Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
25 March 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 5 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e Il Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Commenti – pagina 16
Cosa resta oggi della contestazione
La difficile eredità del ’68
di Salvatore Cubeddu  
 
«Meno male che abbiamo perso!», frase di queste settimane, riferita al ’68. La dichiara Franco Piperno, allora leader studentesco a Roma. Prima di lui la pronunciò Mauro Rostagno nel 1988 a Trento. Aveva di fronte le autorità (dello Stato, della Chiesa, della Scuola: il prefetto, il vescovo, il corpo docente), gli avversari di un tempo. E duecento colleghi, non più tutti "compagni", dell’Italia intera. Fu una specie di festa di coscritti. Forse anche un rito riparatorio.
Un’opinione condivisa a Roma e al Nord, dunque. Dopo che la contestazione antiautoritaria imbocca la strada della politica rivoluzionaria, essa si disperde nei tanti rivoli delle esperienze marxiste. In meno di due decenni fallisce, nella dimensione elettorale come in quella armata. Ma gli studenti "borghesi" che andavano a volantinare davanti alle fabbriche, e le signorine che amavano accompagnarsi all’"operaio", rappresentavano qualcosa di più e di diverso dai successivi copioni cinematografici. Dicevano di una riflessione sull’origine della ricchezza. Raccontavano una generosità che ha reso unica quella generazione. Difatti: se ne continua a parlare, ancora si ascoltano le sue colonne sonore, si combattono le stesse ingiustizie, si denuncia nella politica il medesimo problema. Intanto, con il muro di Berlino, arrivava al capolinea il socialismo realizzato. Il "quarto stato" era avanzato sul proscenio della storia, le sue guide erano uomini di pensiero. Si era proposto un mondo nuovo. Aveva acquistato i diritti democratici, contratti di lavoro più adeguati, le politiche del welfare.
Tranne casi isolati, la generazione del ’68 è stata esclusa dalla gestione delle istituzioni. Per una sua indisponibilità, forse. Il sindacato, la scuola, il giornalismo e la magistratura sono stati invece i luoghi dove ha avuto più facile accesso e un duraturo protagonismo. Non essendo passata attraverso i partiti di massa, gran parte di quell’energia rinnovatrice andò lentamente a diluirsi. Il sistema di potere fu indebolito ma non modificato, neanche riformato. Però, nella scuola, nelle lotte di quartiere, nei gangli complessi della società (chiesa, esercito, carceri, manicomi...), tutto fu rianalizzato e giudicato da quei giovani. Non tutto fu trasformato in meglio. Ma tutti hanno potuto rivendicare o ammettere di aver partecipato a quegli eventi. Così, abbiamo la generazione del ’68 anche tra i dc, nel Pci, nel Psi. E, con i lavoratori, i medici, gli ingegneri, i letterati, gli scienziati. Ma anche i sacerdoti, i monaci e le suore.
«In generale, al Nord ci fu un ’68 cristiano che nasceva dallo scandalo morale di fronte a un mondo ingiusto. Al Centro-Sud invece prevalse un aspetto pagano, dionisiaco». Qui è originale, persino brillante, il racconto di un Piperno che collega la contestazione anche al cattolicesimo sociale approvato dal Concilio, all’aprirsi degli orizzonti della teologia della liberazione, alla risoluzione dei problemi del terzo mondo esplosi con la guerra del Vietnam. La liberalizzazione dei costumi coinvolgerà comunque tutta la società.
E in Sardegna? Anche in questi eventi i tratti singolari e le concordanze con il Nord suggeriscono una lettura specifica. Dopo la sollevazione studentesca nella facoltà cagliaritana di Lettere, una parte degli studenti si rivolge ai lavoratori dei poli industriali secondo modalità del Nord-Italia da cui mutuerà formule teoriche e aggregative. Più intellettualmente maturi nel polo sassarese, ingenuamente marxisti-leninisti ai cancelli delle fabbriche di Cagliari e di Portovesme. Un connotato di alcuni gruppi è l’intenso moralismo senza progetto tipico dei nostri processi ideologici, che ci fanno subalterni e tetri.
Nella società sarda tutto ciò si accompagna alla ripresa del banditismo e al primo fallimento della rinascita. All’interno del sardismo storico si combatte la battaglia per "l’autonomia politica" della Sardegna mentre gli intellettuali di Nazione sarda e i giovani di Su Populu Sardu elaborano l’etno-nazionalismo delle nazioni-senza-Stato. Anche da noi cresce il ruolo del sindacato che soppianterà nell’organizzazione di massa i movimenti e i partiti.
La memoria di tutto questo è ormai parte della vicenda della generazione a cavallo dei sessant’anni. Con la vita che ha davanti molto più breve di quella già trascorsa. Una"coorte di età" attesa dai "novissimi", le ultime cose. Interrogativi e risposte che non mancheranno di coinvolgere tutti gli altri. Come è già stato. Come sempre: questa generazione che non riesce a farsi gli affari suoi!
Qualche giorno dopo la celebrazione dei vent’anni alla facoltà di sociologia un amico poliziotto mi fa: "Dottore, abbiamo saputo che è stato a Trento! L’aggiungeremo al suo dossier!". "Mi raccomando, che ci sia tutto!", mentre ci stringiamo la mano.
 
2 – L’Unione Sarda
Economia Pagina 13
L’Università - L’Sos del preside di Agraria
«La politica europea ci preoccupa: serve una svolta»
 
«Pensiamo che, in questo momento, sia giusto fare il punto della situazione con una conferenza regionale sull’agricoltura». La proposta è di Pietro Luciano, preside della facoltà di Agraria dell’Università di Sassari. «Siamo estremamente preoccupati», aggiunge Luciano, «per i riflessi che la Politica agricola comune ha avuto negli ultimi due anni sull’agricoltura sarda. Vorremo che il 2013», aggiunge il preside di Agraria, «non fosse un salto nel buio. Passare dal sostegno alla produzione al sostegno al produttore, così come ha fatto l’Unione europea, suscita profonda preoccupazione».
GLI SCENARI Il 2013 segnerà (o almeno dovrebbe, nelle intenzioni del legislatore europeo) la fine degli aiuti alle imprese agricole. Ecco perché il Programma di sviluppo rurale della Sardegna 2007-2013 appare determinante per il futuro del comparto agricolo. Ma, al tempo stesso, sarà importante capire quali ulteriori riflessi avrà, nei prossimi anni, la politica del disaccoppiamento , che prevede una premialità europea per le imprese agricole a prescindere dalla produzione. In pratica, dal 2005, è possibile percepire l’aiuto Ue limitandosi a tenere i terreni in buone condizioni agronomiche. Ci sarà una selezione naturale? Sopravviveranno solo i veri imprenditori, cioè coloro che hanno interesse a stare sul mercato con i loro prodotti? Il preside di Agraria è preoccupato e non lo nasconde. «Nel 2013», dice Pietro Luciano, «il rischio è di trovare, in Sardegna, aziende vecchie, non rinnovate, perché non c’è stato un incentivo a competere sul mercato».
L’ATENEO L’Università di Sassari cerca di fare la sua parte. «La facoltà di Agraria», evidenzia il preside, «in questi anni è molto impegnata in un processo di rinnovamento della didattica. L’obiettivo è quello di favorire l’inserimento nel mondo produttivo di giovani in grado di fare gli imprenditori agricoli, di agronomi che giochino la carta dell’imprenditorialità». Gli iscritti sono circa 1.100, con un’offerta oggi di 6 lauree di primo livello e 5 di secondo.
LA SINERGIA Pietro Luciano ci tiene anche ad evidenziare che nelle agenzia regionali Agris e Laore «ci sono rappresentanti delle facoltà di Agraria e di Veterinaria. In questo modo l’attività delle agenzie si rapporta direttamente con l’Università. Una sinergia importante». ( e. d. )

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Un ponte per la città universitaria 
Finanziata anche l’elettrificazione della linea verso Settimo 
Il circuito di superficie sarà di 34 chilometri
Regione, Provincia e Comuni firmeranno l’accordo sul tracciato 
In apertura il cantiere che prolungherà di altri 2 chilometri il percorso della metropolitana di superficie 
 
CAGLIARI. Un altro chilometro e 800 metri di metropolitana leggera verranno costruiti tra la stazione Gottardo a Monserrato e il policlinico universitario, ma a differenza del trenino leggero Repubblica-Monserrato che scorre su binari quasi invisibili ed è studiato per confondersi nel paesaggio urbano, la nuova opera sarà marcata con punti luce proprio per essere visibile notte e giorno. Una civetteria architettonica che ha una ragione d’essere: il treno passerà sopra un ponte a cavallo della 554 e il nastro di luce lungo il bordo richiamerà l’attenzione degli automobilisti in mezzo al traffico su questa efficace alternativa all’uso dell’auto propria. Il cantiere sta per aprire, la fermata del policlinico è pensata perché la linea prosegua lungo la 554 fino agli ospedali, così come Repubblica-Gottardo è pronta per andare in viale Bonaria da una parte, a Settimo dall’altra.
 Ritorna la vecchia idea di un anello di metropolitana leggera che raccoglie passeggeri lungo i paesi della 554 e oltre fino alle porte di Cagliari e dentro il capoluogo, ma con una sostanziale differenza rispetto al passato: il treno non attraversa più Cagliari, l’anello è stato traslato per servire Quartu, Quartucciu, Selargius, Monserrato fino a Sestu, Assemini, Elmas, tutti d’accordo su un metrò leggero e pronti a firmare un accordo di programma con Regione e Provincia. Cagliari è lasciata libera di risolvere i dilemmi interni sul tipo di metropolitana da preferire (non è un mistero che il Comune vorrebbe una sotterranea) o anche di non avere un «sistema veloce di trasporto di massa» ma di migliorare la rete dei pullman. L’impegno chiesto al capoluogo è solo uno: allestire un servizio di trasporto coordinato col trenino leggero in modo da far trovare un bus alla fermata del metrò e quindi servire i passeggeri che vengono dai paesi attorno a Cagliari. Inutile, infatti, rinunciare all’auto per venire nel capoluogo se poi, una volta arrivati qui in metrò, alla fermata non c’è una coincidenza con la rete dei bus. Il Comune ha fatto capire che questa forma di collaborazione ci può essere e quindi il progetto metropolitana non rischia di fallire com’è successo una quindicina d’anni fa con l’anello di 24 chilometri che doveva abbracciare Cagliari passando per la via Roma (perché il trenino in via Roma era ritenuto antiestetico). Adesso la nuova ipotesi di progetto è per 34 chilometri di percorso: nel frattempo, infatti, altri comuni hanno chiesto di entrare nel circuito.
 L’oggi è fatto soltanto dei 6 chilometri inaugurati una settimana fa e del cantiere prossimo ad aprire per portare il metrò leggero fino alla cittadella universitaria di Monserrato. Il futuro ha due tempi. Uno lungo: quello che diventerà possibile con l’accordo di programma per l’intero tracciato di 34 chilometri per il quale la Regione ha in cassa un finanziamento di 300 milioni di euro, da impegnare subito altrimenti si tratta di fondi che dovranno essere riprogrammati. Quello breve sta per cominciare: è pronto e finanziato il progetto per elettrificare tre chilometri di ferrovia (sempre delle Fds) fino a Settimo. Ernesto Porcu capo del servizio tecnico, fra i padri del tratto appena inaugurato, spiega che, con l’elettrificazione, sulla linea potranno muoversi i tram e che c’è già il finanziamento regionale di 3 milioni di euro. «E’ un sistema che affronta il tema del trasporto pubblico in uno scenario di reti - spiega l’ingegnere -, dove si preferisce la ferrovia per i grossi quantitivi di traffico e si lascia la penetrazione capillare alla gomma». In questi giorni nelle Fds c’è un buon clima: l’inaugurazione del metro Repubblica-Monserrato è stata un successo dopo anni di attese («di lavoro e di tempo portato via alle famiglie, questo trenino lo dedichiamo a loro», ci tiene a dire l’ingegner Porcu), presto cesserà la gestione governativa e le Fds, assieme alle Ferrovie meridionali sarde, formeranno una srl all’interno dell’Arst. Spiega Giovanni Caruso, il commissario governativo: «Si attende la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del presidente della Repubblica, entrerà in vigore dopo 15 giorni e ce ne vorranno 60 per il passaggio, nel quale si stilerà un verbale per trasferire tutto alla società costituita dentro l’Arst e quindi entrare nella flotta regionale».
Alessandra Sallemi
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Oristano
ARBOREA 
Un sabato dedicato alla cultura con le indagini sul tempio di Orri 
 
 ARBOREA. La “Settimana della cultura” - che giunge quest’anno alla decima edizione e che è in programma dal 25 al 31 marzo - farà tappa anche qui. Infatti sabato alle 10.30 il Museo della Bonifica ospiterà la conferenza dal titolo «Il tempio di Orri. Risultati delle prime indagini scientifiche». L’appuntamento è promosso dalla Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano e dall’Università di Sassari, con il patrocinio del Comune.
1 – Il Sardegna
Grande Cagliari – pagina 20
“Inutile, eccessivo e costoso”. Il Metrò sotterraneo è bocciato
Mobilità. Il docente universitario Italo Meloni spiega perchè la linea leggera è meglio del’underground.
 
Nemmeno il 18. La metro sotterranea cittadina l’esame non riesce a superarlo. E che esame: “Pianificazione ai trasporti” del dipartimento di Ingegneria del territorio. Severo il giudizio del professor Italo Meloni: fuori scala e sovradimensionata, con un esubero del 75 per cento rispetto alla domanda effettiva. Intervenendo nel dibattito sulla metro (in superficie o sotterranea, questo il dilemma), Meloni riporta la discussione all’analisi dei dati. Dopo l’inaugurazione della linea di superficie, la politica si è divisa: la Regione punta a una rete di metro leggera, mentre Emilio Floris si dichiara favorevole alla sotterranea («veloce e non impattante col traffico»). Il tracciato è già stato individuato dal Ctm: va da piazza San Michele a Pitz’e Serra, “buca” il centro storico e costa quasi 500 milioni di euro. Un’opera colossale, costi mai visti per l’Isola. Vale quattro musei Betile messi assieme, o diversi ospedali. Ma è necessaria. Per Meloni no: «È sufficiente analizzare i dati reali per accorgersi che la polemica metro in superficie-metro sotterranea non dovrebbe porsi neppure. C’è una tale domanda di mobilità che giustifichi la realizzazione di una metropolitana sotterranea. Assolutamente no. Le metropolitane pesanti - continua - tipo quella progettata dal Ctm sono studiate per una soddisfare una domanda di trasporto, in tempi limitati, di 20mila persone all’ora per senso di marcia, mentre nell’area vasta cittadina al massimo si spostano 5mila: rispetto all’esigenza reale risulta sovradimensionata del 75 per cento. Per collegare l’area vasta basta una rete leggera ramificata. Soluzione del resto preferita da molte realtà europee che ottengono i maggiori finanziamenti Ue». E poi i costi. «A far lievitare la spesa è la realizzazione delle stazioni, più onerose rispetto alle gallerie che nelle aree metropolitane si trovano nei pressi di grandi agglomerati. ��a noi, una è prevista in piazza Italia a Pirri e mi domando se in piazza Italia, dove ci sono quasi tutte attività commerciali e pochi abitanti, ci sia l’esigenza di una stazione metropolitana ». Infine, la stoccata a Floris: «Non si vuole intralciare il traffico su strada, mentre è proprio quello che va scoraggiato. Certo - aggiunge il docente - il bus deve andare veloce e su corsie preferenziali (in città ce ne sono pochissime), ma migliorare il trasporto collettivo non basta: bisogna anche adottare politiche di restrizione all’ uso dell’auto. I dati - ribadisce ancora Meloni - confrontiamoci sui dati: non c’è miglior garanzia per la trasparenza».

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