Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 February 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 9 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  
6 - Su Tuvixeddu il Tar sbaglia, un intervento su La Nuova Sardegna

1 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 18
Testimonianza
 
Due domeniche fa, su questa pagina, Elisa Nivola ha lasciato per l’ultima volta la sua traccia. Un articolo dedicato ad Aldo Capitini. Una estrema, preziosa sintesi dell’intervista che la pedagogista appena scomparsa ha concesso alle amiche del Centro documentazione e studi delle donne di Cagliari e del circolo del cinema Alice Guy per la rassegna “Vuoti di memoria”. A Wanda Piras, allieva e amica, il compito di condurre la conversazione intorno a Capitini, poi riversata nel video presentato di recente. Un documento che ora, dopo la sua morte, vale il doppio. Elisa Nivola era una persona rara. Per questo, la sua assenza più che un vuoto è una pienezza. I suoi funerali, officiati a San Pio X da Ettore Cannavera, sono stati una testimonianza di amore e di partecipazione, le mail dei colleghi universitarie, corse su Internet, una riprova della stima di cui godeva. Lo è anche questa lettera di suoi ex allievi, ora docenti. Ricordo commosso (e purtroppo sintetizzato, ma non si poteva fare diversamente) della “Spano Nivola” e delle sue rare qualità. (mpm) 
 
Cultura Pagina 18
Elisa Nivola, che sapeva mettersi al posto degli altri
 
A colpire in Elisa Nivola era la capacità di ascolto. Tante persone fingono di sentire quel che viene detto in un dialogo ma lei ne era davvero capace, soprattutto ne aveva voglia, anche - soprattutto forse - quando non era d’accordo con chi stava parlando. Poco che la conobbi, era il 1989, le chiesi se avesse letto Dashiell Hammett. Lei rispose sì e mi chiese cosa avessi in mente. «In un romanzo, forse Piombo e sangue, il protagonista se ne esce con una frase secca: nelle discussioni ci sono due tipi di persone: quelle che devono avere ragione e quelle che vogliono capire. Tu sei del secondo tipo - le dissi - quasi una rarità».
Rara era anche la capacità di Elisa di indirizzarti verso la nonviolenza con la pratica quotidiana. Nel poco tempo che l’ho frequentata l’ho vista passare in mezzo a molti problemi e qualche tempesta; sempre cercando la soluzione nonviolenta. E qui occorre un chiarimento. Nonviolenza e bontà non sono parenti: esser buoni è atteggiamento individuale, assai pregevole quando non è fariseo, mentre la nonviolenza è una teoria sovversiva che si propone di sradicare il militarismo e rovesciare le ingiustizie. Gandhi, Luther King o Capitini non negano (anzi) l’esistenza dei conflitti né invitano a porgere sempre l’altra guancia ma tentano di indirizzare sul difficile sentiero dove si impara ad affrontare piccole e grandi violenze rifiutandosi anzitutto di armare la propria testa. Il 17 febbraio su questo giornale un articolo di Elisa per ricordare Capitini aveva per titolo «Il potere è di tutti», esattamente il contrario della società in cui viviamo, una piramide gerarchica.
Elisa è morta pochi giorni fa. Ci lascia gli insegnamenti di una bella vita, qualche libro, molti allievi nel senso migliore di questo termine.
Era nata nel 1926, maestra elementare a Sassari poi a Cagliari per frequentare il magistero. Si laurea con Aldo Capitini e diventa sua assistente. Dal ’69 è a Magistero dove rimane in pratica sino a 75 anni, quando va in pensione.
Giovanissima, negli anni 50 vinse una borsa di studio del Bureau de l’education international di Ginevra che aveva iniziato una ricerca sull’educazione dopo la guerra. Questa esperienza la rende attenta alla pedagogia sociale e alla sua prassi. Sceglie di collocarsi all’interno della pedagogia militante. La sua azione si muove anche nel campo della educazione degli adulti - ricorda Wanda Piras, allieva e amica - e il suo seminario diventa la base di formazione e azione per tanti maestri, studenti ma anche semplicemente per persone decise a impegnarsi. Oltre a importanti contributi su lingua e identità sarda, lascia alcuni libri. Da “Profilo storico dell’educazione popolare in Sardegna” nel ’73, a “La condizione giovanile in Sardegna”, da “Educazione e società in Sardegna” a “Pedagogia e politica nella questione sarda” sino a “Tessiduras de paghe” con Maria Erminia Satta, nel 2006. Fra i miei incontri con Elisa Nivola uno mi sembra significativo. Ci trovammo insieme in una scuola di Carbonia a parlare di razzismo e violenza. Fra i ragazzi uno era qualcosa di più che rumoroso, quasi un provocatore: Elisa lo chiamò al tavolo e gli diede la parola… esattamente il contrario della scuola “normale” che rimuove i problemi mettendo gli alunni fuori dalla porta.
Così la ricorda Dionisio Pinna della comunità di Sestu. «Elisa ha sempre dimostrato interesse verso chiunque si impegnasse nella lotta alla emarginazione sociale e contro il militarismo. Della nostra esperienza amava le caratteristiche del modello comunitario in formazione, che riteneva ispirato alla “semplicità volontaria” e, dal suo punto di vista, assai vicino alla nonviolenza. In varie occasioni ha dato disponibilità per seminari: uno sul nuovo Concordato ebbe risonanza, per la sua visione “religiosamente laica”. Riteniamo di avere avuto in Elisa una convinta sostenitrice della nostra gioiosa fatica quotidiana». Un bel ricordo è anche quello di Franco Meloni, «il fisico» chiarisce. Riguarda gli anni, e i sogni, della scuola popolare a Sant’Elia. «Vicini a don Milani non certo all’opera pia, eravamo una strana mistura di credenti e agnostici. Elisa rappresenta, anche fisicamente, una certezza: solido buonsenso che non confonde libertà con permissivismo, elogio della fatica dello e nello studio che deve tagliare, qualche volta a rasoiate marca Occam, fughe in avanti o trepidi abbandoni per evidente previsione di fallimento. Ho un grande ricordo e affetto per lei. In su cielu siat, come si merita».
Daniele Barbieri
 
