la sua coalizione gliel’aveva bocciato). Di quell’accordo facevano parte la riorganizzazione degli uffici della Regione lungo l’asse viale Trieste-viale Trento; il cosiddetto studentato (perché Cagliari si accorgesse finalmente dei 40 mila ragazzi che la tengono lontana da morte sicura); la resurrezione di Sant’Elia. L’idea di costruire un accordo era buona perché, data la vastità degli argomenti, era ragionevole credere che sarebbe stato più facile trovare il modo di equilibrare gli aspetti patrimoniali: la Regione investiva molto e chiedeva molto, al Comune bisognava restituire molto. In attesa di leggere la delibera della giunta, l’assessore regionale alla Pubblica istruzione, Maria Antonietta Mongiu, non nasconde il suo stupore: «Sono impressionata, mille volte ci siamo incontrati... c’è il progetto di un grande architetto per l’università, per gli studenti, cui in passato si rifilava l’invenduto e questa è la risposta del capoluogo? La risposta alla Sardegna: perché gli studenti a Cagliari vengono da tutta l’isola...». C’è il problema delle cubature in eccesso: «C’è un problema di numeri, gli studenti sono un certo numero, è meglio quindi che una parte di loro resti ostaggio di chi affitta in nero? Devono avere il coraggio di dire che non lo vogliono fare, Cagliari volta le spalle alla Sardegna, alla società della conoscenza, al futuro».
 Sulle altre delibere varate ieri mattina: Cagliari diventa una città portuale; lungo l’asse nord-est nascerà un quartiere per 2.600 persone con strade, servizi pubblici e senza rischi idrogeologici (alluvione).
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Appello dei medici al convegno della Fidapa 
Necessaria una banca regionale per il cordone ombelicale 
 
SASSARI. Guarire con le cellule staminali si può. Soprattutto se contenute nel cordone ombelicale, fonte preziosa di cellule generatrici di globuli rossi, bianchi e piastrine. La donazione del sangue cordonale al momento della nascita, rappresenta oggi una delle strade importanti da percorrere nelle terapie oncologiche, nella speranza di sconfiggere malattie che sino a pochi anni fa erano gravate da altissimo tasso di mortalità. Il 40/50 per cento dei pazienti affetti da leucemie e linfomi, per i quali è necessario il trapianto di midollo osseo, non dispone di donatore compatibile.
 Donatore né in ambito familiare, né tantomeno nei registri internazionali dei donatori volontari di midollo osseo: in questi casi il cordone ombelicale è in grado di sostituire il midollo in caso di trapianto. Un convegno organizzato dalla Fidapa di Sassari, è stata l’occasione per sviscerare un tema di grande attualità, attraverso una minuziosa analisi della gestione delle cellule staminali in campo medico. «Negli ultimi anni sono state messe a punto nuove strategie terapeutiche basate sull’utilizzo di cellule staminali totipotenti - ha spiegato Maurizio Longinotti, direttore della clinica di Ematologia sassarese - che, se prelevate alla nascita, congelate e conservate in apposite “banche” possono essere utilizzate per “riparare” organi e tessuti danneggiati”. Ma in che modo agiscono queste cellule all’interno dell’organismo? Immaginate gli scolari. Non sanno ancora cosa faranno da grandi, ma hanno dentro sé tutte le potenzialità per diventare ciò che vogliono: medici, architetti, avvocati o ingegneri. Così vale anche per le cellule staminali. Quelle che, rispetto alle sorelle cosiddette “differenziate”, non sono ancora specializzate. Non sanno ancora compiere nessuna funzione, ma hanno la possibilità di trasformarsi in cellule di organi o tessuti».
 «Il prelievo del sangue dal cordone ombelicale è un’operazione semplice - ha spiegato Salvatore Dessole, direttore della clinica di Ginecologia e Ostetricia dell’università - che non dà rischio o sofferenza né al neonato né alla madre, purchè effettuato nel rispetto delle norme igieniche e in ambienti altamente sterili». In questo contesto il ruolo dell’ostetrica è di fondamentale importanza perché a lei è affidato il compito di prelevare il sangue e adempiere a tutti gli impegni di carattere pratico ed organizzativo. «Abbiamo il dovere inoltre di promuovere la donazione - ha spiegato Anna Domenica Fiori, ostetrica presso la Asl di Nuoro - perché lo riteniamo un gesto di grande altruismo e generosità». Putroppo in Sardegna manca la banca del sangue cordonale. Nell’isola non è possibile donare il cordone ombelicale in modo solidaristico, ma solo attraverso una donazione autologa. Questo significa che ogni bambino potrà avere sempre a disposizione le sue stesse cellule. Il sangue cordonale sarà “affidato” a banche estere dietro pagamento di cifre consistenti. Perché non creare allora una rete regionale di raccolta che dia speranza ai malati?
Daria Pinna 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Nuoro
Malattie del sangue
videoconferenza dagli Stati Uniti 
 
 NUORO. Filo diretto con l’America, questo pomeriggio, durante il convegno «Meeting educazionale in tema di trombocitemia essenziale», nella sala conferenze dell’Ordine dei medici. Un appuntamento che prenderà il via sin dalla mattinata e che terrà impegnati i medici fino a questa sera. Un convegno scientifico di aggiornamento organizzato e coordinato da Attilio Gabbas, direttore del Dipartimento di medicina e dell’Unità operativa di ematologia e Centro trapianti di midollo osseo della Asl nº 3. Ad aprire i lavori sarà il direttore sanitario della stessa Asl, Roberto Atzeni, mentre a moderare gli interventi ci penseranno Maurizio Longinotti e Giorgio La Nasa, professori di Ematologia, l’uno nell’università di Sassari, l’altro in quella di di Cagliari. Il meeting prenderà il via con la relazione di Alessandro Vannucchi, ematologia dell’università di Firenze. Seguirà Laura Godio, anatomia patologica dell’ospedale Le molinette di Torino. Poi sarà il turno di Emanuele Angelucci, direttore Ematologia dell’ospedale Oncologico di Cagliari. Subito dopo prenderà la parola Luigi Arru, ematologia di Nuoro, presidente dell’Ordine dei medici Nuoro-Ogliastra, che parlerà di «L’alterazione dell’emostasi nella trombocitemia essenziale». La mattinata terminerà con una tavola rotonda in cui si discuterà e ci si confronterà su casi clinici complessi. Nel pomeriggio i lavori verranno aperti con una videoconferenza dagli Stati Uniti, in collegamento con Ruben Mesa, ematologo nella prestigiosa Mayo Clinic, Rochester (Minnesota), uno dei più autorevoli centri internazionali nella cura delle malattie del sangue, centro con cui da anni i medici dell’ematologia di Nuoro collaborano e dove alcuni di essi hanno effettuato stages di perfezionamento, grazie al contributo di un benefattore nuorese. Seguiranno le relazioni di Angelo Palmas, dell’ematologia di Nuoro, che parlerà della «Trombocitemia in gravidanza» e di Giovanni Barosi, università di Pavia, uno dei massimi esperti italiani sulle trombocitemie, con una relazione su «Siamo pronti per le nuove linee guida nella terapia della trombocitemia essenziale?».
 
 

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