Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 March 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 6 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

 
4 - Uomini e donne illustri di Sardegna: un intervento sulla pagina culturale de La Nuova

1 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 16
Contro la “malasanità” futuri medici più informati
All'Università di Cagliari un corso per studenti: al centro il tema delle corrette comunicazioni
Il preside Gavino Faa illustra le iniziative in collaborazione con Giurisprudenza e discipline umanistiche
di Giancarlo Ghirra
 
È cronaca di tutti i giorni la notizia di medici incriminati o sospesi dal lavoro per episodi di malasanità. Talvolta i processi si concludono con condanne, spesso con assoluzioni, ma di fatto il rapporto medico paziente è sempre più condizionato da possibili risvolti giudiziari, al punto che si parla ormai di medicina difensiva, con i sanitari non più liberi nelle scelte diagnostiche e terapeutiche ma sempre più condizionati dalla volontà di evitare comportamenti che possano metterli a rischio di denunce giudiziarie.
La questione è talmente scottante che la facoltà di Medicina dell'Università di Cagliari ha deciso di organizzare, insieme alla facoltà di Giurisprudenza, un corso destinato agli studenti (dotato di crediti formativi pari a quelli dei vecchi esami complementari) dedicato esplicitamente al rapporto fra medico e sistema giudiziario.
Organizzato da docenti di Medicina legale e Diritto civile e penale (Ernesto D'Aloia, Carlo Pilia, Leonardo Filippi) il corso vedrà la partecipazione di ottanta studenti (40 di Medicina, altrettanti di Giurisprudenza) e prevede, anche la partecipazione di attori. Centrale nell'operazione è il coinvolgimento diretto degli studenti nella simulazione di due processi penali per casi di malasanità: ad esempio pazienti morti per diagnosi sbagliate o pinze dimenticate nel loro stomaco.
Inutile dire che le domande di partecipazione sono state assai numerose, perché cresce di giorno in giorno la preoccupazione fra i futuri medici per i rischi giudiziari. Gli errori, soprattutto in chirurgia e nell'emergenza, sono piuttosto numerosi, e gli organizzatori ( i presidi delle due facoltà Gavino Faa e Massimo Deiana) lanciano l'allarme. «Considerando il numero di medici coinvolti in vicende giudiziarie e la durata media dei processi - affermano - si può affermare che oggi un chirurgo ha ottanta probabilità su cento di trascorrere un terzo della propria vita lavorativa sotto processo. Oggi sono ben ventimila in Italia i medici coinvolti in cause civili e penali, e le nostre facoltà intendono aiutare i futuri operatori a capire come funzionano i meccanismi del sistema».
Grande rilievo verrà dato agli aspetti psicologici del rapporto medico-paziente «anche perché - sostiene il professor Faa - il 90 per cento dei processi nasce da comunicazioni sbagliate. Siamo convinti che un rapporto corretto con il paziente e i suoi parenti possa evitare gran parte della conflittualità». Da qui l'esigenza di curare l'aspetto del consenso informato e della verità da comunicare al paziente, per evitare disguidi e incomprensioni.
Il corso rientra nella serie di iniziative che la facoltà di Medicina ha assunto negli ultimi anni con l'obiettivo di una crescente umanizzazione del rapporto fra sistema sanitario e malati. Negli uffici della presidenza di facoltà uno staff attivissimo (Antonia Serreli, Giuseppe Manca, Laura Di Pietro) organizza una nutrita serie di seminari e convegni sui linguaggi della Medicina e sul corso di Bioetica realizzato insieme alla Facoltà di Filosofia, mentre sta decollando (partirà il 12 marzo) un seminario sull'organizzazione e il management sanitario, che vedrà professionisti del settore spiegare agli studenti degli ultimi anni di medicina come gestire le strutture sanitarie.
La facoltà di Cagliari è capofila di un progetto nazionale sull'umanizzazione del rapporto medico-paziente, ma anche infermiere-paziente ritenuto decisivo per una buona sanità. «Nella maggior parte dei casi - spiega il preside Gavino Faa - i pazienti e i loro familiari non hanno le competenze tecnico professionali per valutare le capacità professionali di medici e tecnici. Ecco dunque la centralità del rapporto umano». Un tema sul quale i professori di medicina (fra loro Vassilios Fanos) si sono incontrati con docenti di Filosofia e Psicologia (fra gli altri Antonio Cadeddu, Pietro Rutelli, Giancarlo Nonnoi, Alberto Granese) dando vita già in passato a un corso di Bioetica e Filosofia in Medicina di tale rilievo da meritare la pubblicazione in un volume edito dalla casa editrice Franco Angeli.
La scelta di un anno fa è ora in corso di ripetizione per il secondo anno consecutivo, con un corso rivolto agli studenti di Medicina del quarto anno costruito in collaborazione con la facoltà di Psicologia e quella di Filosofia. E va detto che il ministero dell'Università ha investito 400 mila euro nel progetto affidato alla facoltà cagliaritana, al quale partecipano anche atenei dle calibro della Cattolica di Roma, Palermo, Napoli e Padova.
Il corso non si limita a lezioni teoriche, ma prevede ad esempio una serie di questionari (distribuiti al Policlinico di Monserrato ma anche nelle altre Cliniche universitarie e nelle facoltà umanistiche coinvolte) che hanno lo scopo di scoprire e indagare nelle esigenze dei pazienti: esperienze, immaginario, pregiudizi, paure e aspettative dei malati nei confronti del sistema sanitario vengono così allo scoperto. E non soltanto sulla carta, ma nella realtà della vita quotidiana in corsia.«L'umanizzazione - dice ancora il professor Faa - ha molte facce e anche molte necessità e oggi non può non far parte del bagaglio professionale di un medico del Duemila. Un medico al quale tentiamo di fornire, oltre l'indispensabile bagaglio tecnico linguaggi che gli ocnsentano di cogliere la persona umana nella sua interezza di corpo e psiche, sentimenti ed emozioni, paure ed entusiasmi. Ecco perché i linguaggi filosofico, giuridico, psicologico, sociologico entrano a far parte di un cucciculum formativo di prim'ordine».
Basta dunque con gli sbarramenti e le barriere fra le diverse discipline e le diverse facoltà, ma al contrario vengono promosse sinergie fra mondi a torto ritenuti nel passato recente lontani, quali Medicina e Psicologia, e, ancor di più, Medicina e Filosofia, al contrario vicinissime nel momento in cui nacquero i loro fondatori. All'origine le due discipline erano vicinissime, ma nei millenni le strade si sono divise, con la Filosofia interessata a studiare la persona nella sua complessità e la Medicina limitata a occuparsi di malattia. Con la conseguenza che spessi i malati sono stati dimenticati, o, almeno, trascurati.
Ora si tenta di colmare questo divario. A Cagliari l'operazione-umanizzazione è scattata nell'autunno del 2007, quando gli studenti assistettero al dibattito tra un medico legale e un filosofo nel ciclo di film con discussione dedicati a bioetica e filosofia in medicina. E quest'anno si replica. A giorni, intanto, per l'esattezza di 12 marzo, decolla il corso “Vivere meglio con più e meno”, nel quale studenti degli ultimi tre anni e specializzandi verranno iniziati ai segreti del management sanitario. In tempi di costi crescenti e risorse pubbliche calanti, la questione è di grande attualità. In fondo la Sanità è garantita a tutti da chi paga le tasse, e in cambio chiede livelli elevati di qualità. 
 
