Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 October 2008
Rassegna quotidiani locali

L’UNIONE SARDA
 
LA NUOVA SARDEGNA
 
ALTRAVOCE.NET
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari – pagina 18
università
Istituti di ricerca e dipartimenti pronti alla mobilitazione di venerdì
   
Lo slogan dei ricercatori dell’istituto di Neurogenetica e di Neurofarmacologia del Cnr sarà questo: Inn-Cnr: 17 di ruolo e 30 precari. Brunetta: elimina il precariato non i precari . Un’iniziativa che i promotori sperano si estenda anche agli altri istituti universitari che si occupano di ricerca.
«In previsione dello sciopero generale indetto dai sindacati per venerdì», fanno sapere i precari in un documento, «contro i recenti emendamenti sul congelamento delle stabilizzazioni, sulle norme “ammazza-precari” e sui tagli ai fondi per la ricerca, si terrà a Roma una manifestazione in piazza Repubblica. Ci sentiamo in dovere di partecipare a questa lotta. Tuttavia, vista la difficoltà economica, solamente alcuni di noi potranno essere presenti in rappresentanza dell’istituto. Puntiamo a creare, insieme ai rappresentati di altri istituti, un gruppo omogeneo proveniente dalla Sardegna». Per manifestare il malumore dal Cnr propongono che in ogni istituto e dipartimento venga appeso uno striscione con uno slogan di protesta in contemporanea con la manifestazione di Roma.
Nel documento si evidenzia l’obiettivo comune di «contrastare la politica di smantellamento della ricerca pubblica» e per questo dal Cnr lanciano l’appello «per una collaborazione di tutti i dipartimenti e istituti del mondo universitario che si occupano di ricerca». (m. v.)
2 – L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cronaca di Cagliari
Brevi
Tagli agli Atenei, oggi un’assemblea
   
Si terrà oggi, alle 18 nell’aula magna della facoltà di Lettere e Filosofia l’assemblea contro il decreto Tremonti e per la presentazione della Controguida 2008. L’iniziativa è dell’Unione degli universitari.
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari – pagina 21
via darwin
Cesar’s hotel, convegno sull’iperglicemia
   
Si terrà sabato dalle 9 alle 17 al Cesar’s Hotel l’incontro dal titolo "Iperglicemia e rischio cardiovascolare nel paziente diabetico".
Organizzato dal professore Marco Baroni e dal dottor Efisio Cossu dell’Università di Cagliari, il corso vuole fornire ai medici specialisti del settore endocrino-metabolico gli ultimi aggiornamenti su diagnosi e terapia della malattia diabetica, con particolare attenzione agli aspetti più innovativi nel campo della diagnostica e cura delle complicanze cardiovascolari nel paziente diabetico. L’aggiornamento è aperto a tutti i colleghi delle diverse specialità: diabetologi ed endocrinologi, internisti, cardiologi, geriatri, medici. Fra i relatori ci sarà Angelo Avogaro, responsabile della Unità di Diabetologia dell’Università di Padova.
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Sassari – pagina 34
Sassari. Trenta euro all’anno
Per gli universitari l’autobus cittadino diventa low cost
   
Una tariffa low cost così neppure le compagnie aeree riescono ad offrirla: 30 euro l’anno per viaggiare sugli autobus dell’Azienda Trasporti Pubblici di Sassari. Privilegio riservato per ora soltanto a 500 tra studenti universitari e iscritti all’Accademia delle Belle Arti e al Conservatorio di Musica, ma la disponibilità potrebbe raddoppiare subito qualora l’Università entri nella convenzione stipulata ieri dall’Ersu sassarese (l’Ente regionale servizi universitari) e dall’ATP. La doppia firma apposta dai due presidenti, Antonello Mattone e Leonardo Marras, è il risultato di un progetto iniziato quasi due anni fa su proposta di Simone Campus, rappresentante degli studenti. "Abbiamo dovuto convincere anche la Regione della bontà dell’iniziativa. Siamo riusciti ad ottenere la parificazione degli studenti universitari a quelli delle scuole superiori e il nostro intervento abbatte ulteriormente i costi".
La tariffa normale prevede una spesa di 21 euro al mese, 252 euro l’anno. L’Ersu ha ottenuto che il costo scenda della metà, 125 euro. «Di queste 95 euro sono coperte dall’Ersu e quindi lo studente deve versare solo 30 euro» ha precisato il direttore generale dell’ente Maria Grazia Piras.
Gli studenti iscritti all’ateneo turritano sono 15 mila. Di questi almeno 10 mila tra fuori sede e sassaresi frequentano assiduamente e quindi si spostano quotidianamente tra facoltà e mensa, uffici e case dello studente. Le strutture universitarie sono dislocate a diversi chilometri l’una dall’altra, con disagi e spese intuibili. Certo, rispetto agli utenti potenziali, 500 abbonamenti sono pochini. Simone Campus ha spiegato: «Finora gli abbonamenti venduti si aggiravano sui 300. L’Ersu ha risorse per arrivare sino a 700 qualora le richieste aumentino. Aspettiamo poi il contributo dell’Università: aveva promesso di destinare a questa convenzione parte dell’extra-gettito ottenuto l’anno scorso con l’aumento delle tasse universitarie».
Il presidente dell’ATP Leonardo Marras ha fatto riferimento anche all’indagine sull’ecosistema urbano apparsa lunedì sul Sole 24 ore che evidenzia come Sassari sia al 65° posto sulle 103 città italiane in base ai parametri monitorati da Legambiente e Ambiente Italia. «Siamo sotto la media nazionale e di sicuro viaggiare in autobus significa prendere meno l’auto e ridurre l’inquinamento. Oltretutto entro dodici mesi il nostro parco mezzi che è costituito da 89 autobus sarà rinnovato al novantacinque per cento».
GIAMPIERO MARRAS