Cultura Pagina 18
Quando il dolore è di tutti
«Pieni di memoria» La ricordano ex allievi e colleghi
 
«Dedicavi a ciascuno di noi la tua attenzione, così come facevi durante le lezioni universitarie e i nostri seminari conviviali, dove ognuno era certo di ricevere una tua premurosa risposta al suo quesito. Ascoltavi tutti con autentico interesse, testimoniando quella tua capacità di sollecitare in ognuno di noi la risposta di cui era in cerca. La tua pratica pedagogica richiamava da vicino quella della Scuola di Barbiana dove «non passava giorno che non s’entrasse in problemi pedagogici. Ma non con questo nome». A noi allievi di una novella Barbiana laica, le riflessioni pedagogiche erano sempre proposte in riferimento a un fatto, a una vicenda del vivere quotidiano al quale venivamo chiamati a dare una risposta con le parole e i fatti. Il tutto non avveniva mai in modo unidirezionale, come spesso avviene nelle aule universitarie, ma con una modalità di comunicazione che facilitava la partecipazione di tutti. La tua concezione religiosa, dai tratti capitiniani, si esplicitava in quell’atteggiamento di scontentezza nei confronti di una realtà disattenta ai bisogni dell’altro. Ci viene qui naturale, ripensando al tuo rifiuto verso i privilegi dell’ordinamento sociale e a quelli che spesso la stessa realtà inserisce nella vita di alcuni uomini, ricordare le parole di Capitini che annotava in Religione aperta : «Mi vengono a dire che la realtà è fatta così, ma io non l’accetto». Questo tuo insegnamento è oggi per ognuno di noi un impegno che abbiamo liberamente assunto con te e con noi stessi, al quale intendiamo far fede anche attraverso i tuoi insegnamenti.
Dal tuo maestro Capitini hai ereditato quella che egli indicava come “libera aggiunta”, cioè quel di più che l’atteggiamento religioso non istituzionale apporta alla lotta contro il mondo così com’è, al fine di tramutarlo. Ecco allora il tuo sollecito richiamo a un incessante impegno di pensieri e azioni da condividere insieme. Da ciò prendeva forma quella tua passione per gli altri, quell’apertura al tu - tutti ed ai loro problemi e difficoltà. Gli anni sono trascorsi, siamo diventati pedagogisti ed educatori, mariti e mogli, padri e madri, ma il nostro rapporto è rimasto inalterato; la tua attenzione per le vicende di ciascuno di noi e del mondo non è mai venuta meno, come la tua capacità di pensare sempre al positivo nonostante le tante cose negative che vedevi succedere attorno a te. Ogni uomo, ne eri davvero convinta, è capace di bene, ha la possibilità di mutare se stesso, di divenire migliore. Questa tua certezza ci fa ripensare a quell’idea laica di "provvidenza", che in molte occasioni richiamavi nei tuoi discorsi, e che tanto risulta in sintonia con quella di Capitini. Eccoci qui allora a salutarti, sapendoti al nostro fianco per aiutarci a dar vita al tuo e al nostro sogno di un mondo migliore; felici di accogliere il tuo invito ad oltrepassare i valori fin qui con te condivisi, per impegnarci a produrne di nuovi.
Daniele Altieri, Ausilia Medda, Arianna Cocco, Pietro Calia, Giorgio Cocco
 
