Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 October 2008
Rassegna quotidiani locali
LA NUOVA SARDEGNA
1 - L’urbanizzazione causa del disastro, il parere di Angelo Aru, geologo dell’Università di Cagliari
 
L’UNIONE SARDA

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Fatto del giorno
Il geologo Aru: non si edifica vicino ai fiumi 
«L’urbanizzazione causa del disastro» 
ROBERTO PARACCHINI 
 
 CAGLIARI. In poche ore è caduto il mondo. Ma come mai capitano questi fatti, con una pioggia che tutto travolge? Eppure si sapeva di questa perturbazione...
  «Non esattamente: era prevista, sì, e anche intensa ma non di questa potenza, ovvero così concentrata in poche ore», spiega Angelo Aru, già professore ordinario di geopedologia all’università di Cagliari e coordinatore del progetto europeo sulla desertificazione in tutto il Mediterrano. «Il problema - precisa - è che questo tipo di piogge, chiamate convettive, a volte hanno questo andamento concentrato nel tempo e, quindi, violento, ma non è possibile conoscerlo in anticipo: è imprevedibile nella sua potenza. Di certo si sa che queste precipitazioni esistono e che, seppure in maniera casuale, avvengono».
 - Non si può proprio fare niente, quindi?
 «Si può fare moltissimo, invece. Se questa intensità non è prevedibile, lo è il modo di gestire il territorio e le opere di urbanizzazione. A Capoterra hanno edificato proprio alle falde del vicino rio. E questo non va assolutamente fatto. Nei pressi di un fiume, anche se piccolo, non si deve mai costruire».
 - Ma i piani urbanistici non devono tener conto anche della situazione idrogeologica e della quantità di pioggia prevedibile?
 «Certamente, solo che si prendono in esame le medie storiche, mentre il calcolo va fatto sulle punte, prodotte dalle precipitazioni convettive, che sono quelle più violente e che, se l’urbanizzazione è fatta male, provocano disastri».
 - Niente da fare, quindi?
 «Bisogna costruire in modo diverso. Certo, per le situazioni abitative già esistenti, bisogna cercare di ridurre il danno. Ma in tutta l’area del cagliaritano raramente si è tenuto conto di queste situazioni. A Monserrato, ad esempio, c’è Riu Mortu che, in genere, porta pochissima acqua, ma quando vi sono questo tipo di precipitazioni localizzate, è terribile perchè l’hanno quasi del tutto edificato. Lo stesso discorso vale per Pirri, dove gli scarichi naturali sono stati cementificati l’acqua assume la potenza di un cannone. Gli addetti ai lavori lo dicono da anni».
  - E il piano idrogeologico della Regione...
 «Questo prevede, finalmente, il rischio di inondazione perchè i corsi d’acqua hanno sempre bisogno di una fascia di rispetto, anche quando hanno gli argini che, di fronte a queste precipitazioni, non bastano mai. In tutti i terreni bisogna sempre fare un’analisi di suscettibilità in base ai diversi utilizzi: siano agricoli, turistici o abitativi. Altrimenti, quando avvengono questi disastri, non dobbiamo incolpare la natura, ma il nostro modo assurdo di edificare».
2 – La Nuova Sardegna
Università, lezioni in piazza per protesta 
L’assemblea di Lettere rinvia per ora l’occupazione delle facoltà 
Berlusconi sceglie la linea dura: polizia nelle scuole 
 
CAGLIARI. L’occupazione delle facoltà del polo umanistico per ora non ci sarà. Una affollatissima assemblea di studenti e docenti ha deciso come forma di protesta intermedia di spostare in piazza le lezioni. Questa iniziativa sarà ora vagliata dalle assemblee del polo scientifico e giuridico. Anche il rettore Pasquale Mistretta si è unito al coro di no contro la privatizzazione degli atenei sostenuto dal ministro Gelmini. Berlusconi però sceglie la linea dura: il decreto Gelmini non sarà ritirato e contro gli studenti che occupano le scuole e le università il governo è pronto a schierare la polizia. Il premier ha convocato il ministro degli Interni e gli ordina «voglio che sia garantito il diritto allo studio».
 
