Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 April 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 9 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 - Ricerca universitaria sull’inquinamento ambientale (L’Unione - La Nuova)
6 - i dati sulla criminalità a Cagliari, il commento della sociologa Anna Oppo
1 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale Pagina 9
Piccoli uomini (all’uranio) crescono
Inquietanti risultati di una ricerca universitaria sul campo
“Ambiente e salute tra scienza e progresso”: un convegno ha messo in luce significative differenze tra adolescenti che abitano in zone a rischio ambientale e i coetanei di aree non degradate
 
PULA Inquinamento, il prezzo più alto lo pagano i bambini. A Perdasdefogu ed Escalaplano gli studenti delle medie hanno valori di uranio superiori rispetto ai loro compagni di Jerzu; nel Sulcis, i ragazzini contaminati dal piombo crescono meno rispetto a quelli della stessa età di Sinnai e Sestu, dove non devono fare i conti coi metalli pesanti.
Sono dati emersi nel corso del convegno su "Ambiente e salute tra scienza e progresso", organizzato da Sardegna ricerche in collaborazione con l’associazione Me.Di.Co. (moderatore Sandro Muntoni). Gli specialisti invitano, giustamente, a non creare allarmismo, ma non si può ignorare che certi risultati rappresentano l’altra faccia di un certo sviluppo. Perdasdefogu e dintorni sono da tempo sotto esame per la presenza di un poligono militare in cui si sospetta siano stati usati proiettili all’uranio impoverito. Il Sulcis è da sempre sede di industrie ad alto impatto ambientale.
Gli studi sulla relazione fra piombemia e crescita dei bambini fanno capo all’Istituto di Scienze antropologiche (diretto dal professor Emanuele Sanna) della facoltà di Scienze biologiche dell’università di Cagliari. Le ha illustrate ieri la ricercatrice Elisabetta Vallascas. E nel corso dei lavori sono emersi (ufficiosamente) anche i risultati sull’uranio a Perdas. In pratica, gli universitari hanno analizzato il sangue e i capelli di gruppi di bambini della zona sospetta di contaminazione e di altri studenti di Jerzu. È emerso che i valori rilevati nei giovani ogliastrini sono superiori rispetto a quelli riscontrati a Perdasdefogu ed Escalaplano.
Superiori e basta. Non significa cioè che sia stato superato un livello di guardia o che ci sia una situazione di pericolo imminente. Sarò però opportuno dare un seguito alla ricerca promossa dai biologi cagliaritani, per chiarire tutti gli aspetti del fenomeno.
Appare invece sufficientemente chiara la situazione emersa nel Sulcis, dove - come ha illustrato la dottoressa Vallascas - il diffusissimo e ben noto inquinamento da piombo ha affetti negativi sulla crescita dei bambini. L’indagine è stata eseguita in diverse fasi. Nel 1998 sono state eseguite analisi sul sangue e i capelli di 413 ragazzini delle scuole Medie (fra gli 11 e i 14 anni) di Portoscuso, Sant’Antioco e Sestu. Nel 2002 gli esami hanno riguardato solo i capelli di 250 ragazzini di Carbonia, Gonnesa, San Giovanni Suergiu e Sinnai. Nel 2007 la stessa indagine è stata estesa anche a Perdasdefogu ed Escalaplano.
Punto di riferimento degli studiosi, alcune variabili antropometriche dei bambini, cioè la statura, la statura da seduto e la lunghezza della gamba.
Risultati: nel Sulcis il piombo avrebbe un effetto negativo sulla crescita, in rapporto ai diversi livelli di concentrazione rilevati. Tutto normale invece a Sinnai, Sestu, Perdasdefogu ed Escalaplano, dove la piombemia non esiste.
La ricerca illustrata da Gabriella Vallascas ha messo in evidenza un’ennesima conseguenza negativa dell’impatto ambientale delle industrie metallifere nel Sulcis. Inoltre, ha dimostrato l’affidabilità dell’esame dei capelli per accertare le conseguenze dell’inquinamento. Risultato di rilievo soprattutto se riferito ai bambini, perché ottenuto con un esame non invasivo.
In questa occasione i biologi cagliaritani hanno potuto contare sull’assenso dei genitori, sia per il prelievo dei capelli (5 grammi) che per quello ematico. In futuro ci si potrà limitare al solo campione di capelli e sarà tutto più facile. 
Lucio Salis
 
