Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
03 July 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 10 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e Il Sardegna 

1 - Azienda mista sassarese ancora senza manager, dopo il no di Valentino Martelli (Unione - Nuova)
2 - La Ginecologia del Civile è la migliore in Sardegna (Unione - Nuova)
5 - E’ nata Aristhot, libreria digitale (Nuova - Il Sardegna)
1 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 33
Sassari Tira e molla sul manager
Azienda mista: l’università cala il suo poker
 
 Il grande rifiuto di Valentino Martelli lascia l’Azienda mista di Sassari in panne. Il cardiologo di fama internazionale, direttore della struttura complessa di Cardiochirurgia al Brotzu di Cagliari, ha detto no alla Regione che nei giorni scorsi gli ha offerto su un piatto d’argento la carica di direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria sassarese.
La struttura sanitaria che mette insieme le risorse della Asl e dell’università resta ancora senza un manager: dopo la scomparsa, il 21 dicembre 2007, dell’allora direttore generale Giovanni Battista Cherchi, la Regione non ha ancora nominato il successore. I termini sono scaduti il 21 giugno, ma un braccio di ferro politico interno al Pd sardo tiene ancora bloccata la tanto attesa nomina. A onor del vero la Regione un sostituto lo aveva trovato: era l’ingegnere americano David Harris. In seguito, dopo che Harris aveva preso possesso del suo ufficio e iniziato a organizzare l’azienda, si è scoperto che il professionista statunitense non possiede i titoli necessari per occupare la poltrona di direttore generale (i suoi master economici non sono riconosciuti in Italia). Ora, incassato il no di Valentino Martelli, la situazione di complica. In prima linea è scesa la facoltà di Medicina dell’Università di Sassari. Due settimane fa ha censurato con un documento ufficiale l’eventuale nomina di Bruno Zanaroli alla guida dell’azienda mista (l’ex manager della Asl 1 non è gradito agli accademici), e lunedì il Consiglio di facoltà è tornato alla carica per designare la dirigenza: ha partorito un altro documento con cui i camici bianchi dell’Ateneo indicano esplicitamente i papabili di proprio gradimento. Una rosa di quattro nomi, con in testa quello più gradito: Antonio Monni, ex direttore sanitario del Policlinico universitario di Sassari. A seguire le seconde scelte: Guido Leoni, ex direttore dell’Istituto zooprofilattico, Virginio Agnetti, del Dipartimento di neuroscienze dell’università, e candidato sconfitto nell’ultima corsa al rettorato, Giovannino Massarelli, direttore dell’Istituto di anatomia patologica. Per Medicina, è fra questi quattro nomi che la Regione dovrebbe individuare i vertici dell’Azienda mista sassarese. A Cagliari però non sembrano gradire indicazioni, tanto che l’assessorato alla Sanità potrebbe tirar fuori l’asso dalla manica: l’attuale direttore generale dell’Asl di Olbia, Giorgio Lenzotti. (v. g.) 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 18
La Ginecologia del Civile è la migliore d’Italia
San Giovanni. Premiata con tre bollini rosa la Clinica di Gian Benedetto Melis
 
L’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) ha premiato con tre bollini rosa il San Giovanni di Dio. Nell’ambito del progetto "Ospedaledonna", la Clinica ostetrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria cagliaritana ha ottenuto il massimo del punteggio grazie alle proprie eccellenze scientifiche e assistenziali e alla particolare attenzione rivolta alle esigenze delle donne. «Il San Giovanni di Dio - è scritto nella motivazione - è stato qualificato quale ospedale di riferimento per le evidenze dimostrate nel possedere caratteristiche a "misura di donna" e per essere all’avanguardia con progetti innovativi».
Soddisfazione del direttore della clinica cagliaritana Gian Benedetto Melis. «Questo riconoscimento - ottenuto per la qualità e la quantità dei servizi offerti alle donne da donne, il direttore di Ginecologia endocrinologica è Anna Maria Poletti - ci ripaga delle frustrazioni e dall’atteggiamento punitivo che la Regione ha avuto nei nostri confronti e del quale non siamo ancora riusciti a spiegarci il motivo».
Contento anche il direttore generale dell’Azienda, Pietro Paolo Murru. «L’apertura del nuovo Dipartimento materno-infantile nel presidio di Monserrato ci permetterà di proseguire su questa strada e di migliorare ulteriormente il livello di assistenza». 
3 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 9
Carni e semi d’uva nelle anfore fenicie
Santa Giusta, eccezionale scoperta nei fondali fangosi della laguna
Ossa di ovini e bovini in laboratorio per gli studi sul Dna
di ANDREA PIRAS
 
