Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 December 2008
Rassegna quotidiani locali
a cura dell'Ufficio Stampa
L'UNIONE SARDA
1 - I ragazzi italiani che fuggono all'estero, editoriale di Arturo Clavuot
 
LA NUOVA SARDEGNA

1 – L’Unione Sarda
Prima pagina
Una ricerca universitaria
I ragazzi italiani che fuggono all'estero
di Arturo Clavuot  
 
Sono nati dal '68 in avanti. Sono cresciuti nel comfort della classe media. Hanno studiato in buone scuole e spesso in ottime università. Parlano almeno un lingua straniera, talvolta due. Eppure, si rendono conto che hanno fatto e continueranno a fare una vita peggiore di quella dei loro genitori: con un lavoro precario e meno pagato, con case meno confortevoli, con minore possibilità di viaggiare, consumare e, perché non, divertirsi. Per questo lasciano l'Italia. Per questo raramente ritornano. Sono i mancati profeti in patria del nuovo secolo: ventenni, trentenni e quarantenni che la statistica definisce "emigranti qualificati", ma la dizione esatta e molto più cruda dovrebbe essere "cervelli in fuga". In fuga da un Paese che, di fatto, li obbliga a cercare migliori opportunità di formazione e di occupazione in nazioni dove la meritocrazia non è una parola vuota, la ricerca un limbo per pochi, l'Università un mondo inaridito dal nepotismo, i finanziamenti privati inesistenti perché la redditività del capitale investito è nulla. In fuga per scrollarsi di dosso un'etichetta che pesa: quella di "baby loosers", ragazzi perdenti, che i sociologi affibbiano loro alludendo ai "baby boomers", cioè al nomignolo con cui invece viene chiamata la generazione precedente, quella dei nati durante il "boom" economico che, tra la seconda metà degli anni '50 e la seconda metà dei '60, ha rimesso in piedi l'Europa dopo la guerra.
E' il quadro desolante che emerge dal "Rapporto italiani nel mondo" appena pubblicato. L'indagine, elaborata anche coi dati di Almalaurea, il consorzio dei più importanti atenei italiani, ripropongono in modo preoccupante il fenomeno che da anni prosciuga le migliori risorse umane del nostro Paese. In sintesi, più della metà dei connazionali all'estero (il 54 per cento, quasi due milioni) è oggi costituita da giovani al di sotto dei 35 anni. Di questi, oltre due su cinque (860mila) hanno un'età compresa tra i 18 e i 24 anni e più di un quarto (547mila) appartengono alla fascia compresa tra i 25 e i 34 anni. Un esercito,insomma, concentrato per oltre il 60 per cento nel solo Continente, sulla base di una scelta che non dipende solo dalla vicinanza geografica, ma dalle affinità culturali che permettono, grazie al supporto di programmi comunitari di scambio e di stage, maggiori possibilità di inserimento per giovani studiosi, ricercatori e professionisti.
Ma la vera aggravante - statistiche alla mano - è che in Europa, come nel resto dei Paesi ospitanti, la maggioranza dei giovani italiani occupati ritiene del tutto irrealistica la prospettiva di un rientro in patria. Un trend che riflette bene i profondi cambiamenti sociali di questi ultimi anni. Dimostrando che, scomparsa, la valigia di cartone simbolo dell'Italia poverissima che dal 1861 ad oggi ha inseminato il mondo con 28 milioni di emigranti, altre icone l'hanno di fatto sostituita: il titolo di studio, le speranze di una carriera gratificante, il sogno di una famiglia. Ma, nel profondo, la sostanza non cambia. L'una e le altre, ieri come oggi, rappresentano l'ultima spiaggia per chi non vuole arrendersi ad una società sempre più votata a ignorare gli sconti.
2 – L’Unione Sarda
Pagina 26 - Sulcis
Documento del Consiglio
Lauree a Monteponi
Il Comune vota contro il trasloco
   