2 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 16
A Cagliari Alkestis e Università
Con Lotringer e Dotti, discorsi su cultura arte, comunicazione
 
 Due ospiti d'eccezione per due giornata di studio e approfondimento dedicate all'arte, alla cultura, alla scienza e alla comunicazione. Promosse dal Teatro Laboratorio Alkestis, in collaborazione con l'Università degli Studi, porteranno a Cagliari Sylvère Lotringer e Marco Dotti. Primo appuntamento, nella giornata odierna, in via San Giorgio 12, Facoltà di Lingue e Letterature straniere (ex Clinica Aresu). Alle 11 (Aula 8) Marco Dotti parlerà di “Scrittori all'opera. Letteratura e giornalismo”. Giornalista trentatreenne, ha curato e tradotto lavori di Antonin Artaud, Jean Genet, Tudor Arghezi, Léon-Paul Fargue. Alle 16, in aula magna Sylvère Lotringer parlerà di “Post-Political Politics: Literature and Globalization”. Allievo di Roland Barthes, professore di Letteratura francese e Filosofia presso la Columbia University di New York, il sessantanovenne Lotringer è uno dei più grandi intellettuali contemporanei, un sociologo della cultura, esperto di arte a 360 gradi. Negli Stati Uniti, così come in Europa, è riconosciuto come colui che ha introdotto la teoria e la filosofia francese dal post strutturalismo in America. Venerdì alle 20, al Teatro Alkestis di via Loru 31, nuovo appuntamento con i due protagonisti dell'iniziativa. Che confronteranno riflessioni, opinioni ed esperienze su una serie di quesiti fondamentali: quale è il compito dell'arte oggi? Cosa è accaduto all'arte, in senso lato, dopo la crisi dell'avanguardia?Ha ancora senso parlare di Arte e di espressione artistica? Quali sono i protagonisti e le tendenze per il futuro? E quale è il ruolo e il peso della comunicazione e del giornalismo nella cultura? Titolo della conferenza “Luce nera. Strindberg, Paulhan, Artaud e l'esperienza della materia”, che è poi una sintesi degli argomenti trattati nei due saggi (edizioni Medusa) scritti dai due: “Luce nera” di Dotti e “Pazzi di Artaud” di Lotringer. 
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 21
Legge 194, domani dibattito
 
