Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 July 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 10 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e altravoce.net  

1 - Concorsi universitari, un commento di Gianfranco Sabattini
3 - Ancora sull’allarme-Finanziaria per gli atenei (La Nuova - altravoce.net)

1 – L’Unione Sarda
Commenti – pagina 14
i concorsi dell’università italiana
Per un futuro migliore si guardi al passato
di Gianfranco Sabattini*  
 
Adriano Prosperi su Repubblica del 25 giugno scorso, in occasione della ricorrenza del quarantesimo anniversario del ’68, affrontando il tema dello stato attuale dell’università italiana, osservava ironicamente (ma non troppo) che la sua crisi è la conseguenza dello "sfascio" che nel mondo della scuola hanno provocato gli accadimenti di quell’epoca di "rivolta studentesca", ormai lontana. Per Prosperi, la rimozione dello stato di crisi dell’università è possibile e la "ricetta" dovrebbe consistere nel consentire che «i capaci e i meritevoli siano premiati e che si riapra per loro la strada dell’insegnamento e della ricerca»; a tal fine, bisogna «che tutta la scuola sia investita dal vento della competizione intellettuale, dalla lotta per cacciare la cattiva moneta» che sta causando non pochi guasti all’intero Paese. I capaci e i meritevoli, assieme alla competizione intellettuale, siano ricuperati attraverso la riconduzione dei concorsi alla loro funzione storica, rimuovendo definitivamente i "meccanismi perversi" che hanno consentito di affermare l’esistenza di un ingiustificabile diritto del Mezzogiorno a godere di una "quota cattedre".
Per anni l’Italia accademicamente è stata divisa in due parti; una da "Firenze in su" e l’altra "da Roma in giù". Le facoltà delle università settentrionali non bandivano mai (salvo eccezioni) i concorsi a cattedra, in quanto ricoprivano i loro organici "per chiamata" ai danni delle facoltà meridionali che, invece, erano costrette a bandire i concorsi per ricoprire le cattedre (sempre poche) di cui disponevano. Questi venivano espletati con commissioni espresse su basi elettorali dalle facoltà "forti", per cui i "ternati" (non solo perché erano tre quelli che venivano scelti tra i concorrenti e disposti secondo una graduatoria ordinale, ma anche perché dovevano riscuotere il voto favorevole di tre commissari su cinque) erano espressi da loro. Il primo classificato, sempre delle facoltà forti, maturava il diritto ad essere chiamato dalla facoltà meridionale che bandiva il concorso e dopo un periodo di "purgatorio" (pochi anni o pochi mesi) veniva chiamato dalla facoltà di origine. L’espletamento dei concorsi era reso ancor più opaco dalla prassi che, come ha ben descritto Giovanni Sartori, voleva l’"assegnazione" di un posto al Pci, un posto alla Dc e un posto a un ipotetico candidato bravo, costretto così a cercare una facoltà disposta a "chiamarlo". Questo "velo", pur sovrapponendosi alla procedura descritta, non alterava minimamente la logica sottesa.
La situazione è stata lentamente stravolta dalla riforma che ha introdotto la cosiddetta laurea-breve, la cui regolazione in termini di contenuti formativi, ma anche in termini di meccanismi di selezione del personale docente, è stata delegata alle singole facoltà universitarie. La regolazione è stata certamente realizzata, come afferma Prosperi, non in funzione del soddisfacimento di interessi generali, ma in funzione solo degli interessi di quella parte di docenti che, risultando maggioritaria all’interno delle singole facoltà, ha imposto le sue scelte, prescindendo da ogni reale esigenza riformatrice. Ai danni sociali che hanno fatto seguito a tale riordinamento degli studi universitari, va però appaiato un "piccolo pregio", consistente nel fatto che la riforma ha concorso a vanificare e a mettere definitivamente in crisi il vecchio sistema di selezione del personale docente, in quanto i docenti locali che sono riusciti ad "andare in cattedra" hanno rotto il monopolio delle facoltà forti.
Ovviamente, di tutto ciò non c’è da stare allegri, perché la persistenza dello ius loci generalizzato continuerà ad aggravare i problemi dell’università italiana. Al presente, è senz’altro da condividersi la proposta di Prosperi di tornare al carattere nazionale dei concorsi universitari affermato, ma mai attuato, dalla riforma Moratti; questa nuova modalità di rilancio dell’università, tuttavia, avrebbe sicuramente le ali tarpate se non fosse accompagnata da alcune riforme generali di struttura fondate su una ridistribuzione territoriale di tutta l’università italiana, sull’abolizione del "valore legale" del titolo accademico, sulla separazione tra la gestione economica e la direzione culturale dei singoli atenei e sulla partecipazione realmente autonoma della società civile ai singoli consigli di amministrazione. Queste, però, sono solo alcune delle molte riforme strutturali necessarie che, se accolte, potrebbero offrire all’università italiana solo la speranza di un futuro migliore.
*Università di Cagliari
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 19
Ateneo, nuova sala informatica
 