Cronaca Regionale Pagina 9
rilevazioni
S. Antioco e Portoscuso valori in picchiata
 
Il Sulcis, causa grave stato di inquinamento, è stato al centro dei lavori del congresso su ambiente e salute, anche se il fenomeno, col passare degli anni, si è in qualche misura attenuato. Lo ha rilevato il professor Plinio Carta, della Medicina del lavoro di Cagliari: dall’87 al 2006 i valori di piombemia si sono praticamente dimezzati a Portoscuso e ridotti di quattro volte a Sant’Antioco. Ciò non significa che bisogna abbassare la guardia, perché all’eccesso di piombo è legata la diffusione malattie respiratorie e di altre patologie.
Numerosi gli interventi durante l’intensa giornata di lavori. Il giornalista Rai Dino Sorgonà ha parlato di Ambiente ed economia; Mauro Ballero, Scienze botaniche, facoltà di Farmacia, si è soffermato su ambiente, biodiversità e applicazioni biofarmacologiche; Mario Pirastu, dirigente del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) ha illustrato uno studio del rapporto geni-ambiente per il controllo delle malattie multifattoriali.
Nel pomeriggio, Paolo Valera, Dipartimento di geoingegneria e tecnologie ambientali dell’università di Cagliari, ha illustrato il vasto panorama dell’ambiente naturale e dei metalli pesanti in Sardegna. Di impatto ambientale e dei processi produttivi associati alle fonti energetiche rinnovabili ha parlato invece un altro universitario cagliaritano: Alfonso Damiano.
Infine, Pierluigi Cocco, Dipartimento di sanità pubblica, ha illustrato anche a nome di Maria Grazia Ennas, Dipartimento di citomorfologia dell’università di Cagliari, una relazione su geni e ambiente nell’eziologia dei linfomi. 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Oristano Pagina 21
Consorzio Uno
Cherchi (Fi) interroga Soru: l’università va salvata e potenziata
 
Sul delicato problema dell’Università oristanese a rischio chiusura arriva puntuale l’interrogazione del consigliere regionale oscar Cherchi che chiede a Soru e all’assessore regionale alla cultura «quali siano le motivazioni che spingono la Giunta regionale ad osteggiare una realtà importante come quella oristanese, senza tenere conto dei risultati e delle richieste degli studenti, i veri protagonisti dell’università». Cherchi, all’indomani della visita di Soru a Oristano in cui il governatore ha ribadito la necessità di mantenere nell’Isola solo gli atenei storici di Cagliari e Sassari, sollecita «un cambiamento di rotta nella politica a favore dell’università diffusa, a meno che questa Giunta regionale non voglia proseguire erroneamente con la sua azione accentratrice». Nel documento si ricorda anche che L’università oristanese, gestita da dieci anni dal Consorzio Uno, «rappresenta una importante realtà non soltanto per il territorio provinciale, ma per tutta la Sardegna».
Un punto di riferimento accademico importante che «con il passare degli anni è cresciuto fino ad arrivare agli attuali cinque corsi di laurea (Economia e gestione dei servizi turistici; Biotecnologie industriali; Viticoltura ed enologia; Tecnologie alimentari; Archeologia subacquea) seguiti da oltre 640 studenti, di cui 193 matricole. I laureati sono 318, di loro circa il 48 per cento ha trovato un posto di lavoro». 

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Oristano
Corsi gemmati: la Regione farà la sua parte 
Renato Soru incontra gli studenti «Mai detto di volerli chiudere» 
 “Non possiamo decidere su competenze che non abbiamo” Un forte richiamo a università e ministero 
 
