Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 November 2008
Rassegna quotidiani locali

 L'UNIONE SARDA
1 - "Bel corteo, ma così si fa confusione", intervista al Rettore Mistretta
 
LA NUOVA SARDEGNA

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari – pagina 19
«Bel corteo, ma così si fa confusione»
Mistretta: l'università fra tagli, occupazioni e parentopoli  
Intervista. Il rettore: le denunce? Non nel nostro Ateneo. Le promesse di Rotondi? Possono essere non mantenute
Le proteste secondo Mistretta: un errore mescolare i problemi della scuola e quelli dell'università. I precari? Nell'Ateneo non può esserci posto per tutti i dottorandi e gli assegnisti.
 
Al corteo, giovedì scorso, non ha partecipato, ci mancherebbe. L'ha guardato passare sotto la sua finestra, però, il rettore Pasquale Mistretta.
Che glien'è parso, magnifico?
«Una manifestazione seria e pacifica che ha garantito buona visibilità alla protesta anche se, sia per la pioggia che per il giorno festivo, non c'era molta gente per strada. Piuttosto, un po' di confusione sulle tematiche».
Cioè?
«La scuola è un problema, le risorse per la scuola un altro, il maestro unico un altro, il precariato un altro ancora e quello degli sbocchi per dottorandi e assegnisti di ricerca un altro ancora. E grosso: solo i dottorandi, da noi a Cagliari, sono 500. Più gli assegnisti. Non è pensabile che tutti trovino un posto di lavoro all'università».
Sarebbe stato meglio tenere separate le proteste di scuola e università?
«Anche fra le varie Facoltà ci sono situazioni diverse. I più garantiti sono quelli di Medicina, per via del numero chiuso sia nei corsi di laurea sia nelle scuole di specializzazione: 90 su 100 troveranno lavoro subito. Come gli infermieri: oggi ne laureiamo meno di quelli che servirebbero. Mi ha fatto piacere vederli sfilare con i loro camici bianchi ma sono in una situazione ben diversa dagli iscritti a Giurisprudenza o a Economia, che dopo la laurea dovranno cercarselo, il posto. L'università farebbe bene a pensare ai suoi problemi specifici, a cominciare dalla sua lunga coda di paglia».
Parliamone.
«Ha visto Annozero , giovedì sera?»
Parla del servizio sull'università di Bari, dove il corpo insegnante è formato da padri, figli e nipoti?
«E pensare che a me hanno rinfacciato di avere un figlio ricercatore in Ingegneria: meno male che l'altra figlia fa tutt'altro, è nella Corte dei conti. Il problema non riguarda solo Bari e le famiglie: parliamo di una rete».
Come funziona?
«La riforma Berlinguer ha assegnato agli atenei piena autonomia sui concorsi: ciascuno bandisce quelli per le cattedre di cui ha bisogno e nomina un membro interno in commissione. Gli altri non li si sceglie all'interno di una rosa infinita: fra commissari ci si conosce, ci si incontra ai convegni, si conoscono i curricula dei candidati, ci si scambia opinioni».
E al momento del voto...
«Si vota assecondando lo spirito della legge, fatta per assicurare maggiori garanzie al “prodotto” locale. Qui sembra che tutto cada sempre dal cielo. Un ricercatore bravo, conosciuto, che s'è fatto il mazzo per anni in laboratorio, a parità di bravura, non viene fatto massacrare da uno di fuori».
Il problema è quando il “prodotto locale” passa anche se è meno preparato.
«Certo. Poi c'è un altro aspetto: è da questo decentramento che si creano i buchi come quelli di Siena, dove mancano 80 milioni di euro e ci sono due anni di arretrato sul pagamento dei contributi previdenziali dei dipendenti. I mali, come vede, non vengono solo dall'ultima finanziaria. Non dimentichiamoci che l'allora ministro Bersani prese 20 milioni di euro dai fondi per l'università per tacitare le proteste degli autotrasportatori».
A proposito dei nuovi tagli, a “Ballarò” il ministro Rotondi ha annunciato che non saranno a pioggia e si comincerà dagli atenei meno virtuosi.
«Dichiarazione d'intenti che si può non mantenere. Io ho fatto i salti mortali, per mantenere il bilancio in pareggio: da tre anni non bandisco concorsi. Ma non so fino a che punto verrò premiato».
Prevarrà la logica dell'emergenza?
«Vogliamo far fallire gli atenei in rosso? Magari commissariandoli? Altro che scioperi, in quel caso: ne vedremmo delle belle. Diciamo che mi auguro che quei quattro spiccioli che devono darci, ce li diano senza modificare le percentuali attuali».
Il ministro Maroni dice che chi occupa sarà denunciato.
«Leggo quelle dichiarazioni come valide in caso di emergenze. Penso a eventuali risse con feriti e l'intervento del 118. Inoltre da noi le occupazioni sono parziali: in alcune Facoltà ci sono dei presìdi in alcune aule. Le attività didattiche proseguono. E io, in 17 anni di rettorato, non ho mai chiamato la polizia».
MARCO NOCE
 