La responsabile di tutto è stata una pigna. Non un frutto caduto da chissà quale pianta e poi finito sott’acqua, in quel punto esatto della laguna, dopo essere stato trascinato dalla corrente. Nulla di tutto questo accadde quel giorno. Quella tiepida mattina d’ottobre del 2005, Elio Crobu il pescatore tirò fuori dal fondale di Santa Giusta non le solite orate o le spigole ammagliate nelle giapponesi ma un’anfora, una bellissima anfora “a siluro” risalente all’età fenicia. La pigna era lì dentro. Perfettamente conservata, rimasta integra per oltre duemilacinquecento anni con tutti i suoi pinoli. «Un ritrovamento fortuito che riaccese i riflettori sullo stagno», ricorda Ignazio Sanna, l’archeologo subacqueo della Soprintendenza di Cagliari e Oristano che insieme a Carla Del Vais, docente del Dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche dell’Università di Cagliari hanno la direzione scientifica del progetto di ricerca all’interno della laguna. Un lavoro che si sta svolgendo con il supporto del Comune di Santa Giusta, finanziatore dell’indagine e delle prime attività di scavo e recupero.
«Le ricerche e gli scavi», dice Sanna, «stanno facendo riemergere la presenza di un contesto archeologico eccezionale, protetto dal limo del fondale. Ciò che è sorprende è la consistenza del deposito archeologico e la varietà dei reperti, tutti di età fenicio-punica e databili tra il settimo e terzo secolo avanti Cristo. Non bisogna dimenticare che sulle sponde della laguna sorgeva una delle prime colonie fondate in Sardegna dai Fenici, Othoca, la città che insieme a Tharros a nord e Neapolis a sud svolgevano una funzione di controllo dell’intero golfo».
Erano stati sempre i pescatori, in passato, a segnalare la presenza all’interno di Santa Giusta di materiali antichi. Era il 1927 quando spuntò fuori la prima anfora “ufficiale”. Ed era il 1973 quando i subacquei delle Fiamme Gialle, al “comando” dell’allora responsabile della Soprintendenza archeologica cagliaritana, Ferruccio Barreca, individuarono un insediamento sommerso classificato come una possibile banchina portuale ma anche emergenze lignee e un’incredibile quantità di ceramiche puniche. Dodici anni dopo ancora anfore, contenitori fenicio-punici da trasporto del settimo e terzo secolo avanti Cristo, cocci di terrecotte greche e romane. «Per la prima volta», ricordano Carla Del Vais e Ignazio Sanna, «venne segnalata per la prima volta la presenza, all’interno di alcune delle anfore, di resti di animali, ovini e bovini, che conservavano segni di macellazione». Carni conservate e con molta probabilità destinate al commercio.
«Innanzitutto bisogna puntualizzare il carattere di eccezionalità di questo rinvenimento archeologico, molte anfore recuperate erano assolutamente integre e il loro contenuto era perfettamente conservato, a differenza di quanto scoperto in altre circostanze», spiega Marco Zedda del Dipartimento di Biologia animale della facoltà di Veterinaria di Sassari. «Da una prima analisi abbiamo messo in evidenza l’appartenenza a ovini, caprini e bovini dei reperti ossei e dei denti custoditi nelle anfore, l’unico materiale rimasto visto che i tessuti molli, per intenderci le carni, si sono decomposte. È chiaro che migliaia di anni fa per poter trasportare questo materiale e in mancanza di sistemi di raffreddamento della temperatura come accade con le moderne celle frigo bisognava sfruttare altre metodologie come la salatura e l’affumicatura, oppure l’utilizzo di particolari spezie. Sto cercando di chiarire anche se tra il materiale recuperato ci siano anche ossa di mufloni, mentre il lavoro più complesso sarà quello dell’estrazione del Dna per comparare la biodiversità tra ovini e bovini di allora con quelli di oggi». Non solo. Lo studio di Zedda dovrà anche chiarire l’origine degli animali. Se insomma quegli agnelli e quei capretti macellati fossero cresciuti in Sardegna, magari nelle campagne di Othoca. Oppure, a Othoca, arrivati a bordo delle navi fenicie.