Pagina 1 - Cagliari
L’assemblea generale alla Facoltà di lettere respinge per ora l’ipotesi dell’occupazione 
Università, lezioni in piazza contro la Gelmini 
Studenti e docenti tutti uniti, il rettore si schiera con loro: «Va bene ogni iniziativa» 
Fronte unito per fermare la privatizzazione degli atenei Verso lo sciopero generale 
SABRINA ZEDDA 
 
CAGLIARI. Lezioni in piazza sui grandi temi che toccano la società civile e proiezione di film impegnati. Non sarà l’occupazione che tanti auspicavano, ma la proposta arrivata ieri dalla facoltà di Lettere e filosofia per dire “no” alla privatizzazione dell’università e ai tagli voluti dal governo di centrodestra è comunque un segnale forte. Sarà accolto dalle altre facoltà e dalle tante anime che le compongono? Chissà, certo è che, come ha dimostrato l’assemblea di ieri nel polo umanistico di Sa Duchessa, il fronte della ribellione si fa sempre più agguerrito. La cultura, e la serietà intellettuale di chi nonostante tutto vuole rimanere con la schiena dritta: se la proposta illustrata dal preside di Lettere e filosofia, Roberto Coroneo, e già concordata tra docenti e ricercatori della facoltà, dovesse essere accolta anche dagli altri, si comincerebbe subito, magari già da domani.
 ‹‹In questo caso - dice Coroneo - la giornata di domani (oggi per chi legge) servirebbe per darci un minimo di organizzazione: per creare, cioè, dei gruppi di lavoro, in modo che si decida tutti assieme che cosa fare››.
 L’idea è di dare il via a lezioni simboliche in piazza, ‹‹per parlare - spiega Coroneo - di ambiente, di tutela del paesaggio, o magari di letteratura o di internazionalizzazione››. Temi di ampio respiro capaci di catturare l’attenzione di molti e di sensibilizzare dunque sul momento di grave crisi vissuto in questo momento dall’uniersità e che servirebbero, tra l’altro, anche a dare maggior forza allo sciopero generale organizzato dai sindacati per il 30 ottobre. Perchè alla fine è questa una delle date strategiche per la protesta e sino a quel momento, è stato detto ieri, l’attenzione e la mobilitazione non dovranno cedere mai.
 Alla proposta finale sulle strategie da adottare si è arrivati al termine di un’assemblea partecipatissima (forse la più partecipata della serie che sono state organizzate dall’inizio dell’anno accademcio) cui non hanno voluto mancare le diverse anime dell’università: dai ricercatori ai docenti, dal personale amministrativo agli studenti, seppur con tutte le loro divisioni ideologiche esplose qua e la con qualche battuta colorita, tutti hanno voluto esserci, riempendo l’intero atrio, scale comprese, della facoltà di Lettere e di Scienze della formazione, perchè dopo il violento acquazzone l’aula magna del corpo aggiunto era così allagata da essere inservibile. A parlare non è stato solo Roberto Coroneo, ma un folto stuolo di studenti, insegnanti, sindacalisti, ognuno con la sua analisi della situazione, ognuno con la sua proposta.
 ‹‹Quella che si sta preparando - è l’opinone del preside di Medicina, Mario Piga - è una surretizia riforma dell’università fatta dal ministero dell’Economia. Ma, e lo dico da medico, la terapia per rilanciare l’università non è quella di spararle un colpo in fronte››. Accalorato e applauditissimo anche l’intervento di Cristina Lavinio, docente alla facoltà di Lettere: ‹‹Il problema - dice - non è solo la legge 133 ma il fatto di avere un governo che fa passare leggi in maniera surretizia: per chiudere le scuole dell’infanzia con meno di 50 alunni, ad esempio, ha utilizzato un decreto sulla Sanità››. Per dire “no” a tutto questo, è la proposta di Lavinio, bisognerebbe coinvolgere di più anche le famiglie (che rischiano di pagare più tasse per i figli all’università) invitandole a qualche assemblea. Paolo Deidda, della Cgil, riflette sul fatto che in alcune facoltà le proteste sembrino un poco frenate, forse per via di alcuni interessi di bottega. ‹‹Chi tutela ad esempio - si domanda - gli studenti di Giurisprudenza se la maggior parte dei loro docenti passa la giornata in tribunale?››. Paola Piras, neopreside di Scienze politiche, osservando come tra parecchi studenti ci sia ancora molta disinformazione su ciò che avviene, propone di utilizzare parte delle ore di didattica per dedicarle a dibattiti di approfondimento sul tema, mentre Gian Vito Di Stefano, rappresentante degli studenti di Lettere, osservando come agli studenti vada il merito di aver ribaltato una situazione in cui inizialmente molti di loro erano apatici di fronte agli avvenimenti, chiede ai docenti un ulteriore rafforzamento della loro disponibilità, invocando a gran voce il blocco della didattica. Una proposta, questa, che il rettore Pasquale Mistretta, presente anche lui, sembra non condividere particolarmente. Anche se alla fine, dopo aver invitato i presidi a prendere la decisione che più ritengano opportuna (‹‹purché ci sia un minimo di informazione tra le facoltà›› rivolto proprio agli studenti si lascia andare: ‹‹Vanno bene tutte le iniziative, facoltà per facoltà, compresa l’occupazione, basta che a occupare non siano in 10 mentre 300 vogliono fare lezione. E basta che alla fine non ci ritroviamo con vetri e banchi rotti››.
 