È attiva da ieri, nell’ex clinica “Aresu” di via San Giorgio 12, la sala informatica UxS, a disposizione di tutti gli studenti iscritti all’ateneo cagliaritano. Nel mese di luglio l’aula, dotata di otto postazioni utilizzabili per la navigazione in Rete, resterà aperta dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13.

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Mistretta: «Fondazioni? Pesantissimi i rischi» 
 
CAGLIARI. «La Finanziaria nazionale distruggerà l’ateneo», ha affermato l’altro ieri il rettore dell’università di Cagliari Pasquale Mistretta. Normalmente prudente nel suo modo di esprimersi, questa volta il Magnifico ha sparato a zero: «Il taglio complessivo previsto dalla manovra tende a mettere in crisi l’intero sistema della didattica e della ricerca». Infatti «sin dall’articolo 16 del decreto si “suggerisce” di trasformare gli atenei pubblici in fondazioni di diritto privato, con la partecipazione di nuovi soggetti». E per stimolare tale conversione il «decreto sottolinea una valutazione premiale commisurata all’apporto dei finanziamenti privati». Come dire: il “suggerisce” diventa quasi un obbligo. Infatti se passa «questa manovra molti corsi universitari dovranno essere chiusi, soprattutto i nuovi», ma rischia anche Matematica. «I tagli sui trasferimenti nazionali andranno dai 2 ai 6-7 milioni all’anno. I giovani saranno espulsi definitivamente dalla ricerca. E i turn over saranno ridotti al minimo: su dieci persone (docenti o amministrativi) che andranno in pensione, solo uno o due al massimo verranno reintegrati. Se poi si dovesse arrivare alla creazione di una Fondazione di diritto privato, ha spiegato Mistretta, sarà d’obbligo realizzarla assieme a Sassari, «per raggiungere una massa critica accettabile». Ma la privatizzazione delle università, per la Sardegna, «è una strada tragica anche perché il nostro tessuto produttivo non è certo quello di Torino o Milano». (r.p.)
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Fa parte dello staff che ha scoperto il vaccino contro il linfoma anaplastico 
Sfida di una ricercatrice sarda: lotta ai tumori dall’isola agli Usa 
 