 ORISTANO. Il presidente della Regione, Renato Soru, non vede di buon occhio, e si sa, l’università diffusa, ma attribuirgli la volontà di chiudere le sedi gemmate di Oristano e Nuoro, per lui è decisamente troppo. Lo ha ribadito anche lunedì sera durante un incontro promosso dall’associazione ‘Oristano giovane’. Un faccia a faccia con gli studenti che è servito a fare chiarezza sui rispettivi ruoli di Università, Ministero e Regione. Per il governatore, infatti, tutti hanno un compito e un ruolo ben definito e nessuno si può sostituire agli altri secondo le circostanze e le convenienze.
 Renato Soru ha più volte ribadito che le intenzioni e i proclami spesso non bastano, ma è indispensabile lavorare e assumersi le proprie responsabilità per migliorare la qualità formativa dell’Università in Sardegna.
 “La Regione non può decidere su competenze che non ha, ma può invece avviare un processo di collaborazione per migliorare i corsi di studio e favorire l’eccellenza - ha detto agli studenti - Se il Ministero e i Rettorati vogliono veramente investire sulle sedi gemmate lo devono dimostrare anche con i fatti. Sassari e Cagliari devono investire le risorse che hanno per potenziare i corsi di laurea anche di Oristano. Lo devono dimostrare con i fatti e non con il denaro della Regione. Io non ho il potere di decidere su questo - ha ribadito il presidente della Regione -. Non ho mai detto che voglio chiudere le sedi staccate, né che la Giunta regionale non vuole l’Università a Oristano o che non vuole erogare i finanziamenti necessari per mantenere i corsi. Ribadisco che se c’è la buona volontà dei due grandi poli universitari per valorizzare e potenziare le sedi periferiche, noi a quel punto faremo la nostra parte. La Regione collaborerà per favorire queste esperienze, puntando su corsi unici e di eccellenza”.
 Soddisfatti i giovani promotori dell’incontro al termine della discussione con il presidente Soru. Incontro al quale hanno partecipato, oltre al sindaco Angela Nonnis, insegnanti e professionisti.
 “Devo dire che siamo rimasti contenti delle parole del presidente Soru - ha dichiarato a fine serata Antonio Iatalese di ‘Oristano giovani’ -. Noi gli abbiamo ribadito le nostre proposte, emerse peraltro dall’assemblea degli studenti, quando avevamo chiesto le risorse per potenziare i corsi, promuovere la specialistica, realizzare la mensa e gli alloggi. Renato Soru ha tenuto aperto uno spiraglio per il futuro, facendo intendere che ci sarà l’impegno della Regione anche per Oristano. Ma spetterà agli amministratori locali - ha aggiunto Antonio Iatalese - essere capaci di raccogliere queste sollecitazioni. Noi ora attendiamo la risposta e l’impegno dei politici di Oristano”.
 
Pagina 2 - Oristano
Una realtà importante per tutta l’isola 
 
 ORISTANO. Un’importante realtà non soltanto per il territorio provinciale, ma per tutta la Sardegna: parola del consigliere regionale Oscar Cherchi, che presenta al governatore una interrogazione per «sollecitare un’attenzione differente verso l’università oristanese e una presa d’atto della felice realtà rappresentata dal mondo accademico periferico, che offre opportunità in più agli studenti e consente anche ai ragazzi del nostro territorio, che non possono permettersi le onerose trasferte a Cagliari e Sassari, di proseguire gli studi».
 Cherchi fa parlare i numeri: cinque corsi di laurea; 640 studenti, di cui 193 matricole; 318 laureati, il 48 per cento dei quali ha già trovato un posto di lavoro. Nell’interrogazione, poi, Cherchi evidenzia che però «l’intenzione del presidente Renato Soru va verso un ridimensionamento dell’università diffusa, che rischia di mettere in ginocchio queste realtà periferiche e al tempo stesso va contro gli intendimenti dell’assessore alla cultura Maria Antonietta Mongiu, che in aula, durante la discussione della Finanziaria 2008 insieme agli altri assessori aveva assicurato massimo impegno per trovare una soluzione per le sedi universitarie decentrate». Nella Finanziaria 2008, vale la pena ricordarlo, sono stati dimezzati i finanziamenti previsti dal precedente documento, con un taglio di quattro milioni di euro.
 Cherchi quindi chiede di conoscere le motivazioni che spingono la giunta regionale «a osteggiare una realtà importante, senza tenere conto dei risultati e delle richieste degli studenti, i veri protagonisti dell’università» e chiude sollecitando «un’inversione di rotta» a meno che la giunta «non voglia proseguire erroneamente con la sua azione accentratrice».
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 15 - Oristano
Quaranta ore di lezione per imparare a fare il pane 
Organizza il Comune insieme all’Università di Sassari 
 