 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 16 - Cagliari
Il direttore del Consorzio Ausi si dimette, se ne occuperà il Cda fra qualche giorno 
Regione distratta, Piccaluga getta la spugna 
Da 12 anni alla guida dei Corsi di Monteponi
Casse vuote da tempo, attese dalla Provincia 
 
IGLESIAS. Getta la spugna Giorgio Piccaluga, direttore del consorzio Ausi che gestisce l’Università del Sulcis Iglesiente, e annuncia le dimissioni, senza creare clamori, ma la decisione mette in evidenza contorni preoccupanti. L’incertezza di finanziamenti regionali e la scarsa attenzione delle amministrazioni locali, che hanno aderito recentemente all’associazione ha indotto Giorgio Piccaluga, che da 12 anni con altri colleghi si è sobbarcato oneri ed onori per portare agli attuali livelli di eccellenza le facoltà di scienza dei materiali ed informatica ad arrendersi.
 A far abbassare le braccia le disattenzioni attribuite a una Regione che fino ad oggi ha lanciato segnali per la chiusura delle università periferiche. Nei fatti il de profundis dell’Ausi si sta affermando con l’assegnazione dei fondi per gestire la macchina universitaria che ogni anno necessita oltre che delle quote dei privati, della Provincia Carbonia Iglesias e dei Comuni di Iglesias e Carbonia, delle risorse pubbliche della Regione.
Sembra che a tutt’oggi le casse dell’Ausi abbiamo incamerato solo il bonifico relativo alle anticipazione relative all’aprile 2007 e in simili condizioni anche facendo salti mortali economici-finanziari appare improbabile che si possa far marciare regolarmente la macchina delle due facoltà.
 Le dimissioni di Giorgio Piccaluga saranno discusse nella prossima seduta del consiglio di amministrazione che dovrebbe avere luogo fra qualche giorno. Tra i docenti, soprattutto tra quelli che in questi anni hanno lavorato sodo per raggiungere i livelli attuali, c’è preoccupazione ma non rassegnazione ad una politica che vorrebbe, ricorrendo ad una stretta esasperata dei finanziamenti, condannare il Sulcis Iglesiente a rinunciare ad una iniziativa accademica apprezzata per la qualità dei risultati ottenuti nei primi tre lustri di attività.
 Il professore Piccaluga non ha voluto commentare la sua decisione in attesa che la lettera con la rinuncia all’incarico giunga nella sede dovuta. Oltre alla Regione si critica, a Monteponi, anche l’atteggiamento della Provincia e dei sindaci dei due Comuni capoluogo. In questi mesi, neppure a bassa voce è stata apprezzata la voce del dissenso ad una scelta politica che tende a chiudere due facoltà che «non sformano diplomi di laurea perchè i neo dottori trovano lavoro nelle fabbriche della zona o nella penisola». E’ di appena qualche settimana fa l’ondata di lauree in Scienza di materiali di giovani che hanno effettuato il tirocinio in Slovenia, in Ungheria o in aziende importanti della penisola. Non si contano più i laureati a Monteponi che sono nell’organico delle fabbriche di Portovesme, di Iglesias e dell’isola.
 L’Ausi, considerata la locomotiva per proporre centinaia di laureati da inserire nel mercato del lavoro, rischia di arrestare la sua corsa, in un binario morto che secondo i responsabioli locali trova origine nelle scelte politiche adottate dall’amministrazione regionale.
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Oristano
Archeologi di nuovo al lavoro nell’antichissimo sito di Sa Punta 
Ripresi gli scavi all’interno del Museo del Mare a Marceddì I ritrovamenti sono di ottomila anni fa 
 
