Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 November 2008
Rassegna quotidiani locali

L’UNIONE SARDA
 
LA NUOVA SARDEGNA
 
ALTRAVOCE

1 – L’Unione Sarda
Cultura – pagina 43
L’epistemologo ha aperto ieri mattina a Cagliari il “FestivalScienza 2008”
Giulio Giorello, scienza è violare il senso comune
   
Una testa di capelli bianchi e due occhi azzurri pieni di simpatia verso il mondo. No, non è Giulio Giorello, il filosofo della scienza (e matematico) protagonista ieri mattina all’Exmà di Cagliari della prima giornata del FestivalScienza 2008. È Carlo Bernardini, fisico leccese di fama internazionale, componente della commissione ministeriale per lo sviluppo della scienza. In attesa del suo intervento (“Può crescere una democrazia senza competenze tecniche e scientifiche?”), in programma stasera, se la cava con una battuta: «Quanto sono contento che Giorello faccia una conferenza dal titolo “La scienza come dialogo delle culture”!. L’avessi detto io sarebbe stata l’ennesima dimostrazione dell’arroganza dei fisici». E poiché i fisici «sono anche pedanti» chiude con una preghiera agli studenti presenti: «Trasferite quello che sentite a un centinaio di persone. Qui dentro ci sono a occhio due milionesimi della popolazione italiana, se raccontate quello che raccogliete passiamo a due decimillesimi. Un dato che comincia a essere vagamente significativo...».
È ironico il professore, che più tardi esalterà l’intelligenza naturale dei bambini (contro l’ineffabile stupidità degli adulti). Ed è, a parità di ironia, meno amaro del collega cagliaritano Franco Meloni, direttore del Dipartimento di Fisica e vice presidente del Crs4, che ricorda come in tempi bui fossero i monasteri a custodire e trasmettere la cultura. «Ora avviene il contrario. Cerchiamo di uscire dalle torri universitarie per occupare (no, non si può dire) per vivacizzare le piazze. Assurdo dirlo nel 2008, ma ci sembra che ce ne sia bisogno, che ci sia bisogno di dire che la cultura scientifica è utile, che l’innovazione e lo sviluppo fanno bene alla nazione, che fare ricerca è produttivo anche economicamente non solo ecologicamente. Insomma, dobbiamo rispondere se siamo abbastanza democratici, intelligenti, utili, e continuiamo perché il nostro destino finché i tempi non cambieranno sarà sempre quello di portare la cultura».
È quello che fa egregiamente da molti anni l’associazione “Scienzaculturascienza”, che ha in Carla Romagnino uno dei rappresentanti più efficienti ed entusiasti. È proprio lei ad aprire il Festival, a sottolineare la crescita d’interesse del pubblico dei media e degli enti sostenitori, ad annunciare la volontà di coinvolgere il pubblico sul tema del dialogo tra scienza e società, dei legami forti tra scienza e musica, letteratura, arte, sport, ma anche su temi sociali e politici: il disagio giovanile, l’energia, la necessità della conoscenza per la crescita della democrazia. «Celebriamo la ricchezza e la varietà della cultura scientifica nei suoi collegamenti con la nostra vita e quella della società».
Varietà che torna, in tutte le sue sfumature, nel lungo, appassionato intervento di Giulio Giorello. L’allievo di Ludovico Geymonat, l’autore di tanti libri nei quali mostra il suo garbato scetticismo, esordisce con «un sentite bene là in fondo?» e già questo approccio parla di lui. Grande amante dei fumetti, prende esempio da un fumetto che ha appena notato, nelle sale dell’Exmà. Disegnato da Fabrizio Piredda con testi di Andrea Mameli, mostra due bambini che rompendo una lampadina e vedendo lo spettro newtoniano dei colori scoprono che la luce non è bianca. «Vedere questo aspetto profondo della luce non è facile, ha richiesto la rottura della lampada. Sapete che cosa significa questo? Che le nostre percezioni del mondo vanno spesso integrate con idee che non sono sempre alla portata di tutti, ma richiedono fatica». Bisogna violare il senso comune per far strada alla scienza, dice il professore agli studenti che seguono ogni sua parola. «Occorre fatica, e tensione concettuale. Solo così (e cita Hebb, Hume, Thomas Payne, Galileo) si giunge al sentire comune di una collettività che si riconosce nelle scoperte scientifiche».
Esalta il ruolo della comunicazione tra la scienza e le altre espressioni dell’intelligenza umana, Giorello, prende a esempio di grandi comunicatori Galileo, Newton, Darwin, Einstein, maestri capaci di servirsi anche del banale aneddoto per farsi capire. Affronta il tema del rischio dell’impresa scientifica, sottolinea l’importanza delle conquiste scientifiche che legano mondi diversi, ribadisce la positività dei dubbi degli scienziati. È dai dubbi che nascono nuove certezze.
«La funzione della controversia, lo scontro delle idee, la diversità intellettuale, il fatto che una immaginazione può essere diversa, tutta questa differenziazione è un bene, non un male, una ricchezza, un’occasione. La pluralità delle idee arricchisce l’impresa scientifica».
Quanto all’eresia della scienza, (che poi è l’ uncommon sense a lui così caro), «è la capacità della ragione di esercitare le proprie scelte senza che ci sia una autorità esterna che ci dica cosa dobbiamo fare». Dalla sfera sociale alla sfera privata: «Dobbiamo chiederci», ammonisce, «se questa autonomia non sia da estendersi anche alla vita personale: scegliere il modo di vivere, di sposarsi, di morire. Deplorevole relativismo? Per me non è così. C’è chi crede che chi ha un contatto privilegiato con la Verità possa decidere per tutti gli altri. Questo non avviene nell’impresa scientifica».
Ma non significa che tutto equivale a tutto! Anzi, è l’esatto contrario: se è vero che tutto ciò che è provato è stato immaginato non è vero che tutto ciò che è stato immaginato è stato provato. Ecco allora perché è importante l’esperienza, perché rompere metaforicamente la lampada per vedere che cosa è la luce è importante quanto l’ideazione dell’impresa.
Ma bisogna avere il coraggio di farlo. «C’è chi chiama questo coraggio “accanimento epistemologico”, eppure senza la sperimentazione continua non avremmo avuto Galilei, Newton, Darwin. Senza l’accanimento sperimentale non saremmo liberi come siamo. È questa la grande ricchezza della scienza, che va avanti usando i sensi e le macchine, sperimentando».
«Sapete che cosa diceva Francesco Bacone?», chiede ancora Giorello. «Che più che i tomi di Aristotele hanno cambiato il mondo la scoperta della polvere da sparo, della stampa e della bussola. Io aggiungo lavatrice, lavapiatti, calcolatore tascabile. La natura dell’impresa scientifica è un grande cammino di idee ma non solo».
Elogia la concretezza della verità (con la v minuscola), il professore. «Siamo macchine che interagiscono con macchine: e non abbiamo bisogno di pensare a una grande mente incorporea e immateriale. Anche la mente è un’attività dei nostri corpi. Ed è capace di interagire con il mondo non perché sia stata stata progettata da qualcuno, ma perché viene da un lungo, tormentato processo evolutivo».
Pone in primo piano il ruolo di una cultura scientifica che non si identifichi con una religione, un gruppo etnico, ma sia aperta a qualunque virtuoso voglia impossessarsi dei segreti della natura.
È l’antico programma della Royal Society, è il programma di qualunque impresa scientifica non bloccata da differenziazioni di settarismo. È la democrazia, l’impresa scientifica di civilizzazione nel senso più ampio del termine. «Le idee eccellenti sono tutte difficili quanto rare», dice citando Spinoza. «Ma la verità concreta è un progetto per il futuro. Una maggiore comprensione del mondo aumenta il nostro potere». E per quanto costi la scienza, ammonisce, «costa meno di quanto non sia costato imporre con la forza la propria religione, o la democrazia».
Il professore ha quasi concluso il suo appassionato excursus nel mondo della scienza: oltre l’esaltazione della multiculturalità, oltre l’importanza di una seria educazione scientifica nelle scuole («non la vedo in Italia, purtroppo»), resta l’elogio finale della perfezione dell’uomo: una macchina lenta, imprecisa, «ma capace di giocare sui margini».
MARIA PAOLA MASALA
2 – L’Unione Sarda
Cagliari – pagina 19
Una maratona di lezioni per strada
Università. Ripartono le manifestazioni contro i tagli: in piazza prof e studenti di tre Facoltà
   