 
Pagina 15 - Attualità
«Minacce inaccettabili, non ci faranno tacere con la forza» 
Reazioni stupite e indignate alla Sapienza di Roma. «Non blocchiamo la didattica» 
 
 ROMA. «Nel maggio del ‘68 ero a Parigi e ho visto con i miei occhi la città invasa e bloccata dalle proteste degli studenti, senza che venisse mai interrotta la didattica, neanche per un’ora». Così ci racconta Edoardo Ferrario, professore associato di Estetica a La Sapienza di Roma. Sono parole importanti, in questo momento di grande confusione all’interno degli atenei. La maggior parte degli studenti che si stanno mobilitando in questi giorni sono con lui. In pochi credono che sia necessario bloccare le lezioni per farsi ascoltare dal governo. Molto meglio la proposta, da alcuni già messa in atto, di fare lezione nelle piazze o davanti alla sede del Parlamento. Alla domanda su cosa pensa riguardo alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla possibilità di un intervento della polizia all’interno delle università Ferrario ha parole chiare: «Le minacce, da qualunque parte provengano, non sono mai accettabili. Le parole vanno usate in modo opportuno, non a caso. La polizia? Che venga. Faremo lezione anche con loro». Intanto i ragazzi dei collettivi all’interno delle assemblee discutono per affermare le loro posizioni. C’è chi vuole a tutti i costi bloccare la didattica, ma si tratta di una minoranza. Andrea, 25 anni, è tra quelli che si danno da fare per organizzare lezioni fuori dalle aule: «E’ il modo migliore per evitare che la nostra protesta venga strumentalizzata, come è accaduto in passato. Le dichiarazioni di Berlusconi dimostrano come il governo voglia evitare in tutti i modi di rispondere alle nostre richieste. Le minacce di un intervento della polizia sono solo un modo per spostare l’attenzione. Spero che non si riesca ad approfittare delle azioni di pochi facinorosi per rovinare un momento importante. Io, come la maggior parte degli studenti, sono un non-violento». Quello che viene fuori chiaramente dalle dichiarazioni di tutti è che alla base della protesta non ci sono solo la finanziaria di Tremonti e i decreti della Gelmini. Le manovre del governo Berlusconi sono il pretesto per far venire fuori tutto il malcontento di una generazione che non ci sta ad avere davanti un futuro con poche speranze. C’è chi come Federico, in tasca laurea specialistica che mette insieme Filosofia e Fisica quantistica, lavora in teatro come tecnico delle luci: «Non è un problema, è un lavoro che mi piace. Ma se avessi voluto intraprendere la carriera universitaria non avrei dovuto solo studiare, ma cercare di farmi amico qualche barone. Ed è questo che deve cambiare». Elettra, 20 anni, studentessa di Lettere, ha passato tutta la giornata alle assemblee di facoltà: «Non credo che Berlusconi farà davvero quello che ha minacciato. Noi non stiamo facendo niente di male se non chiedere quello che ci è dovuto. Io non credo che le università di oggi siano perfette. La nostra è una protesta che tende alla costruzione di un sistema migliore, e chi è al governo dovrebbe darci ascolto, non minacciare di metterci a tacere con la forza».
Valentina Della Seta 
 