 DUALCHI. Il comune di Dualchi avvierà entro breve tempo un laboratorio sulla panificazione rivolto a ragazzi e adulti con lo scopo di recuperare una tradizione dimenticata, quella della panificazione domestica che fino agli anni Sessanta era in uso nella gran parte delle famiglie. Il laboratorio, realizzato su un progetto dei servizi sociali del comune, si articola in 40 ore di teoria e pratica. Le lezioni sono affidate alla dottoressa Manuela Sanna, mentre il coordinamento è curato dal professor Giovanni Antonio Farris dell’Università di Sassari. Il termine per presentare le domande di partecipazione all’Ufficio servizi sociali scade il 30 aprile. Il modulo è disponibile presso ufficio protocollo e “s’ufitziu de sa limba sarda”. Il progetto, voluto e sostenuto dal sindaco, Ignazio Piras, punta al recupero della tradizione della panificazione, «elemento centrale ed essenziale della vita comunitaria», si legge nella presentazione. L’iniziativa punta anche a favorire momenti di incontro e di socializzazione, ma vuole essere soprattutto «occasione di apprendimento di un arte» che gran parte della popolazione ha dimenticato. Quello che si intende recuperare e diffondere è un patrimonio di conoscenze che, con i tempi che corrono, in un futuro non lontano potrebbe rivelarsi utile. I diversi tipi di pane confezionati nel paese sono stati esposti nel 2007 durante la manifestazione “Dualchi Produce”.
 Il progetto che punta al recupero della tradizione del pane è diviso in due fasi. I bambini della scuola (l’iniziativa è rivolta anche ai più piccoli per diffondere le conoscenze fra le nuove generazioni) studieranno la panificazione domestica descrivendola con degli elaborati. Un gruppo di donne realizzerà poi pani tradizionali del paese, quelli per il consumo quotidiano e quelli più elaborati destinati alle feste. Il corso si concluderà con una mostra che presenterà tutte le specialità prodotte nel paese. Una fase del progetto prevede il coinvolgimento degli anziani, che ripercorreranno i passaggi che precedono la panificazione: la coltivazione, la raccolta del grano, la lavorazione delle spighe e la trasformazione in farina fino alla panificazione domestica. Tutti i passaggi si realizzeranno in collaborazione con la scuola.(t.g.t.)
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Cagliari
STAMANE PROGETTI E PERGAMENE 
Consorzio Ausi, voglia di crescere 
 
 IGLESIAS. Sarà presentato stamane a Villa Bellavista, dal presidente Pierfranco Gaviano e il direttore Giorgio Piccaluga, il consorzio Ausi che da quest’anno annovera tra i partner nuovi enti pubblici. Il programma della giornata prevede alle 10 la discussione delle tesi di laurea in Scienza dei materiali, alle 10.30 saranno i neolaureati in ingegneria ambientale e il territorio a discutere i loro lavori conclusivi.
 Alle 11.10 è prevista la presentazione del consorzio da parte del presidente Gaviano e subito dopo saranno presentati i corsi di laurea e le prospettive future da parte dei presidenti dei corsi. «Sarà questa un’occasione - ha detto Giorgio Piccaluga - per illustrare i progetti che, superando le difficoltà incontrate negli ultimi anni, porteranno all’insediamento nelle sedi di Monteponi e Serbariu di strutture di ricerca nel campo della scienza dei materiali, dell’ambiente e delle georisorse, in attuazione dell’intesa istituzionale siglata recentemente tra Regione, provincia Carbonia Iglesias e i comuni di Carbonia e di Iglesias. Tali strutture, dotate di attrezzature d’avanguardia e di personale stabile, contribuiranno al consolidamento delle attività svolte in passato e saranno la sede delle future iniziative, sia nel campo della ricerca che della formazione». (ea)
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 16 - Cagliari
Un mulino per bonificare i terreni inquinati 
Il processo e la tecnologia già brevettati da una società nata dall’Università di Cagliari 
Le piccole sfere contenute nella macina inglobano i metalli rendendoli insolubili 
La normativa sull’ambiente definisce non pericolosi i suoli con metalli “stabili” 
 