2 – L’Unione Sarda
Commenti Pagina 16
La polemica dopo la protesta degli studenti
L’università a Nuoro? Bisogna osare
di Salvatore Cubeddu
 
L’università a Nuoro. Se, come, perché. La lotta degli studenti e le scelte delle istituzioni pongono questioni importanti. Ci interroghiamo tutti sulla qualità della cultura e della scienza in Sardegna e sul destino dei giovani nel loro territorio. Non è quindi una battaglia che può restare da sola. Non si tratta di un tema che può essere isolato dagli altri, da quello che è invece il centro del problema: la qualità della presenza e la prospettiva delle attività nel cuore dell’Isola.
L’università è nata in Occidente ed esiste per insegnare su ciascuna materia di studio tutto quello che è dato di sapere. Nel tempo, da quando l’argomento si è affacciato alla riflessione e alla ricerca. Nello spazio, attingendo alle fonti più estese, possibilmente le più complete della conoscenza. Per questo le università hanno avuto sempre una "lingua communis" (il latino, prima; l’inglese, oggi), hanno cercato dappertutto i professori migliori e aperto le aule a studenti provenienti da ogni dove. Accessibilità fisica, apertura al mondo, confronto costante sul progredire delle conoscenze e della ricerca fanno l’università. Ciò che in ogni luogo la distingue dalla scuola superiore e dalla ordinaria formazione alle professioni.
È possibile ricostruire queste condizioni nelle università della Sardegna? Il problema che si pone è nel supporre la possibilità di una eccellenza, nonostante il decentramento, nonostante la scarsità di mezzi, nonostante la difficoltà di dotare di bravi insegnanti una piccola sede. La forza del modello anglosassone dei campus - non casualmente derivato dai monasteri medioevali - rispetto agli "studii" dei modelli europei continentali, è data soprattutto dalla accessibilità continua degli studenti ai loro maestri. Un dato pressoché impossibile nei corsi decentrati, dove l’allievo normalmente non incontra il docente se non nelle ore di lezione. E allora? Si parla di sedi universitarie a Iglesias e Carbonia. Per paradosso, dovremmo aspettarne anche la richiesta per Sanluri e Villacidro, Lanusei e Tortolì?
Quindi: perché l’università a Nuoro? Perché in una città che già perde abitanti e, quindi, giovani? Dove, ad esempio, periodicamente si ripropone lo sciopero degli avvocati perché non si trovano giudici che dall’Italia e dagli altri tribunali sardi vi si vogliano recare. Che non è immediatamente raggiungibile tramite aeroporti, viabilità e porti. Dove… E si potrebbe continuare con i disagi e le diseconomie che sconsiglierebbero il decentramento universitario. Il decentramento, appunto.
La provocazione del professor Paolo Savona («Chiudiamo Sassari e Cagliari e apriamo a Nuoro», su L’Unione del 3 febbraio scorso) ha, però, un senso. Se a Nuoro l’università ci deve essere, deve essere l’università della Sardegna. Non solo una succursale. Difatti è così in Corsica, dove Corte, paesino tra le montagne, ha la più antica università. Nella stessa condizione era l’irraggiungibile Cosenza, diventata poi la rispettata Università della Calabria. Anche l’Università di Trento è nata piccola e modesta prima che la facoltà di sociologia popolasse la città di giovani provenienti da tutta l’Italia.
Bisognerebbe osare. Riflettere sull’università che rappresenta parte significativa del domani dei nostri giovani. Avendo di fronte anni in cui il calo demografico raggiungerà le facoltà dopo aver falcidiato le scuole superiori, una ridiscussione generale sull’università si impone, quantitativa e qualitativa. Perché non promuovere il dibattito in Consiglio regionale su tutta la scuola e la cultura sarda?
La disponibilità di ingenti risorse materiali e una serie di condizioni che garantiscano un target significativo di valori intellettuali propongono di ridiscutere senso, logica, qualità e risorse dell’Università in Sardegna. Di tutta l’Università. Anche della qualità dell’offerta culturale di talune facoltà di Cagliari e Sassari. Verso la quale vige un silenzioso rispetto anche quando sarebbe immeritato.
Fanno bene, a Nuoro, a porre il problema. Dalla sua soluzione derivano molte conseguenze. Alcune: se esista un’idea della Sardegna del futuro. Se sia possibile e desiderabile una vita nella Sardegna interna. Se la cultura possa aprire un varco di speranza nel nostro domani. 
 