Pagina 14 - Attualità
«Non abbiamo paura, andiamo avanti» 
Cortei, blocchi, occupazioni: gli studenti intensificano la protesta 
A Milano lezione in piazza Duomo, Napoli prepara la “lunga notte” 
di Monica Viviani 
 
«Non ci fermeremo». Così, dall’Unione degli studenti a Forza Nuova, dalle università alle scuole medie, il mondo studentesco risponde compatto alle minacce del premier Silvio Berlusconi e intensifica le azioni di protesta. Sul fronte universitario, cortei, blocchi e occupazioni ormai non si contano più. A Milano circa 700 studenti universitari hanno ieri seguito una lezione in piazza Duomo per poi formare un corteo non autorizzato che ha bloccato il traffico. A Torino è continuata l’occupazione delle facoltà umanistiche ed è stata occupata anche la facoltà di Fisica.
 Manifestazione non autorizzata pure a Trieste, corteo funebre e blocco della didattica invece a Parma mentre a Firenze il dipartimento di Matematica terrà il 27 e il 28 ottobre 24 ore di lezioni no stop.
 «Non abbiamo paura di Berlusconi e della Gelmini» hanno gridato gli studenti della Sapienza di Roma dove ieri il Dipartimento di Fisica è stato chiuso per protesta con catenaccio e lucchetti ed è stata occupata anche l’Aula 2 della Facoltà di Economia. Un corteo spontaneo di un migliaio di studenti di Roma Tre ha poi manifestato nel pomeriggio bloccando il quartiere Ostiense-San Paolo e infine la Facoltà di Lettere dell’Università Tor Vergata, ha deciso di indire un presidio di studenti e docenti della durata di una settimana.
 E da ieri a Napoli, dopo un’assemblea con 1.500 studenti, è occupata anche l’Università Orientale mentre la Seconda Università è in stato di agitazione permanente.
 E non è ancora finita. Un minuto di silenzio, ceri accesi, veli scuri calati sui visi, una grande bara marrone e un necrologio funebre: così centinaia di universitari hanno voluto protestare ieri a Bari. Intanto a Palermo il Consiglio di facoltà di Lettere e Filosofia ha detto sì alla sospensione delle lezioni fino al 31 ottobre. Manifestazioni, sit-in e assemblee anche a Catania, l’Aquila, Perugia e Cagliari.
 Un fermento che riguarda anche gli studenti delle superiori dove continua la tre-giorni di mobilitazione lanciata dall’Unione degli Studenti, secondo la quale le adesioni delle scuole hanno già superato il migliaio. Nel Milanese sono partite le prime occupazioni al liceo Omero e all’istituto Majorana di Cesano Maderno. A Trieste su 17 istituti, 11 risultano occupati e in sei sono in corso autogestioni. Occupazioni in aumento anche in Liguria, in Toscana e a Roma dove si prepara la manifestazione per lunedì prossimo a cui si stima che prenderanno parte 15mila ragazzi. Intanto ieri due cortei non autorizzati hanno sfilato in due diverse zone della Capitale, a ponte Milvio e a Talenti.
 Sono poi più di 50 (secondo l’Uds) le scuole di Napoli che si sono mobilitate con autogestioni, assemblee permanenti e occupazioni: ieri mattina 4000 studenti hanno sfilato in corteo sotto l’assessorato regionale all’Istruzione e per domani sera è in programma «La lunga notte della scuola». Anche a Salerno sono state occupate 13 scuole e occupazioni ed assemblee permanenti sono in corso ad Avellino e Caserta. Proseguono e si intensificano poi le proteste degli studenti calabresi con occupazioni, autogestioni e assemblee a Rende, Catanzaro e Reggio Calabria. Mentre 200 manifestanti, perlopiù docenti ma anche una delegazione di studenti, hanno sfilato ieri mattina sotto la pioggia per le vie di Oristano. Infine uno «sciopero creativo» sarà messo in atto oggi, in molte città, dagli alunni medi della Rete degli studenti che occuperanno le entrate delle scuole «per sbarrare la strada alla riforma e ai tagli con tutta la nostra creatività».
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Oristano
LACONI 
Il pensiero di Gramsci nella cultura sarda 
Questo pomeriggio un incontro-dibattito nell’aula consiliare 
 