 TERRALBA. Riprendono a pieno regime gli scavi archeologici nel sito di “Sa punta”, nella borgata marina di Marceddì. Dopo un rallentamento dovuto ad altre emergenze archeologiche individuate nel territorio, il gruppo “misto” di archeologi della Soprintendenza ai beni archeologici e dell’Università di Cagliari qualche giorno fa ha ripreso a scavare nel sito localizzato all’interno del Museo del mare, la cui inaugurazione sembra in qualche modo vincolata proprio alla conclusione degli scavi in corso. Già dopo i primi scavi era stata portata alla luce una struttura infossata nel calcare, un piano di ciottolato che risale alle fasi finali del Neolitico Antico (VI millennio A.C.), e ora s’intende proseguire per verificare a che epoca risalgano i materiali sottostanti: «Negli strati inferiori potremmo rivenire elementi molto più antichi o anche di solo qualche decennio, ma questo studio complessivo sarà fondamentale per permetterci di capire di che struttura si trattasse, quale fosse la sua funzione primaria, la sua eventuale evoluzione e il suo contesto.», spiega l’archeologo Carlo Lugliè, coordinatore e responsabile della campagna di scavi, «La nostra speranza naturalmente è di trovare qualche sorpresa interessante».
 Il ciottolato potrebbe infatti essere nato come una sorta di trincea, una struttura di delimitazione e difesa di un insediamento e successivamente essere stata adibita ad altro uso: «Abbiamo rinvenuto molti resti alimentari, soprattutto di fauna ittica, come gusci di molluschi, ma anche appartenenti ad ovicaprini, che potrebbero far pensare a una sorta di discarica di rifiuti alimentari.», aggiunge il professor Lugliè. L’importanza del sito è comunque dovuta alle sue particolari caratteristiche: «È un sito unico in Sardegna per la sua costituzione, è l’unico risalente a quest’epoca che sia stato indagato scientificamente e per il quale sia possibile effettuare uno scavo, anche se è compromesso nella sua estensione abbiamo a disposizione alcuni metri quadri intatti.», spiega l’archeologo, «Mentre in altri casi risalenti alla stessa epoca il sito non è più integro: per questa ragione sono stati possibili solo alcuni rinvenimenti superficiali».
 E l’unicità del sito potrebbe fare la fortuna del museo: infatti, la Soprintendenza e il Comune dovranno ora valutare congiuntamente il metodo di valorizzazione del ritrovamento in funzione museale.
Cristina Diana 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Proteste a Cagliari contro la riforma dell’università.
Stella a cinque punte su un muro 
Scienza della formazione in assemblea 
 
CAGLIARI. C’è tensione anche all’università di Cagliari, come negli altri atenei italiani, sulla riforma voluta dal governo. La protesta coinvolge soprattutto Scienza della formazione, ma non solo. E l’ambito dell’iniziativa è dichiaratamente scolastico e ufficiale. Ieri mattina si è tenuta l’assemblea degli studenti, circa trecento giovani. Durante la manifestazione si è deciso di non lasciare la facoltà ma di continuare con un’assemblea permanente gestita a turno da tutti gli studenti. I toni sono stati duri, come lo sono in tutta Italia nel gruppo crescente di dissidenti verso le scelte del governo Berlusconi sulla scuola pubblica, ma non ci sono stati disordini e i lavori sono andati avanti in tranquillità.
 In mattinata un episodio aveva fatto salire artificialmente la tensione: una scritta nella segreteria della facoltà di Scienza della formazione: «Occupa, insorgi... stiamo tornando», con una stella a cinque punte. S’è sparsa la voce in un attimo in tutta la facoltà e anche nell’assemblea degli studenti. La scritta era stata fatta con la vernice bianca, di sicuro in tarda serata di lunedì perché ancora due pomeriggi fa il muro era pulito. Il primo a vedere le parole bianche a metà tra muro e porta è stato ieri di buon’ora il segretario.
 In mattinata si raccontava che accanto alla scritta fossero state trovare delle catene e anche una chiave spezzata, ma il particolare non risponderebbe a verità. Naturalmente del ritrovamento è stata informata la questura, gli agenti della Digos hanno fatto rilievi e condotto accertamenti sul posto ma senza aggiungere particolari significati. In questura l’episodio è stato minimizzato e soprattutto in alcun modo ricollegato all’assemblea tenuta dagli studenti. La manifestazione è confermata anche per oggi. (a. s.)
 