Nelle anfore strappate a Santa Giusta e nel limo del fondale i subacquei e gli archeologi guidati da Ignazio Sanna (del gruppo fanno parte anche Silvia Fanni, Brunella Zoccheddu, Alberto Cotza, Roberto Muroni, assessore di Santa Giusta e subacqueo, Mario Casula e il pescatore Elio Crobu, profondo conoscitore dello stagno, Pier Franco Serreli, Claudia Sanna e Valentina Chergia) hanno trovato una notevole quantità di semi. «In particolare semi d’uva, forse in origine uva passa, pinoli, mandorle, pigne. E una moltitudine di semenze non ancora classificate e recuperate dalla flottazione dei sedimenti che riempivano le stesse anfore. Lo studio e i risultati che si otterranno saranno di assoluto interesse per la ricostruzione delle specie botaniche di quel periodo e soprattutto delle viti coltivate in epoca fenicia e punica», dice Sanna.
«Per adesso abbiamo ottenuto un quantitativo limitato di materiale, il lavoro di studio prevede il riconoscimento delle specie vegetali attraverso il morfogermoplasma, e ciò ci permetterà di conoscere e capire le abitudini alimentari dei Fenici e dei Punici», spiega Gianluigi Bacchetta, direttore del Centro conservazione biodiversità dell’Università di Cagliari. «Siamo in attesa dei finanziamenti, la ricerca è costosa anche perché bisognerà eseguire analisi a scansione e utilizzare il microscopio elettronico. Dalle prime osservazioni abbiano individuato semi di vite, pinoli di pino marittimo e mandorli, ulivo, ma anche leguminose utilizzate per scopi alimentari allora ma non più coltivate. Tutto questo materiale farà parte della banca dati del germoplasma». Non sarà invece possibile, almeno per il materiale recuperato sott’acqua a Santa Giusta, ipotizzare di piantare quei semi e vederli attecchire. «Molti sono vuoti, altri carbonizzati e comunque degradati», racconta Bacchetta.
Insomma, una grande scoperta e uno studio che “rischia” di regalare importanti notizie su Santa Giusta e l’età fenicio-punica in Sardegna. Sotto il fango della laguna c’è ancora tanto da scoprire e riportare in superficie. «Abbiamo individuato due aree: una più vasta di due ettari e la seconda di tremila e seicento metri quadrati. Proprio su quest’ultima abbiamo concentrato la ricerca ed è li che abbiamo recuperato parte delle anfore. Sotto i contenitori è stato individuato materiale ligneo lavorato che fa pensare all’architettura navale», afferma Ignazio Sanna. Anche se gli archeologi preferiscono non parlare di una presenza a Santa Giusta di un relitto ma di un giacimento ancora da indagare. Di sicuro molte anfore sono state abbandonate quando erano ancora integre e con il loro contenuto di derrate alimentari. Ma proprio la diversità dell’età dei reperti (terzo, sesto e anche ben più antico) fanno escludere l’evento traumatico o un naufragio. Resta un’ipotesi: il trascinamento del carico durante un’alluvione. Dal Tirso alla laguna. 
4 – L’Unione Sarda
Lettere & Opinioni Pagina 14
Biologa, precaria per 8 anni
Ha un figlio, perde la stabilizzazione
Col contratto Co.co.co era in un’équipe di ricerca dell’Università
 