 LACONI. La nuova cultura sarda e il pensiero Gramsciano sono al centro di un incontro che si terrà questo pomeriggio nella cittadina del Sarcidano.
 Organizzato da Terra Gramsci e Igs (International Gramsci Society-Sardegna,) la rete associativa del Centro Sardegna nata in Barbagia, rete itinerante per “un nuovo senso comune dalla Sardegna al mondo e dal mondo alla Sardegna”, l’incontro è l’occasione per la presentazione del libro della professoressa Birgit Wagner, ordinaria dell’Università di Vienna, studiosa di Gramsci e di Sardegna.
 Il titolo del libro: “Sardegna, Isola in dialogo. Testi, discorsi, film”. Il lancio dell’evento sottolinea che scrittori come Giulio Angioni, Marcello Fois, Salvatore Mannuzzu; cineasti come Gianfranco Cabiddu, Giovanni Columbu ed Enrico Pau esprimono la capacità di contrappunto della nuova cultura sarda con le proprie tradizioni, come con le espressioni del mondo.
 La presentazione dell’opera della Wagner è curata dal professor Giorgio Baratta, presidente di Terra Gramsci e Igs nonché autore del libro” Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente”. Dopo la presentazione, a conclusione dell’incontro, verrà illustrato e discusso il progetto “Sa Littorina: per un umanesimo dei piccoli” promosso sempre dall’associazione Terra Gramsci e dai Comuni di Austis, Ghilarza, Isili, Laconi, Sorgono e Tonara.
 L’appuntamento è dunque per le 17.30 presso la sala consiliare. (iv.ful)

4 – L’Unione Sarda
Cagliari – pagina 21
Blocco dell’attività didattica a Lettere: la decisione dopo un’assemblea lunga e movimentata nell’atrio della Facoltà
Università in rivolta, stop alle lezioni
Studenti e docenti alleati contro i tagli: giovedì il corteo  
In centinaia, fra studenti e docenti, nell’atrio di Lettere per mettersi d’accordo sulle forme di protesta: l’università è sul piede di guerra
 