L'associazione Amistantzia organizza per domani un incontro-dibattito sul tema “194: indietro non si torna”. Ne parleranno, tra gli altri, Ivana Dettori, presidente dell'associazione, Lucia Serventi, dirigente medico dell'Asl 8 e Cristina Cabras, docente di Psicologia giuridica all'Università. L'appuntamento è per le 17 nella sala anfiteatro di via Roma 253.

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 18 - Fatto del giorno
Quando la politica culturale dell’isola tende unicamente a guardarsi alle spalle 
A proposito del cartello di manifestazioni della Regione per ricordare «uomini e donne illustri di Sardegna» 
di Eugenia Tognotti 
 
Dove va la politica culturale della Regione sarda? La domanda è legittima di fronte al discorso dell’Assessore regionale alla cultura che ha illustrato qualche giorno fa un “cartellone” di manifestazioni per ricordare «uomini e donne illustri di Sardegna che hanno speso la loro vita per il bene generale e che oggi sono relegati in un cono d’ombra e privati del giusto riconoscimento», per citare le sue parole riportate tra virgolette nei comunicati stampa. Ora, intendiamoci. Anniversari e commemorazioni sono pane (culturale) quotidiano in Sardegna, ma non solo. L’Italia - lo ha detto proprio ieri il presidente degli industriali Luca di Montezemolo - è un paese condannato «a vivere eternamente nelle diatribe di un passato che non passa e di un presente scandito da troppi anniversari». In effetti, celebriamo decennali, centenari e bicentenari di nascite, morti e fatti del passato, organizziamo convegni e tavole rotonde per illustri defunti di tutte le ideologie di cui i giovani, talora, non hanno mai neppure letto il nome. Perciò, tra le centinaia di manifestazioni su cui investono ogni anno un discreto capitale di energie (e denaro) le istituzioni pubbliche, a fare la differenza non saranno quelle dedicate a Francesco Cocco Ortu, Luigi Piloni, Giorgio Asproni, Raffaello Delogu, Costantino Nivola, Giovanni Spano, Giovanni Maria Angioy. A proposito del quale (tra parentesi) è francamente arduo sostenere che sia nascosto dal velo dell’oblio, data la straordinaria, intimidente quantità di studi, rappresentazioni teatrali, “Die de Sa Sardigna”, tavole rotonde, convegni, l’ultimo in occasione del bicentenario della nascita, appena pochi giorni fa, nell’aula del consiglio regionale.
 A meravigliare è, invece, il fatto che l’assessore abbia voluto attribuire all’iniziativa anche un altro significato, come indica il suo accenno all’identità, il “focolare virtuale” di cui parla Lévi-Strauss. L’insieme delle celebrazioni - è, infatti, indicata come una tappa del percorso intrapreso dalla politica culturale regionale nella riflessione identitaria legata alle ragioni dell’oggi. «Perché - ha detto l’assessore Maria Antonietta Mongiu - l’identità e il sentimento identitario, lontani dall’esistere naturalmente, sono costruzioni culturali, vogliamo costruire il nostro senso di appartenenza a partire dai patrioti, nel senso usato dal Presidente Soru di difensori del bene collettivo».
 Difficile discutere quest’operazione di costruzione dell’identità, data la difficoltà di individuare una logica nella scelta dei nomi da inserire in questo curioso Pantheon identitario, e nell’indeterminatezza dell’obiettivo culturale. A proposito del quale ci si può chiedere, legittimamente, in che modo quelle celebrazioni si faranno memoria attiva, e svilupperanno coscienza storica e intelligenza critica per l’oggi.