Parlo di mia moglie, chiamiamola Maria. Dal 1999 lavorava come biologa all’Università di Cagliari con un contratto Co.Co.Co. Nell’aprile 2007, ormai al settimo mese di gestazione, è andata in maternità alla scadenza del contratto, programmata con la nascita di nostro figlio. Maria era inserita in una équipe di ricerca scientifica che collaborava con i più prestigiosi centri americani. Il suo nome è citato negli Abstract scientifici assieme ad alcuni fra i più importanti ricercatori del mondo.
Dal ’99 Maria lavora per lo stesso Dipartimento, seguendo orari stabiliti da altri. Il suo è un lavoro subordinato. Niente ferie. Niente indennità di rischio per chi lavora a contatto con virus della peggior specie; quelle indennità di cui invece godono gli impiegati regionali il cui unico rischio è di assopirsi sulla poltrona. Maria non ha il badge. Ma ha le chiavi di tutti i centri pubblici per andare a verificare che i freezer e le centrifughe siano sempre in azione, in modo che il materiale biologico stoccato in dieci anni di lavoro sia sempre ben conservato. Maria ad aprile del 2007 è andata in maternità, "casualmente" a scadenza contratto. Nel periodo della gestazione, alle 4 del mattino, le veniva proposto di recarsi nelle sale operatorie a prelevare materiali biologici, caricando casse piene di ghiaccio secco, prelevato magari la sera prima di andare a casa dagli stabilimenti di Macchiareddu. Naturalmente, usava la propria auto. Con Maria ho assistito quasi in platea ad espianti e reimpianti di organo.
Nel giugno 2007 nasce il nostro bellissimo pupo e dopo tre mesi non c’è nessun contratto per sua madre. Inizia il ballo della stabilizzazione. Excursus: la legge Finanziaria prevede che ci sia un contratto Co.co.co nel periodo in cui si richiede la stabilizzazione. Ma l’Università ha bloccato qualsiasi tipo di assunzione dal luglio 2007. Quindi, non potendo essere assunta, Maria non può essere stabilizzata. Intanto vengono stabilizzati Tizio e Caio che hanno il loro primo Co.co.co. Nel gennaio 2008, Maria ottiene un contratto occasionale con busta paga dell’Università. È nelle prime posizioni. Ci siamo? No! Dall’ufficio concorsi arriva l’esclusione. Ricorriamo al Tar. Il Tar respinge, ammonendoci dal proseguire qualsiasi azione contro l’Università, che non poteva assumere una biologa la quale, sebbene abbia lavorato dal ’99 con contratti Co.co.co mascherati, a gennaio 2008 era al servizio della scienza con un contratto occasionale. Maria ed io, se la vita ci assisterà, avremo un altro pupo. Il primo ha appena compiuto un anno. Faremo una bellissima festa. Un anno di duri sacrifici con il mutuo da pagare e i tassi alle stelle.
LETTERA FIRMATA
 
