Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
11 May 2008
Rassegna a cura dell’Ufficio Stampa e Web
Segnalati 4 articoli dalle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna

1 - L’Unione Sarda
Cultura Pagina 35



Agenda. Convegno a Cagliari
Ludovico Geymonat, il mondo accademico celebra il centenario




Un convegno dedicato a Ludovico Geymonat nel centenario della nascita. È stato organizzato per domani e martedì a Cagliari nell’Aula magna del corpo aggiunto della facoltà di Scienze della Formazione. Promosso dal Dipartimento di Scienze pedagogiche e filosofiche e dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell’ateneo cittadino, fa parte di una serie di incontri di studio promossi dalle università in cui Geymonat è stato docente: gli atenei di Cagliari, Pavia e Milano.
Geymonat ha insegnato a Cagliari dal 1949 al 1952, ricoprendo anche l’incarico di preside della facoltà di Magistero. In quegli anni ha partecipato attivamente alla vita politica della città nelle vesti di consigliere comunale eletto nelle liste del Partito comunista. Attraverso le relazioni di studiosi ed esperti, i lavori puntano a mettere a fuoco il profilo umano e intellettuale di Geymonat, ricostruendo il suo contributo alla vita politica e culturale italiana nell’arco della sua lunga carriera. Nel corso del convegno verrà presentato e distribuito il francobollo commemorativo emesso dalle Poste Italiane per ricordare la figura del filosofo. Inoltre verrà presentato il volume edito dalla Cuec Ludovico Geymonat. Scritti sardi. Saggi, articoli e interviste a cura di Bruno Maiorca.
RACCONTARE LA SCIENZA Si tiene domani a Cagliari (ore 17; aula verde Cittadella dei musei di piazza Arsenale) una tavola rotonda sul tema Scrivere, raccontare e creare tra scienze, letteratura e arti . Coordina Giancarlo Nonnoi (storico della filosofia). Partecipano M. Tonino Casula (semiologo computerartista), Daniele Gouthier (matematico e scrittore scientifico), Gianni Mula (fisico teorico), Guido Pegna, (fisico sperimentale) e Giovanni Pirodda (storico della letteratura).
CINEMA E TERRORISMO Domani doppio appuntamento con il professore e scrittore irlandese Alan O’Leary, che a Sassari incontra gli studenti e i lettori alla facoltà di Lettere (ore 16) e presenta il suo nuovo libro Tragedia all’italiana. Cinema e terrorismo tra Moro e memoria (Angelica Editore). L’appuntamento sarà replicato alle 18,30 alla Biblioteca comunale, in piazza Tola. Il saggio esplora il rapporto tra cinema italiano e terrorismo. Alan O’Leary è docente di Italianistica all’Università di Leeds, in Gran Bretagna, ed è autore di numerose pubblicazioni. Entrambi gli incontri saranno introdotti da Lucia Cardone, docente di Storia e critica del cinema, e sono organizzati dalla libreria internazionale Koinè, con la Biblioteca comunale, Angelica Editore e la facoltà di Lettere dell’ateneo turritano.

2 - L’Unione Sarda
Cronaca Regionale Pagina 10


La cocaina del prof in surf
Gian Luigi Gessa: la droga ha lo stesso effetto dell’amore