 CAGLIARI. La cagliaritana Valentina D’Escamard fa parte dell’équipe di studiosi che hanno scoperto un vaccino contro il linfoma anaplastico. Lo studio, di rilevanza internazionale, è stato pubblicato su Nature Medicine. D’Escamard, 35 anni, dal 2002 lavora nel dipartimento di patologia della New York University dove, insieme al Centro di ricerca in medicina sperimentale dell’ospedale Molisette di Torino, è stata fatta la scoperta. Il team di ricercatori è guidato da Giorgio Inghirami e Roberto Chiarle che operano prevalentemente a Torino.
 L’anoplastico è una forma di linfoma abbastanza raro (in Europa ci sono 2.500 casi, altrettanti negli Usa), ma lo studio ha una duplice valenza. Da un lato permette di intervenire, in via preventiva e terapeutica, verso i malati. Dall’altro il processo che ha portato all’individuazione di questo vaccino permetterà di andare avanti anche nei confronti del linfoma Hodgkin, quello più diffuso. Gli studiosi hanno infatti individuato un antagonista dell’oncogene (il genene modificato) Alk che caratterizza le cellule malate di questo particolare tipo di linfoma.
 Valentina D’Escamard, dopo la laurea, durante l’ultimo anno di scuola di specializzazione in Patologia clinica, si è recata nel 2002 oltre Atlantico dove, poi, è rimasta come dipendente dell’università di New York.
 Lo studio ha portato a iniettare un vaccino a Dna modificato per il gene Alk in alcune cavie, in seguito trattate con una dose letale di linfoma. I topolini dell’esperimento hanno respinto il linfoma e non si sono ammalati. Secondo i ricercatori l’effetto del siero dura tutta la vita. Per il momento, però, il vaccino è ancora in fase sperimentale e, secondo i protocolli internazionali, dovrà prima essere verificato sull’uomo, per un certo periodo di tempo. Importante notare che, sempre sugli animali di laboratorio, i ricercatori hanno sperimentato il vaccino anche come terapia. I topolini sono stati prima sottoposti alla chemioterapia, poi è stato loro iniettato il siero sconfiggendo la malattia nella maggior parte dei vaccinati.
 Tra qualche mese, negli Stati Uniti, in collaborazione con le Molinette di Torino, partirà un inizio di sperimentazione: per verificare l’efficacia di questo trattamento anche sull’uomo. Solo al termine si potrà avere il primo vero vaccino per questo tipo di tumore. (r.p.)
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Cagliari
San Giovanni Suergiu. Organizza il Geoparco 
Archeologia industriale, c’è una tesi di laurea sul recupero dell’ex Samis 
 
 SAN GIOVANNI SUERGIU.Il Geoparco, in collaborazione con la consulta delle associazioni per il parco e con il Comune di San Giovanni Suergiu organizza per domani alle 18.30 presso il salone parrocchiale la presentazione della tesi di laurea dell’ingegnere Giuseppe Pinna dal titolo: «Recupero e valorizzazione del complesso industriale a San Giovanni Suergiu». La tesi propone il recupero e la valorizzazione dell’area industriale ex Samis, nata alla fine degli anni venti vicino alla vecchia stazione ferroviaria del Basso Sulcis: lo stabilimento, rappresenta l’affermarsi dell’industrializzazione in un territorio fino ad allora caratterizzato da un profondo stato di isolamento. L’attività dello stabilimento si è protratta per più di un decennio, contribuendo alla crescita demografica ed economica del paese. L’obiettivo che la tesi si propone è quello di conservare uno dei monumenti del lavoro più importanti per il territorio ed allo stesso tempo ricreare i presupposti per un nuovo rilancio economico. All’organizzazione della manifestazione hanno contribuito anche diverse associazioni del territorio che hanno condiviso le finalità dell’iniziativa, aderendo con entusiamo ai presupposti scientifici e culturali che fanno da sfondo al cosiddetto «Progetto tesi di laurea» del Parco Geominerario.(re.su.)
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Nuoro
Formazione di eccellenza?
A Nuoro c’è, con i master Ailun 
 