Pagina 9 - Attualità
Tra i giovani della Sapienza in lotta contro i tagli 
«Vogliono toglierci la nostra identità» 
 
ROMA. Dai balconi fine ottocento di Villa Mirafiori a Roma, sede storica della facoltà di Filosofia de La Sapienza scende uno striscione contro i tagli e le riforme del ministro Gelmini. Il gruppo Azert, che si definisce di filosofi militanti, ha organizzato questa mattina un’assemblea pubblica per coinvolgere gli altri studenti a iniziare la mobilitazione: «La facoltà è casa nostra e ce ne dobbiamo riappropriare - grida nel megafono Guelfo, 25 anni, da 5 studente a Filosofia - «non dobbiamo sentirci ospiti indesiderati, abbiamo diritto a un’università a misura di studenti. Proprio quello che la riforma, con la pretesa di organizzare i piani formativi in curricula predeterminati, sta cercando di toglierci». E non solo. Daniela ha 19 anni, si è trasferita a Roma da Potenza per laurearsi in Mediazione Linguistica: «Tra le lingue ho scelto di studiare il russo. E’ un corso poco frequentato e la professoressa, che doveva andare in pensione quest’anno, è rimasta ad insegnare. A causa del blocco del turn-over, infatti, la cattedra rischiava di restare scoperta». Daniela, come molti altri ragazzi, non ha grandi speranze per il futuro: «Dalla mia laurea non mi aspetto niente, se non la disoccupazione». In giro si vedono facce tristi, chiuse nei propri pensieri. Quando vengono sparati dalle terrazze della villa dei fumogeni colorati per attirare l’attenzione, sembrano accorgersene solo i piccioni che scappano dal sottotetto. Alessandro, 30 anni, frequenta Filosofia dal 2001: «Io sono tra quelli che hanno lottato per avere la riforma del tre più due. Solo dopo mi sono reso conto che era una trappola, e il nuovissimo ordinamento, in vigore da quest’anno, ne è la dimostrazione. Ho scelto di studiare filosofia per avere una sorta di scatola degli attrezzi, degli strumenti per imparare a pensare. Non so che lavoro farò, ma non certo quello di selezionatore di personale per le aziende, che è tra gli sbocchi professionali citati nel nuovo manifesto per gli studi». Francesco, 20 anni è al secondo anno di Mediazione Linguistica: «Vengo da Napoli, dove mio padre ha una stazione di servizio. Resterò qui il più a lungo possibile, pur di non lavorare a una pompa di benzina. Il mio sogno: vestirmi in giacca e cravatta e lavorare per una grande azienda all’estero». Già, all’estero.
Valentina della Seta 
 
Pagina 23 - Sassari
Il comitato ha coinvolto anche famiglie e insegnanti dell’hinterland 
Mamme in piazza contro la Gelmini 
In programma per sabato alle 17 un corteo che attraverserà la città 
GABRIELLA GRIMALDI 
 
SASSARI. In piazza contro il decreto Gelmini e incontro a un futuro dignitoso per i propri figli. Sabato i genitori dei bambini che frequentano le scuole elementari marceranno da piazza Santa Maria a piazza d’Italia con striscioni e slogan per far sentire il proprio dissenso su una riforma considerata «la tomba della scuola pubblica».
 Si preannuncia una manifestazione imponente perchè coinvolgerà non soltanto famiglie cittadine ma tutti coloro che nei centri della provincia sono travolti dallo stesso tsunami: quel decreto in discussione in parlamento destinato a rivoluzionare l’insegnamento nella scuola primaria.
 «Siamo contro i tagli alla spesa pubblica sulle spalle dei nostri bambini - dicono i rappresentanti del comitato nato spontaneamente dieci giorni fa -, siamo contro la riduzione dell’orario scolastico e delle attività didattiche, siamo contro la chiusura delle scuole nei centri più piccoli, contro le classi sempre più numerose e il maestro unico. Vogliamo far sentire la nostra voce di genitori per non subire passivamente una manovra che tende soltanto a tagliare spese e posti di lavoro. Con la prospettiva che i nostri bambini diventino adulti poco attrezzati dal punto di vista dell’istruzione e della cultura. Un attentato ai valori che fondano la nostra società».
 Nei giorni scorsi le riunioni del comitato si sono succedute freneticamente e sono in piedi contatti con gli altri movimenti e le altre realtà cittadine, come quella dei docenti e degli studenti universitari direttamente interessati alle novità normative del decreto. Riacquista attualità, a questo proposito, un documento congiunto del senato accademico, del consiglio di amministrazione, della consulta di ateneo e del consiglio degli studenti dell’università di Sassari risalente al 22 luglio scorso nel quale si contestavano i tagli economici all’università contenuti nella legge Tremonti. In particolare si parlava della drastica riduzione del fondo di finanziamento ordinario degli atenei e delle conseguenze sulla didattica, sulla ricerca e sui posti di lavoro. La legge infatti stabilisce che non si potrà assumere più di un ricercatore su cinque.
 Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’assemblea in programma domani alle 11 nella facoltà di Lettere. Il collettivo studentesco si propone di discutere e di manifestare il proprio dissenso sul decreto promosso dal ministro, decreto considerato la causa della povertà dell’offerta didattica nelle varie facoltà cittadine.
 E la tensione si esprime anche sulle facciate delle scuole primarie di Sassari, letteralmente tappezzate di striscioni e manifesti. Distribuzione di volantini e raccolta di firme sono fra gli strumenti usati per sensibilizzare i cittadini sul futuro della scuola.
 Va detto che non tutti si schierano contro il decreto Gelmini ed è in atto un acceso dibattito su diversi punti del provvedimento ma il comitato dei genitori ci crede e sabato porterà in piazza la sua protesta.