Il Consiglio comunale crede ancora nella possibilità di evitare il trasferimento di Scienza dei materiali a Monserrato e sui docenti del corso di laurea (che sono favorevoli al trasloco) si abbattono le critiche del sindaco. Sono alcuni degli elementi emersi nel corso della riunione dell'assemblea civica convocata mercoledì sera per discutere del futuro dei corsi di laurea. Un appuntamento, cui hanno preso parte studenti e dipendenti dell'Ausi, che si è concluso con l'approvazione di un ordine del giorno con il quale il Consiglio impegna il sindaco e la giunta comunale a porre in essere tutte le azioni per garantire non solo la sopravvivenza, ma il potenziamento di Monteponi. La proposta del Consiglio è la nascita di un polo di eccellenza per lo sviluppo di ricerca e alta formazione a livello internazionale nel campo della Scienza e dell'Ingegneria dei materiali, ambiente ed energia, per realizzare concretamente l'intesa istituzionale tra Regione, Provincia e comuni di Iglesias e Carbonia, siglata a giugno.
Dal dibattito è emerso con chiarezza anche il disappunto di Pierluigi Carta nei confronti della delibera approvata nei giorni scorsi dal Consiglio di corso di laurea. «Non si era mai visto un atto del genere, quella dei docenti è una presa di posizione politica. Il riferimento del sindaco è al passaggio finale del documento con cui i docenti hanno deciso lo spostamento, a partire dal prossimo anno accademico, di Scienza dei materiali alla cittadella universitaria, pur garantendo le altre attività già in corso. «Il corso di studi - si legge nella delibera firmata da Anna Musinu, presidente del corso di laurea - fa notare che la prosecuzione delle attività previste garantisce la presenza dell'Università per un arco triennale e consentirà di verificare se, col rinnovo delle amministrazioni regionale e comunali e con nuove scelte politiche, si creeranno le condizioni per riconsiderare la presenza dell'Università nel Sulcis». Parole dalle quali traspare il malumore dei docenti per la scarsa attenzione dedicata a Monteponi, in modo particolare dalla Regione, ma anche dai soci che fanno parte del Consorzio Ausi. Questo è stato ribadito dagli insegnanti nel corso di una conferenza stampa convocata per annunciare il trasferimento del corso di laurea. Nonostante per i docenti la partita sia ormai chiusa, la mobilitazione continua. Per oggi, dalle 9.30 a Bellavista, gli studenti d'accordo con amministratori comunali e provinciali, hanno organizzato un'assemblea aperta.
CINZIA SIMBULA
3 – L’Unione Sarda
Cagliari – pagina 25
Ateneo. Studenti picchiati
Pestaggi in mensa, l'Ersu vuole lasciare il quartiere
   
Trasferire la mensa universitaria di via Premuda potrebbe avvantaggiare tutti: studenti e quartiere. È questo il pensiero di Christian Solinas, presidente dell'Ersu. Nonostante sia fiero della struttura edificata vicino a piazza San Michele ammette: «Sono disposto a cederla al Comune in cambio della possibilità di avvicinarla all'area didattica».
L'idea è stata proposta già da tempo. Ma è tornata viva più che mai in conseguenza agli ennesimi episodi di aggressione agli studenti avvenuti i giorni scorsi da parte dei balordi della zona. «Purtroppo - conferma Solinas - abbiamo a che fare con un quartiere dove esiste una forte emergenza sociale. Sentiamo parlare spesso di situazioni spiacevoli nelle vicinanze. Non possiamo nemmeno controllarle dato che avvengono lontano dalla mensa, in luoghi di passaggio per i giovani che tornano verso casa. La maggior parte dei quali si sposta a piedi o in pullman e non ha la possibilità di percorrere strade differenti».
Da qui un suggerimento all'amministrazione comunale. «Per far fronte a questi problemi non serve solo potenziare la vigilanza tramite l'impiego di forze dell'ordine. Sarebbe ottimo se venissero creati nuovi centri sociali o avviate attività di recupero. I locali che ora ospitano la mensa possono essere facilmente trasformati in uffici della circoscrizione, in centri d'incontro, sedi della Caritas o strutture accoglienti per altri tipi di ristorazione. Non solo: è così grande che può diventare anche un autoreparto della polizia municipale».
In cambio, «abbiamo proposto al Comune di concederci la possibilità di trasferirci in altre sedi, più vicine ai poli universitari. Oppure il via libera per realizzare il campus universitario che abbiamo progettato in via della Playa. Questo porterebbe anche a limitare il traffico cittadino, che nelle ore di punta viene appesantito dalle migliaia di giovani che si spostano dalle facoltà verso la nostra mensa, popolatissima durante tutta la settimana».
In questo modo, «potremmo edificare una struttura fatta apposta per diventare una mensa, non come questa. Sebbene ottima, di fatto è molto più grande di quella che ci serve. O almeno: gli spazi sono enormi ma non sono ottimizzati nella maniera migliore. L'edificio era stato costruito per accogliere tutt'altra attività», conclude ( st. co. )

 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 35 - Cultura e Spettacoli
A distanza di trent’anni dalla sua scomparsa l’Istituto sardo per la Storia della Resistenza pubblica tutte le sue opere 
Emilio Lussu, il grande capitano 
L’edizione sarà presentata oggi all’Università di Cagliari 
MANLIO BRIGAGLIA 
 