Si sono presi un paio di giorni di tregua, ma da oggi ricominciano a fare sul serio, prendendo con una serie di lezioni da tenere all’aperto, per le vie della città, la rincorsa per la manifestazione fissata per questo venerdì. Gli studenti dell’università di Cagliari, insomma, rilanciano le loro azioni di protesta contro i tagli fissati dalla legge 133. Non nei modi clamorosi visti altrove (a Pisa, con gli asini, veri asini, portati ai piedi della torre pendente, o a Firenze, con gli iscritti di Scienze sociali a fare i lavavetri), ma con impegno.
Fatta salva, alle 11, una conferenza stampa indetta dagli studenti nell’aula C (occupata) della Cittadella di Monserrato, la novità più succosa di oggi viene dalla Facoltà di Lingue e letterature straniere, che vara un calendario ambizioso e lungo: ogni giorno, dalle 9 alle 13, con l’eccezione di venerdì, sabato e domenica prossimi, si farà lezione sulla terrazza del Bastione di Saint Remy. I protagonisti di oggi saranno Massimo Arcangeli, che parlerà del tema “Dai comizi di piazza all’agorà televisiva: il linguaggio della politica fra Prima e Seconda Repubblica”, lo scrittore Flavio Soriga che promette un “Pubblico Delirio”, Nicoletta Dacrema che illustrerà “La prosa silenziosa del primo Rilke” e Françoise Bayle (“La lingua fattore di unione e identità”).
Maratona di lezioni all’aperto anche per Scienze della Formazione. L’appuntamento è dalle 11 in via Roma, davanti alla sede del Consiglio regionale, con Francesco Ledda che terrà una lezione sulla “Storia della scuola”, seguito da Cristina Cabras (“Psicologia giuridica e criminologia”), Antonio Aiello (“Psicologia interculturale”), Maria Pietronilla Penna (“Psicologia generale”), Anna Leone (“Geografia”).
Ingegneria-Architettura sceglie invece come aula i giardinetti della Facoltà. Qui, alle 11,30, Aldo Banni, docente di Topografia, parlerà di “Definizione e determinazione delle quote”. Alle 15, in aula magna, Eraldo Nicotra affronterà invece la legge 133 proponendo un’analisi della normativa universitaria vigente.
Alle 16, nell’aula magna occupata di Scienze politiche, incontro dell’assemblea con i rappresentanti degli studenti delle medie.
 
3 - L'unione Sarda
Pagina 35 - Ogliastra
Tortolì. La Provincia prepara un protocollo d'intesa per favorire l'inserimento dei giovani alla ricerca della prima occupazione Un patto con l'Università per il lavoro
 
Nel difficile viaggio alla ricerca di un posto di lavoro la parola d'ordine è una sola: orientamento. Il principio vale sia per la formazione professionale come per la scelta del corso di laurea o del master. Lo hanno confermato i relatori del convegno "Ogliastra & Job"
promosso da Provincia e Università di Cagliari, insieme a una decina di imprese locali e i più importanti enti che si occupano di formazione professionale. Tra Provincia Ogliastra e l'Università cagliaritana è in corso di definizione un protocollo di collaborazione per l'orientamento dei giovani degli istituti superiori che si apprestano a iscriversi ad una facoltà universitaria. Una scelta destinata a porre le basi della loro futura professione.
Le caratteristiche principali dell'iniziativa sono state illustrate nel corso del convegno da Luigi Sotgiu, funzionario della direzione orientamento dell'ateneo cagliaritano. «L'intervento - spiega Sotgiu - assume un'importanza determinante per gli allievi delle ultime classi.
Oltre a fornire una informazione dettagliata sull'organizzazione delle singole facoltà universitarie, il nostro staff interviene promuovendo i criteri per l'autovalutazione, con l'obbiettivo di far emergere in ciascun allievo le potenzialità e le attitudini più valide. In seconda istanza ci avvaliamo della collaborazione di un gruppo di psicologi specializzati nel rilevare il profilo attitudinale più funzionale alla scelta della facoltà».
Per le matricole provenienti dalle realtà più lontane l'università di Cagliari ha invece previsto la figura di un tutor con funzioni di orientamento e sostegno. «A favore dei giovani laureati - commenta Luigi Sanna - abbiamo infine predisposto, in collaborazione con Bic Sardegna, un corso di 20 ore per l'orientamento verso uno sbocco professionale. Sia nel caso che il neolaureato intenda sostenere un colloquio di lavoro, sia che abbia intenzione avviare in proprio una nuova impresa». L'Unione Europea finanzia tutte le attività di orientamento tramite il Fondo sociale. Il convegno Ogliastra &Job che si è tenuto presso l'aula magna dell Iti di Tortolì ha costituito per molti studenti l'opportunità di conoscere le principali imprese operanti nel territorio, prendere visione delle loro esigenze in materia di personale, compilare un curriculum e prendere informazioni sui corsi di formazione previsti in Ogliastra. «Il vantaggio di questi confronti diretti - commenta Sabrina Mura responsabile dell'Isfoa - è stato reciproco. Come enti di formazione professionale abbiamo avuto l'opportunità di farci un'idea più completa del territorio e delle sue esigenze formative. A chiedere informazioni si sono presentati numerosi studenti ma anche qualche laureato in cerca di occupazione».
Per questi ultimi l'Isfoa di Tortolì ha in fase di allestimento un corso superiore di "Management per le imprese no profit".
I programmi della Provincia prevedono invece il rilancio della sede ex Enaip di Lanusei quale polo territoriale per formazione professionale pubblica. «Da tempo i nostri uffici del lavoro - conclude l'assessore provinciale Ignazio Marci - non si limitano a ricevere le domande di disoccupazione ma sono in grado di offrire criteri di orientamento nel difficile mercato del lavoro». Orientamento e qualificazione professionale sono i punti di forza attraverso i quali l'Ogliastra può reggere la sfida della nuova industrializzazione legata al polo nautico che si appresta a vedere la luce nelle aree di Arbatax.
NINO MELIS
 