 Ma al di là del discorso identitario, e restando nell’ambito di un ciclo di lezioni su figure di spicco della storia sarda - rivolte ai ragazzi delle scuole - si impongono alcune osservazioni. La prima riguarda il fatto che sono tutti uomini. Se il catalogo è questo - come dice Leporello a donna Elvira nel Don Giovanni di Mozart - non comprende - a dispetto del manifesto d’intenti - nessuna «donna illustre». E sì che - e non a caso, come scrisse lo scrittore Giuseppe Dessì - i due più grandi personaggi della storia sarda - Grazia Deledda e Eleonora D’Arborea - non sono uomini, ma donne. L’altra osservazione riguarda l’impianto delle manifestazioni che dovrebbero proporsi non di “celebrare”, ma di sviluppare coscienza storica e intelligenza critica per l’oggi.
 Ma, a margine, si può, anzi si deve, fare un’altra osservazione. Tra «i protagonisti della storia e della cultura sarda» - i cui profili biografici si possono leggere nel sito della Regione Sardegna - non c’è nessun intellettuale scientifico. Interrogarsi sul perché, in questa sede, ci porterebbe molto lontano. Si può però avanzare una domanda. Perché non pensare a far uscire dal famoso cono d’ombra anche personaggi che hanno dato importanti contributi nel campo della tecnica e della scienza, in quell’ambito cioè dei saperi che costituiscono una delle ragioni più profonde dell’orgoglio dell’Occidente? Il primo nome di assoluto rilievo che viene alla mente, è quello di uno scienziato, Pietro Canalis, contemporaneo di Francesco Cocco Ortu (1842-1929), e le cui scoperte nel campo della malariologia furono così importanti da rappresentare un riferimento per la comunità scientifica del mondo intero: non per niente Sir Ronald Ross lo nomina nella sua Lecture alla cerimonia del premio Nobel, assegnatogli nel 1902, per le sue scoperte sul ciclo di trasmissione della malaria. Nato a Osilo nel 1856, Canalis aveva studiato a Torino, al Collegio delle Province, fondato dai Savoia nel 1729 e destinato ad ospitare, a totale carico dello Stato, cento giovani meritevoli, di modeste condizioni economiche per completare gli studi universitari. Tra i “sardi illustri” che vi si formarono Antonio Gramsci. Brillantissimo ricercatore, Canalis lavorò a Berlino, nel laboratorio di Robert Koch, il più prestigioso e famoso dei “cacciatori di microbi” nell’età d’oro della batteriologia, gli sviluppi della quale tra Ottocento e Novecento consentirono di “smascherare” gli agenti patogeni delle più temute malattie infettive, seminatrici di morte - dal vaiolo al colera, dalla tubercolosi alla febbre tifoide. Epidemiologo, igienista, cattedratico d’Igiene a Genova, collaborò alla costruzione dell’ospedale San Martino. Negli anni Venti soggiornò negli stati Uniti nel quadro dell’intesa tra governo italiano e Rockefeller Foundation per la realizzazione dell’Istituto Nazionale di Sanità pubblica in Italia.
 Non meriterebbe di essere meglio conosciuta dai giovani sardi - destinatari dei provvedimenti del Master and Back - la biografia di un ardimentoso giovane sardo, capace di avere la meglio su condizioni di partenza difficili e di eccellere nel campo della scienza?
 Altri nomi si potrebbero fare. Ma la questione non sono naturalmente possibili liste alternative di “uomini (e donne) illustri” di Sardegna. A essere in discussione è un progetto complessivo e il suo impianto, un modo di fare cultura che dovrebbe essere meglio orientato ad affermare le ragioni di un orgoglio, i punti di forza di una ritrovata identità, ma, soprattutto i segnavia di un possibile nuovo sentiero per il futuro.
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
«Sofia» promossa a pieni voti 
Paci: «Ottimo il profitto degli studenti lavoratori» 
Università. A un anno e mezzo dall’avvio dell’insegnamento a distanza 
di Sabrina Zedda
 
 CAGLIARI. Convincere chi vuole lasciare gli studi a rimanere? Con l’università on line si può, ma guai a pensare che l’apprendimento via Internet possa sostituire quello nelle aule di una facoltà. Meglio parlare, semmai, di un importante supporto. La premessa è d’obbligo quando si parla di e-learning, nuovo modo di studiare sfruttando le tecnologie, che sino a ieri è stata al centro del convegno organizzato dal Consorzio universitario per l’università telematica della Sardegna. E’ stata l’occasione per tracciare un bilancio su UniSofia, il primo progetto d’università telematica dell’isola.
 Esperti di e-learning e di formazione a distanza di fama internazionale, insieme a docenti universitari, e non solo, hanno tirato le somme sul progetto sperimentale, nato un anno e mezzo fa, ma anche capire quali prospettive nel campo delle conoscenze possono offrire le nuove tecnologie.
 Scienza dell’amministrazione, Scienze della comunicazione, Scienze dell’architettura: è con queste facoltà on line che l’e-learning è stato inaugurato in Sardegna. Nel nome di un progetto auspicato dall’Unione europea, e patrocinato dalla Regione, che vede in prima fila le università di Cagliari e Sassari, più diverse società specializzate nella produzione dei supporti tecnologici (Tiscali, consorzio Tecnofor, Giuntilabs, Unist).
 A quasi due anni dall’avvio, pregi e difetti del progetto sono già su un tavolo pronti a essere analizzati. E le voci positive superano di gran lunga, a sentire il preside del corso di Scienza dell’amministrazione (tra i primi interateneo in Italia), Raffaele Paci, quelle negative. ‹‹Questo perché è la prima volta che siamo alle prese con questo tipo d’esperienza - sottolinea - e dunque, quelli che potrebbero essere punti di debolezza, sono in realtà figli dell’inesperienza››. I dati positivi dunque: primo tra tutti, c’è la possibilità offerta a chi altrimenti non avrebbe mai potuto trovare il tempo di seguire le lezioni di iscriversi all’università. ‹‹Il 100 per cento degli iscritti al nostro corso - dice Paci- sono lavoratori. Persone che vorrebbero un titolo per migliorare la loro posizione in azienda o semplicemente per venire in possesso di nuove competenze››. È questo uno dei punti forti dell’e-learning: lezioni a orari flessibili capaci di integrarsi con le esigenze di chi non può iscriversi all’università o di chi avrebbe difficoltà ad accedervi, come le persone che vivono nelle zone più periferiche. I risultati si toccano con mano: solo nell’anno accademico 2006-2007, osserva orgoglioso Paci, il 60 per cento degli studenti aveva già superato la metà degli esami del primo anno. Non solo: alla domanda sul grado di soddisfazione del corso, ha risposto di essere soddisfatto il 90 per cento degli studenti.
 Ma i corsi on line non sono che una parte del potenziale offerto da UniSofia. Che s’occupa anche di orientamento e riallineamento delle competenze per gli studenti delle scuole superiori. ‹‹Questo - spiega Cristina Aresu, coordinatrice del progetto - grazie ad alcuni moduli cui gli studenti possono accedere liberamente collegandosi sul sito unisofia.it››.
 Non tutti conoscono le varie possibilità offerte dal progetto, e forse è proprio questo uno dei suoi punti di debolezza. Ad ogni modo sia beninteso: l’e-learning non è un’alternativa all’università tradizionale, ma lo strumento ideale per chi non può accedere alla prima. O, al massimo, uno in più per chi volesse integrare l’esperienza fatta dentro l’ateneo.
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
Guru della comunicazione digitale 
Alghero, arriva Donald Norman 
 
 ALGHERO. Il suo ultimo libro, «The Design of Future Things», tradotto in Italia con «Il Design del futuro» (Edizioni Apogeo), affronta il ruolo che l’automazione svolge nella nostra vita quotidiana e Donald Norman lo presenterà il 13 marzo, alle 17.30, nella sala conferenze del Chiostro di San Francesco. L’iniziativa è della Facoltà di Architettra dell’Università di Sassari.
 Norman è personaggio di levatura internazionale. Professore di Psicologia, Scienze cognitive e Informatica alla Northwestern University e professore emerito al Mit. È cofondatore con Jakob Nielsen del «Nielsen Norman Group», società di consulenza sui temi dell’usabilità. È stato Apple Fellow e vicepresidente con delega per le tecnologie avanzate alla Apple, dirigente alla Hewlett-Packard e alla U-Next (Cardean University), società di formazione a distanza. È membro di molti comitati scientifici, tra i quali quello dell’Encyclopedia Britannica e quello del dipartimento di Industrial design del Kaist, l’Istituto avanzato di scienza e tecnologia della Corea del Sud. Ha ottenuto la laurea honoris causa dall’Università di Padova e dalla Technical University di Delft (Paesi Bassi). È autore, tra gli altri volumi, di «The Design of Everyday Things», tradotto in Italia con «La caffettiera del masochista» e di «Emotional Design».
 

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