PULA. Talvolta le idee più originali, innovative ed efficaci sono generate da processi semplici, magari già applicati in settori limitrofi. Il passaggio dall’idea al processo industriale qualche volta è complesso altre volte, come in questo caso, quasi immediato. Tra i diversi modi per inertizzare i suoli contaminati da metalli pesanti, concetto che nel Sulcis-iglesiente è familiare, visto che quasi tutta la provincia, in tante sue aree “dispone” di terreni inquinati, ve ne è uno nuovo che presenta caratteristiche interessanti. È “made in Sardinia”, in tutte le sue fasi, ha costi contenuti, ed è subito applicabile con risultati che, non più in fase sperimentale ma a livello di impianto pilota hanno soddisfatto in pieno le aspettative dei tecnici.
 Il processo e la tecnologia esclusiva è opera della I.M. Innovative Materials Srl, che la scorsa settimana ha depositato il brevetto nazionale “Procedimento per l’immobilizzazione di metalli pesanti presenti in suoli naturali, residui e scarti di lavorazione”. Il brevetto ha come oggetto lo sviluppo di un procedimento di immobilizzazione dei metalli pesanti presenti in suoli naturali basato sull’applicazione di opportuni trattamenti meccanici.
 Il procedimento di immobilizzazione è applicabile a residui e scarti di lavorazione contenenti metalli pesanti, e quindi può essere utilizzato sia nell’area di Portovesme che nelle aree minerarie dismesse.
 Il presidente della società, Giacomo Cao, spiega come è nata e si è sviluppata questa tecnologia. «Abbiamo sfruttato il know-how dei soci ricercatori nel settore dei materiali innovativi, dove negli ultimi 15 anni abbiamo prodotto diversi brevetti, soprattutto nell’area di ricerca dei materiali che resistono alle alte temperature. In letteratura è noto che le polveri (e quindi anche i suoli) che contengono sostanze organiche tossiche possono essere trattati meccanicamente per degradare le sostanze inquinanti in sostanze non tossiche. Noi siamo partiti da questa idea per ipotizzare un trattamento speciale anche dei terreni ricchi di sostanze tossiche non organiche, come i metalli pesanti». Qui Cao si inoltra, dietro una comprensibile vaghezza dovuta alla riservatezza del progetto, in una spiegazione per i non addetti ai lavori.
 «Pensate a un mulino, che al posto della mola ha, rinchiusi in una scatola, migliaia di sferette di acciaio. La nostra tecnologia prevede di mettere nella scatola il terreno inquinato e poi agitare, come uno shacker, questa scatola per un certo tempo. Il risultato dal punto di vista chimico è che le sostanze inquinanti, cioè i metalli pesanti, non lisciviano più, cioè non inquinano». Il verbo lisciviare è l’unica concessione al linguaggio scientifico. La lisciviazione infatti è un processo che, mediante l’uso di opportuni solventi, consente di separare uno o più elementi solubili da una sostanza solida. In natura avviene spontaneamente nei suoli ad opera dell’acqua.
 Per fare un esempio conosciuto a tutti: i fanghi rossi di Monteponi perdono a ogni stagione piovosa una percentuale di metalli pesanti, che infatti finiscono lungo il Rio San Giorgio a Sa Masa. L’inquinamento della palude è dovuto proprio alla “perdita” dei metalli pesanti contenuti nelle polveri di Monteponi. «Con il trattamento meccanico - continua Cao - è possibile bloccare dentro la matrice del suolo il metallo e non farlo più muovere, rendendo il suolo così non più inquinante. Abbiamo fatto tutti i tipi di test: abbiamo inquinato noi diversi suoli artificiali, con i metalli più impensabili, a dosi diverse e poi li abbiamo sottoposti a trattamento meccanico. Abbiamo poi utilizzato i terreni inquinati fornitici da Geoparco. Anche in questo caso il risultato è stato perfetto. Il secondo passaggio è stato di valutare l’efficacia della tecnica con suoli reali inquinati. Abbiamo utilizzato un mulino che consente di trattare quantità rilevanti di suolo, che sono risultate non più “inquinate”. Questa tecnologia è meno costosa dell’elettrocinesi, (un complesso sistema che consente di catturare tramite forti campi elettrici per mezzo di due elettrodi, i metalli presenti nel terreno) e si può applicare anche alle ceneri della combustione». Le applicazioni riguardano anche i fumi di risulta dei termovalorizzatori, che così possono essere utilizzati senza problemi nell’edilizia o nelle opere pubbliche, come i sottofondi stradali.
 Questa tecnica risponde anche alle ultime norme sulle bonifiche dei siti inquinanti, che prevedono il non superamento di determinate concentrazioni della soglia di rischio, che non sono calcolate in valori assoluti, ma in relazione alla loro capacità di entrare in contatto con altri elementi, nel nostro caso l’acqua. La legge dice in sostanza che possono esserci anche elevate concentrazioni di contaminanti nel suolo, ma se questi non vanno in contatto con “recettori”, perché il metallo non è più mobilizzabile, il sito non è da considerarsi inquinato.
 Per le aree del Sulcis-iglesiente questo processo può consentire, se non la soluzione di tutti i problemi, almeno una loro significativa attenuazione. E una volta, tanto, come si legge nel pezzo nel riquadro a sinistra, il problema dei costi non è così insuperabile.
 