Grazie della testimonianza. Nei paesi civili, i giovani ricercatori sono coltivati e incoraggiati a dare il meglio di sé. In Italia sono gli ultimi fra i precari, al servizio di tutti, da nessuno tutelati. (d. p.) 

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 38 - Inserto Estate
Subito disponibile un’enorme quantità di testi sulla storia della scienza nei Paesi rivieraschi 
Mediterraneo, un mare in digitale 
Librerie virtuali, presentato ieri a Cagliari il progetto «AristhoT» 
 
Forse Aristotele ne conosceva l’esistenza visto che nel Fedro di Platone il dio egizio della sapienza e della scrittura, Thot, viene ampiamente citato durante un apologo di Socrate. Oggi i due simboli della cultura del Mediterraneo si ritrovano assieme in AristhoT, libreria digitale della storia della scienze dei Paesi che si affacciano in questo mare. «Il passato racconta di lotte e guerre feroci volte al dominio, ma la storia ci dice anche che c’è stato un terreno dove prevaleva il confronto: quello degli scienziati. In questo senso AristhoT vuole contribuire alla cultura del dialogo e, quindi, della pace», ha precisato ieri Giancarlo Nonnoi, storico della scienza e docente nel dipartimento di Filosofia dell’ateneo di Cagliari, durante la presentazione dell’iniziativa (www.aristhot.ue). L’obiettivo è quello di creare un corpus testuale e iconografico digitale «delle più significative testimonianze del patrimonio scientifico storico delle civiltà mediterranee».
 Il lavoro è iniziato nell’aprile del 2006 all’interno di un progetto europeo che ha, come capofila, il Centre de Conservation du Livre di Arles, un piccolo centro della Francia meridionale, che ha superato la sua crisi puntando quasi tutto sulla cultura. Trentamila sono le pagine di libri rari, oggetti scientifici, cartine preziose digitalizzate da Cagliari in questa prima fase del progetto, a cui lavorano quattordici partner, tra cui centri dell’Algeria, dell’Egitto e della Turchia. Complessivamente, invece, sono già cinquecentomila le catagolazioni inserite nel sito internet da tutti i partecipanti.
 I materiali individuati sono «moltissimi, al di là delle aspettative - ha informato Nonnoi - pur essendo una banca digitale tematica, ci siamo trovati di fronte a tantissimo materiale. E così abbiamo anche dimostrato come la Sardegna sia ricca di produzione scientifica. Michele Antonio Plaza, ad esempio, ci ha lasciato un prezioso erbario del Settecento della flora sarda, redatto sulla scia di Linneo. Poi abbiamo tovato anche tante produzioni legate alla sanità».
 Un patrimonio «che afferma che in Sardegna è esistita anche una cultura scientifica, pur con una forte caratterizzazione urbana. E questo è importante: per sottolineare che la nostra identità non nasce soltanto dal pastoralismo e dal problema della lingua, ma pure da attente riflessioni sulle scienze e le tecniche. Un corpus che entra a pieno titolo nella formazione della nostra civiltà». Il tutto in un contesto di produzione e circoclazione delle idee «superiore a quel che normalmente si pensa».
 La Digital library, ancora in fase sperimentale, permette e permetterà di sfrugugliare nelle spigolature dei cinque secoli passati vagabondando su antichi testi e reperti di scienze naturali e matematica, medicina e veterinaruia, alchinia ed esoteerismo, archeologia e numismantica (per gli aspetti legati alle scienze). Ma anche di muoversi dalla botanica alla sigillografia e dalle scienze divinatorie alla farmacia.
 Il progetto è costato complessivamente cinquecentomila euro, di cui centomila sono andati a Cagliari. Ed è il frutto di una lavoro collegiale che, in Sardegna, ha coinvolto, oltre al dipartimento di Filosofia, anche l’archivio storico e la biblioteca studi sardi del Comune del capoluogo, le biblioteche delle facoltà scientifiche, il museo di fisica e quello di antropologia ed etnografia, più numerose collezioni private.
Roberto Paracchini
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 19 - Sassari
Azienda mista, spunta il nome di Antonio Monni 
L’Università candida l’ex direttore del Policlinico 
 