 
8  - altravoce.net
È l’ora di alzarsi, le ragioni e le forme della mobilitazione:
monta a Cagliari e in tutti gli atenei, protesta durissima
di Marco Pitzalis
 
Sta montando ed estendendosi ogni giorno di più la protesta nell’Università di Cagliari e in tutta Italia. Cagliari, l’assemblea organizzata dal Coordinamento dei ricercatori il 24 settembre ha visto una partecipazione numerosa di docenti e ricercatori di tutte le facoltà. L’esito di tale assemblea è stato sorprendente per gli stessi organizzatori della protesta. Infatti, a grandissima maggioranza, un’aula magna ancora gremita ha votato per assumere le forme di lotta più decise. Questo giovedì sull’onda di quell’assemblea e su indicazione del consiglio di facoltà, si terrà un’assemblea dei docenti e degli studenti della facoltà di Scienze della Formazione. A livello di Ateneo e a livello nazionale la protesta lentamente monta. La protesta e le forme che sta prendendo pone dei problemi fondamentali che vanno affrontati con lucidità politica e serenità d’animo.Il Rettore rappresenta le nostre istanze?
 
Innanzitutto, si pone il problema del ruolo di rappresentanza del Rettore. Questi aveva - già da luglio - ricevuto, dal Senato Accademico, il mandato di rappresentare le preoccupazioni degli universitari nelle sedi regionali e nazionali. In particolare, avrebbe dovuto coordinare l’azione con il Rettore dell’Università di Sassari, aprire un tavolo di confronto con la R.A.S. e portare le posizioni del Senato presso la CRUI. In realtà, il Rettore considera i discorsi prodotti dalle assemblee dei docenti e dei non docenti e in seno agli organismi universitari - quali il Senato e i Consigli delle Facoltà - come un puro flatus vocis, o per dirla in linguaggio mistrettiano “aria fritta”. È evidente che in una fase cruciale della storia dell’università, questo vuoto di rappresentanza politica richiede che sia riempito in maniera diretta attraverso una presa di parola collettiva e passando all’azione. Occorre far capire al Rettore che i suoi docenti e ricercatori non stanno facendo “aria fritta”.
 
Costringere il Governo al dialogo
In secondo luogo, si pone il problema del “dialogo” col governo. Con un governo che non dialoga affatto ma procede per colpi di mano. Per la prima volta nella storia della democrazia italiana non abbiamo parlamentari, poiché il sistema della “partitocrazia assoluta” - creato dalla legge elettorale Calderoli - priva i cittadini di una rappresentanza politica nazionale. I parlamentari sono ridotti a truppe cammellate al servizio delle segreterie di partito, a loro volta ridotte a puri comitati elettorali. Questi elementi mettono in luce l’esistenza di un vero e proprio vulnus costituzionale e della prassi democratica accresciuto dal ricorso continuo ai decreti legge che sanciscono definitivamente l’eclissi del sistema parlamentare. Questa stessa debolezza della rappresentanza parlamentare ci chiama all’azione e alla presa di parola diretta.Oggi, siamo chiamati a difendere l’università e la scuola pubblica (e iniziamo a mettere nell’agenda la Sanità) ma attraverso questa presa di parola siamo a chiamati a difendere il senso del patto repubblicano sancito dalla nostra Costituzione . E questo va fatto attraverso un sano scatto d’orgoglio.
 
Le nostre responsabilità e quelle della politica
In questi anni, sono stato tra quelli che ha criticato aspramente - nei corsi di laurea - il modo in cui i curricoli sono stati costruiti e gestiti. Ho denunciato le derive corporative che hanno prodotto i noti effetti perversi nell’applicazione delle riforme: in particolare la frammentazione degli insegnamenti. Però è giunto il momento di rivendicare i nostri meriti. E non sono pochi.Dobbiamo rivendicare il fatto che dal 1998 ad oggi, il corpo accademico, accusato, dagli anni ottanta del XIX secolo, di essere conservatore e resistente al cambiamento, ha sposato tutte le riforme in atto (nel bene e nel male) e le ha implementate. E tutto questo a “costo zero”. Ci siamo sobbarcati i cambiamenti di luna nella gestione dei ministeri e i diversi orientamenti delle maggioranze politiche al governo. Abbiamo per primi pagato il prezzo degli effetti perversi di quelle riforme. Effetti perversi in buona parte già contenuti nelle riforme stesse. La riforma del 3+2 dividendo in due i corsi di laurea ha strutturalmente e - ab origine - raddoppiato i corsi di laurea. In realtà, il cosiddetto raddoppio dei corsi di laurea non è stato affatto il risultato dell’azione irrazionale delle facoltà (e posso dimostrarlo con i dati). La responsabilità delle facoltà sta nella frammentazione dei curricoli. Ma qui la responsabilità politica è dell’amministrazione dello Stato che non ha posto un quadro di regole chiaro che incanalasse i processi. Le regole sono venute (i decreti Mussi), ma con dieci anni di ritardo.
 