Paolo Pani, docente di Patologia, spiega perché non condivide le forme della protesta
«Le lezioni in piazza? Pagliacciate»
   
Maestri elementari, prof delle medie inferiori e superiori, docenti universitari, presidi: in questi giorni li abbiamo visti scendere dalle cattedre e andare in strada per fare lezioni dimostrative o per partecipare ai cortei di protesta. L'adesione al fronte anti-tagli è massiccia ma non totale. C'è, fra i prof, chi dice no. Meno visibili, più difficili da trovare e far parlare.
Uno che viene volentieri allo scoperto, per esempio, è Paolo Pani, docente di Patologia alla Facoltà di Medicina dell'Università di Cagliari (e capo di un gruppo di ricerca che di recente ha visto un suo articolo pubblicato nella copertina dell'American Journal of Pathology, una delle più autorevoli riviste scientifiche del settore) si è formato un giudizio ben preciso sulle lezioni in piazza: «Una pagliacciata», taglia corto. «E intendiamoci, non appartengo alla parte politica contro cui sono indirizzate le proteste. Però sono totalmente contrario alle forme scelte per manifestare. Piuttosto, facciamo un po' di conti in tasca all'università. Se le cose non funzionano non è solo per via dei tagli. I ragazzi in piazza non stanno difendendo il merito ma le carriere altrui».
Fra i mali radicali del sistema universitario italiano, secondo Pani, è «perfino banale ricordare il familismo». Meno ovvio, spiega il docente, che sta per terminare il proprio anno sabbatico, puntare il dito contro il sistema con cui vengono scelti i rettori: «L'università è l'unica istituzione in Occidente un chi la dirigenza si nomina per via elettorale. Il rettore, per essere eletto, ha bisogno del consenso di studenti, ricercatori, docenti e personale amministrativo: un sistema di potere che si regge in base a logiche corporative, sulla pax accademica. Proviamo a immaginare una banca in cui le cose funzionassero così: fallirebbe in men che non si dica. Lo stesso accadrebbe a qualunque altra azienda».
Una situazione che, secondo l'analisi di Paolo Pani, ha radici antiche: «Nel '68 abbiamo voluto un'università più democratica: il risultato è che siamo passati dai baroni ai colonnelli». (m. n.)
 
Manifestazioni
Un week end di tregua, poi si ricomincia
   
Ripiegati gli striscioni, messi via i cartelli, i protagonisti dell'imponente corteo di giovedì scorso si godono un fine settimana di riposo.
Il mondo della scuola (genitori dei bimbi delle elementari e dei ragazzini delle medie, maestri e professori, ragazzi degli istituti superiori, personale non docente) si prepara a tornare in aula e battere altre strade per la protesta contro il decreto Gelmini, ormai convertito in legge.
Quello dell'università, che a Cagliari si è riunito sotto la sigla Unicamente, stacca la spina per due giorni e dà appuntamento a lunedì. Silenzio anche telematico, fino ad allora, con il sito web del coordinamento che ripropone in copertina giusto le foto del corteo di giovedì.
Restano occupate alcune delle aule di Psicologia, Scienze politiche, Giurisprudenza ed Economia, e l'asse didattico C della Cittadella universitaria: un'occupazione parziale (o «simbolica») che non comporta l'interruzione delle normali attività didattiche o picchetti che vigilano sugli ingressi in facoltà. Insomma, nessuno dei comportamenti per cui il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha indicato la via delle denunce (e ieri sono scattate le prime, per dei minorenni che cercavano di chiudere con delle catene il portone d'ingresso di un liceo a Roma).
Nei prossimi giorni, a Cagliari, continueranno le lezioni in strada (i primi a cominciare saranno prof e studenti di Lingue) ma soprattutto si lavorerà per le manifestazioni nazionali del 7 e 14 novembre. Per la prima si ipotizza un concerto in piazza del Carmine, per la seconda una spedizione a Roma, dove l'università cercherà di bissare, da sola, il pienone della manifestazione di due giorni fa.
 
2 – L’Unione Sarda
Commenti – pagina 49
sardegna sotto acqua e fango
Dati vecchi creano tragedie nuove
di Nicola Montaldo*  
 
Lunedì scorso, prima lezione dopo l'alluvione di Capoterra, i miei allievi del corso di Sistemazione dei bacini idrografici hanno subito richiesto notizie e spiegazioni su come sia possibile che con tutte le moderne tecniche, teorie e modelli oggi disponibili per la previsione, la difesa e la prevenzione, possano ancora accadere tali tragedie. La domanda era legittima e la risposta complessa anche per degli studiosi di ingegneria idraulica. Nonostante manchi una descrizione dettagliata del fenomeno e non tutti i dati siano disponibili, si può dire che l'evento sia stato indubbiamente eccezionale: 345 millimetri di pioggia in 3 ore. Questo valore era del tutto imprevedibile sulla base delle informazioni scientifiche in nostro possesso. Attualmente un intervento di protezione o di pianificazione idraulica utilizza come grandezze di progetto le previsioni di modelli statistici (per gli addetti ai lavori, curve di possibilità pluviometriche) realizzati ormai 10-20 anni fa all'interno dell'Istituto di Idraulica della facoltà di Ingegneria dell'Università di Cagliari. Ma utilizzando come base le precipitazioni del periodo 1922-1980. Semplificando, secondo i modelli esistenti, la precipitazione in 3 ore nella zona di Capoterra non poteva essere più di 140 millimetri mediamente ogni 2000 anni. Questo significa che anche oggi qualsiasi intervento viene progettato per valori di precipitazioni notevolmente inferiori a quelli registrati la settimana scorsa. È chiaro che qualcosa sta cambiando nell'intero continente.
Questi problemi sono ben noti agli addetti ai lavori. È quindi necessario innanzitutto l'aggiornamento dell'idrologia delle piene della Sardegna. La sezione di Idraulica dell'Università di Cagliari ha più volte evidenziato l'urgenza alle autorità regionali competenti. È impensabile che si realizzino strumenti pianificatori fondamentali, quali il Piano di assetto idrogeologico e il Piano delle fasce fluviali, utilizzando però i vecchi modelli di precipitazione con i dati fino a 28 anni fa, che non tengono in alcun conto i recenti eventi intensi. Le autorità regionali si sono dimostrate sensibili e ben disposte, ma dopo due anni i risultati sono modesti. Non solo non sono disponibili adeguati finanziamenti, ma anche cercando di realizzare questi studi con ciò che è disponibile, manca un elemento essenziale: non esistono dati aggiornati per gli ultimi 20-28 anni. In Italia esisteva un Servizio idrografico che funzionava benissimo fino agli anni '80. Poi niente. In Sardegna la situazione è difficilissima. Le stazioni di rilevamento esistono, ma i dati non vengono forniti dalle autorità competenti regionali. Ancora peggio è la questione osservazione portate fluviali, i cui numeri sarebbero ancora più importanti in quanto la loro elaborazione statistica consentirebbe di stimare direttamente la grandezza principale di progetto degli interventi idraulici, che è appunto la portata. Un tempo le osservazioni idrometriche non erano eseguite in molte stazioni sarde, ma erano sufficienti. Dagli anni '80 le stazioni del Servizio idrografico sono drasticamente diminuite e non vengono più aggiornate, cosicché i dati sono praticamente inutilizzabili.
In effetti molte cose si potevano e si devono fare. È chiaro che non si costruisce sul letto del fiume, a maggior ragione conoscendone il carattere torrentizio. Ma la pianificazione, il monitoraggio e gli studi in Sardegna sono ancora carenti. Tutto questo è in contrasto con altre regioni italiane anch'esse coinvolte da recenti eventi alluvionali. In Piemonte i finanziamenti sono stati utilizzati anche per la pianificazione e il monitoraggio, quindi non solo i dati sono su formato elettronico ma sono disponibili liberamente e su internet (www.regione.piemonte.it/meteo). In diverse regioni sono stati creati dei sistemi di previsione regionale che, da quanto a nostra conoscenza, non ci sono nell'Isola. Esistono dei sistemi di previsione che, accoppiando le previsioni meteorologiche e i modelli idrologici, consentono di mettere in allerta la popolazione con diverse ore d'anticipo. Non sono tecnologie irrealistiche. Conosciamo per esempio direttamente, in quanto abbiamo collaborato attivamente per la sua realizzazione, quello del bacino dell'Arno che entrò in funzione operativamente nel 2000, ma che era stato sviluppato nel 1998, ossia 10 anni fa.
*Università di Cagliari
 
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari – pagina 21
Università: lascia l'allergologo Del Giacco
In pensione dopo una prestigiosa carriera da direttore del Dipartimento internistico 2 dell'Azienda mista
   
Dopo 37 anni di onorata carriera universitaria va in pensione Sergio Del Giacco, direttore del Dipartimento internistico 2 dell'azienda Ospedaliero-Universitaria, e responsabile dell'Unità operativa complessa di Medicina Interna-Clinica Medica. Sposato con Silvana Grossi, due figli (Stefano e Alessandra), Del Giacco è nato a Pavia nel 1936. Laurea a Milano nel 1959 (110 e lode) è stato assistente del professor Melli (Istituto Patologia Medica e Clinica Medica, Milano). Dal '67 è a Cagliari col professor Grifoni. Dal '71 è Incaricato di Immunologia e di Immunologia clinica. Libero docente in Chimica e microscopia clinica (1965) e Patologia medica (1970), ha frequentato il Department of Immunology diretto da Ivan Roitt al Middlesex Hospital di Londra nel 1970 e il Center of Immunology, diretto da Noel Rose, a Buffalo, Usa.
Nell'80 ha vinto il concorso da Ordinario di Immunologia clinica e Allergologia. Di ampio respiro il fronte ricerca: si è occupato di Immunologia clinica e Allergologia e in particolare di Malattie autoimmuni, Lupus Eritematoso sistemico, Sclerosi sistemica, Immunodeficienze, Aids, Asma e allergia. Il professore vanta oltre 300 pubblicazioni e ha coordinato numerosi progetti di ricerca ministeriali, nazionali, regionali e dell'Istituto superiore di sanità riguardanti l'immunologia delle malattie autoimmuni, dell'asma bronchiale e dell'Aids. È stato presidente della Società italiana di allergologia e immunologia clinica (Siaic), presidente della Section & Board di allergologia e immunologia clinica della Uems (Unione europea dei medici specialisti), co-chairman dello Specialty e training council della World allergy organization, coordinatore scientifico della Fondazione Piso che attribuisce un premio biennale per l'eccellenza nella ricerca, assegnato, tra gli altri, anche al premio Nobel, Luc Montagnier. Sergio Del Giacco ha fatto parte del board delle principali società scientifiche.
Lo scorso giugno l'allergologo ha ricevuto a Barcellona il premio Charles De Blackey dall'accademia europea di allergologia e immunologia clinica: è stato il primo italiano a ottenere il prestigioso riconoscimento. Dal 1983 è stato ordinario di Patologia medica e di Medicina Interna nella facoltà di medicina di Cagliari.
«Saluto affettuoso sia il mondo accademico, sia i colleghi ricercatori e clinici. Ma non voglio dimenticare i tanti che hanno collaborato con me, mostrando dedizione e passione, in questi anni. E soprattutto», ha detti ieri Del Giacco, ho un pensiero speciale per i pazienti. La medicina non dà scampo: o la sia ama intensamente da subito o di costringe a cambiare strada».

 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
AMBIENTE 
Le spiagge spariscono nell’indifferenza 
Allarme al convegno «Coast day 2008» sul degrado degli arenili 
 
 CAGLIARI. La Sardegna è all’avanguardia nella difesa delle coste, ma molte spiagge sono in pericolo. E per curarle occorrono interventi attenti e non frettolosi, come quello fatto nel marzo del 2002 col ripascimento del Poetto. Bisogna sempre ripascere con sabbia di uguale granulometrie e colore. «E queste esistono, se le si cerca bene», ha affermato Antonio Brambati, geologo dell’università di Trieste, accademico dei Lincei, studioso considerato una autorità internazionale nel settore.
 Il problema è stato affrontato ieri mattina durante il Coast day 2008 che si sta svolgendo dal 25 ottobre al teatro delle saline, nell’ambito del programma di azione prioritaria per l’ambiente Smap dell’Unione europea e del progetto Metap della Banca mondiale sul miglioramento ambientale del Mediterraneo. La giornata di ieri era dedicata al «processo di avanzamento, arretramento e degrado delle spiagge della Sardegna».
 Dal 2007 il Cosat day ha coinvolto anche l’isola «come esempio d’accellenza nella gestione del proprio patrimonio costiero». Ma occore fare di più, ha sottolineato il geologo ambientale Felice Di Gregorio (università di Cagliari). L’Agenzia della conservatoria delle coste, ad esempio, ha continuato Di Gregorio, ha lanciato un bando per acquisire aree ambientali, «ma occorono anche priorità. La Regione ne ha già tanti di territori importanti», su cui, però, è necessario intervenire. Mancano, insomma, «scelte politiche conseguenti».
 La situazione del Poetto resta sullo sfondo. Un esempio di intervento fatto per arginare una erosione prodotta dall’intervento dell’uomo, ma con esiti fortemente contestati per la modifica che è stata prodotta al paesaggio.
 I fenomeni di erosione sono di due tipi, è stato precisato: naturali (innalzamento del livello del mare) e antropici. Aspetto, quest’ultimo, sempre più presente per le scelte disastrose che vengono fatte dagli amministratori, come nella costa romagnola e in diverse altre parti d’Italia, tanto che nell’ultimo secolo, in Italia, i danni alle coste e alle spiagge ammontano a una cifra pari al prodotto interno lordo di un anno, come ha informato Brambati. Ma i mali provengono spesso da ignoranza e trascuratezza. L’eliminazione delle dune ad esempio, come capitato a suo tempo col Poetto (per la costruzione della strada litoranea) si pagano con la perdita della sabbia verso l’interno. Ugualmente grave è la rimozione della posidonia che si deposita sulle spiagge che, invece, è vitale per la salute della sabbia. Per non parlare delle costruzioni di muretti ed edifici più o meno vicini alla battigia, come avvenuto negli anni al Poetto con gli stabililmenti balneari.
 Ma i mali delle spiagge non sono prerogativa solo della spiaggia di Cagliari, come precisato dai geologi Sergio Ginesu e Vincenzo Pascucci (dell’univesità di Sassari). Guai seri vi sono anche a Marrizza, vicino a Castelasardo, a Capocomino, alla Marina di Sorso, e ad Alghero e Stintino. Quest’ultima spiaggia, a cuspide, si trova in «equilibrio precarissimo», tanto che dal 1997 al 2007 si è ridotta a un terzo. Con in più, oggi, un pericoloso cambiamento delle dinamiche sottomarine. Ad Anghero, invece, la realizzazione dei due porticcioli ha crato tantissimi danni. A cui si aggiungono la mancanza di controlli sull’uso che viene fatto della spiagia (furgoni e auto vi circolano tranquillamente) e le varie lotizzazioni. (r.p.)
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Università 
In pensione l’immunologo Del Giacco 
 
 CAGLIARI. Il professor Sergio Del Giacco, direttore del Dipartimento internistico 2 dell’Azienda ospedaliero-universitaria, e responsabile dell’Unità operativa complessa di Medicina interna-Clinica Medica, ha chiuso ieri la sua attività di insegnamento nella facoltà di Medicina dell’Ateneo cagliaritano. Lo scorso giugno l’immunologo aveva ricevuto a Barcellona il premio Charles De Blackey dall’Accademia europea di allergologia e immunologia clinica, primo italiano a ottenere il prestigioso riconoscimento. Dal 1983 Del Giacco era ordinario di Patologia medica e di Medicina interna nella facoltà di medicina di Cagliari. Tra gli altri incarichi, ha fondato e diretto la Scuola di allergologia e immunologia. Ha diretto anche la Scuola di specializzazione in Medicina interna.
“La medicina - ha detto del Giacco salutando il mondo accademico - non dà scampo: o la si ama intensamente da subito o ti costringe a cambiare strada”.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 13 - Cagliari
Monteponi, piccola università senza futuro 
Corteo di protesta degli studenti contro la possibile chiusura dei corsi di laurea 
Mancano ancora i fondi regionali per finanziare il prossimo anno accademico 
Per ieri era prevista anche l’occupazione, poi annullata per garantire lo svolgimento di alcuni esami 
 
 IGLESIAS. Al grido di “L’Ausi non si tocca” gli studenti universitari di Monteponi hanno sfilato, ieri mattina per le vie del capoluogo minerario scandendo slogan pesanti contro la politica dello smantellamento decisa dal governatore Soru per le due facoltà di Villa Bellavista. Un corteo di un centinaio di studenti con presenze di tecnici ed impiegati che ha voluto ribadire, nelle strade e nelle piazze la determinazione degli studenti a disporre di un’opportunità per proseguire gli studi nel territorio senza dover affrontare trasferimenti in altre facoltà, o in altri atenei della penisola.
 
 

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