 

 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Fatto del giorno
Se si massacra l’Università a perdere è il Paese intero 
di Manlio Brigaglia 
 
Quarant’anni dopo, un altro ’68. Hanno provato a chiamarla così, la protesta degli studenti universitari: ma quando le hanno cambiato nome, battezzandola l’Onda, hanno voluto dire che la cosa è diversa. Del resto, gli studenti che protestano, oggi, appartengono come minimo alla generazione successiiva a quella del ’68, e nel ’68, ovviamente, non c’erano. La differenza è grossa. Il Sessantotto fu una vera e propria rivoluzione, nata in gran parte da un provvedimento, semplice ma rivoluzionario, come fu quello che apriva le porte dell’Università a chiunque avesse conseguito un diploma di scuola media superiore. L’Università di pochi divenne una scuola di massa: si parlò di «licealizzazione» per dire di una scuola che, rinunciando a ogni livello alto e sofisticato della formazione, si contentava di dare agli studenti un pacchetto formativo più semplice, meno complicato (in una parola, meno difficile).
 Il ’68 portò con sé una protesta generalizzata, che non riguardava più il modo e neppure la quantità degli studi ma l’intero statuto della presenza dei giovani nella società di quel tempo: gli slogan più famosi non toccavano tanto il sapere quanto la libertà, il rapporto con i genitori più che quello con i professori, ogni forma di emancipazione (in particolare quella della donna) più che la stessa partecipazione alla vita istituzionale delle Facoltà. Ora il discorso è molto meno radicale, anche se tocca una compatta serie di temi più determinanti: il reclutamento dei professori, la superiorità del merito sulla lunga tradizione baronale (sempre imputata, mai neppure intaccata), l’inedito avvento del merito come strumento della promozione, l’arruolamento e la carriera dei ricercatori, un nuovo protagonismo degli studenti. Ognuno di questi temi ha una sua concretezza, una sua dimensione pratica e «maneggevole»: non pretende la rivoluzione, ma soltanto una serie neppure tanto compatta di piccole riforme.
 Sì, riforme piccole nel senso di riforme che non è impossibile realizzare, che non hanno niente di quel carico di utopia che accompagnava, in passato (non solo nel ’68 ma anche nel ’77) il movimento degli studenti. Che ha oggi due caratteristiche: è movimento di studenti e di professori insieme, mentre il ’68 celebrò una rottura così drastica con la classe docente che, per dare un esempio irrefutabile, scelse come bersagli i professori migliori, non quelli meno bravi e meno impegnati. La seconda caratteristica è la partecipazione degli studenti, molto più larga e comprensiva, fortemente meno ideologizzata di quella di quarant’anni fa: allora il movimento fu fatto soprattutto di minoranze combattive e irriducibili, oggi la protesta protesta accomuna gruppi diversi, relegando il dissenso ai margini della massa studentesca.
 Da questo punto di vista l’episodio di Piazza Navona sembra originato soprattutto dal desiderio di un piccolo gruppo di esclusi di conquistare un posto nella comunicazione mediatica: la percentuale di spazio televisivo guadagnato con l’aggressione è di gran lunga superiore all’effettiva percentuale di presenza degli assalitori nella composizione del popolo universitario. Una terza forte caratteristica dell’Onda è di avere assunto su di sé un compito di rappresentanza degli interessi universitari che prima veniva o ignorato o delegato ai professori. Per questo il movimento ha di mira non tanto un provvedimento di riforma generale dell’Università quanto lo specifico taglio dei finanziamenti, dal quale peraltro dipende realmente il suo futuro. Sono ormai quattro o cinque anni che l’Università viene chiamata, a ogni bilancio, a ridurre le spese, a tirare avanti stringendo la cinghia: il processo non può continuare all’infinito, anzi è ormai arrivato a un punto di rottura tale che il rettore del Politecnico di Milano può dare per sicura la fine stessa dell’Università in una scadenza vicinissima come il 2010. «Tagliate gli sprechi», dice la maggioranza: ma per quante volte si è sentito questo comodo avvertimento non una volta si è sentito indicare un esempio.
 Il fatto è che il mondo universitario (uso questo termine per indicare i consigli d’amministrazione e i «consumatori» dei fondi per il funzionamento) ha già ridotto nell’ultimo quinquennio tutte le spese che si potevano ridurre: il taglio degli sprechi è un alibi per la mancanza di soluzioni reali e efficaci come quelle di cui l’Università sente oggi una urgenza irreversibile. Se l’Università perde questa battaglia, il Paese perderà la guerra.
 Sembra che il governo l’abbia capito, ma bisogna aspettare a vedere.
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Sassari
Architettura: oggi studenti in assemblea 
 
ALGHERO. Stamane alle ore 11 nel cortile interno dell’ex asilo Sella attuale sede della facoltà di Architettura, organizzata dagli studenti si terrà un’assemblea generale che avrà per argomento: «La facoltà di Architettura di Alghero, un momento di incontro, di informazione e di confronto sulla grave situazione nella quale non da oggi, ma oggi in modo particolarmente grave, si trova l’università italiana, insieme all’intero comparto della formazione e della ricerca pubbliche».
 Gli studenti della facoltà sono da tempo impegnati in una costanze azione di sensibilizzazione su quelle questioni, che a loro giudizio, stanno determinando problemi e perplessità sul futuro della scuola in generale e della facoltà di Alghero in particolare. Da giorni cercano di portare all’esterno la conoscenza delle problematiche che stanno vivendo con lezioni che vengono svolte all’aperto e manifestazioni e cortei svolti in modo civile. Gli studenti, tra l’altro, soffrono anche una condizione di disagio per la mancanza di strutture adeguate allo svolgimento della attività didattica. Sono state create infatti molteplici aspettative ma si è scaricato ogni tipo di costo sulle famiglie. A cominciare dalla Casa dello studente. Da diversi anni gli studenti che giungono dall’esterno, la maggior parte, sono esposti alla legge di mercato per quanto riguarda gli affitti degli alloggi, spesso soli posto letto con bagno in comune, subendo veri e propri soprusi di natura economica, con relative evasioni fiscali, che favoriscono soltanto i proprietari.
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 18 - Cagliari
Il prof fa lezione in piazza per protesta 
La spiegazione sotto lo sguardo vigile della statua di Eleonora 
D’accordo con i ragazzi dell’Università il docente sceglie di esprimere così il dissenso al governo 
 