SASSARI. Quattro nomi, indicati dal consiglio di facoltà: tra questi potrebbe esserci quello del prossimo direttore generale dell’Azienda mista. Le candidature, individuate dal consiglio di facoltà, verranno comunicate dal rettore Alessandro Maida alla Regione. Nella quaterna, ad avere le quotazioni più alte sembra essere Antonio Monni, nuorese, ex direttore del Policlinico sassarese. Anche la giunta fa la sua proposta: tra i papabili è stato individuato il cardiochirurgo Valentino Martelli, che però ha declinato l’offerta. Rimane in pista Giorgio Lenzotti, manager della Asl di Olbia.
 La partita potrebbe essere arrivata alle fasi finali, dopo mesi di stand-by e un mare di polemiche. Il consiglio di facoltà riparte da quattro nomi nuovi, proposti in ordine sparso. Si tratta di Antonio Monni, 66 anni, ex direttore del Policlinico, Guido Leori, ex direttore dell’istituto zooprofilattico di Sassari, Virgilio Agnetti, ex direttore della fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe, e infine Giovannino Massarelli, attuale direttore dell’istituto di Anatomia patologica. Tutti idonei a ricoprire l’incarico, tutti inseriti da tempo all’interno dell’elenco degli aspiranti direttori generali. Tra i quattro, in pole position sembra esserci Antonio Monni. Secondo l’Università, il curriculum e l’esperienza maturata negli anni, ne fanno il candidato ideale per prendere in mano le redini dell’Azienda mista. La Regione è chiamata a valutare la proposta e ad esprimere un parere: il prescelto dovrà godere di una benedizione unitaria.
 Nel frattempo, la giunta e l’assessorato alla Sanità hanno continuato a guardarsi intorno. Ed è arrivato il no da parte di Valentino Martelli, 65 anni, cardiochirurgo cagliaritano con un passato in politica (ricoprì anche l’incarico di sottegretario per gli affari esteri nel 1º governo D’Alema), che ha rifiutato l’offerta. A questo punto, si tratterà di scegliere tra i quattro candidati indicati dall’Università e l’unico individuato dalla Regione: a giocarsi la partita dovrebbero essere Antonio Monni e Giorgio Lenzotti.
 Archiviata definitivamente l’ipotesi del Zanaroli-bis. L’ex manager della Asl sassarese (dal gennaio 2005 al giugno 2007) era stato contattato dall’assessore alla sanità Nerina Dirindin qualche settimana fa. Al professionista emiliano era stato proposto un incarico temporaneo, della durata di 6 mesi: il tempo necessario per consentire a David Harris di risolvere gli ultimi problemi inserendo nel curriculum i titoli mancanti, quelli che hanno messo in freezer la sua investitura a direttore generale. Bruno Zanaroli, però, non è figura gradita all’Università: la freddezza e la scarsa collaborazione che avevano caratterizzato il rapporto nella precedente esperienza a Sassari del manager emiliano, hanno spinto l’Ateneo a sollevare le barricate. Nei piani della Regione, l’incarico a Zanaroli avrebbe consentito di tenere ferma la candidatura di David Harris, sulla quale c’è invece stata sempre massima condivisione. A frenare l’operazione è stato un problema burocratico. Accettando la proposta della Regione, Zanaroli avrebbe firmato un contratto triennale da rescindere in anticipo: dopo sei mesi, appunto. L’Università, considerando i vari ostacoli che sinora hanno impedito l’investitura di David Harris, non gradirebbe che il timone rimanesse nelle mani di Zanaroli più a lungo del previsto: il tempo necessario, cioè, per predisporre l’atto aziendale. In realtà, pare che lo stesso manager non avrebbe alcun interesse a prolungare la sua seconda esperienza sassarese, visto che in Emilia sarebbe già pronto per lui un altro incarico prestigioso.
 Ad ogni modo, l’Ateneo ha deciso di voltare pagina, proponendo quattro nomi nuovi e, di fatto, sacrificando a malincuore la candidatura di David Harris. Se la scelta dovesse cadere su Antonio Monni o su qualsiasi altro della rosa dei quattro, il manager anglo-americano sarebbe fuori dai giochi. Il nuovo direttore generale firmerebbe un contratto triennale e formerebbe la squadra con la quale rimettere in moto la struttura di viale Coppino. In questo scenario, anche la poltrona del direttore sanitario Antonello Ganau sarebbe a rischio.
Silvia Sanna
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Sanità. Ostetricia è la migliore in Sardegna 
Assegnati i tre bollini rosa al San Giovanni di Dio 
 