Pagina 16 - Cagliari
LA BIOGRAFIA 
Tra Cagliari e Notre Dame 
 
PULA. Giacomo Cao è nato a Cagliari nel 1960, e dopo il Dettori, e si è laureato con lode in Ingegneria Chimica in città nel 1986. Dopo il dottorato a Bologna, al Dipartimento di Ingegneria Chimica e Materiali dell’Università di Cagliari, è diventato ricercatore nel 1990, associato nel 1992, ed è tuttora ordinario del raggruppamento concorsuale “Principi di Ingegneria Chimica”. E’ stato “visiting scholar” presso il Department of Chemical Engineering, University of Notre Dame, USA nel 1988, 1992 e 1993 e “research associate” nel 1993 presso la stessa Università. Dal 1992 è titolare del corso di Principi di Ingegneria Chimica Ambientale presso l’Università di Cagliari. È inoltre titolare del corso di Fenomeni di Trasporto in Sistemi Ambientali dal 2002 e del corso di Fenomeni di Trasporto in Sistemi Biomedici dal 2005. I suoi interessi di ricerca riguardano l’ingegneria delle reazioni e dei reattori chimici, la sintesi di materiali innovativi, le tecnologie di adsorbimento e scambio ionico, l’ ingegneria chimica ambientale, la bonifica di siti contaminati e l’ingegneria dei tessuti. È responsabile dal 1998 dell’area processi chimici e materiali del CRS4, direttore del laboratorio del Consorzio Interuniversitario Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” dal 2002 e Coordinatore dell’unità di ricerca di Cagliari del dipartimento energia e trasporti del Cnr. E’ componente del consiglio scientifico del consorzio Cosmolab.
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
DATI SULLA CRIMINALITA’ 
Violenza sessuale, Cagliari come Roma 
Crescono anche i danneggiamenti, diminuiscono le rapine e i furti 
 