Finalmente, a più di trent’anni dalla sua morte, cominciamo a dare a Emilio Lussu quello che è di Lussu. L’Istituto sardo per la Storia della Resistenza e dell’Autonomia ha messo in cantiere la pubblicazione di tutte le opere del grande «capitano»: grazie a un finanziamento della Fondazione del Banco di Sardegna e alla voglia dei fratelli Ghiani di entrare nell’editoria sarda con un’opera di grande evidenza (e la sigla Aìsara che, per quanto richiami alle origini isilesi dei promoter, mi pare piuttosto difficile da acclimatare rapidamente nel marketing librario). Ecco così il primo volume della collana, sottotitolo «Da Armungia al Sardismo 1890-1926», a cura di Gian Giacomo Ortu, uno dei fedelissimi (appassionato ma non acritico) di questo autentico capotribù dei sardi. Il volume di quasi 600 pagine - sarà presentato questo pomeriggio a Cagliari nell’aula magna del rettorato dell’Università - si estende, peraltro, oltre il limite temporale indicato dal titolo, perché comprende anche le tre opere maggiori di Lussu, da «Marcia su Roma e dintorni», che è del 1933, a «Un anno sull’Altipiano», che è del 1938, a quel «Cinghiale del diavolo», scritto sul finire degli anni Trenta e che, per essere un semplice (semplice?) racconto di caccia ha dato tanto da fare ai critici. Il fatto è che «Il cinghiale del diavolo» rievoca l’infanzia armungese e i miti della società di pastori in cui Lussu visse la sua infanzia; che «Marcia su Roma e dintorni» racconta le vicende della vita di Lussu (e della Sardegna) negli otto anni 1919-1927 che vanno dalla fine della Grande guerra alla partenza per il confino di Lipari; e che «Un anno sull’Altipiano» è memoria dei terribili mesi dal giugno 1916 al luglio 1917 in cui Lussu e la sua Brigata combatterono la “scellerata” guerra cadorniana («la guerra è un macello permanente», dice il soldatino di Armungia, in breve licenza nel paese, alla madre dell’io narrante) sull’altipiano di Asiago. Dunque tutti segmenti di storia e di vita che ricadono in questi primi trentasette anni della vita di Lussu. Il libro è diviso in due parti, «La storia» e «La memoria». Nella prima parte è raccolta una straodinaria messe di documenti sulla carriera politica di Lussu: interviste, articoli, lettere ad altri dirigenti del Partito sardo d’Azione (ma anche a Gramsci e a Grieco), soprattutto interventi parlamentari, a partire dal breve discorso d’esordio (8 dicembre 1921) che, coinciso con il riconoscimento all’Irlanda dello status di Dominion, generò il primo equivoco sull’autonomismo sardo, destinato a durare a lungo. Sono gli anni della nascita del Psd’Az, di cui Piero Gobetti coglie subito la natura di grande partito contadino, dell’avvento al potere del fascismo - con le violenze squadriste anche in Sardegna, ma all’indomani della marcia su Roma -, delle convulse (e confuse) trattative astutamente guidate dal generale Gandolfo per portare i sardisti dentro il fascismo, con quelle due drammatiche settimane fra il 23 gennaio e il 3 febbraio del 1923 in cui sembra che Lussu non abbia capito bene che cosa è il fascismo e - magari sacrificandosi per la sopravvivenza del partito, come farà rimettendo il mandato di leader e dimettendosi anche da deputato - sia disposto ad accettare di stare insieme con quella stessa accozzaglia che Mussolini medesimo aveva chiamato «una compagnia malvagia e scempia», quindi la energica ripresa di consapevolezza che lo porterà ad essere, già prima delle elezioni del 1924, il capo riconosciuto dell’antifascismo sardo, in durissima polemica con gli ex sardisti che hanno cambiato casacca (c’è anche il duello con Enrico Endrich, 22 maggio 1925), l’ultimo discorso in Parlamento tre giorni prima del rapimento e l’assassinio di Giacomo Matteotti, l’Aventino, l’attentato alla sua vita (Cagliari, 31 ottobre 1926), l’uccisione del giovane fascista che tenta di penetrare nella sua casa-studio di Piazza Martiri, l’assoluzione della Corte d’Assise per avere agito in stato di legittima difesa (Lussu ricorderà sempre, anche nei discorsi nel Parlanento repubblicano, i coraggiosi giudici sardi che resistettero alle pressioni dall’alto che chiedevano la sua condanna), la partenza per il confino di Lipari, 23 ottobre 1927. La seconda parte comprende i due libri di memorie politiche e la novella «epica» del «Cinghiale del diavolo»: alla lettura dei quali ci accompagnano le ultime 35 pagine dell’ampia introduzione di Gian Giacomo Ortu, che ripercorre e sintetizza la storia della «fortuna» di Lussu come scrittore: un tema largamente discusso dalla critica italiana. non di rado perplessa di fronte ad un uomo (e ad una scrittura) difficili da inquadrare negli schemi consueti della nostra storia letteraria. Gian Giacomo è di professione accademica storico, e bravissimo storico - non c’è bisogno di dirlo -: eppure queste pagine, in cui gli tocca praticare lo statuto di una disciplina diversa come appunto la critica letteraria, sono esemplari per chiarezza di scrittura e lucidità di giudizio. Né più né meno di quelle dedicate alla vicenda politica di Lussu, che Ortu ha indagato più volte e che padroneggia con una sicurezza che conferisce ulteriore persuasività anche ai giudizi sugli snodi più discussi dell’azione di Lussu. E’ davvero un bell’inizio per una intrapresa che si annunzia lunga (quattro-cinque volumi) e impegnativa. E un bell’esordio nell’editoria “maggiore” anche per i fratelli Ghiani, introdotti dal rettore Mistretta, dal presidente del Consiglio regionale Giacomo Spissu e dal presidente della Fondazione del Banco di Sardegna Antonello Arru, dai professori Giovanni Falaschi (autore di un recente, acutissimo saggio su Lussu scrittore), Claudio Natoli, studioso dell’Italia politica contemporanea e Luisa Maria Plaisant, cui già dobbiamo la bella edizione di quella «Difesa di Roma» che Lussu aveva lasciato inedita.
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 12 - Gallura
«L’Ufficio ambientale apra in città» 
Pintus chiede di sfruttare al meglio la sede di farmacologia 
Sembra ormai segnato il destino dei corsi universitari tempiesi 
TONIO BIOSA 
 
