Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
13 April 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati  6  articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

 

1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia Pagina 21

Sanità. Concorso al Policlinico, medico del Brotzu battuto dagli specializzati
Anestesia, dodici allievi superano il loro maestro


L’allievo supera il maestro. Anzi, gli allievi, ben dodici, battono il loro ex professore. Un caso che fa scoppiare la polemica tra l’azienda Brotzu e la facoltà di Medicina. O meglio tra il primario ospedaliero del reparto di Anestesiologia, Giovanni Manduco, e il direttore della scuola di specializzazione di Anestesia dell’Università, Gabriele Finco.
La materia del contendere è il recente concorso per l’assunzione di anestesisti al Policlinico universitario. Avanza la candidatura, tra i numerosi giovani specializzati, anche Maurizio Cocco, medico del Brotzu dove svolge, tra le altre funzioni, anche il compito di insegnare agli specializzandi in Anestesia provenienti dalla facoltà di Medicina, come previsto da un protocollo d’intesa siglato alcuni anni fa tra l’ospedale e l’Università. Una candidatura strana perché un dirigente ospedaliero può semplicemente chiedere il trasferimento da una struttura a un’altra, anche se universitaria. Fatto sta che Cocco svolge il concorso e dopo la prova scritta viene giudicato in termini di mediocrità e superato da alcuni ex allievi.
La polemica, con tanto di lettera inviata da Manduco a Finco e al preside di Medicina, Gavino Faa, s’infiamma a concorso ultimato: il medico, definito dal suo primario il più incline all’insegnamento, il più universitario, stimato e autore di lavori scientifici accreditati a livello nazionale , finisce al tredicesimo posto dietro quelli che sono stati i suoi allievi. Manduco nella lettera sbotta: «Non sarà che una cupola abbia taroccato il concorso?» Poi fa retromarcia: «Il pensiero si è dissolto subito dalla mia mente lasciando spazio all’unica verità: il servizio di Anestesia del Brotzu e il dottor Cocco sono mediocri. Quindi», conclude il primario rivolto a Finco, «per evitare di annacquare la preparazione degli specializzandi, la prego di astenersi di mandarli a frequentare le sale operatorie del nostro ospedale».
Dalla facoltà di Medicina la replica è pacata: «Sono molto dispiaciuto», dice il preside Gavino Faa, anche presidente nazionale del collegio dei professori ordinari di Anatomia patologica, «perché non mi aspettavo questo fulmine a ciel sereno. È una lettera spiacevole e indelicata. Spero che il dottor Manduco abbia perso per un attimo il controllo di sé stesso. Se così fosse siamo pronti a chiarire tutto e a dimenticare l’episodio. Se invece è cambiato qualcosa nei rapporti con l’azienda, ipotesi che scarterei vista la grande collaborazione con la direzione del Brotzu, ce lo faranno sapere».
MATTEO VERCELLI
 
2 - L’Unione Sarda
Cultura Pagina 56

Presentato a Cagliari “Le mille e una strada, Viaggiare pellegrini nel mondo musulmano” (Franco Angeli)
La Sardegna cristiana del Marco Polo d’Oriente
Le peripezie nella nostra isola di Ibn Battuta, viaggiatore arabo del 1300 diretto alla Mecca


Partito a cavallo da Tangeri nel 1325, Ibn Battuta aveva deciso di raggiungere la tomba del profeta Maometto. All’epoca era un ventenne appartenente a una famiglia di notabili e giuristi. Come ogni pio musulmano deve fare almeno una volta nella vita, anche Ibn Battuta si era messo in cammino per La Mecca e Medina. Ma il giovane viaggiatore non si era limitato a rendere omaggio ai luoghi santi dell’Islam. Aveva intrapreso una spedizione per il mondo musulmano conosciuto che sarebbe durata ventotto anni. Africa, Medio Oriente, India, forse Cina sino alla lontanissima Canton. E nel 1349 anche l’isola cristiana di Sardegna che apparentemente non gli riservò una buona accoglienza.
Ibn Battuta è considerato il più grande viaggiatore arabo del medioevo. Il Marco Polo d’Oriente, sebbene visitò molti più Paesi del suo predecessore veneziano.
«Poi da Tunisi ripresi il mare con dei catalani e raggiungemmo l’isola cristiana di Sardegna». Così riportava il compilatore dei diari di viaggio di Ibn Battuta recentemente pubblicati da Einaudi a cura di Claudia Tresso.
Le gesta dell’esploratore marocchino sono state rievocate venerdì scorso a Cagliari nell’aula magna della facoltà di Scienze Politiche durante la presentazione del volume di Annamaria Baldussi, Patrizia Manduchi e Nicola Melis, “Le mille e una strada Viaggiare pellegrini nel mondo musulmano” (Franco Angeli, 246 pagine, 20 euro). All’incontro promosso dalla Sezione di Studi africani e orientali del Dipartimento storico politico dell’Università ha partecipato Claudio Lo Jacono, docente di Storia del Vicino Oriente islamico.
Ibn Battuta continua il racconto del suo sbarco in Sardegna. «Un’isola cristiana dotata di un porto straordinario, tutto circondato da grandi travi in legno e con un’entrata simile a una porta che viene aperta solo quando se ne dà il permesso». Una simile descrizione non può che corrispondere al porto di Cagliari. Anche se il viaggiatore arabo non cita mai la città, gli studiosi sono concordi nel ritenere che si tratti di Cagliari. La celebre veduta prospettica di Sigismondo Arquer pubblicata nel 1550 nella Cosmographia Universalis di Sebastian Munster, aiuta a capire. Arquer disegnava il porto di Cagliari circondato proprio da una palizzata. Porto che nel Cinquecento conservava ancora le strutture medievali.
«Sull’isola sorgevano diverse fortezze ed entrati in una di queste vedemmo che ospitava diversi mercati», si legge nel diario. Era la Cagliari catalano - aragonese, importante scalo commerciale della cosiddetta "rotta delle isole" che collegava Barcellona con il Levante attraverso Baleari, Sardegna e Sicilia. Ma a questo punto della descrizione, Ibn Battuta rivela la cattiva accoglienza che i sardi gli avevano riservato: «Io feci voto all’Altissimo che avrei digiunato per due mesi consecutivi se ci avesse fatti ripartire sani e salvi, perché avevamo saputo che gli abitanti dell’isola avevano intenzione di inseguirci non appena fossimo usciti, per farci prigionieri». Il diario di viaggio non chiarisce che cosa sia capitato a Cagliari. La studiosa del mondo musulmano Patrizia Manduchi conferma che non sappiamo e non sapremo se «ci fosse nell’aria qualche tentativo di rapimento dell’illustre ospite e dei suoi accompagnatori». Ibn Battuta è costretto a una fuga repentina. «Uno smarrimento che raramente si può riscontrare nelle pagine del racconto di venticinque lunghi anni di viaggi», continua Manduchi. Dopo aver resistito a incredibili peripezie, naufragi, deserto, epidemie, assalti di briganti e pirati, Ibn Battuta si rimette nelle mani di Dio per salvarsi dai sardi. L’unica incursione nel mondo cristiano gli era stata fatale. «Comunque ne venimmo fuori vivi - rassicura il viaggiatore - e dopo dieci giorni giungemmo a Tanas», sulla costa Algerina.
Ibn Battuta non è l’unico protagonista dei racconti di viaggio musulmani, genere letterario che va sotto i nome di "rihla", ad essere sbarcato in Sardegna. Manduchi nel suo saggio pubblicato in “Le mille e una strada” svela anche la storia di Ibn Jubayr che nel 1183 a causa di una tempesta si imbatté in Capo San Marco. «In questo porto si vedono delle vestigia antiche che sono state abitate, ci dissero, da Giudei». L’arabo partito da Granada aveva davanti a sé la città di Tharros. E come successe a Ibn Battuta, l’impatto con la Sardegna non fu edificante: «Un musulmano che conosceva la lingua del luogo scese a terra con un gruppo di cristiani per recarsi presso le abitazioni più vicine. Ci disse di aver visto circa ottanta prigionieri musulmani, uomini e donne, che venivano venduti al mercato». Lo sconcerto di Ibn Jubayr fu grande al punto tale da invocare: «Che Dio stermini questi cristiani». Una delegazione degli arabi all’ancora nel Golfo di Oristano incontrò anche un sovrano giudicale. «Il colloquio durò a lungo, poi il sovrano si ritirò nel suo palazzo». E, sempre come Ibn Battuta, anche Ibn Jubayr salpò sano e salvo dalla Sardegna senza che alcuno gli torcesse un capello: «Dio ci aveva permesso di fuggire ai pericoli del mare che bagna le coste della Sardegna poiché quella fu la parte più difficile della nostra traversata e spesso impossibile da superare. Che Dio ne sia lodato!».
WALTER FALGIO
 
3 - L’Unione Sarda
Economia Pagina 18

Agricoltura. Uno studio dell’Università di Sassari certificherà una produzione unica al mondo
Pappa reale, la Sardegna regina


Gli apicoltori pronti a sfidare gli alveari cinesi
La pappa reale sarda ha caratteristiche chimico-fisiche che la rendono unica al mondo. Università di Sassari in campo per certificarlo.
Pappa reale di Sardegna. Il nutrimento sottratto alle api regine, importante nell’alimentazione umana, potrebbe presto affacciarsi sul mercato con un marchio d’origine. Per gli apicoltori sardi, in un periodo nero, si aprirebbero prospettive nuove. Approfittando delle difficoltà della produzione cinese (che copre più del 50% della pappa reale prodotta nel mondo in un anno, 15 mila quintali), che si trascina dietro una palla al piede pesantissima: la contaminazione da cloramfenicolo, un antibiotico battericida utilizzato per indurre una iperproduzione innaturale. Il prezzo della materia prima è basso, ma la nomea ha fatto chiudere molte porte ai cinesi.
IL PRODOTTO La pappa reale viene prodotta esclusivamente dalle api nutrici nei primi giorni di vita, attraverso secrezioni dalle ghiandole ipofaringee e mandibolari. La nutrizione con pappa reale determina la trasformazione di una larva di ape operaia in regina. La pappa è una miscela di grassi, zuccheri e proteine. Per l’uomo ha diversi utilizzi: è un ottimo integratore, facilita la digestione, rafforza le difese naturali.
L’ETICHETTA Per la pappa reale non c’è alcun obbligo normativo per l’indicazione in etichetta dell’origine del prodotto. Presentandosi sul mercato con un biglietto da visita con su scritto Sardegna, potrebbe dare un valore aggiunto straordinario agli apicoltori sardi, «tanto più si si considera un valore commerciale che si aggira su 1.200 euro al chilo», fa notare Ignazio Floris, docente di Apicoltura al dipartimento di Protezione delle piante dell’Università di Sassari, sezione di Entomologia agraria. Il professor Floris è a capo dell’équipe che, tra la sede della facoltà di Agraria (in via De Nicola) e il laboratorio di Ottava, sta confrontando la produzione di linee distinte di api. Partendo da una certezza. «La pappa reale sarda ha caratteristiche chimico-fisiche che la rendono unica», spiega Ignazio Floris. «La percentuale media di acqua è del 60%, da noi si ferma al 55%. E ha in più vitamine, enzimi, acidi organici, proteine».
IL COMPARTO Stando all’ultimo Piano di sviluppo rurale, che cita i dati dei servizi veterinari delle 8 Asl, in Sardegna ci sono 48.955 alveari, con 418 apicoltori professionali e 77 laboratori di smielatura. In un’annata media la produzione di miele fattura circa un milione di euro (appena lo 0,16% delle produzioni zootecniche). Nell’isola si producono in un anno 762 mila chili di miele, il 5% della produzione nazionale.
TECNICHE PRODUTTIVE Ci sono tecniche che consentono una produzione media, in un anno, di 500 grammi di pappa reale per alveare. Ignazio Floris, in attesa della pubblicazione del lavoro dell’Università di Sassari, non offre molti dettagli. Spiega, comunque, che l’attenzione si sta concentrando su un confronto tra la quantità di pappa reale prodotta da regine locali e non, accompagnato da un’integrazione alimentare proteica, con polline raccolto in altri periodi e lieviti naturali. In attesa dei risultati sulle migliori tecniche produttive, con riferimento alla quantità, Floris evidenzia che «ci sono ottimi presupposti per differenziare geograficamente la pappa reale sarda che, ripeto, è unica al mondo».
EMANUELE DESSÌ


4 – La Nuova Sardegna
Pagina 15 - Cagliari

Accordo tra Provincia e Università di Cagliari
Tirocini di formazione e orientamento per psicologi



CARBONIA. La Provincia attiverà tirocini di formazione e orientamento con l’Università di Cagliari per il corso di Laurea in scienze e tecniche psicologiche e per il corso di laurea in Psicologia.
Lo ha deciso la Giunta, che ha risposto ad un esplicita richiesta dell’ateneo cagliaritano che ha chiesto la collaborazione dell’ente per l’attivazione della iniziativa.
«Si è tenuto conto del fatto che alle Province sono attribuite funzioni in materia di lavoro - ha spiegato il presidente Pierfranco Gaviano - e che queste funzioni devono essere integrate con quelle in materia di orientamento, istruzione e formazione, che possono essere attuate anche mediante la promozione di progTammi e progetti nell’ambito dei tirocini formativi e di orientamento, che sono utili per l’apprendimento dl competenze spendibili nel difficile mercato del lavoro.
I tirocini dl formazione e orientamento - ha sottolineato Gaviano - rappresentano quindi un’opportunità per gli studenti universitari, utile per il completamento della formazione accademica attraverso l’acquisizione di competenze e conoscenze specifiche tecniche, relazionali e trasversali, pe rle wuali non è sufficiente il solo apprendimento teorico».
Sarà ora l’amministrazione provinciale a valutare le richieste che perverranno dagli studenti, determinando anche obiettivi, modalità, durata e periodo di svolgimento.
G.F.N.
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 29 - Sassari

Master and back, tante speranze e troppe delusioni
I fondi arrivano a singhiozzo e non tutti possono contare sull’appoggio delle famiglie



Sono una dottoranda in Archeologia classica dell’Università di Siena, “fortunata” vincitrice della borsa Master and Back della Regione Sardegna.
Non volendomi addentrare su quanto sia difficile trovare fondi per la ricerca e quanti sacrifici costi, vi volevo semplicemente comunicare lo stato di disagio e di precarietà che ha portato questa borsa, non solo alla sottoscritta ma anche ad altre persone che si trovano nella mia stessa condizione. Il momento iniziale di entusiasmo dopo l’assegnazione della borsa è andato via via scemando insieme ai mesi che passavano per vederne la reale attribuzione.
Dalla conferma dell’assegnazione della borsa dicembre 2006 la prima rata (cosiddetto voucher) è stata erogata ad aprile 2007 e doveva andare a coprire le mensilità fino a luglio 2007. Da luglio ad oggi (11 aprile 2008), solo proroghe su proroghe, assicurazioni su assicurazioni.
Forse rispetto ad altre situazioni di precariato, alla disoccupazione e al disagio sociale della nostra regione questa situazione può far sorridere ma non è bello che una regione si prenda gioco di chi ha deciso di fare ricerca, di chi prova attraverso tanti sacrifici a migliorare e a migliorarsi, in modo umile e onesto.
Nessuno ti obbliga a fare un dottorato, in un certo senso ad investire su te stesso e su qualcosa in cui credi, non hai diritti, non hai orari, devi sottostare alle regole dell’Università ma lo fai e ti senti un privilegiato che può fare quello che ama, rispetto a tanti che odiano il loro lavoro, poi l’ideale si viene inevitabilmente a scontrare con il reale, si deve pagare un affitto, si deve mangiare. A questo punto, non so se l’Agenzia regionale del lavoro si renda conto di cosa sia realmente un dottorato, anche perché chi usufruisce della borsa non può avere altri introiti, o meglio non si deve superare un certo reddito (quindi o lavori in nero o cerchi un lavoro da 300 euro e rinunci a tutte le attività previste dal dottorato).
Non è detto che tutti abbiamo una famiglia che possa fare da tappabuchi (un conto poi sono 1-2 mesi, un’altra 9 mesi), del resto la mia generazione difficilmente riesce ad essere autonoma, a meno che non sia dotata di un fisico da velina o di un bel sorriso per un buon partito. Qualunquismi a parte, credo che sia lecito pretendere chiarezza e quantomeno correttezza.
Certo sono tante le persone che portano avanti un dottorato senza borsa, ma credo che questa debba essere una scelta, o quantomeno una consapevolezza su che cosa si possa contare.
L’opportunità della borsa Master and Back è stata data in base al merito, ad una selezione per titoli, se si è istituita questa borsa è perché ci sono i fondi.
L’amarezza in chi vi scrive sta nella consapevolezza che difficilmente si attuerà il programma di back, ma probabilmente dovrà rinunciare al proprio progetto di dottorato visti gli antefatti e probabilmente non tornerà nella sua terra non perchè non la ama ma perchè le strade della crescita sono “precostruite” e gli incastri già assegnati, il resto è solo teatrino.
Anna Maria Marras Siena
 
6 - La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari

L’ateneo punta sulle nanotecnologie
È l’ultima frontiera della ricerca, la scommessa delle imprese
Grazie al master del centro catalano sono nati 10 specialisti Molti di loro hanno già trovato lavoro

TONINO MELONI


SASSARI. Anche all’università di Sassari si studiano le nanotecnologie, la scienza che si occupa della manipolazione della materia in dimensioni comprese tra 1 e 100 nanometri, cioè in quella scala atomica e molecolare che, stravolgendo le tradizionali conoscenze scientifiche, ha segnato la nascita di una nuova branca del sapere.
Considerato che un nanometro è un miliardesimo di metro, la sua misura corrisponde all’incirca a dieci volte la grandezza dell’atomo dell’idrogeno.
E poiché a questi livelli di dimensioni i comportamenti e le caratteristiche della materia cambiano drasticamente, le nanotecnologie rappresentano un modo radicalmente nuovo di produrre e ottenere materiali, strutture e dispositivi con proprietà e funzionalità migliorate e del tutto nuove.
La nuova scienza, che all’inizio ha interessato soprattutto l’ingegneria (nanoingegneria) e l’elettronica (nanoelettronica), si sta sviluppando in altri settori. Particolarmente nella medicina, dove si stanno mettendo a punto sistemi per la somministrazione mirata di farmaci e per la realizzazione di protesi più resistenti e con sempre più alta biocompatibilità. Per cui presto sarà possibile rivoluzionare radicalmente la pratica medica, grazie a nuovi e più efficaci strumenti diagnostici e innovativi sistemi di cura, con il fine di introdurre terapie personalizzate e, perciò, più appropriate.
L’opportunità è stata colta dal professor Sergio Uzzau, direttore del Centro ricerche di Porto Conte che, accogliendo le richieste di alcune imprese che sviluppano ricerche industriali per la produzione di nuovi strumenti diagnostici con sistemi nanobiotecnologici, ha organizzato un master professionalizzante appunto in nanobiotecnologie, avvalendosi della collaborazione dell’Università e di Sardegna Ricerche. Si è trattato, in sostanza, di un progetto che, tenendo conto della necessità delle imprese di arruolare personale con preparazione specifica, si è posto come obiettivo la formazione di un gruppo di dieci nanobiotecnologi, scelti tra i ricercatori dell’ateneo sassarese, allo scopo di creare una forza lavoro giovane, competente, motivata e improntata all’innovazione. Il master diretto dal professor Uzzau, è stato coordinato dal professor Plinio Innocenzi dell’università di Sassari, dalla professoressa Maura Monduzzi dell’università di Cagliari e dal professor Renzo Bozio dell’associazione Civen.
I nuovi specialisti saranno, dunque, il veicolo per l’introduzione delle nuove tecnologie nelle aziende. Ma potranno anche essere loro stessi attori autonomi di questa rivoluzione in un settore dove è ancora possibile dar vita a imprese di successo. In ogni caso, le competenze sviluppate saranno utilizzate nel campo delle piccole e medie imprese del settore biotech, che necessitano di personale capace di innovazione. Perciò l’acquisizione di tecnologie altamente innovative, insieme a validi strumenti di management dovrà rappresentare per essi lo stimolo essenziale per attività di spin-off, cioè microimpresa ad alto contenuto tecnologico e consulenza verso enti pubblici e imprese private.
Finito il master, gli studiosi hanno frequentato uno stage presso imprese sarde e della penisola, a conclusione del quale, alcuni sono stati assorbiti dalle stesse aziende, mentre altri hanno scelto di proseguire con il master and back. Una giovane ricercatrice ha preferito avviare un’iniziativa autonoma.
La possibilità di portare, servendosi di parti infinitesimali di materia, agenti terapeutici o diagnostici in varie parti dell’organismo, aprono sicuramente grandi prospettive sia in campo medico. Perciò la strada aperta dal professor Uzzau con questo master merita di essere percorsa da altri ricercatori. I loro colleghi che hanno frequentato il master del professor Uzzau sono la dimostrazione che ovunque si può raggiungere una un’ottima formazione e una elevata specializzazione.
Oltre al comitato scientifico, di cui facevano parte i professori Uzzau, Innocenza, Monduzzi e Bozio, hanno dato il loro apporto all’iniziativa il coordinatore del progetto, dottor Luca Pretti, e i tutors Luca Malfatti, Stefano Costacurta e Tomhjit Kidchob, tutti dell’Università di Sassari. Molte lezioni sono state tenute da docenti del mondo scientifico internazionale.


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