di GIORGIO PISANO
Settantacinque anni compiuti senza buttar via nulla, un tempo barone rosso della Medicina universitaria, ricercatore famoso eccetera eccetera, Gian Luigi Gessa conserva nello sguardo un lampo luciferino. Neuropsicofarmacologo, ha un passato remoto di grande futuro: quando è andato a studiare negli Stati Uniti, dicevano che sarebbe diventato chissà cosa. Ha scelto invece di tornare a vivere in Sardegna - master and back ante litteram - per creare una squadra di allievi che oggi se la tira alla grande perché ha risonanza internazionale, autorevolezza, credibilità. Lui ride soddisfatto, mantenendo le mani compostine sulle ginocchia come un alunno convocato dal preside.
Gessa ha scritto un libro bellissimo che si intitola Cocaina (134 pagine, Rubbettino editore, otto euro). Bellissimo perché può leggerlo il carrettiere e l’architetto. Ma il bello del bello è porgli la domanda-chiave: professore, lei ha mai provato droghe? Reazione 1: come si permette? Reazione 2: spero stia scherzando. Reazione 3: No, quando mai, tuttavia ho analizzato in profondità il problema. A cominciare magari da Sigmund Freud che inviava per lettera un po’ di coca alla fidanzata lontana: carissima, è incredibile, finalmente si può spedire la felicità per posta.
Detto e chiarito tutto questo, la domanda-chiave resta: professore, lei ha mai provato droghe? Senza ordinare alle mani il rompete le righe, Gian Luigi Gessa risponde (com’era ovvio aspettarsi) con la Reazione 4, non prevista, non contemplata: «Certo che le ho provate. Prima le anfetamine, e fu un disastro. Poi la coca. E non sono d’accordo con Freud».
Ossia?
«L’euforia che ho provato non era nulla di trascendentale. Sarà che avevo quarant’anni ma sono arrivato alla conclusione che la coca è meglio studiarla che prenderla».
A parte le droghe vere, dice Gessa, ci sono anche quelle supposte: per esempio, il surf (che il professore pratica a dispetto dell’età e dei bagnanti che incrocia) e la politica. Eletto consigliere regionale con Progetto Sardegna, è attualmente impegnato nell’ultimo anno della legislatura. Di sicuro si sa che quando lasciò l’ateneo per entrare in Consiglio, le sue parole furono lapidarie: «Lascio i topi di laboratorio per occuparmi di squali da assemblea».
Tempo perso cercare segni di conformismo o di normalità in uno scienziato che ha scelto di vivere avanti. Negli anni ’70 - quando i drogati si chiamavano tossicomani - ha invitato a Cagliari Albert Hoffman, inventore dell’Lsd. Ha ipnotizzato migliaia di giovani che andavano a sentirlo parlare di droga liberamente, senza voglia di anatema e di scomunica.
Anni fa è naufragato insieme al suo surf nelle acque di Geremeas ed è stato ripescato mentre tutti lo davano ormai per morto. In barella, insaccato in una coperta, ha dedicato ai cronisti poche parole prima di infilarsi al pronto soccorso: mi spiace, il mio coccodrillo lo scriverete un’altra volta.
Si è occupato, com’è naturale in chi studia neuroscienze, anche di psichiatria con un genio del ramo, Hayr Terzian. Quando ha avuto bisogno di cavie che non fossero i soliti ratti, ha pubblicato su un giornalino un’inserzione anonima: cerco gatti..., e nessuna precisazione ulteriore.
Se cercate un grammo di ovvio, Gian Luigi Gessa non ne ha: neanche in modica quantità per uso personale. È fatto così. Troppo tardi per sperare di cambiarlo.
Professore, perché un libro sulla cocaina?
«Perché siamo bombardati da un’informazione spesso terroristica o promozionale. Il che genera sfiducia e sconforto in chi acquisisce le informazioni. Era il momento di darci un taglio».
In che senso?
«Raccontando, molto semplicemente, la verità. Nel bene e nel male. La cocaina fa parte delle magnifiche cinque, le top five che l’uomo (e non solo l’uomo) predilige».
Quali sono?
«Il succo fermentato di frutti e cereali (alcol), il lattice della capsula di papavero (morfina), le foglie del tabacco e quelle della coca, le infiorescenze e la resina della cannabis».

Pagina 2. Questo libro riguarda la cocaina, la regina delle droghe. Esso spiega perché piaceva agli Incas, a Sigmund Freud, a papa Leone XIII, a Sherlock Holmes e a tanti giovani oggi. Spiega anche perché per alcuni è un veleno».

Professore, lei sostiene he la cocaina piaceva anche ai Pontefici.
«Di quello attuale non so nulla, non so se ci sia una droga che gli piaccia. Di sicuro Leone XIII gradiva il Vin Mariani, un bordeaux arricchito con estratti di foglie di coca. Mandava in visibilio molti famosi, da Sarah Bernardt a Eleonora Duse. Agli inizi del ’900, quando la cocaina fu dichiarata fuorilegge, il Vin Mariani tornò ad essere semplicemente un vino. E il successo, così come era arrivato, finì».
La cocaina come antidepressivo.
«Non solo. Ci sono evidenze scientifiche che sia stata utilizzata dai kamikaze e durante l’operazione Desert Storm in Iraq. Il fatto è che la coca porta felicità, buonumore che sconfina (e qui siamo già nel terreno degli effetti indesiderati) in euforia maniacale».
Lei dice anche che non tutti ne diventano dipendenti.
«La via intranasale è quella meno deleteria. Utilizzata con saggezza, si può gestire per tutta la vita. Potrei fare esempi illustri».
Evitiamo querele.
«Dev’essere però chiaro che non sto parlando di "aspettative di vita" del cocainomane. La durata della vita è legata anche alla qualità della vita stessa. Non c’era uno che cantava voglio una vita spericolata? Mi spiego, usare cocaina significa voler stare sopra le righe. Per alcune categorie di persone è vivamente sconsigliata».
Quali?
«Prima di tutto, gli adolescenti: per loro, la coca può essere un’attrazione fatale. Fatale nel senso di mortale. La sconsiglierei a tutti quelli che hanno disturbi psichici e quelli che soffrono d’ansia. Sconsigliatissima poi a teppisti e ultrà dello sport».
Perché?
«Perché aiuta a sentirsi Rambo, cancellare i freni inibitori e scatenare qualunque voglia repressa. A cominciare da quella della violenza».

Pagina 11. Un Autore ha così riassunto le applicazioni terapeutiche della cocaina: 1) come stimolante, allorché si desideri produrre un super-lavoro fisico o mentale; 2) nelle indigestioni di stomaco; 3) nelle cachessie; 4) nel combattere gli effetti della morfina e dell’alcol; 5) come afrodisiaco; 6) come anestetico locale. L’Autore è Sigmund Freud.

È vero che disintossicarsi del tutto è impossibile o quasi?
«Diciamo che è difficile. C’è sempre un luogo, un odore, una situazione o un momento particolare che possono far ricadere in tentazione».
Dunque non c’è salvezza?
«C’è, ma è una strada lunga e difficile: basta un po’ di stress, una lite in famiglia o un guaio qualunque per ricascarci. Più facile, comunque, guarire dalla cocaina che non dall’alcol».
La droga piace anche alle cavie. Che c’entra dunque il movente sociale?
«Cartesio diceva che commette peccato mortale chi crede che gli animali abbiano un’anima come l’uomo. Sarà. I ratti e le scimmie però ci somigliano molto. Tanto è vero che amano drogarsi».
Piacere per il piacere, insomma.
«Sicuro. Un tempo il drogato veniva catalogato come vizioso. Si può dire lo stesso di un ratto o di una scimmia che si fanno di cocaina azionando una levetta per l’erogazione? Se li mandiamo in astinenza, si scatenano: batti e ribatti sulla leva finché non arriva la droga. Avete presente quando si scuote la macchinetta automatica dei caffé perché funziona male? Succede qualcosa del genere».
La povertà non è mai responsabile?
«Nessuno nega che nell’uomo vi sia anche una componente psicologica. Tuttavia la ragione è soprattutto una: le droghe riproducono nell’organismo le droghe endogene, ossia quelle fabbricate dal nostro cervello e rilasciate in quantità differenti a seconda dei casi».

Pagina 62. Infine, sono vulnerabili alla tossicità della cocaina coloro che vivono in condizioni di emarginazione sociale, per i quali la cocaina è l’unica felicità raggiungibile». Pagina 44. Dopo l’ingestione, gli effetti della cocaina insorgono in 30-45 minuti e durano 40-60 minuti. Dopo l’assunzione per via intranasale, l’effetto euforizzante insorge in circa 5 minuti e dura 20-30 minuti. Dopo l’assunzione per via endovenosa o inalatoria col fumo, gli effetti della cocaina sono quasi immediati ma di breve durata.

Che significa dire che il cervello produce droghe?
«Non entro nel dettaglio. Dico solo che il cervello umano è una farmacia che rilascia, senza impegnativa e senza ticket, i farmaci di cui abbiamo bisogno. Le droghe artificiali non fanno altro che imitare in maniera fraudolenta i meccanismi cerebrali».
Per questo vanno forte?
«Sono una via breve al benessere. Ci stimolano ad avere la voglia di uccidere (uccidere nel senso di vincere), ci aiutano a superare la timidezza. In pratica, ci proiettano in un mondo che nella realtà faticheremmo a conquistare. Per molti adolescenti insicuri rappresenta una specie di uscita di sicurezza».
Torniamo all’effetto psicologico.
«Il ratto non ha l’incubo dell’Ici, non lo bocciano a scuola e una fidanzata gliela mettiamo in gabbia. Cosa voglio dire con questo? semplice: la causa prima è la droga e non la società».
Perché ha fatto un paragone con l’innamoramento?
«L’amore, come la cocaina, produce effetti difficilmente controllabili. Gli americani hanno anche inventato una sorta di scala Richter del cuore: Passionate Love Scale . Si può considerare innamorato chi dedica almeno l’80 per cento dei propri pensieri da sveglio a lui o a lei. I sogni non valgono, non fanno punteggio».

Pagina 117. Che i meccanismi che sostengono il piacere, il desiderio, l’ossessione, nei confronti dell’oggetto d’amore e della cocaina siano gli stessi è suggerito dal fatto che interrompere l’assunzione prolungata di questa droga produce malessere e voglia di riprenderla così come interrompere un rapporto amoroso può dare sintomi analoghi. Addiction, schiavitù, dipendenza sono parole usate nei confronti delle droghe e dell’amore.

Cocaina mon amour.
«Di recente alcuni scienziati hanno riportato l’amore coi piedi per terra. Studiando un gruppo di maschi e femmine in stato di intensa infatuazione (fino ai 18 mesi dall’inizio del rapporto), hanno scoperto che una foto o il solo nome del partner irrora aree del cervello molto precise: le stesse che vengono accese dalla cocaina».
Eppure lei non si è entusiasmato, professore.
«Ho assaggiato cocaina che ero già avanti con l’età. Prima molto prima, come tanti studenti ossessionati dagli esami, mi ero gasato con anfetamine. Sono andato a dare Storia sapendo tutte, ma proprio tutte, le date delle battaglie combattute dal genere umano».
Avrà fatto un figurone.
«Il professore era un intellettuale pacifista. Niente date, andava al sodo: è stato un naufragio. La cocaina mi incuriosiva, sulla scia di Freud che la rifilò perfino alle sorelle, amici e colleghi. L’euforia è arrivata ma non è stato francamente quel che mi aspettavo. C’è ancora qualche aspetto della coca che ci sfugge».
Quanto tempo occorrerà per sapere?
«Poco. I ricercatori sono stregati dallo studio della cocaina più di quanto non siano i consumatori dagli effetti della sostanza».
Dopo il surf, l’altra droga supposta è la politica.
«Sì. Dopo una vita a far lezione o in laboratorio, mi incuriosiva scendere in campo, per dirla come quel signore che ora sta a Palazzo Chigi. Ho scoperto così che la politica è una brutta droga, tant’è che conto di disintossicarmi e smettere».
In che senso?
«Finita la legislatura tornerò al Dipartimento di neuroscienze: sono in crisi d’astinenza. E anche deluso: il passaggio dai topi di laboratorio agli squali non è stato emozionante. Ho conosciuto troppi squali mansueti, alcuni addirittura senza denti».

pisano@unionesarda.it
 
3 - L'Unione Sarda
Pagina 22
 
Ingegneria. La facoltà deve eleggere il nuovo preside
Elezioni, primo turno senza vincitori


Prima tornata elettorale senza vincitore: nessuno dei candidati alla carica di preside di Ingegneria (al posto dell'uscente Francesco Ginesu) è riuscito a prendere la metà più uno dei voti degli aventi diritto.
Le votazioni che si sono svolte nell'aula magna della facoltà hanno visto primeggiare Giorgio Massacci (presidente del corso in Ingegneria per l'ambiente e il territorio) che ha ricevuto 67 preferenze. Dietro di lui Giuseppe Mazzarella (docente del dipartimento di Ingegneria elettrica, ex presidente del corso di studio in Elettronica) con 45 voti e Giacomo Cao (ordinario di Principi di ingegneria chimica) con 43. Quindici le schede bianche o non valide.
Venerdì (dalle 9 alle 12,30) la seconda sfida: serviranno la metà più una delle preferenze dei votanti. Se nessuno supererà lo sbarramento i due candidati che avranno ottenuto più voti andranno al ballottaggio fissato per venerdì 23 maggio. Dall'esito della prima votazione Massacci è praticamente certo di partecipare al ballottaggio. Difficile invece che riesca a essere eletto preside già nel prossimo turno. La tornata di venerdì servirà invece a stabilire l'avversario di Massacci: gli altri due candidati sono distanziati di due soli voti e l'esito della sfida appare incerto. In questi giorni saranno numerosi i contatti con gli elettori (circa duecento) da parte dei tre docenti in lizza per occupare la poltrona di preside. (m. v.)






4 - La Nuova Sardegna
Cagliari

Talassemia, convivere con il male

CAGLIARI. Grazie alle nuove terapie oggi con la talassemia si può convivere. Oltre alla cura allora, ecco che diventa importante cercare di migliorare sempre più la qualità della vita dei malati. In Sardegna i talassemici sono circa 1.300 e ogni anno si registrano in media 10 nuovi nati talassemici (negli anni Settanta la media era di 110 nati all’anno). Per approfondire i temi legati alla malattia, alle terapie ed alla qualità della vita dei malati la Fondazione ‘Leonardo Giambrone’ per la guarigione della talassemia ha organizzato in città un convegno. In questi anni la ricerca medica ha fatto passi da gigante. Oltre alle terapie farmacologiche ed al trapianto di midollo il trattamento dei pazienti con Beta Talassemia major si basa principalmente sulle trasfusioni di sangue. Uno spiraglio potrebbe essere stato aperto dai ricercatori sardi, guidati dal genetista Antonio Cao, dopo la scoperta di un gene che, opportunamente manipolato, potrebbe affrancare definitivamente i malati dalle trasfusioni.
Intanto si parla anche di migliorare la qualità della vita dei pazienti: «Oggi si guarda con maggiore attenzione anche ad aspetti come la sessualità e la riproduzione - ha spiegato l’endocrinologa Leila Danesi, dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano - se le condizioni cliniche generali lo permettono e se solo uno dei due genitori è sano si possono porre in essere trattamenti per l’induzione della gravidanza».





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