3 – L’Unione Sarda
Lavoro e Previdenza Pagina 34
Infermiere con laurea
Corsi di 3 e 2 anni a Cagliari e Sassari
FORMAZIONE Alta specializzazione sanitaria per una professione molto richiesta
 
L’assistenza ai malati e ai disabili richiede un’altissima preparazione che solo gli infermieri professionisti possono garantire, attraverso il loro difficile e delicato lavoro. Oggi dal settore pubblico e da quello privato arriva una costante richiesta di questa figura di esperto: per gli infermieri iscritti nell’albo di categoria, sono infatti abbastanza elevate le possibilità di trovare un impiego in ospedali e case di cura, ma anche come liberi professionisti che prestano servizio a domicilio.
FORMAZIONE Per esercitare la professione serve prima di tutto una laurea triennale in Infermieristica: bisogna quindi frequentare un corso completo al termine del quale si potrà ottenere il titolo di Dottore in infermieristica. Tra i vari insegnamenti, il corso prevede lo studio di anatomia, biologia, biochimica, fisica, statistica, informatica, medicina e chirurgia, infermieristica clinica in chirurgia generale e medicina interna assieme a una serie di esercitazioni e tirocini. I corsi vengono organizzati nelle Università di tutta Italia: per poter accedere a questo tipo di formazione è necessario il diploma. L’Università di Cagliari, attraverso la facoltà di Medicina e chirurgia, ha attivato uno specifico corso di laurea nell’ambito delle Professioni sanitarie che dura tre anni e dà diritto a 180 crediti Cfu. Il corso, la cui frequenza è obbligatoria, è però a numero chiuso: possono accedere infatti soltanto 60 candidati all’anno che superano l’esame di ammissione. Per informazioni l’Università di Cagliari ha attivato alcuni contatti telefonici: 070.6754101 e 070.6754039 (fax). Anche nell’Ateneo di Sassari è stato istituito un corso specifico, sempre a numero chiuso, che dà diritto allo stesso titolo: i responsabili rispondono ai numeri 079.228466 e 079.228543.
SPECIALIZZAZIONE Dopo la laurea triennale, gli infermieri possono affinare il percorso formativo proseguendo gli studi universitari e iscrivendosi a un corso di laurea specialistica in una delle “classi” previste nell’ambito delle professioni sanitarie: Scienze infermieristiche e ostetriche (sarebbe la naturale prosecuzione del primo triennio, che porta al titolo di Dottore magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche), oppure Scienze delle professioni sanitarie della riabilitazione, Scienze delle professioni sanitarie tecniche e Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione. La durata è di due anni, che quindi si sommano ai primi tre: chi è già in possesso di un diploma di infermiere, oltre che di quello della scuola secondaria superiore, può candidarsi a frequentare direttamente questi insegnamenti di specializzazione. La Formazione si svolge nelle aziende ospedaliere e universitarie, negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, o nelle altre strutture del Servizio sanitario nazionale, anche accreditate. Chi intendesse proseguire ulteriormente la specializzazione può anche optare per un dottorato di ricerca della durata di tre anni.
MASTER Dopo la laurea triennale e dopo quella specialistica è possibile frequentare, rispettivamente, un master di primo o di secondo livello. Entrambi durano un anno, per un totale di 1.500 ore, e danno diritto a 60 crediti, aprendo ulteriori percorsi di specializzazione: dall’infermieristica pediatrica a quella legata all’Alzheimer. Sono organizzati periodicamente dalle Università, con prezzi che oscillano tra mille e settemila euro: l’offerta, che arriva anche da enti privati, è vastissima se si pensa che i master in materia infermieristica costituiscono oltre il 40 per cento dell’offerta formativa delle Università di Medicina e chirurgia. Una serie di indicazioni sui master che periodicamente vengono proposti da varie università è a disposizione nel sito della Federazione nazionale collegi infermieri (Ipasvi), all’indirizzo web www.ipasvi.it .
Nicola Perrotti
 