Letteratura? Filologia? Storia dell’arte? Niente di tutto questo, fino a giovedì prossimo. Al posto delle lezioni ordinarie («frontali», dice il preside Roberto Coroneo), a Lettere si fanno approfondimenti, seminari, dibattiti dedicati a un unico tema: la legge 133 e le sue ricadute sul futuro dell’università italiana. Le lezioni, invece, magari non iperspecialistiche ma vere, si faranno nelle strade: come a Roma, l’altro giorno, con i prof di Fisica a tracciare formule di meccanica quantistica sulle lavagne davanti a Montecitorio. E nel frattempo, divisi in gruppi, si lavora per portare in strada, il 30 ottobre, quanti più studenti, genitori, docenti, ricercatori possibile, cercando di coinvolgere tutte le altre facoltà, storicamente meno propense alla mobilitazione: «Cagliari», riassume Salvatore Natoli, ordinario di Filosofia teoretica, «deve inserirsi nel grande movimento di protesta dell’università italiana» contro i tagli. E quindi allestire un corteo imponente, facendo capire alla città (quindi alle famiglie degli studenti, ma anche ai proprietari delle case, per dire) che la battaglia non è solo dell’Ateneo.
Occupare? Per ora no. Il corpo studentesco, sull’argomento, è spaccato. Da un lato ci sono quelli che vorrebbero, magari più in là, dopo aver messo in campo soluzioni più creative, meno prevedibili. Dall’altra quelli della lista Ichnusa, considerata espressione di Comunione e liberazione: hanno raccolto 600 firme per dire no al blocco dell’attività didattica (ma anche al blocco degli esami e delle tesi di laurea: un’ipotesi di cui, al momento, nessun altro ha parlato). Nel mezzo, una maggioranza silenziosa restia a farsi coinvolgere. Risultato: per ora nessun sacco a pelo, la sera tutti a casa, Lettere chiude. Ma si tratta per estendere almeno l’orario di apertura.
È questa la linea scaturita al termine di un’assemblea intensa e movimentata, che ha visto docenti e presidi (non solo di Lettere ma di Scienze della formazione, Medicina, Scienze politiche, Matematica) schierarsi senza tentennamenti accanto agli studenti. Convocata dal preside Roberto Coroneo, avrebbe dovuto tenersi nell’aula magna. Il nubifragio di ieri mattina ha costretto tutti a cambiare programma: con lo stabile nuovo allagato, ci si è dovuti sistemare nell’atrio, utilizzando come palco il primo ripiano della scalinata.
Ad aprire il dibattito è lo stesso Coroneo, abito scuro e camicia rossa per affrontare un’altra giornata in prima linea, in una difficile opera di mediazione fra le tante anime della protesta. Si parla, studenti, presidi e docenti, usando un minuscolo microfono collegato a un amplificatore di fortuna. Voci a favore del decreto contestato: nessuna. Giusto un volantino anonimo, di cui nessuno rivendica la paternità. Per il resto si grida all’attentato alla democrazia, alla riforma dell’università fatta dal ministero delle Finanze, di tagli che non riguardano solo i rami secchi ma il tronco sano, a una campagna di disinformazione che ha dipinto prof e ricercatori come fannulloni privilegiati. Ci si scontra fra fazioni opposte e si lanciano appelli a restare uniti. Si dà notizia delle assemblee convocate nelle altre Facoltà.
«Sono uno studente qualsiasi», si presenta Antonio Farina, occhialini e camicia celeste molto perbene: «Uno che di solito non partecipa molto. Ma se non fossi qui oggi, domani mi sputerei allo specchio. Ragazzi, ci aspettano i call center. Sono disperato». Non è il solo.
MARCO NOCE
 