TEMPIO. Sembra inesorabilmente destinato al tramonto il sogno dell’Università a Tempio. Questa, alla pari della quasi totalità delle altre sedi gemmate degli atenei di Sassari e Cagliari nell’intera isola, si avvia alla fine del suo funzionamento. Questo dovrebbe avvenire con la naturale conclusione dei corsi annuali e l’attribuzione del diploma di laurea agli attuali studenti frequentanti: un evento preventivato per la fine dell’anno accademico in corso. E il dopo? La questione è aperta.
 Sulla continuità delle sedi universitarie gemmate hanno pesato le ristrettezze finanziarie e la relativa politica dell’Amministrazione regionale, fortemente orientata verso il potenziamento delle due università storiche ed un più vigoroso sostegno al diritto allo studio. A Tempio erano stati aperti i corsi di Tecniche Erboristiche e Tossicologia dell’Ambiente, istituiti dalla facoltà di Farmacia dell’ateneo turritano e frequentati da giovani che hanno messo a frutto gli studi compiuti o migliorando le pregresse professionalità o intraprendendo attività connesse al settore. Ma l’agognata e forse illusoria avventura, dopo otto anni dall’inizio, va al capolinea.
 La questione dell’università è tornata in consiglio comunale, con un’interrogazione del consigliere di minoranza Nico Aisoni all’assessore competente Angela Masu. Il sindaco Antonello Pintus, che la questione ha dovuto affrontarla in Regione, supportato anche dal rettore dell’Università di Sassari Alessandro Maida sottolinea che «sul fronte della continuità della sede universitaria gemmata di Tempio purtroppo non ci sono novità rispetto a qualche mese fa della quale con rammarico abbiamo dovuto prender atto - ha spiegato -. Anche a Tempio quella che all’inizio si presentava come una conquista acquisita e duratura non ha resistito. Bisogna ora partire da questo dato per far sì che il patrimonio scientifico-tecnologico e conoscitivo non vada disperso, ma venga valorizzato. Noi le nostre proposte e le nostre richieste le abbiamo già fatte».
 Il patrimonio è dato dai laboratori e dalle apparecchiature di analisi di cui si è dotata la sede gemmata di Tempio, potrebbe esser riutilizzato. «Fra le proposte - riprende Antonello Pintus - la più rilevante e ricca di prospettive riguarda l’istituzione nei locali e nei laboratori della sede universitaria, dell’Ufficio di Controllo ambientale della nostra provincia. Questo genere di uffici è presente ancora solo nelle cosiddette province storiche ma dovranno pur esser aperti anche in quelle di nuova istituzione. Si sa che l’istituzione di nuovi uffici comporta oneri finanziari non sempre sostenibili. Ma a Tempio la questione sarebbe in parte immediatamente risolvibile data la disponibilità di locali e di attrezzature avanzatissime».
 
 

Questionnaire and social

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