ORISTANO. I gradini di palazzo degli Scolopi come sedie. I quaderni poggiati sulle gambe anziché sul banco. Il docente spiega e attira gli sguardi incuriositi dei passanti di piazza Eleonora. Chissà che ci fanno quella trentina di studenti del secondo anno della facoltà di Economia e gestione dei servizi turistici e il loro professore di ragioneria generale applicata, Alessandro Mura? Molto semplicemente esprimono il loro no al governo e alla - presunta tale - riforma della scuola che interesserà tutti i gradi dell’istruzione.
 Così hanno deciso per una forma di protesta che consenta, allo stesso tempo, di avere una certa visibilità e non interferisca sull’attività scolastica. Ieri mattina, dopo un breve consulto con gli studenti, il docente ha scelto di lasciare le aule del chiostro del Carmine e di dirigersi verso piazza Eleonora, con appunti, libri e persino la lavagna al seguito.
 Forse i ragazzi avranno incontrato un po’ di difficoltà nell’ascoltare, forse il professore avrà dovuto sollevare un po’ il proprio tono di voce, ma alla fine l’esito è stato quello sperato: la lezione si è svolta regolarmente e il messaggio è stato inviato al destinatario.
 «Volevamo unirci al coro della protesta nazionale - spiega il docente Alessandro Mura -. Ci è sembrato giusto far sentire anche la voce delle periferie e non solo quella dei grandi atenei». Perché la scure del governo si abbatterà inevitabilmente su tutti, senza distinzioni tra piccoli e grandi. «I motivi principali della protesta - prosegue - sono quelli legati al blocco del turnover. Per dieci colleghi che andranno in pensione, saranno assunti solo due nuovi docenti. Non ci pare che sia una riforma, ma una semplice riduzione di organici e di spese».
 Già, peccato che l’istruzione non sia un’azienda e che i bilanci in rosso non possono essere considerati come indice di cattiva gestione. Ora si rischia di fare un bel salto all’indietro dopo i passi avanti di questi ultimi anni. «Posso portare come esempio quello della mia facoltà (Economia e commercio, ndr) - afferma Alessandro Mura -. Adesso abbiamo un rapporto numerico tra professori e alunni quasi decente, non mi piacerebbe tornare alle aule nelle quali si segue la lezione attraverso il monitor perché un professore si ritrova con qualche centinaio di alunni che seguono il suo corso».
 Primo rischio, ma non unico. Con la mancata sostituzione del corpo docente si va incontro ad un inevitabile sovraccarico per chi deve svolgere, oltre all’attività didattica, anche quella di ricerca. E siccome la prima dipende dalla seconda e il corpo studenti non diminuirà nei prossimi anni, si offrirà inevitabilmente un servizio peggiore, con l’accorpamento inevitabile dei corsi. «Se la conoscenza e l’istruzione fanno il valore di un popolo - conclude professor Mura - questo non è certo un buon segnale».
 Infatti la protesta non si ferma qui. Gli studenti che hanno manifestato il loro dissenso attraverso uno striscione esposto al chiostro del Carmine, venerdì manifesteranno assieme agli altri ragazzi isolani per dare fiato al dissenso anche nell’isola.
Enrico Carta 
 
Pagina 2 - Cagliari
LEZIONI ALL’APERTO AL BASTIONE 
Dai comizi all’agorà televisivo 
 
CAGLIARI. La facoltà di Lingue e Letterature straniere avrà le sue lezioni all’aperto di protesta contro i tagli del Governo all’università. Queste le lezioni di oggi - dalle 9 alle 13, al Bastione - “Dai comizi di piazza all’agorà televisivo: il linguaggio della politica fra Prima e Seconda repubblica”, docente Massimo Arcangeli, “Pubblico delirio”, con lo scrittore Flavio Soriga, “La prosa silenziosa del primo Rilke”, Nicoletta Dacrema e “La lingua fattore di unione e identità”, Francois Bayle. Partecipano anche Mauro Pala, Giovanna Caltagirone, Simonetta Salvestroni, Drancesco Asole, Ornella Gabbrielli e Riccardo Badini. Le lezioni al Bastione proseguiranno fino al 13 novembre.
 
Pagina 2 - Cagliari
L’Onda resiste e riscenderà in piazza 
Assemblea al Siotto: ancora una volta insieme professori e studenti 
ANDREA MASSIDDA 
 
CAGLIARI. Non si fermano le proteste del mondo della scuola e dell’università contro il piano del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Ieri pomeriggio insegnanti, studenti e operatori scolastici si sono dati appuntamento nell’aula magna del liceo Siotto per fare il punto della situazione ed studiare nuove e più incisive forme di lotta. In un’aula magna piuttosto affollata, a moderare i numerosi interventi è stata una docente “di casa”, Laura Parisi, che nel corso dell’assemblea ha ceduto la parola a rappresentanti delle scuole di ogni ordine e grado, ma anche a studenti e a professori universitari, mai visti così uniti. Molto simili anche i loro slogan, seppure pronunciati con toni diversi: “Gelmini, non ucciderai la scuola” oppure “No al diritto allo studio riservato soltanto a poche persone”, tanto per citarne qualcuno tra i più soft. Sotto accusa, com’è noto, sono i tagli all’istruzione per 8 miliardi di euro in tre anni, la riduzione del personale docente e non, il voto in condotta, la conferma degli esami di riparazione, i buoni scuola per le private e “una scuola sempre più simile a un’azienda”.
 Tra gli interventi più significati di una situazione che è ben lontana dal risolversi, anche quello di Maria Pia Massetti, vicepreside del liceo cagliaritano che ha ospitato l’assemblea di ieri.
 «I provvedimenti del governo - ha detto Massetti - non hanno nessun carattere di riforma in senso didattico, ma fanno soltanto molto male all’istruzione pubblica». Parole che hanno raccolto immediatamente applausi e consenso generale anche tra gli studenti in rappresentanza delle varie facoltà cagliaritane, i più agguerriti nel sostenere posizioni intransigenti.
 «I nostri studenti - ha sottolineato la vicepreside del Siotto - hanno deciso di non interrompere le lezioni e di continuare la protesta nelle ore extrascolastiche».
 Gli universitari, invece, tra occupazioni e autogestioni, rimarranno in attesa delle annunciate “riflessione del ministro”, ma già preparano una grande manifestazione per dopodomani. Per quanto riguarda il personale docente, invece, i sindacato hanno deciso subito un coordinamento che garantisca ai vari soggetti in lotta di non perdersi di vista gli obbietti della protesta.
 