CAGLIARI. Cagliari acquisisce i peggiori difetti delle città metropolitane. Infatti fra i quattordici centri che hanno stipulato il patto per la sicurezza con il ministero dell’Interno, il capoluogo dell’isola si segnala per la preoccupante escalation dei casi di violenza sessuale, aumentati di quasi il 45 per cento fra il 2006 e il 2007: sono passati da 41 a 59. L’altra città con un andamento simile è Roma dove in valore assoluto si è passati da 294 a 320 (quasi il 10 per cento in più). Aumenti anche Venezia, Torino, Napoli e Firenze, ma sempre in proporzioni ridotte. Dati che ribadiscono il caso-Cagliari dove, in proporzione, l’incremento è molto maggiore.
 Secondo le cifre del Viminale, pubblicate ieri sul quotidiano Il Sole 24 Ore, nel capoluogo sardo risultano però in calo - in controtendenza rispetto alla maggior parte delle altre città - i furti in genere (passati da 11.431 a 10.338), quelli in abitazione (da 922 a 807) e le rapine (da 274 a 238). Tutti segni di una città meno violenta di quello che spesso alcuni media fanno credere. Sono invece nettamente cresciuti i danneggiamenti e gli incendi, da 4.881 a 5.055, in linea con le altre metropoli prese in considerazione.
 In generale i delitti sono diminuiti a Cagliari dell’8,3 per cento. Mentre Catania risulta la città in cui i reati sono aumentati di più (del 9,7 per cento), seguita da Modena (più 9,5) e Venezia (più 9). In generale, dopo la firma dei patti per la sicurezza, il Viminale ha registrato nei 14 centri una riduzione dei delitti nel secondo semestre 2007.
 Ma il dato sulla violenza sessuale in città fa riflettere e preoccupa. «Si tratta di atti - spiega la sociologa Anna Oppo, dell’università di Cagliari - un po’ estranei alla nostra cultura. Tipici, in genere, di contesti urbani. Anche se va detto che quest sono numeri, statisticamente, piccoli per poter fare un ragionamento organico». Qualcuno potrebbe dire, però, che non si tratta di «vero» aumento, ma di emersione dei reati dovuti alla (finalmente) denuncia da parte di chi li ha subiti... «Questo fenomeno, però - continua la Oppo - sta già avvenendo da anni e in maniera diffusa in tutte le città. Per capire meglio bisognerebbe sapere anche di che tipo di violenze si tratta: di atti avvenuti in famiglia che, come sappiamo, è il luogo in cui avvengono di più, oppure per la strada o in altri luoghi e occasioni? E sarebbe necessario anche avere le cifre relativa ai diversi anni. Ultimamente, va precisato, le donne sono in genere più caute e timorose. Questo potrebbe voler dire che questi atti di violenza sessuale sono commessi prevalentemente da persone che si conoscono».
 In parallelo sono in crescita i danneggiamenti e gli incendi. «In questo caso la valutaziione è abbastanza semplice in quanto si tratta di atti di devianza tipicamente urbani - spiega - mentre la questione della violenza sulle donne dovrebbe essere approfondita. Forse sono fenomeni di machismo che, ripeto, sono in genere estranei alla nostra cultura, o di bullismo».
 Cagliari, insomma, diventa metropolitana anche negli aspetti peggiori: la violanza verso le donne. Fenomeno tipico, in genere, di contesti sfilacciati e degradati, da un lato; e fortemente familisti, dall’altro. Non va dimenticato, infatti, che la maggior parte di queste violenze, come sottolineato dalla Oppo, maturano e avvengono dentro le famiglie. Il che potrebbe indicare una ulteriore deriva di queste ultime, oppure un avanzare del machismo. (r.p.)
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 26 - Sassari
«All’Ersu un frigo ogni trenta studenti» 
Residenza universitaria di via Coppino, la protesta dei 220 ospiti 
di Federico Spano 
 
 SASSARI. Gli universitari ospiti della casa dello studente di via Coppino protestano contro l’Ersu. Nella nuova struttura, che si trova nel grande edificio di Cortesantamaria, ci sono troppe carenze. Per mesi, i 220 ospiti hanno dovuto fare a meno delle lavatrici. Attualmente hanno a disposizione un frigorifero ogni 30 inquilini, con le conseguenze che si possono immaginare, mentre di Internet o di telefoni, neanche l’ombra. Ieri mattina, una delegazione di una ventina di studenti si è presentata in via Carlo Felice, davanti alla sede dell’Ente per il diritto allo studio, con striscioni e cartelli di protesta.
 Alcuni universitari sono stati subito accolti dalla direttrice dell’Ersu, Maria Grazia Piras. Dopo avere ascoltato le richieste dei giovani inquilini, la dirigente ha spiegato i tempi e i modi in cui verranno risolti tutti i problemi.
 «Abbiamo fatto di tutto per aprire la nuova residenza universitaria a ottobre, nonostante ci fosse stata consegnata solo da un paio di mesi - ha detto la direttrice -. Eravamo consapevoli che saremmo andati incontro a una serie di problemi, ma entro maggio tutto entrerà a pieno regime. Ogni studente avrà il suo frigorifero. In ogni stanza sarà disponibile un collegamento a Internet, e presto verranno realizzatate una sala informatica, con una decina di computer, e una zona per lo studio».
 Da alcune settimane, gli inquilini della casa dello studente di via Verona hanno problemi con le lavatrici. Tre si sono rotte e per riuscire a fare il bucato sono costretti a fare la fila. La direttrice Maria Grazia Piras ha detto che entro domani le lavatrici verranno sostituite. Un altro problema segnalato dagli universitari, riguarda la mensa. «Chi arriva alle 12,30 può mangiare di tutto, perché c’è una grande scelta - hanno spiegato ieri mattina -. Basta arrivare dopo le 13.30, e non si trova più nulla. Al massimo ti fanno una pasta al sugo».
 «L’Ersu non ha problemi di risorse - ha detto la dirigente -, stiamo facendo grandi investimenti e la mensa verrà raddoppiata. Così si ridurranno le file e i tempi di attesa. Inoltre, si potrà risolvere immediatamente il problema della carenza dei pasti, rivedendo le quantità».
 Altra novità per gli studenti riguarda una nuova figura professionale. Dal primo maggio, infatti, un giovane laureato in Economia diventerà il referente per tutti gli inquilini delle case dello studente. Tutti i problemi potranno essere segnalati a lui. Non si rischierà più di restare a corto di gasolio, e quindi senza riscaldamento per giorni, come è successo spesso in questi mesi. Se le promesse della direttrice non verranno mantenute, i ragazzi hanno dichiarato che sono pronti a riprendere la protesta.
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Pubblicati i dati di una ricerca su Portoscuso 
Respirare il piombo non fa crescere i bimbi 
 