Cronaca dell’incontro tra i ragazzi e il rettore, che invita i presidi ad assecondare le loro iniziative
Mistretta: occupate, ma non tollererò danni
«Se passassero i tagli dipenderemmo dagli enti pubblici politicizzati»  
Non dice: occupate pure. Questo no, non può. Dice però qualcosa d’importante, il rettore dell’università di Cagliari: «In questo Ateneo le forze dell’ordine difficilmente entrerebbero. Questo perché negli anni non ne abbiamo mai chiesto l’intervento. Ma se questa facoltà dovesse essere occupata e ci fossero danni, allora entrerebbero d’ufficio». Probabile, visto quello che sta dicendo, in quello stesso momento, a Roma, il presidente del Consiglio dei ministri.
Pasquale Mistretta, nel frattempo, dice qualcosa di ancora più esplicito: «Invito i presidi ad assecondare le iniziative degli studenti. Comprese occupazioni temporanee di breve o medio termine». Un boato: i trecento assiepati nell’atrio di Lettere applaudono, quasi spiazzati dall’apertura improvvisa. «Purché le iniziative - aggiunge lui - siano credibili: una facoltà non si blocca perché in quattro ci dormono in sacco a pelo per un mese, a dispetto di 250 che vogliono fare lezione. E niente vetri rotti o porte sfondate».
Era cominciata maluccio, la partita del rettore. Era arrivato in ritardo («Colpa dell’alluvione», ha spiegato più tardi), si era fatto largo attraverso la calca, accompagnato da più d’un mugugno aveva salito uno per uno gli scalini che portano al palco su cui si alternano gli oratori e fatto segno al preside Coroneo che sì, avrebbe parlato, ma più tardi.
Due ore dopo, Pasquale Mistretta scende quelle scale con la consapevolezza di aver convinto un uditorio tutt’altro che ben disposto nei suoi confronti: «Sono quindici anni che lei è rettore», gli aveva ricordato acido uno che avrà sì e no un quarto dei suoi anni. «Battute che lasciano il tempo che trovano», aveva tagliato corto il Magnifico senza scomporsi. «La legge 133 - aveva ribadito - è pericolosa sopratutto nei suoi aspetti politici: la riduzione delle risorse obbligherà molti atenei ad aggregarsi o, in alternativa, a chiudere». E aveva spiegato: «Sassari ha Veterinaria e Agraria. Noi Ingegneria e Scienze. Si potrebbero studiare dei corsi integrati per raggiungere il rapporto docenti/studenti necessario perché siano validati». In mezzo, 200 chilometri di problemi.
A preoccupare Mistretta, però, è un altro scenario: l’ingerenza politica sulle università trasformate in fondazioni di diritto privato. «Se i tagli diventeranno definitivi - ragiona - in una regione come la Sardegna, dove le imprese potenzialmente interessate a investire nella ricerca non sono molte, non resterebbe altra strada che aprire agli enti pubblici. Che sono politicizzati. E chi mette i soldi in una fondazione, ovviamente, pretende un posto in consiglio d’amministrazione». Peggio questa prospettiva, secondo il rettore, del blocco forzato del turn over, che pure, l’anno prossimo, farà sì che a Cagliari, per 68 docenti che andranno via, ne verranno assunti solo 12.
«Mi avete chiesto di mettermi in gioco», scandisce: «L’ho fatto. Ora tocca a voi decidere che fare: io sarò un attento osservatore. Non dimentico di essere un rappresentante delle istituzioni». (m. n.)
 
Il dettaglio
E-mail e striscioni: così comunica la nuova protesta
   
«No alla svendita dell’università pubblica», avvisa lo striscione di benvenuto, affisso accanto al cancello del complesso di Sa Duchessa. Sfondo bianco, vernice nera ma anche rossa, sigla Lsd che sta per Libertà studentesca dimenticata.
«Abbiamo rovesciato anni di apatia», dice al microfono Gianvito di Stefano, rappresentante degli studenti al Consiglio di facoltà. I ragazzi provano a riappropriarsi di un ruolo di protesta/proposta contro lo stato delle cose: i più consapevoli, magari, avrebbero preferito farlo per chiedere di migliorare un’università (quella italiana) per molti versi in crisi (perdita di posizioni nelle classifiche del prestigio, scandali per i concorsi, parentopoli dilagante, moltiplicazione dei corsi di laurea) piuttosto che per difendere l’esistente dai tagli decisi dal Governo. Così vanno le cose.
In ogni caso, i ragazzi si preparano a tornare in piazza. E accanto alle email per tenersi in contatto con le altre facoltà (ai tempi della “pantera” erano i fax, che oggi sanno di polvere) tornano gli striscioni, vecchio strumento di comunicazione di massa, ancora valido. «Sveglia, studenti - recita uno - è in gioco il vostro futuro». Gli altri li vedremo sfilare in testa al corteo giovedì prossimo.
5 – L’Unione Sarda
Pagina 23 – Cronaca di Cagliari
Fotovoltaico, oggi seminario
   
Stamani dalle 9 nell’aula magna della facoltà di Ingegneria, in piazza d’Armi, si terrà un workshop internazionale sulle nuove tecnologie fotovoltaiche al quale parteciperanno i maggiori esponenti del settore a livello internazionale. L’evento è organizzato da Sardegna Ricerche con il patrocinio del Corso di laurea in Ingegneria energetica e del Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica.
 

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