Pagina 14 - Attualità
Università: una riforma a tappe 
Nel governo prevale il partito dei moderati che cercano un accordo 
LA PROTESTA «Usano i tagli per abolire l’Ici» 
ROBERTA RIZZO 
 
MILANO. Mentre in tutta Italia continuano le proteste degli studenti e molte scuole, istituti e università sono in fermento, il governo apre uno spiraglio proponendo una riforma attraverso un disegno di legge dopo il confronto con studenti, professori e rettori. La riforma procederà dunque a tappe. Per i tagli previsti dal ministro Gelmini si fa un passo indietro e saranno “selettivi” e non indiscriminati. Questa la linea che prevale ora nella maggioranza dopo il vertice che si è svolto ieri mattina con Silvio Berlusconi. In sostanza le proteste in atto in centinaia di scuole e università italiane cominciano a dare qualche frutto.
 Nella maggioranza ha prevalso la strategia di chi, come Lega e An in testa, da giorni chiedeva di abbandonare la strada del decreto. Un’apertura che incontra l’apprezzamento del Pd che chiede però di sgombrare il campo dai tagli. Dall’incontro tra il Presidente del Consiglio, il ministro dell’Istruzione e i capigruppo di Pdl e Lega, spunta la nuova road map che prevede la stesura di linee guida della riforma da parte della Gelmini e la presentazione di un ddl ma solo dopo il confronto con tutti i soggetti interessati. «La riforma dell’Università», ha spiegato il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, «avverrà con un disegno di legge, dando il tempo necessario per il confronto con studenti e docenti». Quindi, a un decreto legge si farà ricorso solo se necessario e per le questioni più urgenti, come ad esempio la trasparenza dei concorsi banditi nei prossimi mesi.
 Dopo il vertice, il leghista Roberto Cota ha assicurato che nella maggioranza «c’è perfetto accordo: la nuova linea migliorerà il servizio offerto agli studenti mantenendo però i tagli dove ora sussistono sprechi». Il Pd apprezza la correzione di rotta del governo sottolineando però la necessità di sospendere i tagli previsti dalla Finanziaria di luglio.
 Il Partito democratico sta inoltre studiando la possibilità di promuovere un referendum anche sull’università, sulla quale ci sono più margini di quanto non sembrasse all’inizio.
 Inoltre il Pd chiederà di abrogare la norma sul maestro unico. Soddisfatto anche il leader del’Udc, Pier Ferdinando Casini: «Sono contento che il governo abbia rinunciato ad un decreto».
Intanto le proteste degli studenti continuano in molte città italiane.
 A Milano il rettore della Statale Enrico Decleva ha dichiarato che i tagli all’università servono al governo per coprire l’abolizione dell’Ici. A Genova due consiglieri comunali hanno dato vita ad una colorita protesta anti-Gelmini indossando grembiulini con fiocco al collo. L’onda lunga dei cortei aumenta di giorno in giorno e in tanti istituti superiori e università sono esposti striscioni che annunciano occupazioni e autogestioni.
 Numerosi sono infatti i collettivi studenteschi che hanno dato vita a incontri e dibattiti assieme ai docenti.
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 15 - Cagliari
Sul web tutti i siti di archeologia industriale 
Dal Geoparco una rete internazionale delle aree ex-minerarie 
Domani e venerdì due appuntamenti a Carbonia e Iglesias 
 
CAGLIARI. Informazioni, curiosità, iniziative e appuntamenti di trecento geositi e e geoparchi di archeologia industriale di tutto il mondo sono accessibili da oggi sul web, nel portale realizzato dal Parco geominerario della Sardegna “www.retidelparco.it”. Il sito è stato presentato ieri nel Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università dal commissario straordinario del parco Giampiero Pinna, dall’architetto Francesco Calzolaio (che insegna a Venezia e all’Università del Minnesota) e da Felice di Gregorio, docente di geologia ambientale dell’ateneo cagliaritano. Nella home page del sito è presente il disegno dello storico impianto di carico di Porto Flavia, dove un tempo si raccoglievano i minerali estratti dal sottosuolo del Sulcis-Iglesiente prima che fossero imbarcati sui bastimenti per raggiungere le industrie di trasformazione mondiali.
 «Il sito - come ha annunciato Pinna - dovrebbe essere nuovamente riaperto al pubblico entro un mese». Il portale, ricco di contenuti che abbracciano tematiche sul patrimonio industriale, geologico, enogastronomico dei territori, su aree di interesse naturalistico fino all’artigianato, è stato realizzato, dopo un anno di lavoro, da un gruppo coordinato dal rettore dell’università Mistretta. Come hanno sottolineato stamane Pinna, Calzolaio e di Gregorio, «obiettivi del portale sono proiettare il Parco geominerario a livello internazionale e aumentare la fruibilità del patrimonio dei geositi presenti». Il sito web sarà presentato ufficialmente giovedì nella sala conferenze del Centro italiano cultura del carbone nella Grande miniera di Serbariu a Carbonia, e venerdì all’aula magna dell’Istituto Minerario di Iglesias, durante un convegno cui interverranno rappresentanti di musei come il Rheinisches industriemuseum in Germania e il Michigan Technological negli Stati Uniti.
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
TECNOLOGIE 
È la giornata di Internet sicuro 
 
CAGLIARI. La giornata della sicurezza informatica, è in programma oggi dalle 9 alle 18, al Parco tecnologico di Pula, e servirà a fare il punto sui rischi che esistono o meno in Rete per quanto riguarda la privacy e le transazioni economiche telematiche. Organizzata da Sardegna Ricerche e dal Labortorio Intelligenza d’ambiente di Sardegna DistrIct, la giornata di studio affronterà il peso degli attacchi informatici su internet e quali possono essere le contromisure per garantire imprese e cittadini. I lavori saranno aperti da Marco Morana, responsabile della sicurezza informatica della Banca Citigroup. Seguiranno le relazioni di esperti nazionali e internazionali di sicurezza informatica, di aziende impegnate nella fornitura e nello sviluppo di software. Inoltre, saranno assegnati i premi per le tesi di laurea specialistica e dottorato di ricerca sulla sicurezza informatica.

 
 
9 - altravoce.net
“Qui lo dico, qui lo nego”: Caimano da strategia della tensione, aspre reazioni
Mistretta incredulo, Demuro: illusionista
di Daniela Paba
 
Fantasista, gaffeur o stratega della tensione? Uomo forte eppure riformista, frainteso a sinistra. Il Berlusconi delle gag getta il sasso, soffia sul fuoco e poi, al solito, “qui lo dico e qui lo nego”. «Mai parlato di mandare la polizia all’Università» rettifica, dopo essere finito in prima pagina su tutti i giornali. Smentisce se stesso, il presidente del Consiglio, a costo di negare le registrazioni video con “l’avviso ai naviganti” e la dichiarata intenzione - puntualmente messa in atto ieri pomeriggio - di convocare il ministro degli interni Maroni, “per dargli istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine” per scongiurare l’occupazione di scuole e università”. La levata di ascudo a tutto campo dopo le sue dichiarazioni sembra averlo messo in difficoltà. Eppure l’uomo non parla mai a vanvera. Casomai a sproposito. Se è vero, come spiega Giammario Demuro, docente di diritto costituzionale, che “nelle università la polizia non può entrare a meno che non siano i rettori e i presidi a chiamarla. Certo un presidente del Consiglio che per contrastare il diritto a manifestare, riconosciuto dalla Costituzione, ha bisogno di convocare il ministro degli Interni, appare in difficoltà. Se poi nega di averlo detto allora è molto pericoloso. Perché si sa che solo rettori e presidi possono chiamare la polizia per gravi motivi, cioè impedire violenze su cose e persone - spiega il giurista - E la cifra di questo movimento studentesco è la difesa di un diritto individuale, senza ideologia, né scelta di classe. Gli studenti hanno paura di non avere le stesse chances dei loro padri. Berlusconi invece parla come se fossimo negli anni Settanta. Il premier è un bravo illusionista, semplifica questioni complesse, riesce a far discutere su questioni come il grembiulino si il grembiulino no. E’ surreale”.
 