4 – L’Unione Sarda
Lavoro e Previdenza Pagina 37
 “Direzione sanitaria”
 
Le Facoltà di medicina e chirurgia ed economia hanno organizzato un master di secondo livello in “Direzione di strutture sanitarie - MaDiss”. È necessario aver conseguito una laurea di durata almeno quadriennale. La selezione, che consisterà in una prova orale, si terrà il 12 marzo, alle 10, alla Facoltà di economia, a Serra Secca. La domanda dovrà essere indirizzata all’Università di Sassari, piazza Università 21, 07100 Sassari, entro il 7 marzo. Informazioni nel sito www.ammin.uniss.it/scuole_specializzazione/index.php. (r. f.)
 
5 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale Pagina 106
Campus Ersu, i misteri del progetto
Maninchedda (Psd’Az): incarico irregolare, volumi raddoppiati
 
Il consigliere regionale sardista chiede a Soru di chiarire gli aspetti oscuri dell’accordo fra l’Ersu e la società costruttrice del campus. Perché esiste un progetto diverso da quello previsto negli accordi per la realizzazione del campus universitario di viale la Playa, a Cagliari? Un progetto che «non potrebbe essere realizzato» perché non segue le norme del Puc di Cagliari. E predisposto da un architetto senza che sia stata bandita la gara per l’affidamento dell’incarico. Questo, in sintesi, il contenuto di un’interrogazione presentata da ieri dal consigliere regionale Paolo Maninchedda (Partito sardo d’Azione) al presidente della Giunta e all’assessore alla Pubblica istruzione. Maninchedda chiede perché siano state date direttive all’Ersu «affinché proceda alla realizzazione di un progetto totalmente differente da quello assentito nel 2004 dal comune di Cagliari e in contrasto con le norme vigenti» e se, in questo caso, non sia configurabile la violazione della normativa sulle opere pubbliche e di affidamento di incarichi di progettazione. Il senso politico dell’interrogazione è questo: sono troppo elevati gli affitti in città o nell’hinterland, il Consiglio stanzia le somme per il villaggio universitario ma l’opera è in forte ritardo: perché?. Maninchedda se lo chiede e soprattutto ipotizza una serie di irregolarità nelle procedure.
La vicenda della realizzazione del campus risale al 2000, quando fra l’Ersu e l’Edilia viene stipulato un contratto per l’acquisto, da parte dell’ente, dell’ex Semoleria di viale la Playa, per realizzarci la casa dello studente. Oggi, però, denuncia il consigliere, appare un nuovo progetto, diverso e più ampio rispetto a quello commissionato alla società di Romano Fanti ed elaborato dall’architetto Mendes Da Rocha. Maninchedda afferma che «gli accordi previsti nella legge regionale 4/2006 appaiono essere stati gestiti in modo discutibile e non ispirato ai principi dell’efficienza, dell’economicità e della trasparenza dell’azione amministrativa, con possibile elusione del principio del ricorso a procedure di evidenza pubblica per l’esecuzione dei progetti e delle opere pubbliche». Nell’interrogazione si ipotizza una volumetria superiore agli accordi e l’assenza di copertura finanziaria. «Si pone, ancora una volta, la questione legale», dice Maninchedda, «nel senso del rispetto delle regole. Che non sono più certe, con questa Giunta». ( e. p. ) 
 
6 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 22
iniziative
Ogni martedì c’è “bicibus”: all’Università si arriva su due ruote
 
Dal centro di Cagliari alla Cittadella Universitaria di Monserrato in bicicletta. L’iniziativa si chiama “bicibus” ed è promossa settimanalmente dall’associazione ambientalista Città Ciclabile. Ogni mercoledì decine di persone si ritrovano in piazza Giovanni XXIII e dopo aver inforcato la loro bici partono verso la Cittadella. A Cagliari non esistono piste ciclabili, per cui gli organizzatori hanno individuato percorsi alternativi (si tratta per lo più di strade secondarie pianeggianti e poco trafficate che si possono percorrere in tutta sicurezza). La partenza è fissata per le 8,15 e durante il tragitto vengono effettuate diverse soste; di solito si arriva a destinazione in 30, 40 minuti. In altri giorni della settimana gli organizzatori mostrano i vari percorsi possibili agli interessati. Si può partire anche da via Cagna (ritrovo il martedì alle 8,15) e imboccare la via che costeggia il canale di Terramaini fino ad arrivare a Monserrato e poi alla Cittadella. Oppure da via Is Mirrionis (raduno ogni giovedì, alle 8,15, in piazza Quirra angolo via Brianza). Il prossimo appuntamento con Bicibus è fissato per domani alle 8,15 in piazza Giovanni. ( p.l. ) 

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 18 - Fatto del giorno
Su Tuvixeddu il Tar sbaglia: per il codice dei beni culturali l’intera area va tutelata 
Nella decisione non si tiene conto delle novità sostanziali introdotte con l’attuale regolamento 
 
Sulla questione Tuvixeddu i sottoscritti docenti e ricercatori dell’Università di Cagliari intendono portare all’attenzione generale alcune riflessioni che non comportano un giudizio tecnico sull’operato del Tar, piuttosto alcune valutazioni sul concetto stesso di bene ambientale e culturale, come emerge dalla sentenza del tribunale.
 Riconosciamo infatti al Tar quella competenza in materia di verifica della correttezza procedurale, che viceversa noi non possediamo. Per la nostra formazione e per le nostre specifiche competenze in materia di beni ambientali e culturali ci sentiamo però autorizzati a ritenere che il Tar, in base a quanto emerge dalla sentenza in oggetto, mostri di non aver tenuto nel dovuto conto non tanto la lettera, quanto lo spirito che ha diretto la formulazione del Codice dei Beni culturali e del paesaggio. Nel sostenere che l’estensione del vincolo all’area del contesto Tuvixeddu-Tuvumannu-Is Mirrionis finora non soggetta a vincolo archeologico, e nella quale insistono progetti e investimenti finalizzati anche all’edilizia civile, non è giustificata da nuovi ritrovamenti di natura archeologica, che avrebbero richiesto l’allargamento del vincolo, la valutazione del Tar entra in palese contraddizione con quanto invece affermato nella proposta di Dichiarazione di interesse pubblico avanzata dalla Commissione per l’intero contesto, compresa l’area finora non soggetta a vincolo archeologico, secondo la quale sarebbero invece intervenuti fatti nuovi, suscettibili di rendere quanto mai necessaria tale estensione.
 Concordiamo su quanto la Commissione regionale del paesaggio ha specificato nella lunga e articolata premessa alla sua proposta, che cioè il fatto realmente nuovo, che imponeva e di fatto impone una revisione della situazione precedente, è rappresentato dallo stesso Codice dei Beni culturali e del paesaggio, che introduce il concetto, radicalmente innovativo, del bene paesaggistico come unità ambientale nella quale insistono le varie categorie di beni culturali (naturalistici, storici, archeologici, artistici, demoetnoantropologici). In questa chiave assume ben poca rilevanza l’affermazione del Tar, che nell’area non sottoposta a vincolo non siano intervenuti nuovi ritrovamenti archeologici, perché privilegia la vecchia, precedente accezione del bene culturale e non tiene conto del fatto che, per le sue caratteristiche geomorfologiche, pedologiche, floristiche, storico-archeologiche, antropologiche, anche quell’area risulta inscindibile dall’unità ambientale rappresentata dal contesto Tuvixeddu-Tuvumannu-Is Mirrionis.
 Da questa nuova percezione, introdotta dal Codice, deriva la possibilità di restaurare il paesaggio, con il ripristino della sua unità ambientale non tanto originaria (giacché un ritorno alle origini è operazione impossibile) quanto anteriore a una serie di interventi più o meno recenti, che l’hanno compromessa quando non obliterata, pur non cancellandone del tutto la memoria, che va quindi anch’essa salvaguardata. Appare evidente, in questa nuova percezione del paesaggio, l’importanza del processo di ricostruzione della fisionomia storica del contesto. Appare dunque pienamente legittimo l’operato della Commissione, che si è basata sull’intera documentazione d’archivio (non soltanto sulla cartografia storica) e materiale per ricostruire la fisionomia storica del contesto Tuvixeddu-Tuvumannu-Is Mirrionis.
 Quanto all’obiezione che il Tar fa propria nel contestare alla Commissione di non aver considerato le trasformazioni cui è andata incontro una parte dell’area, nello specifico quella non soggetta a vincolo e interessata da investimenti privati, occorre sottolineare che dette trasformazioni datano soltanto a partire dal 1997. Sarebbe quantomeno illogico che proprio la più recente fase di vita di parte del contesto sia assunta come fatto dal quale non si debba e non si possa prescindere, anzi capace di inibire qualunque proposta di ripristino dell’unità ambientale rappresentata dall’intero contesto. Se giudicate lesive dell’unità ambientale, dette trasformazioni non devono essere considerate irreversibili, soprattutto se la destinazione ultima del bene al quale si sono applicate lo sottrae alla fruizione pubblica, per consegnarlo ad una totalmente privata, lesiva dell’obiettivo fondamentale: che cioè l’intera unità ambientale Tuvixeddu-Tuvumannu-Is Mirrionis rimanga o ritorni a essere patrimonio della collettività. Se il processo di ripristino dovesse avere dei costi, e se questi dovessero comportare il giusto risarcimento all’imprenditore privato che abbia legittimamente investito nell’area, riteniamo che ogni unità ambientale riconosciuta di notevole interesse pubblico possa comprendere e debba considerare l’eventualità di simili risarcimenti, da parte dell’Ente pubblico, a tutela tanto del privato quanto del bene collettivo.
 A nostro avviso la sentenza del Tar difetta dunque di lungimiranza, perché anziché informarsi alla nuova percezione del paesaggio, introdotta dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio, si limita a ribadire la legittimità di quanto programmato e intrapreso prima dell’entrata in vigore di detto Codice, senza riconoscere il giusto peso alla mutata sensibilità nei confronti dell’ambiente, viceversa recepita e fatta propria dalla Commissione. Da organi dello Stato di così ampie competenze in materia giuridica ci saremmo aspettati non solo censure di natura procedurale ma almeno un invito a prender coscienza di questa innovativa visione del paesaggio, almeno un auspicio del recupero dell’unità ambientale del contesto, che riportasse in primo piano ciò che in sede pubblica l’intera vicenda ha evidenziato e ancora oggi evidenzia: l’assenza di una reale volontà di recuperare il contesto di Tuvixeddu-Tuvumannu-Is Mirrionis come valore ambientale in sé, a prescindere dalla sua produttività in termini economici. Riteniamo che una società che voglia definirsi autenticamente civile non possa esimersi dal riconoscere un tributo, di qualunque natura esso debba essere, alla cultura, e che proprio la consapevolezza del valore di questo tributo rappresenti il più alto segno di civiltà.
* Simonetta Angiolillo,
professore ordinario di Archeologia classica;
Roberto Coroneo,
professore straordinario di Storiadell’arte medievale e direttore del dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche;
Bruno Anatra,
professore ordinario di Storia moderna
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 30 - Sassari
Il parco mette in mostra i propri tesori 
Un ciclo di seminari sul valore dell’ecosistema costiero e della Nurra 
 
 ALGHERO.Limonium nymphaeum, Brassica insularis, Astragalus terraccianoi, Centaurea horrida, sono solo alcune delle specie vegetali endemiche del complesso costiero a falesia che dominano parte degli oltre sessanta chilometri di costa del Parco Regionale di Porto Conte, la riserva naturale algherese impegnata in una serie di iniziative finalizzate a fare conoscere i propri “tesori”.
 Sul potenziale vegetale degli oltre cinquemila ettari che costituiscono l’area parco, si è soffermato Emanuele Farris, biologo e botanico dell’università degli Studi Sassari. Lo studioso ha catalizzato l’attenzione del folto pubblico composto da professionisti, liberi cittadini e studenti delle scuole e universitari per quasi due ore in occasione del seminario dal titolo “Gli ambienti costieri a falesia e sabbiosi nel parco regionale di Porto Conte: ipotesi di percorsi di fruibilità in sicurezza”.
«Si tratta del primo dei quindici seminari che fino al prossimo giugno verranno organizzati nella sede del parco a Tramariglio - ha spiegato il presidente del parco Antonello Usai - momenti di approfondimento che sono aperti a tutti». L’obiettivo è quello di far maturare nella comunità civile del parco la consapevolezza dello straordinario valore ambientale che caratterizza non solo il parco, ma l’intera piana della Nurra. «Senza conoscere a fondo ogni angolo del parco è difficile - ha continuato Usai - coglierne le prospettive vere di sviluppo. L’ambiente oggi non è un valore aggiunto alle spiagge, ma deve essere il primo biglietto da visita da presentare. Il turismo balneare è sempre più inflazionato, occorre dunque investire nell’ambiente.Le specie vegetali e gli habitat che insistono nel nostro parco sono talvolta unici e per questo bisogna preservali non solo per l’importanza ecosistemica che ricoprono, ma perchè costituiscono la nostra carta d’identità». Al termine del seminario si è svolta una escursione sul belvedere di Capo Caccia dove Emanuele Farris ha illustrato dal vivo alcune specie vegetali che sono tipiche degli ambienti costieri a falesia. Dai dai prossimi seminari l’Ente metterà a disposizione un bus per consentire anche a coloro che non possiedono l’auto di poter raggiungere Tramariglio.
Sergio Ortu 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 12 - Oristano
Università, Benevole d’accordo con Soru 
Il sindaco di Birori: «I costi delle sedi decentrate sono troppo alti» 
 
BIRORI. Non tutti i sindaci della provincia di Nuoro sono favorevoli al polo universitario decentrato di Nuoro. Tra quelli che cantano fuori dal coro c’è anche il sindaco di Birori, Romano Benevole, il quale ha scritto a Soru manifestando condivisione per la decisione di non sostenere le sedi decentrate, troppo costose e non sempre in grado di garantire la qualità della formazione.
 Secondo Benevole è necessario puntare su altri corsi di studi universitari rispondenti alle esigenze di sviluppo. «Condivido pienamente - scrive a Soru - la posizione assunta sull’Università nuorese e sugli altri corsi sparsi in diversi comuni della Sardegna. Una semplice analisi dei costi e dei benefici delle attività universitarie decentrate nel territorio regionale, evidenzia una situazione insostenibile sul piano economico, finanziario e della qualità dei servizi».
 Secondo il sindaco di Birori non si può continuare a sostenere un sistema «che non offre garanzie serie di qualità, economicità e stabilità in funzione alle esigenze di sviluppo della Sardegna, e in particolare delle zone più deboli». Per Benevole è ormai evidente che il modello di studi universitari decentrato «assunto e sperimentato negativamente in questi anni» è da accantonare per puntare su interventi in grado di rafforzare le università sarde affinché garantiscano il diritto allo studio agli studenti provenienti da tutta la Sardegna. Questo attraverso l’attivazione di tutti gli strumenti di sostegno possibili.
 Poi si sofferma sull’università nuorese che la Regione non intende più sostenere. «Per quanto riguarda la sede di Nuoro - scrive al Presidente Soru - l’attenzione dovrebbe essere rivolta anche alle responsabilità politiche relative ai ritardi assurdi che hanno vanificato interventi importanti finanziati dalla Regione alcuni lustri fa con una dotazione ingente di risorse. Pertanto, tenuto conto di ciò e avvalendosi di esperienze positivamente operanti in altre realtà, la classe politica nuorese dovrebbe ora impegnarsi incisivamente ad attuare un progetto di studi universitari nuovo e autonomo sotto l’aspetto istituzionale e gestionale, con un percorso aperto ma inserito organicamente in un obiettivo programmatico e di sviluppo delle nostre comunità. Tale situazione dovrebbe essere sostenuta politicamente per essere recepita nell’Intesa Istituzionale negoziata tra Comune, Provincia di Nuoro e la Regione».(t.g.t.).
 
 

Questionnaire and social

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