È colpa nostra? O di una classe politica inefficiente, ignorante, pressappochista?
Questa precisazione è importante. Noi abbiamo subito le riforme. E con queste si è messo in moto un processo di delegittimazione culturale e morale dell’Università. Queste riforme hanno messo in crisi il ruolo dei docenti e dei ricercatori e la definizione dei suoi contenuti. Si è creato un clima di delegittimazione dell’istituzione universitaria che è puramente folle. Infatti, in ogni società moderna l’università svolge il ruolo di legittimazione delle elite nazionali. Si crea un pericoloso circolo vizioso che finisce per indebolire anche lo Stato. La gestione dei concorsi in ogni università avviene attraverso un processo di valutazione dei pari e di cooptazione nella comunità accademica. In Italia, ci sono moltissime storture alle quali la comunità scientifica ha difficoltà a porre rimedio. C’è da dire però che in nessun paese il processo di reclutamento e la stessa pura gestione del turn-over è strutturalmente così caratterizzata da modalità aleatorie non soltanto regolamentari ma anche sostanziali: riferite alla possibilità materiale di reclutare per lunghi periodi. Questo caos regolamentare e sostanziale dura dal 1968. Se assumiamo come principio primo la malvagità innata dell’Homo Academicus è chiaro che ciascuno di noi ha incorporato un’istintiva sfiducia nelle istituzioni e nella certezza del diritto e delle regole. Questo elemento crea ad ogni concorso un clima da “ultimo treno” che mina la saldezza morale del corpo accademico. Anche qui, i nostri difetti sono chiari, ma l’assenza di una classe politica seria ha fatto il resto.
 
Riprendere la parola e passare all’azione
Ora che abbiamo reso a Cesare tutte le sue responsabilità. E spero risollevato un po’ l’orgoglio accademico oramai incline all’autoflagellazione (paradossalmente soprattutto ad opera di alcuni miracolati del reclutamento accademico). Vorrei argomentare sulla necessità di passare ad una fase di azione diretta.Questa azione deve prendere due strade: la prima il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle famiglie e degli studenti. Non solo attraverso l’impegno di ogni professore a spiegare la riforma ai ragazzi. Ma anche ponendo in maniera brutale il problema di chi deve sostenere i costi: il Consiglio di Amministrazione metta all’ordine del giorno la discussione su un eventuale aumento dei contributi studenteschi. Per quanto riguarda i professori ordinari, i professori associati e i professori ricercatori, questi devono mettere in atto gli impegni già presi nei consigli di facoltà di luglio: rinunciare agli incarichi non istituzionali (supplenze, affidamenti).
 
La protesta deve essere massiccia e visibile. Ma occorre fare questo con intelligenza: non è necessario mettere in crisi i corsi di laurea. Né i ricercatori devono mettere a rischio il loro CV rinunciando a tutto. Occorre però dare un segnale politico. Forte. Molti corsi devono rimanere vacanti. Ma non dobbiamo bloccare tutto. Non per ora. Ma questo segnale va dato, al nostro Rettore, alle altre università, alle famiglie e agli studenti, e - last and least - al Governo. Se è vero che si tratta di una maratona, occorre incominciare a correre. È vero non si può partire per una maratona come se fossero i cento metri. Ma nemmeno si può pensare che fare una maratona sia correre solo gli ultimi cento metri. Occorre che il conflitto sia aperto subito. Che sia chiara la nostra determinazione. Perché questa dovrà manifestarsi con esplosiva durezza se il governo non apporterà i dovuti correttivi già nella prossima Legge finanziaria.
 
Scuola e Università, rivolta generale
Il Senato accademico di Cagliari:
“Si rischia lo sfaldamento del sistema”
di Daniela Paba
 
Dalla scuola primaria all’Università, il governo Berlusconi, con i suoi ministri Gelmini, Brunetta e Tremonti, sta riuscendo nel difficile compito di compattare, in un coro unico di protesta e dissenso, il sistema dell’istruzione pubblica, dall’asilo all’alta formazione. Per la prima volta da molto anni, pezzi di società distinti come maestri e genitori, studenti, professori, presidi, ricercatori, docenti universitari, definitivi e precari, sentono di appartenere allo stesso ganglio vitale del paese, quello che costruisce il futuro delle giovani generazioni, condannato all’immediato declino se passeranno le riforme varate per decreto e trasformate in legge senza passare per il Parlamento.
 