 PULA. Non ci sono solo gli effetti sub-clinici, ma non per questo meno significativi, dell’impatto dell’inquinamento da piombo sul quoziente di intelligenza dei bambini di Portoscuso, come è stato analizzato in una ricerca dell’Università illustrata ieri nel convegno “Ambiente e Salute” nella sede di Sardegna Ricerche. Ci sono anche effetti sulla crescita, cioè sulla statura di quei bambini.
 In questo caso la conferma di quanto in letteratura è accertato, ma verificarlo poi sul campo, quel campo che è fatto di bambini in carne e ossa e non numeri o voci statistiche, arriva dal dipartimento di biologia sperimentale, sezione di scienze antropologiche dell’Università. Tocca a Elisabetta Vallascas, ricercatrice del dipartimento, spiegare come si è arrivati a questo dato che vede i bimbi di Portoscuso messi a confronto con i loro coetanei di Sant’Antioco e di Sestu, paese lontano dall’area ad alto rischio. Nessun esame del sangue per testare la piomboemia, ma un metodo innovativo: l’analisi tricologica, l’esame di mezzo grammo di capelli prelevati il più possibile vicini al cuoio capelluto nella zona occipitale. «Il nostro studio - ha detto Vallascas - aveva due obiettivi: verificare la validità del capello come biomarker di esposizione all’inquinamento da piombo e verificare se questo metallo influisce negativamente sull’accrescimento. Abbiamo scelto l’analisi dei capelli, contrariamente a quella standard delle urine o del sangue, perché questa indica l’esposizione a un dato elemento non per periodi brevi (giorni o settimane), ma ben più lunghi, necessari al nostro caso. Abbiamo effettuato tre campionature nell’arco di un decennio, su più di 800 bimbi sardi: nel 1998 abbiamo scelto l’area di Portoscuso, Sant’Antioco e Sestu; nel 2002 l’area di Carbonia, Gonnesa, San Giovanni Suergiu e Sinnai, e nel 2007 l’area di Perdasdefogu, Escalaplano e Jerzu».
 Nelle conclusioni dello studio, la ricercatrice ha preso in considerazione cinque variabili: la statura, la statura da seduto, la lunghezza convenzionale dell’arto inferiore, e poi lo stato socio-economico e l’area muscolare del braccio. Si sono poi analizzati i dati della presenza del piombo, che nei bambini di Portoscuso nel 1998 erano il doppio di quelli di Sant’Antioco e quattro volte quelli di Sestu, e utilizzando complessi metodi statistici si è arrivati alla conclusione temuta: c’è dipendenza diretta tra statura, statura da seduto e lunghezza dell’arto inferiore con la presenza del piombo con valori medi di 10 µg/dl. L’unico aspetto positivo, se così si può dire, dello studio che ha preso in considerazione anche realtà lontane dal Sulcis-iglesiente, è che l’esame dei capelli dei bimbi di Portoscuso, analizzati con moderne apparecchiature e con procedure di prelievo standardizzate, è avvenuto dieci anni fa. Adesso quei valori sono più bassi, se non altro perché diversi interventi sono stati compiuti, ma il dato è emblematico dell’impatto che un esteso insediamento industriale ha su vicini centri abitati. È il caso di Portoscuso e della frazione di Paringianu. Nel corso del convegno c’è stato anche l’intervento del professor Plinio Carta che ha illustrato in dettaglio lo studio sugli “effetti subclinici del sistema nervoso centrale associate a basse dosi di esposizione ambientale a metalli pesanti in adolescenti residenti nei pressi del polo industriale di Portovesme”.
Giuseppe Centore
 
 

Questionnaire and social

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