La percezione della attuale situazione socio-economica dell’Italia non ci permette di darne una descrizione rassicurante. E per il futuro nutriamo qualche dubbio su possibili evoluzioni positive, almeno nel breve periodo. Anche la situazione della scuola è discutibile. Una delle risposte frequentemente invocate dalla nostra società richiama un termine ben noto nell’ambito delle imprese e del mercato: l’eccellenza. Vogliamo una formazione di eccellenza.
 Se guardiamo alla formazione post universitaria, noi diplomati dei master internazionali in Scienza dell’organizzazione e nel Settore turistico dell’Ailun di Nuoro, e soci dell’associazione Alumni Ailun, non possiamo non testimoniare come i master Ailun siano la risposta, positiva, a questa esigenza di formazione di eccellenza.
 Il progetto dei master ha il grande privilegio di avere un corpo docente composto, per oltre l’80%, da professori provenienti dalle più importanti università del mondo. L’internazionalizzazione dei master Ailun non è, così, un semplice slogan, ma una concreta realtà, unica anche rispetto ad analoghi master offerti da altre università italiane. È facile valutare questo aspetto e scoprire che, in base alle classifiche fatte sulle più importanti università del mondo (ranking Arwu e Newsweek), più del 50 per cento dei professori Ailun insegnano nelle prime 40 università a livello mondiale.
 Agli allievi è richiesto grande impegno che, indubbiamente, stravolge il vissuto quotidiano. Ma è una sfida che rapidamente si accetta. Un progetto di questo tipo richiede un grande investimento di risorse ed è per questo che vogliamo richiamare l’attenzione delle istituzioni affinché sostengano (con risorse finanziarie adeguate e manifestando una esplicita condivisione) una idea così avanzata di formazione di eccellenza.
 Se le scelte politiche sono scelte di priorità tra progetti che hanno impatto sulla collettività, questo progetto formativo portato avanti dall’Ailun, per come è stato pensato e per gli obiettivi sociali che intende perseguire, non può che occupare i primi posti. Noi diplomati dei master Ailun siamo orgogliosi di aver fatto parte di questo progetto, la cui partecipazione valutiamo come fruttuosa anche a distanza di anni. E saremo lieti che questa esperienza possa continuare in futuro ad essere vissuta da altri giovani, i quali, come noi, avranno la possibilità di credere ed impegnarsi in questi master. I ruoli di prestigio che i diplomati Ailun rivestono in organizzazioni di vario tipo, perfino all’estero, dimostrano il valore dei risultati raggiunti.
 Vorremmo, però, condividere questa nostra soddisfazione con Nuoro e vorremmo che la città fosse fiera di essere la sede di qualcosa di unico in Italia. L’auspicio è che la nostra testimonianza, da un lato serva a valorizzare la città di Nuoro, dove abbiamo trovato un ambiente accogliente e propositivo oltre ad un fantastico scenario naturalistico-ambientale e, dall’altro, serva alle istituzioni e a tutti i soggetti coinvolti perché continuino a sostenere questo progetto, vedendolo come un’opportunità concreta di rilancio per la realtà locale e per la Sardegna.
Associazione Alumni Ailun
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 30 - Sassari
Lo scavo degli archeologi nell’ex collegio gesuitico riserva importanti scoperte 
A Lo Quarter ritrovato il cimitero medievale 
Recuperati numerosi scheletri. Sarà riscritto un pezzo di storia dopo lo studio del Dna 
Marco Milanese: «Le sepolture intagliate dalle fondazioni dell’edificio» 
 
ALGHERO. Il complesso storico monumentale Lo Quarter aveva già evidenti segni di storia e interesse culturale, non a caso l’amministrazione comunale ha dato vita a un importante progetto di recupero e riqualificazione, ma da qualche giorno il sito si è arricchito di nuove scoperte: le sepolture medievali rinvenute nello scavo del collegio gesuitico. I primi ritrovamenti di ossa umane nelle settimane scorse, poi sempre di più, fino alle tombe medievali intatte. Scheletri certamente anteriori alla fine del Cinquecento, a quel periodo in cui i Gesuiti (dopo il 1589) avviarono i lavori del Collegio, oggi noto come Lo Quarter, che da qualche mese è appunto al centro di imponenti e radicali opere di restauro e rifunzionalizzazione.
 Pagine di storia che stanno emergendo dal terreno, grazie a una ormai collaudata ed efficace collaborazione tra l’amministrazione comunale, attraverso la dirigente Ingrid Crabuzza, la Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro, con Daniela Rovina, e l’Università di Sassari, con Marco Milanese.
 Il complesso architettonico del Collegio gesuitico di Alghero si trovò a convivere per molto tempo con l’importante cimitero urbano del San Michele, le cui sepolture stanno appunto emergendo proprio in questi giorni. Sepolture di bambini - numerose - ma anche adulti, che l’archeologa Alessandra Deiana con l’antropologa Patrizia Olia, stanno riportando in luce subito al di sotto dei pavimenti del piano terreno dell’edificio e altri chiari segni di sepolture medievali nel cortile, sul fianco della chiesa di San Michele, fatta ricostruire dai Gesuiti nel 1661 in luogo di quella più angusta e malsana di epoca medievale.
 “Quella che si sta scoprendo con lo scavo d’emergenza in corso - afferma il professor Marco Milanese, ordinario di Archeologia presso la facoltà di Architettura dell’Università di Sassari e direttore scientifico della ricerca - non è la traccia di una sola storia, ma di più storie, a partire da quella di un importante cimitero medievale usato per secoli, anche successivamente all’arrivo dei Gesuiti, che solo nel 1625 ne ottennero lo spostamento presso la Cattedrale, ma che in alcune sue parti fu comunque utilizzato fino all’inizio dell’Ottocento. Le tombe che si stanno scoprendo in questi giorni sono di particolare importanza, in quanto con elevata probabilità appartengono a persone vissute ad Alghero nel Medioevo. Le sepolture sono infatti tagliate dalle fondazioni dell’edificio del Collegio e quindi necessariamente preesistenti e probabilmente di molto tempo».
 Il professor Milanese prosegue sottolineando l’interesse storico del ritrovamento: «E’ la prima volta - afferma - che ad Alghero si rinvengono sepolture medievali, il cimitero è ampio e rappresenta per la città una fondamentale occasione per acquisire un campione di resti scheletrici della popolazione medievale. Su di questi potremo realizzare un ampio programma di indagini, a partire dal Dna, confrontandolo con quello di scheletri di algheresi del Sei e del Settecento degli scavi di piazza Santa Croce o rinvenuti nelle indagini al Duomo e con la popolazione attuale. Un modo scientificamente fondato ed innovativo per lavorare sul tema identitario della comunità locale algherese, sul quale esistono certamente importanti studi storici, ma a partire da questo ritrovamento - conclude Milanese - anche le analisi scientifiche e l’archeologia potranno in tal modo dire la propria».
 Una sorta di messaggio che lascia intendere di un possibile aggiornamento della straordinaria storia della città catalana.
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Ricerca e produttività alla ribalta 
L’ateneo diploma 100 dottorandi e premia 30 docenti 
 
 SASSARI. Cento diplomi per i dottori di ricerca che hanno conseguito il titolo nell’ultima stagione del triennio del 19º e 20º ciclo, e trenta premi di produttività scientifica per i docenti; l’ateneo ieri ha messo in mostra il suo impegno per l’innovazione.
 Una cerimonia all’aula magna ha visto la consegna dei riconoscimenti da parte del rettore Alessandro Maida. C’è stato spazio anche per la presentazione, a cura del professor Enrico Grosso, dell’«Anagrafe d’ateneo», database che consente ai ricercatori di archiviare i prodotti della loro attività. La soddisfazione per i traguardi raggiunti ha fatto un bagno di realismo, con le preoccupazioni per i tagli del Governo per ridurre la spesa pubblica, che sembrano sacrificare proprio la formazione e la ricerca.
«Speriamo in qualche ritocco del Parlamento. Siamo preoccupati per la riduzione di risorse - ha detto il rettore Maida - e per i possibili contraccolpi per il sistema pubblico dell’Università - Si deve rafforzare il rapporto con la Regione, con strumenti come la legge per la ricerca e il protocollo d’intesa con il ministero».
 Il premio di produttività scientifica ha riguardato docenti di quindici dipartimenti. Il maggior numero, cinque, è andato a esponenti del dipartimento di Economia, Impresa e Regolamentazione, seguito, a quota quattro, da Scienze biomediche. «Il nostro ateneo sta compiendo passi significativi per consolidare le strutture di dottorato, con le attuali undici scuole - ha sottolineato il prorettore Attilio Mastino - Sul fronte della ricerca, nell’ultimo anno si sono registrati tre brevetti. Dal ministero dell’Università ci sono apporti, ad esempio, per l’impegno relativo alla sclerosi multipla e alla dotazione per la Medicina veterinaria. L’università è attiva in progetti con la Provincia, come il patto per il Nord-Ovest. C’è il programma triennale di internazionalizzazione, per favorire l’arrivo a Sassari di docenti da tutto il mondo che contribuiscono alla crescita dell’ateneo turritano».
 Il professor Bruno Masala, delegato rettorale per le scuole di dottorato, ha messo in rilievo l’apporto della Fondazione Banco di Sardegna. «Le scuole - ha aggiunto - possono far leva su programmi che ne garantiscono stabilità». Una riflessione sulla ricerca di base in tempi di globalizzazione è stata fatta dal professor Eusebio Tolu. «L’università non può trasformarsi in impresa - ha affermato il presidente della commissione Ricerca dell’ateneo - Il suo obiettivo è l’alta formazione. con il sostegno al binomio ricerca-didattica». Fabio Tore, del centro regionale alla Programmazione, ha comunque valutato opportuna un’ apertura alle imprese in una condizione che non comporta incompatibilità tra mondo accademico e produttivo. «Con il protocollo d’intesa pensiamo di assicurare all’università isolana le infrastrutture necessarie. A breve, sarà disponibile dal ministero una prima tranche, con 35 milioni di euro. E intanto si intende sviluppare i progetti di ricerca. Dalle biodiversità marine e dal versante delle biodiversità animali sono già scaturiti business rilevanti».
MARCO DELIGIA 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
I finanziamenti della Regione, il nodo dei collegamenti, il successivo trasferimento di Agraria 
A Bonassai già nel 2010 
Sassari, il rettore s’impegna per Veterinaria 
Intervista con Alessandro Maida su uno dei temi cruciali per la vita dell’ateneo 
SASSARI. «La facoltà di veterinaria dovrà essere sistemata a Bonassai entro il 2010, quando scadrà la proroga per l’accreditamento europeo: un appuntamento troppo importante al quale non potremo permetterci di arrivare in ritardo. Ecco perché sono convinto che riusciremo a tagliare il traguardo entro i tempi previsti». Alessandro Maida, magnifico rettore dell’università di Sassari, ormai vicino alla fine del suo terzo mandato, vuole chiudere gli oltre 10 anni di guida dell’ateneo sassarese con un grande regalo. E lasciare un segno indelebile nella storia secolare dell’università di Sassari. Bonassai sede di facoltà universitarie era il sogno, che all’epoca (una ventina d’anni fa) era sembrato fin troppo fantastico, dell’allora rettore Antonio Milella, morto alcuni mesi fa senza averlo visto realizzato, ma almeno con la soddisfazione di aver sentito parlare in maniera concreta della sua lungimirante idea.
 «Bisognerà correre, trasformare immmediatamente lo studio di fattibilità della facoltà di architettura di Cagliari in progetto esecutivo - ha spiegato il professor Maida -. E sono convinto che la riduzione delle volumetrie, rispetto allo schema d’accordo iniziale, dovrebbe consentire la conclusione dell’opera nei tempi previsti e, soprattutto, con un notevole risparmio di spesa. Adesso tutta la pratica è sulla scrivania dell’assessore regionale ai Lavori pubblici che dovrà occuparsi materialmente di realizzare l’opera». «Perché - ha continuato il rettore rabbuiandosi, visto che su quest’argomento ha dovuto rintuzzare pesanti critiche - sarà la Regione a provvedere finanziariamente alla realizzazione del progetto. L’università, come del resto è stato ribadito nell’accordo siglato a Cagliari, interverrà con 10 milioni di euro».
 Toltosi il primo sassolino dalle scarpe, Maida ha poi aperto un altro fronte di polemica e confronto, sollevando quel problema che era emerso fin dal primo momento in cui si era discusso di trasferimento delle facoltà di veterinaria e agraria a Bonassai: i collegamenti stradali.
 «L’università sta facendo la sua parte con un impegno eccezionale, attraverso il quale si vuole rilanciare l’Ateneo sassarese come punto di riferimento per la ricerca di tutto il bacino del Mediterraneo - ha spiegato ancora -. Per questo, ci aspettiamo che chi di dovere si impegni a realizzare le strade di comunicazione, soprattutto ad adeguarle ai tempi. Per agevolare il movimento degli studenti, dei docenti e di tutto il personale che frequenteranno le due facoltà e soprattutto per facilitare i tanti giovani che arrivano dall’estero. Si pensi ad esempio a quelli dell’Erasmus: mica vengono con le auto».
 «Ecco perché sostengo - ha insistito il professor Maida - che bisognerà affrontare quest’altro fronte con la stessa determinazione con cui stiamo portando a Bonassai due facoltà che hanno fatto la storia dell’università di Sassari, facendola conoscere in tutto il mondo. Giusto per essere pratici: soltanto con la facoltà di veterinaria saranno almeno 500 le persone, tra studenti, docenti e personale tecnico che ogni giorno dovrà raggiungere Bonassai. Quando sarà pronta anche l’area destinata alla facoltà di agraria si aggiungeranno altre 1700, 1800 persone».
 «La viabilità è un punto fondamentale del progetto», si accalora il rettore, forse anche perché la realizzazione del progetto Bonassai non è stata certo una passeggiata. Né all’interno dell’università, né all’esterno. Tanto che per la firma dell’accordo con la Regione sono state necessarie sei ore di trattative serrate con il presidente, Renato Soru, e con l’assessore alla Pubblica istruzione, Maria Antonietta Mongiu.
 «All’interno di Bonassai è previsto un campus - prosegue -, ma sarà solo diurno perché un altro punto dev’essere ben chiaro: è Sassari la città universitaria. E infatti sono a Sassari le residenze dell’ateneo. A Bonassai sarà prevista qualche struttura ricettiva, ma solo per le emergenze, per chi dovrà seguire particolari sperimentazioni che si prolungheranno nelle ore notturne».
 Il Polo bioscientifico diventerà un gioiello, dotato di strutture e tecnologie all’avanguardia. «Vogliamo attirare studenti e ricercatori - aggiunge il rettore -, ma anche luminari che possano aiutare l’università sassarese a raggiungere livelli ancora più elevati e allargarne i confini a... tutto il mondo. L’integrazione con le strutture regionali dell’azienda Agris permetterà questo ulteriore salto di qualità alle due facoltà che, per vocazione, sono le più radicate nel territorio sardo».
 «A Bonassai saranno finalmente accorpate quelle strutture didattiche fondamentali per entrambe le facoltà e attualmente disseminate nel territorio - conclude il professor Alessandro Maida -. Con la prospettiva di integrare le altre tenute regionali di Surigheddu e Mamuntanas».
PIER LUIGI PIREDDA 
 
Pagina 6 - Sardegna
«Un Polo internazionale» 
Parla Giuseppe Pulina, dirigente di Agris e docente 
 
SASSARI. Il percorso verso Bonassai non è stato sereno. L’idea era nata riprendendo un vecchissimo progetto: dare «aria» e quindi, in termini tecnici, spazi attrezzati, alle due facoltà-gioiello dell’ateneo sassarese, uniche in Sardegna: Agraria e Veterinaria. Un progetto piaciuto, e molto, al presidente Soru che l’ha sostenuto con decisione fino alla firma dell’accordo, la scorsa settimana. E così, quello che sembrava un cammino tortuoso pieno di ostacoli si è trasformato in una pista di decollo per aerei supersonici.
 Ma fino all’ultimo istante, le difficoltà ci sono state. E con loro anche le polemiche.
 «Si è cercato di coinvolgere l’Agris nel fallimento del progetto - ha spiegato da New York, dove si trova per motivi di lavoro, il direttore dell’azienda regionale, Giuseppe Pulina -. È stato necessario un fax piuttosto duro che ho inviato al rettore qualche settimana fa per sbloccare definitivamente la situazione. L’Agris era stata accusata di non aver provveduto a trasferire tutti i ricercatori a Bonassai.
 «Ma - ha aggiunto accalorandosi il professor Pulina - non possiamo essere accusati di qualcosa che non è realizzabile, perché i ricercatori devono lavorare sul territorio, visto che sono impegnati su vari fronti. Perché un ricercatore che si occupa del sughero dovrebbe lavorare a Bonassai, quando è invece più logico che operi sul posto? Altrettanto dicasi per altre ricerche. Se si voleva trovare questa scusa per far fallire la realizzazione del più importante Polo di ricerca del bacino del Mediterraneo è stato sbagliato l’obiettivo. E comunque - ha concluso il direttore di Agris - ormai è acqua passata perché l’accordo è stato firmato e Bonassai diventerà un gioiello della ricerca invidiato in tutto il mondo: sono pronto a scommetterci». (plp)