 CAGLIARI. È la clinica Ostetrica del San Giovanni ad aver ottenuto il massimo dei riconoscimenti dalla giura di Ospedale-donna.
 I tre bollini rosa - come si legge nella motivazione - sono stati “il giusto riconoscimento per la qualità dell’assistenza”. La clinica - diretta da Gian Benedetto Melis, nella foto - ha ottenuto il massimo del punteggio in Sardegna, per “le eccellenze scientifiche e la particolare attenzione rivolta alle esigenze delle donne”. In particolare, la pagella della commissione Onda ha riconosciuto la presenza di ventinove ambulatori per patologie femminili specifiche, l’applicazione dei livelli essenziali di assistenza, la qualità dei requisiti alberghieri, la presenza di quattro donne (tra i quali la presidente) nel Comitato etico e ancora cinque donne a capo di strutture complesse. Soddisfatto Pietro Paolo Murru, direttore generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria: «Questo risultato - ha detto - premia il nostro impegno nell’aver saputo coniugare l’eccellenza delle prestazioni sanitarie con l’alto livello di umanizzazione dell’ospedale»
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Sassari
Master and Back, vengono discriminati i lavoratori 
Il sogno di un ingegnere informatico (emigrato) e un bando eccessivamente rigido 
 
Sono un sardo emigrato in Continente da ormai sedici anni per motivi di studio. Ci sono poi rimasto per motivi di lavoro. Sono stato studente lavoratore, prima durante le scuole superiori (in Sardegna) e poi all’università, a Milano. Nonostante le difficoltà sono riuscito a laurearmi a pieni voti, a sviluppare una certa professionalità come Ingegnere Informatico e a costruire un curriculum vitae più che dignitoso. Ma il mio sogno, da qualche hanno a questa parte, è sempre stato quello di fare un passo avanti, completando la mia formazione con un master MBA. Ma come fare, mantenendo il lavoro a tempo indeterminato del cui privilegio godo in questi tempi di precariato diffuso? E poi si tratta di corsi estremamente costosi. Per avere un’idea, l’Executive MBA del Politecnico di Milano (non il più caro) costa 11,500.00 euro l’anno. Rimane il problema dei soldi (22,000.00 euro per i due anni di corso). Il mio stipendio è sufficiente a garantirmi da vivere e il pagamento di un cospicuo mutuo a tasso variabile, in cui mi sono imbarcato dopo numerosi anni di affitti. Amici sardi mi hanno suggerito di andare a cercare sul sito della Regione Sardegna, perchè pare che siano state messe a disposizione borse di studio. Ho così scoperto il programma Master and Back, che si propone di “diversificare e rendere accessibile l’offerta di istruzione e formazione superiore universitaria e post-universitaria della Sardegna, dando anche la possibilità ai giovani laureati sardi di accedere a programmi di alta formazione, organizzati da università e organismi di qualità e reputazione riconosciute a livello internazionale, operanti fuori dal territorio regionale, e favorire il loro rientro in Sardegna e l’inserimento nel mondo del lavoro”. Le cifre proposte sarebbero tali da coprire per intero il costo del master. Che meraviglia! E poi sono compatibile con tutti i requisiti. A pagina 17 del bando scopro però che “la fruizione dei benefici di cui al presente bando è incompatibile con attività lavorative svolte durante il periodo di formazione. Per vederci chiaro decido di telefonare al numero verde messo a disposizione dalla Regione. Una gentile signorina mi spiega che posso anche aspettare, per licenziarmi, di aver ottenuto la borsa di studio. A parte il fatto che devo garantire due mesi di preavviso alla mia azienda, provo a spiegare che lasciare un lavoro sicuro in tempi come questi mi sembra una follia e che a tal proposito ho cercato un master serale. La signorina mi risponde che posso sempre chiedere l’aspettativa. Come se nel “privato” le aziende te la dessero quando dici tu. Ammesso che te la concedano. Cerco di fare un ragionamento intellettualmente onesto. Nel costituire la graduatoria dei candidati, mi pare abbia senso privilegiare chi non ha un lavoro. Ma perchè discriminare a priori chi ce l’ha? Mi rendo conto che chi ha stipulato il bando abbia dovuto fare delle scelte nette. Riconosco, poi, che la mia perplessità non possa essere del tutto obbiettiva, essendo io condizionato dal coinvolgimento diretto. Però la clausola sull’incompatibilità con l’attività lavorativa mi sembra un pò troppo salomonica. D’altra parte: dura lex, sed lex. Ritengo che Master and Back costituisca comunque un’idea illuminata. Con questa mia lettera non intendo metterne in dubbio il valore, ma suggerire maggiore consapevolezza e proporre un dibattito sul tema.
Daniele Pes