Le ultime notizie sulla mobilitazione dell’intera Università italiana, da Nord a Sud, dicono che “la protesta si sta allargando a macchia d’olio e presto si potrebbe arrivare alla paralisi degli atenei”. Infatti “A Firenze oltre all’occupazione c’è una mobilitazione permanente alla facoltà di Ingegneria e il blocco della didattica si estende anche alla facoltà di Scienze MFN. A Torino l’università minaccia di far saltare la cerimonia di apertura dell’anno accademico. A Parma la giornata di protesta con volantinaggio all’ingresso del Campus ha provocato il blocco circolazione sulla tangenziale. A Napoli Federico II sta per bloccare l’anno accademico e i ricercatori stanno prendendo in esame di richiedere il completo blocco della didattica a loro affidata. A Pisa l’università scende in piazza e la facoltà di Scienze MFN convoca un consiglio straordinario. A Palermo la facoltà di Ingegneria è in stato di agitazione con svolgimento di alcune lezioni nei luoghi pubblici della città e c’è l’ipotesi di blocco della didattica attraverso la rinuncia a incarichi di supplenza (per i ricercatori) e a carichi aggiuntivi (per i professori). A Roma La Sapienza, infine, docenti della facoltà di Scienze MFN e della facoltà di Psicologia1 stanno raccogliendo le firme per ritirare la disponibilità a ricoprire i corsi; quindi anche a Roma1 si prospetta un blocco della didattica a cui si aggiunge una massiccia mobilitazione studentesca con l’organizzazione di assemblee giornaliere in varie facoltà”.
 
A Cagliari infine dopo l’annunciato blocco dei corsi di Scienze della formazione, la mobilitazione si è estesa agli studenti che affollano le assemblee, quelle convocate da CL come quelle della sinistra. Centinaia di ragazzi, dalle matricole ai laureandi, discutono per trovare punti di convergenza, strategie comuni, organizzare coordinamenti e manifestazioni pubbliche.
 
Persino un organismo prudente come il Senato accademico ha firmato all’unanimità un documento durissimo e allarmato dove dichiara che “La recente normativa nazionale ha limitato la funzionalita’ di numerosi corsi dell’universita’ di Cagliari”. Nella lettera il Senato accademico esprime preoccupazione per “le ulteriori conseguenze che potrebbero prodursi in prospettiva in assenza di un deciso cambiamento di rotta”, sottolinea l’emergere di “un quadro allarmante che porterebbe, nel giro di pochi anni, ad un progressivo sfaldamento del sistema universitario nazionale basato sulle università pubbliche presenti in tutte le regioni del Paese” al quale “si sostituirebbe un sistema dualistico caratterizzato dall’emersione di pochi centri di eccellenza che potrebbero mantenere elevati livelli in campo didattico e scientifico solo grazie a finanziamenti pubblici straordinari o a finanziamenti privati”. Finanziamenti che sarebbero possibili in misura adeguata “soltanto là dove il tessuto economico e sociale sia in grado di supportare adeguatamente l’istituzione universitaria, condizionando, peraltro, l’autonomia costituzionalmente garantita”.
 
Secondo il senato accademico "a livello didattico ciò produrrebbe la conseguenza inaccettabile che la formazione della classe dirigente del Paese non sarebbe più affidata a un sistema pubblico diffuso sul territorio ma soltanto ad alcuni centri di eccellenza la cui autonomia sarebbe progressivamente meno garantita. Le conseguenze irreversibili di questa scelta riguardano l’intera società italiana perciò l’assemblea dei presidi di tutte le facoltà cagliaritane, e affida al suo massimo rappresentante Pasquale Mistretta il compito di “diffondere il contenuto della delibera e di portarlo all’attenzione della Conferenza dei Rettori” per elaborare una strategia nazionale, in grado d’incidere, anche attraverso adeguate e rilevanti forma di protesta, sui processi politici e legislativi in atto, determinando un significativo mutamento di rotta, quantomeno in relazione a quei profili che appaiono oggi inaccettabili non soltanto per il futuro dell’Università, ma per il futuro del Paese che ha tra l’altro, sottoscritto impegni internazionali nei confronti dell’istruzione di alto livello e della ricerca”. E conclude auspicando un segnale forte da inviare anche al Governo e al Consiglio regionale perché, nel nome dello Statuto di autonomia, si attivino “al fine di evitare che il sistema Universitario sardo, e con esso l’intero sistema della ricerca scientifica e tecnologica della nostra isola, possa subire danni gravi che finirebbero per ripercuotersi, come appare evidente, sulle stesse prospettive di sviluppo economico e sociale della Sardegna”.
 