 
1 – altravoce.net
La scure di Berlusconi sull’Università
L’allarme di Mistretta: atenei sardi
in Fondazioni rischiano di affondare
di Cinzia Isola
 
Tagli e vincoli: sono queste le coordinate del Governo per affondare l’Università. O per dirottarla in naufragio forzato verso la Fondazione mista. Ma intanto, colpita: l’ennesimo scippo all’istruzione. Perché la scure di Berlusconi è un colpo secco da 12 milioni di euro. Quanto basta per colare a picco. Soldi in meno che incideranno sui corsi da attivare, che imporranno vincoli rigidi per gli organici e il turn over, progressioni economiche congelate.
 
A lanciare il grido d’allarme, l’Ateneo cagliaritano: la Sardegna rischia di pagare un prezzo ancora più alto se le norme sull’Università annunciate dal governo dovessero essere approvate. Ma il nodo più controverso, secondo rettore Pasquale Mistretta, è rappresentato dalla “suggerita” trasformazione dell’Università pubblica in Fondazione mista. Gli atenei «sarebbero sottoposti a troppi vincoli mentre le Fondazioni, con i soci privati, avrebbero una gestione più snella. In Sardegna penso che la Fondazione sia per alcuni aspetti impensabile. Non si potrebbe realizzare se non con il concorso delle due università di Cagliari e Sassari».
 
Inoltre, si chiede il Rettore: «Quale socio si potrebbe avvicinare dall’esterno? La Regione, la Fondazione Banco di Sardegna, il Cis, la Saras o Tiscali?».Mistretta ha criticato duramente le scelte del Governo inserite in un Decreto legge del 25 giugno scorso che dovrà essere convertito in legge entro il 25 agosto. «Si tratta di un momento estremamente difficile e non ci illudiamo più di tanto che si possa modificare in Aula il provvedimento», ha spiegato Mistretta, ricordando l’Assemblea straordinaria dei Rettori del 3 luglio convocata proprio per discutere del Decreto, «vi è ancora uno spiraglio e la Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane, ndr) non considera chiusa la partita».
 
Ma il dilemma resta principalmente uno: Università affondata o “Fondata”? Se l’Università di Cagliari decide di restare pubblica, i problemi , secondo l’analisi di Mistretta, riguarderebbero il personale tecnico amministrativo: reclutamento nei limiti del 10 o 20% del turn over, riduzione di assegni di ricerca e dottorati e «mortificazione per le aspettative degli idonei nelle selezioni o alla stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria 2008».
 
Il rettore Mistretta sottolinea infine il ruolo marginale degli studenti: «mai nominati nel decreto:finiranno per svolgere il ruolo di semplici e distaccati osservatori». Mentre potrebbero immediatamente ritornare sulla scena da protagonisti in caso di un probabile aumento delle tasse per far tornare i conti nelle casse delle Università. E allora due conti sulle risorse finanziarie dell’Ateneo cagliaritano che riceve dallo Stato 140 milioni di euro. A questi si aggiungono circa 17 milioni di euro della Regione (fondo unico, scuole di specializzazione, Erasmus, dottorati di ricerca) . Mentre altri 2,5 milioni arrivano dalla Fondazione Banco di Sardegna per dottorati di ricerca e borse di studio.
 
 

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