1 – Il Sardegna
Pagina 29 - Regione
Progetto Aristhot. Nel sito anche le immagini della Sardegna
Biblioteca mediterranea
30mila foto dell’Isola
 
Anche la Sardegna ha il suo spazio nella neonata Biblioteca digitale sulle scienze del Mediterraneo. Sono infatti 30 mila, su un totale di 210 mila, le immagini tratte da libri e documenti a carattere scientifico raccolte dalla sola Università di Cagliari per il nuovo archivio internet ad accesso libero, sviluppato grazie a un progetto dell’Unione Europea. La biblioteca tematica è consultabile dal 30 giugno all’indirizzo internet multilingue http:www.aristhot.eu e raccoglie i materiali recuperati in 8 paesi che si affacciano sul Mediterraneo, tra Europa, Africa e Medioriente, da 14 istituzioni, tra cui il dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze umane dell’Università di Cagliari. Il progetto, presentato ieri dal responsabile scientifico per l’ateneo sardo, Giancarlo Nonnoi, docente di Storia della Filosofia Moderna, è durato due anni. L’iniziativa nel complesso è stata finanziata con 800 mila euro dal programma comunitario Interreg IIIB Medoc, 100 mila dei quali sono serviti a sostenere la ricerca svolta in Sardegna. Il lavoro per il recupero e la digitalizzazione dei documenti, provenienti, tra gli altri, dall’Archivio storico della biblioteca comunale di Cagliari e dalle diverse biblioteche dell’università di Cagliari, ha coinvolto un gruppo di ricerca di 4 persone, impegnate nella conversione in formato digitale di libri di diverse epoche, testi rari, carte geografiche, oggetti e manoscritti risalenti a un periodo compreso tra il XVI e il XIXX secolo. Accanto ad Aristhot, il Dipartimento di Filosofia sta portando avanti il progetto Sardoa, finanziato con 27 mila euro dalla Fondazione Banco di Sardegna, con l’obiettivo di rafforzare le attività di recupero e digitalizzazione del patrimonio scientifico locale.
2 – Il Sardegna
Pagina 38 – Culture
Musica e parole per l’appuntamento all’Orto Botanico
Il romanzo di Goldoni per un omaggio all’Isola
 
L’orto botanico si veste a festa e accoglie tra le sue piante, gli alberi illuminati e le vasche delle ninfee, lo scrittore e giornalista Luca Goldoni. Uscito per le edizioni Zonza, il suo ultimo libro La Sardegna che non ti aspetti - Viaggio ironico sentimentale nell’isola che c’è, Goldoni incontrerà il pubblico alle 19. Dagli anni ’70 (periodo in cui arrivò alla ricerca di mari incontaminati e spiagge bianche), il romanzo racconta della scoperta di una società fatta di molto altro rispetto alle pubblicizzate coste. Incontri e nuove amicizie con allevatori, contadini e pastori, sono descritti come un omaggio a questa terra. La serata organizzata dal Dipartimento di Scienze Botaniche in collaborazione con la Scuola Civica di Musica sarà aperta dall’esibizione del maestro Luigi Puddu.

Questionnaire and social

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