Che non sia tutto così liscio e scontato come la triade Tremonti-Gelmini-Brunetta ha fatto credere fino a ieri è però un dato di fatto. La questione vera sono i soldi, conferma Pasquale Mistretta: “La vera incertezza è lì, il documento di programmazione sul fondo ordinario che doveva essere presentato entro il 30 ottobre è slittato al 20 di dicembre”. E rettifica sulla polizia? “Ho risposto alle dichiarazioni di Berlusconi in diretta perché ho una storia in questo ateneo e quando uno studente mi ha fatto vedere l’sms con quelle dichiarazioni ho pensato a uno scherzo. Ne abbiamo parlato anche con il comandante dei carabinieri e della polizia, i nostri studenti non sono particolarissimi e la Digos segue tutto quello che succede”.
 
Ci saranno delle aperture al confronto? “Se io lascio manifestare i 200 studenti in agitazione diventano 20, se invece glielo impedisco diventano duemila. Si tratta di strategie comportamentali. Berlusconi parla per i suoi giornali, è un artista. Tiene alta la tensione e l’attenzione, così i nemici sparano e lui è sempre sulle prime pagine. Anche quando non è il caso. D’altra parte il popolo italiano vuole questo”. Per il rettore, la protesta non otterrà grandi risultati: “Gli studenti hanno bisogno di visibilità, di leadership, la componente docenti è imboscata, ognuno deciso a difendere i propri interessi. Quelli davvero colpiti sono gli assegnisti di ricerca, per loro la porta è sbarrata. Certo, quanti devono fare carriera restano fermi, ma hanno uno stipendio. A me preoccupano di più i precari dell’amministrazione che si trovano ad avere 40 anni senza un posto di lavoro fisso e sperano molto nella nostra Università. E poi soldi non ce ne sono. O meglio ce li abbiamo ma sono usati male e se l’andazzo rimane questo sono sprecati, mi dispiace dirlo”.
 
Un teatrino affatto ingenuo, un pas de deux perfettamente concertato tra Berlusconi e Gelmini, secondo il senatore del Pd Francesco Sanna, reduce dalla seduta del Senato dove si discute la legge sulla scuola che ha santificato in aula Maria Stella Gelmini. Mentre davanti a palazzo Madama il presidio degli studenti e di poliziotti e carabinieri vanta l’insolito rapporto di 1:1. “ Berlusconi usa armi di distrazioni di massa - dichiara il senatore sardo - vuole tenere alta l’idea di un pericolo sovversivo che non viene combattuto a sinistra, ma favorito dal Pd. E tutto questo per negare ogni critica in merito alle questioni. Lancia messaggi e contromessaggi. E’ possibile che il cambio di rotta sia un segnale di pace dentro il Pdl perché l’uscita di ieri non è piaciuta ad An ed è stata un vero sgarbo istituzionale nei confronti della Lega e di Maroni. Nessun ministro dell’Interno prende "dettagliate istruzioni" in materia di ordine pubblico dal premier. Prima lui picchia e la Gelmini dice di essere disposta al dialogo. Oggi in Senato lei fa la dura e lui un passo indietro. Sulla scuola hanno rinunciato a mettere la fiducia, il ministro è venuto in aula ma ha fatto un intervento ai limiti dell’offensivo, confermando tutte le posizioni assunte precedentemente, applaudito in piedi a ogni passaggio. Così la destra si prende la rivincita sulla scuola, parla contro il sistema pubblico, tenta di vestire ideologicamente la legge scritta da Tremonti”.
 
La scuola primaria ha dunque i giorni contati, con 30 voti di vantaggio e tempi contingentati per gli emendamenti, mercoledì ci saranno le dichiarazioni di voto. Saranno trasmesse in diretta televisiva e il governo otterrà la sua prova di forza. Per chi non vuole il maestro unico e una scuola media e superiore dimezzata nel monte ore e negli organici, resta solo la manifestazione del proprio dissenso “Far vedere che c’è un paese che in questa battaglia si riconosce, contrastare nell’opinione pubblica una lotta tutta basata sull’ideologia”.
 
Nel frattempo è legge il commissariamento d’ufficio di quelle Regioni e Province che non dovessero mettere in pratica i piani di dimensionamento delle scuole, così come li ha previsti il governo. Una norma impugnata dalla Sardegna che, nel nome dell’autonomia degli enti locali, ne contesta la costituzionalità.
 
(Diletti) tristi Tropici universitari, qualcosa accade.
Il Rettore è sceso dalla scranno, la partita si è riaperta: godiamoci il disastro
di Enrico Euli*
 
Cade la pioggia e tutto lava/cancella le mie stesse ossa/Cade la pioggia e tutto casca/e scivolo sull’acqua sporca/Cade la pioggia e tutto tace/lo vedi sento anch’io la pace/Cade la pioggia e questa pace/è solo acqua sporca e brace/c’è aria fredda intorno a noi/abbracciami se vuoi/questa mia stessa pioggia sporca/E dimmi che serve restare/lontano in silenzio a guardare/la nostra passione non muore/ma cambia colore/tu fammi sperare/che piove e senti pure l’odore/di questa mia pelle che è bianca/e non vuole il colore/non vuole il colore/La mia pelle è carta bianca per il tuo racconto/scrivi tu la fine/io sono pronto/non voglio stare sulla soglia della nostra vita/guardare che è finita/nuvole che passano e scaricano pioggia come sassi/e ad ogni passo noi dimentichiamo i nostri passi/il tuono è solo un battito di cuore/e il lampo illumina senza rumore/e la mia pelle è carta bianca per il tuo racconto/ma scrivi tu la fine/io sono pronto.
 (da Negramaro, Cade la pioggia)
 
La mattina di mercoledì mi hanno svegliato i rimbombi dei tuoni e dei fulmini lanciati da Giove Pluvio. Sapevo che la Sardegna si sarebbe trasformata presto in un’isola dei Tropici, ma - pur catastrofista convinto quale sono- non pensavo così presto. Entro in bagno e sento che il soffitto gocciola copiosamente, i rubinetti gorgogliano inquietanti, l’umido trasuda ovunque, come se i muri medievali non riuscissero a reggere l’impatto, o il mare del porto fosse risalito sino a terra.
 
Esco di casa e così è: le vie sono fiumi in piena, i portici sono coperti da mezzo metro d’acqua, i tavolini dei bar galleggiano agitati come barchette senza vela, gli umani smarriti si aggirano in una città divenuta spettrale e sconosciuta, con i piedi e le gambe a bagno.
 
Cagliari sembra Venezia. Ha un che di suggestivo, anche, questa apocalisse. Ma i tombini sono ormai dei geyser che sprigionano miasmi di fogna, i rifiuti fuoriescono dai cassonetti, i topi scappano dalla nave che affonda. Qualcuno, lo sapremo più tardi, soffre e muore, povero e anziano, negli scantinati di case costruite ostruendo fiumi e violentando la natura. Usque tandem...?
 
Prendo coraggio e immergo mezza gamba nell’acqua che scorre a fiotti. Passa un autobus e lo prendo, non so bene come, quasi in trance.
 
Il traffico, manco a dirlo, è come un incubo bloccato su se stesso: gli umani, inscatolati nelle loro macchinette, sentono la forza degli elementi e rabbrividiscono, fingendo sino all’ultimo potenza e sicurezza della tecnica. Sul bus, una ragazza compie i suoi riti di autorassicurazione col suo cellulare feticcio: lo asciuga amorevolmente, telefona ad amici e parenti, fotografa gli scrosci. Non è la sola.
 
Gli occhi di chi sale sono stupiti, esterrefatti, stressati, ma anche increduli, divertiti. Si ride e si scherza, ci si prende in giro, si solidarizza come se si fosse a Napoli, e non in una città impettita e massone, dal cuore a savoiardo. ’E’ la fine del mondo!’, sghignazzano alcuni. Due adolescenti premono l’uscita d’emergenza e si gettano fuori, stanchi di star fermi lì dentro. Si salvi chi può!
 
Arrivo, dopo un lungo viaggio, all’Università in cui provo a fare il ricercatore. L’aula magna in cui avremmo dovuto fare l’assemblea è alluvionata, ci si raduna tutti nell’atrio del corpo centrale, quello della mia vita da studente. La hall è strapiena, si allestiscono impianti d’amplificazione di fortuna, ci si siede per terra o sulle scale. E’ divertente vedere i prof che saltano le pozzanghere e gli studenti che sorridono, insieme e uguali per un attimo.
 
La catastrofe è anche questo: cambiamento, novità, sorpresa, trasformazione repentina, evento, improvvisazione, gioco.
 
Iniziano gli interventi, rIprende in automatico il rituale dei pro e dei contro, delle argomentazioni, della retorica, del vecchio che si mischia al nuovo, dei conflitti risaputi (occupare si o no? rivoluzione o vandea?) Si animano le schermaglie ciellini-castristi, incendiari-pompieri. Cose già viste, ma da me. Altri devono, giustamente, vivere i loro battesimi d’acqua e di fuoco. Siamo solo agli inizi, direi, ed è già tanto, rispetto al vuoto di questi ultimi anni qui dentro. Quando, dieci giorni fa, abbiamo deciso, come professori di Scienze della Formazione, di sospendere la didattica, avevamo molti studenti contro: e le loro lezioni, esami, crediti, titoli, graduatorie?
 
Ora, qualcosa è cambiato nell’aria. Anche il Rettore è dovuto arrivare qui, ad ascoltare e a parlare, magari a dire cose inaccettabili e ciniche, ma ha dovuto alzarsi dal suo magnifico scranno ed esserci. Anche il Capo del Governo ha acchiappato le sue televisioni di stato e d’azienda per fare il muso duro, agitando i suoi giochi di guerra da soldatino padano. Si agitano, i potenti, e non solo per le banche...Non è abbastanza, non è poco.
 
L’assemblea va avanti: si parla di unità (un mito difficile da estirpare), ma i discorsi vanno altrove. Oltre le parole molte cose accadono, basta solo vederle: tra i corpi, le voci, i gesti e le azioni che iniziano, dentro e fuori di noi. Qualcosa si muove qui, inizia a piovere tanto, e non solo dal cielo...
 
Godiamoci questo disastro, illudiamoci ancora, giochiamoci ancora...
 (*Ricercatore- Scienze della Formazione-Cagliari)
 
In trincea contro i “risparmi tagliagola” ma autocritica per salvare l’università.
Anche a Cagliari, basta familismo: moralità e qualità
di Alessandro Mongili
 
“Nature” del 16 ottobre scorso ha pubblicato un severo articolo sui “Risparmi tagliagola” (letterale) berlusconiani sull’Università e la ricerca, praticati casualmente dalla ministra-wannabe Gelmini in una delle sue performance migliori dopo l’esame catanzarese d’avvocato (anche Alfano o la pop-ministra Cafagna avrebbero potuto ugualmente essere fungibili, come si sa). Pare che Mister B. voglia scatenarci contro perfino la Celere, forse per vendicarsi definitivamente contro chi ha osato bocciare il figlio di Bossi e, in genere, contro chi non gli plaude dietro di default. Più probabilmente per giocare anche lui, nel ruolo del cattivo, al gioco ultimamente più popolare del “rifacciamo il ’68”: chi fa il leaderino, chi l’angelo del ciclostile? E chi sarà il Brandirali del XXI secolo? Come si chiamerà, oggi, “Servire il popolo”? enverhoxha.blogspot?
 
Non è onesto, però, imputare a questo minimo governo come alla sola classe politica i problemi dell’Università italiana. Infatti, nell’ultimo decennio chi ha diretto i nostri Atenei lo ha fatto con grande leggerezza: per riprendere un’analisi sintetica ma veritiera dello storico Paolo Macry, “(…) Abbiamo usato l’università e le sue risorse per carriere professionistiche, impudichi nepotismi, clientele territoriali o soltanto per il narcisismo del potere. Siamo stati i commissari di concorsi più o meno indecorosi, moltiplicando le cattedre senza alcun costrutto e tartufescamente adeguandoci al provincialismo del reclutamento. Ci siamo iscritti a cordate accademiche locali o nazionali, per trarne vantaggi concreti o semplicemente perché era divertente. Abbiamo usato una condiscendenza opportunistica di fronte a qualsivoglia «movimento universitario», privilegiando il quieto vivere agli interessi reali degli studenti. Abbiamo rinunciato a chiedere efficienza amministrativa ai nostri impiegati, perché notoriamente una mano lava l’altra.” (Il Corriere del Mezzogiorno, 19.10.2008).
 
Anche chi ha diretto il nostro Ateneo ha tagliato e soprattutto sprecato risorse in modo meno evidente ma altrettanto dannoso rispetto alla ministra-wannabe. In questo momento, assieme alle dissennate politiche di questi minimi politici senza nessuna visione da classe dirigente, occorre riflettere seriamente sul clima morale deprecabile che rende così difficile difendere l’Università di fronte all’opinione pubblica. Perché in questo ambito noi stessi possiamo agire, e farlo velocemente, riacquisendo così quel prestigio che ultimamente abbiamo drammaticamente perduto. La nostra, ha titolato un suo recente libro l’economista Roberto Perotti, è in misura preoccupante un’università truccata, e il cerone che ci siamo messi addosso non è meno imbarazzante di quello che ricopre il viso di Berlusconi.  Troppo spesso, più della competenza o, più semplicemente, del rispetto del lavoro svolto hanno contato le appartenenze, e in modo scandaloso le appartenenze familiari, di clan, partitiche, rispetto alle quali occorre essere funzionali, molto spesso semplicemente per fare ricerca (alla faccia della "libertà di ricerca" minacciata dal governo). Osservate i concorsi, anche quelli in corso, e vedrete ancora quante mogli, portaborse, iscritti allo stesso partito, tutti rigorosamente privi di curriculum anche solo decenti, avanzeranno: è matematico.
 
Come la compagnia di giro che purtroppo ci governa, costoro si appropriano di un bene pubblico qual è l’Università, e con i soldi pubblici la occupano per fini privati. Non ho mai visto se non condiscendenza nei loro confronti, anche da parte di chi si straccia le vesti per un’ulteriore riduzione dei fondi pubblici (che io stesso trovo terribile, sia detto con chiarezza). Il problema del nostro Ateneo è proprio questa condiscendenza verso pratiche indifendibili che riducono l’Università a una semplice riserva di posti po is amighixeddus. È considerare che sia un bene assumere i propri figli-nipoti-mogli perché altrimenti potrebbero perdersi, è considerare che la ricerca sia un "capriccio" e un buon curriculum un peso da non mostrare per non offendere i colleghi, e che sia dunque meglio il ripasso, è sottrarsi al confronto scientifico e preferirgli le settimane della cultura scientifica e gazzosa varia con possibile compresenza assessoriale.
 
La risposta da dare a quest’attacco scellerato del governo Berlusconi è certo protestare, ma sarebbe più produttivo farci un esame di coscienza, puntare finalmente sulla qualità scientifica e sull’internazionalizzazione vera, darci regole (anzitutto morali) rigorose e che chiudano definitivamente la pagina del mistrettismo. Più silente e invisibile, esiste oggi una tendenza anche in Italia verso l’Università di qualità, per ora presente solo in alcune Università del Nord. Noi dobbiamo scegliere da che parte stare. Recentemente ho vissuto due esperienze parallele. Una grande Università del Nord mi ha chiesto di produrre un referee anonimo su un progetto di assegno di ricerca che intendevano bandire, e contemporaneamente in un nostro Consiglio mi son ritrovato a discutere l’assegnazione di alcuni nostri assegni. L’Università “di qualità” mi chiedeva di giudicare il progetto sotto diversi aspetti, che riguardavano il tema (la mia specialità), ma anche il livello scientifico del proponente, le qualifiche richieste all’assegnista, la chiara definizione delle attività di ricerca da attribuirgli, ecc. Da noi, al contrario, si risolveva tutto secondo l’immortale catastrofico principio del “garantisce il docente”. Garantisce chi? Ovviamente gli altri “docenti” che “la volta successiva”, senza nessun controllo sostanziale, si sarebbe visti assegnato "l’assegno", per poi usare l’assegnista come jolly per le loro attività più barbose del tipo verbalizzare gli esami. Ma pare che le "volte successive" stiano finendo, com’è giusto per un sistema abbastanza purulento come il nostro.
 
È nel rafforzamente della ricerca (della ricerca "vera"), come ha giustamente osservato la professoressa Del Zompo, che mi sembra si possa intravvedere uno spiraglio per salvare l’Università, la nostra Università, l’unica esistente in Sardegna, al cui riscatto è necessaria come l’acqua. Questo significa che noi stessi dobbiamo muoverci e cambiare significativamente il nostro modo di lavorare. Investire in uffici funzionanti che ci sostengano nel partecipare alle complesse procedure dei Progetti europei, aumentare l’internazionalizzazione dal basso e approfittare di ogni risorsa che ci viene messa a disposizione.
 
Sull’altro versante, ridurre gli sprechi (anche di tempo, in Consigli inutili e in Corsi di laurea pletorici), combattere la corruzione e la vergognosa piaga del familismo esasperato. Perché non introdurre finalmente una semplice regola accademica che impedisca lo scandalo del merging fra i consigli di facoltà e quelli di famiglia? Perché non darci regole serie che riguardino il reclutamento, a ogni livello di carriera, in modo da evitarci in futuro di condividere la qualifica di universitari con colleghi privi di qualsiasi curriculum? Noi stessi potremmo farlo senza aspettare decisioni impossibili di una classe politica distratta. Ne andrebbe anche della nostra rispettabilità professionale continuamente infangata da episodi vergognosi. E della difesa della nostra Istituzione in contigenze come quella che viviamo.
 
Le Università in cui la ricerca è prevalente (credo infatti che il semplice schema research university/teaching university sia analiticamente troppo riduttivo, e pericoloso se preso troppo sul serio) sono quelle che resistono meglio al ritrarsi degli Stati dal finanziamento delle Università. Forse pochi sanno che, dallo scorso anno accademico, le grandi Università private di ricerca statunitensi (ha iniziato Harvard) fanno a gara per abolire le tasse universitarie degli studenti, in modo da strapparsi i migliori. La Stanford University, ad esempio, a partire dall’anno accademico 2008-2009, ha abolito le tuition (una parte, ma importantissima, delle tasse universitarie) per gli studenti meritevoli le cui famiglie guadagnino annualmente meno di 100 mila dollari. Un reddito comunque da upper middle class (www.stanforddaily.com, 24 aprile 2008). E questa è solo una delle misure adottate. È chiaro che ormai il loro budget si alimenta soprattutto a partire dalle attività di ricerca.
 
La scienza è, è sempre stata, e sempre sarà un’attività cooperativa, collettiva, peraltro oggi sempre più distribuita ben al di fuori dei deboli confini organizzativi delle singole università. Se era già vero all’epoca di Boyle e di Galileo, figuriamoci oggi! Non esiste attività scientifica senza mediazione, negoziazione, accordo, molto spesso con attori estranei alle cosiddette "comunità scientifiche" o "campi scientifici", concetti quanto mai deboli e ontologicamente poco definibili. Questo non vuol dire che la scienza sia manfrina concorsuale, come già intravvedo molta gente impegnata a tradurre questa idea. No, anzi forse esattamente il contrario. Significa proprio maggiore accountability.
 
La sfida che a me appare chiara al nostro orizzonte non è affatto quello di formare un Fronte del NO, o un Muro della democrazia schierato contro la pseudoministra Gelmini e il suo burattinaio Mister Banana, ma quello di ripensare la nostra Università a partire dalle nostre terribili pratiche prevalenti. Una delle ragioni più profonde della vittoria della destra è il conservatorismo della sinistra, e della sinistra accademica in particolare, arroccata intorno ai suoi micropoteri, e spaventata per ogni anche minima innovazione, che invece quasi sempre presenta qualche opportunità. Certo, per coglierle, occorre rimettersi in discussione.
 
Si tratta di immaginare un’altra Università e di fare emergere candidature credibili per la carica di Rettore, cioè candidati che sappiano che cos’è la ricerca (che abbiano per esempio un curriculum non marziano ma riconoscibilmente scientifico), che siano liberi dal sospetto clientelare e familistico, e che puntino a rafforzare la ricerca nella nostra Università come unica strada per salvarla e per renderla veramente autonoma. Ai frame istituzional-giuridico-organizzativi penseremo dopo. Ne abbiamo cambiati così tanti e così velocemente che stento a credere che ancora tanti colleghi si emozionino per un comma di una legge o per un decreto!
 
 
 

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