Ma adesso c’è il rischio concreto
di un Vajont dell’università italiana
di Marinella Lorinczi
 
Ci vorrà un altro Marco Paolini per raccontare, a distanza di 30 anni ad incominciare da ora, il disastro preannunciato dell’università italiana qualora iniziasse il processo della sua privatizzazione selvaggia come conseguenza dei tagli delle dotazioni pubbliche. Dall’efficacissima narrazione dell’artista abbiamo tutti appreso ed imparato, troppo tardi, ahimé!, che tutta la montagna scricchiolava intorno alla diga, la famigerata linea di cedimento era visibile, ma invano. Era il 9 ottobre del 1963, quanto l’onda creatasi per la frana dal monte Toc ha spazzato via Longarone.
 
Anche il contesto dell’università italiana scricchiola, oramai da far paura, c’è da augurarsi che non ci trasformiamo anche noi in un altro Vajont, sociale.
 
Come nel racconto di Paolini, anche nelle recentissime vicende che riguardano l’università, ci sono momenti esilaranti. Tragico e comico vanno spesso a braccetto, così anche nella legge 133. Lascio perciò spazio alla legge stessa. Il Capo V della Legge 6 agosto 2008, n. 133 ( recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) s’intitola “Istruzione e ricerca”. E’ composto degli articoli 15, 16, 17, rispettivamente “Costo dei libri scolastici”, “Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università”, “Progetti di ricerca di eccellenza”. Sul significato della volontà di trasformare le università statali in fondazioni di diritto privato (art. 16) si è ragionato e scritto molto, coi dovuti rimandi sia alla Costituzione della Repubblica Italiana (Titolo II: Rapporti etico-sociali, Art. 33, che contiene tra le altre cose: La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi), sia alle risoluzioni adottate al termine degli svariati incontri al alto livello che si svolgono per l’attuazione del processo di Bologna (il sapere e la conoscenza come bene pubblico della cui gestione e cura s’incaricano istituzioni statali). Non è stato commentato abbastanza, ma forse non è stato notato col dovuto interesse, l’articolo precedente sui testi scolastici. Interessa anche l’università, è dunque il caso di riportare l’articolo 15 nella sua interezza. Il testo si autocommenta, quanto meno agli occhi di chi usa molto la rete, sa che cosa è un libro elettronico nonché conosce le difficoltà normative ad esso legate, sa che cosa è un libro cartaceo e quali sono le differenze tra cartaceo e digitale, ha idea dei costi e dell’utilità di entrambi e via discorrendo. Si tratta, in sostanza, di elementi del nostro mestiere.
 
Costo dei libri scolastici:
 
A partire dall’anno scolastico 2008-2009, nel rispetto della normativa vigente e fatta salva l’autonomia didattica nell’adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado, tenuto conto dell’organizzazione didattica esistente, i competenti organi individuano preferibilmente i libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet. Gli studenti accedono ai testi disponibili tramite internet, gratuitamente o dietro pagamento a seconda dei casi previsti dalla normativa vigente.
Al fine di potenziare la disponibilità e la fruibilità, a costi contenuti di testi, documenti e strumenti didattici da parte delle scuole, degli alunni e delle loro famiglie, nel termine di un triennio, a decorrere dall’anno scolastico 2008-2009, i libri di testo per le scuole del primo ciclo dell’istruzione, di cui al decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e per gli istituti di istruzione di secondo grado sono prodotti nelle versioni a stampa, on line scaricabile da internet, e mista. A partire dall’anno scolastico 2011-2012, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da internet o mista. Sono fatte salve le disposizioni relative all’adozione di strumenti didattici per i soggetti diversamente abili.
I libri di testo sviluppano i contenuti essenziali delle Indicazioni nazionali dei piani di studio e possono essere realizzati in sezioni tematiche, corrispondenti ad unità di apprendimento, di costo contenuto e suscettibili di successivi aggiornamenti e integrazioni. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono determinati:
le caratteristiche tecniche dei libri di testo nella versione a stampa, anche al fine di assicurarne il contenimento del peso;
le caratteristiche tecnologiche dei libri di testo nelle versioni on line e mista;
il prezzo dei libri di testo della scuola primaria e i tetti di spesa dell’intera dotazione libraria per ciascun anno della scuola secondaria di I e II grado, nel rispetto dei diritti patrimoniali dell’autore e dell’editore.
Le Università e le Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, nel rispetto della propria autonomia, adottano linee di indirizzo ispirate ai principi di cui ai commi 1, 2 e 3.
 
 
 
 

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie