Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
27 January 2008

Rassegna stampa a cura dell’Ufficio stampa e web
Segnalati 10 articoli de L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna
1 - L’Unione Sarda
Attualita Pagina 13

Studenti contro i baroni
E nelle Università sarde assemblee e occupazioni

DI GIANCARLO GHIRRA

Erano pochi, agli inizi. A Cagliari si riunivano nella facoltà di Lettere, nell’aula 7, dove già ai primi del ’67 si organizzava la protesta contro il Piano Gui. Molti di loro oggi sono professori (universitari come Cristina Lavinio, Pietro Clemente, Piergiorgio Solinas, Carlo Borghero, Giancarlo Nonnoi, Barbara Fois) o nelle scuole (Pinella Depau, Vincenzo Pillai, Gabriella Del Fiacco, Giancarlo Farneti). Qualcuno non c’è più, come Ubaldo Floris, Chicco Mura, Franco Resta, e il più giovane Marco Manca. In quella Cagliari un po’ dormiente il Sessantotto era partito in anticipo, proprio come a Sassari, e aveva prima attraversato e poi travolto gli organismi rappresentativi, Oruc e Orus, i parlamentini studenteschi dove sedevano i dirigenti dei movimenti giovanili dei partiti: fra gli altri Alberto Palmas e Mario Costenaro a Cagliari, Antonello Paba a Sassari, dove poi balzarono in primo piano leader della contestazione come Guido Melis.
Era originale la protesta in Sardegna, perché la rivolta contro il potere dei baroni vedeva fra i protagonisti nelle assemblee sessantottesche anche professori di grande prestigio, quali l’antropologo Alberto Cirese, l’italianista Gennaro Barbarisi, recentemente scomparso, lo storico dell’arte Corrado Maltese. C’erano anche loro in assemblee affollate da cinquecento e più studenti che da Lettere e Filosofia si estesero a Medicina, Giurisprudenza, Ingegneria. Emergeva una gran voglia di cambiare il mondo, di mandare al diavolo le autorità: non una rivoluzione, ma una contestazione globale degli arcaismi dei baroni, potentissimi docenti che facevano e disfacevano a loro arbitrio in una Università davvero di classe. I laureati in Italia erano appena il 3, 8 per cento della popolazione, e il 90 per cento di loro veniva dalle file della borghesia. Se nel ’69 la lotta si sposterà in fabbrica con il famoso autunno caldo, la scuola diventa il primo centro dello scontro sociale perché lì si nota maggiormente la contraddizione fra una società arcaica e le esigenze di modernizzazione del Paese e di una Sardegna nella quale il Piano di Rinascita aveva portato le gioie (e i dolori) dell’industrializzazione.
La scuola si fa di massa, anche nell’Isola, dove all’alba del 68 gli universitari sono 13.822 (11.723 a Cagliari, 2,159 a Sassari) anche se comincia a crescere la disoccupazione intellettuale, e c’è chi parla di proletarizzazione dei ceti medi. «Lo studente è un sacco vuoto da riempire di nozioni preconfezionate», denunciava già nel 1966 non un foglio estremista ma Gioventù , periodico di Azione cattolica.
I fermenti di quei giorni trovano spazio a sinistra, ma anche nella Chiesa, scossa nelle fondamenta dal vento rinnovatore del Concilio voluto da Papa Giovanni XXIII pochi anni prima. La discussione è alimentata anche da un passo della Populorum progressio di Paolo VI che condanna fermamente l´insurrezione rivoluzionaria «salvo nel caso di una tirannia evidente e prolungata, che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona»: esattamente quanto succedeva in larga parte dell´America Latina, dove l’8 ottobre del 1967 era stato assassinato il comandante guerrigliero Ernesto Che Guevara.
In Italia impera un bigottismo terribile, se nel 1966 La Zanzara il giornale degli studenti del milanese liceo Parini, era stato processato per un’inchiesta, castissima, su «che cosa pensano le ragazze d’oggi». Allora le ragazze non potevano uscire da sole, senza fidanzati, fratelli, o altri maschi. Ma i tempi stanno cambiando, come canta Bob Dylan. In Italia i giovani scoprono De André, mentre i Nomadi portano al successo Dio è morto di Francesco Guccini, una denuncia dei miti di una stanca società e una speranza: “Nel mondo che faremo Dio è risorto”.
Il dominante spirito perbenista viene sconvolto anche da fenomeni esteriori come quello dei capelloni: la moda delle chiome maschili folte arriva dal Regno Unito, dove impazzano i Beatles, mentre negli Usa erano esplosi fenomeni come la rivoluzione sessuale e i figli dei fiori. “Fate l’amore e non la guerra, mettete i fiori nei vostri cannoni”, sono slogan del periodo.
Dopo una lenta gestazione, è nel marzo del 1968 che anche a Cagliari e Sassari le Università vengono occupate. «Che si faceva? Si discuteva, si organizzavano gruppi di studi, si svolgevano assemblee», ricorda Vincenzo Pillai, uno dei leader del movimento, con le sue camicie a quadri su un corpo magrissimo e una lunga barba che gli dava un’aria un po’ da santone un po’ da hippy, un po’ da rivoluzionario.
La sua rivoluzione è stata andare a insegnare a Sorgono, portare i semi della rivolta nel centro della Sardegna. «Il nucleo originale delle prime lotte - ricorda Pillai, oggi dirigente del Prc - fu la sezione Mondo nuovo del Psiup, il partito socialista di unità proletaria, in via Macomer, dove si riuniva un gruppo di giovani».
Fra loro si distingueva Pietro Clemente, oggi professore di Antropologia culturale all’Università di Firenze, gran dominatore di assemblee grazie a un’intelligenza brillante e a modi suadenti. Se Pillai era il corpo del 68 cagliaritano, Clemente ne era la voce. Fra le grandi novità di quel momento, balzano in primo piano anche le donne, sino ad allora relegate ai margini. E con loro tanti cattolici del dissenso, come don Milani, come il don Mazzi della comunità dell’Isolotto di Firenze. Saranno fra i primi, i cattolici, a impegnarsi nei quartieri disagiati, come Sant’Elia, alle prese con gli appetiti della speculazione edilizia. Quelli che allora erano marxisti, come Clemente, guardarono presto alle fabbriche, alla ferriera Fas, alla Rumianca, proprio mentre a Sassari una delle punte del movimento fu il sostegno alle lotte delle commesse della Upim impegnate nel rinnovo del contratto integrativo.Via via il movimento degli studenti, che all’inizio vede attivi anche liberali come Lucio Lecis Cocco Ortu, si esaurisce come tale per farsi sempre più espressione politica. Gruppi e gruppuscoli, marxisti, leninisti, stalinisti, maoisti, spostano l’asse del dibattito dalla lotta alla selezione di classe nella scuola, dal no al nozionismo per una formazione più adeguata verso la contestazione globale del sistema capitalistico. Le Università diventano luogo di scontro, spesso settario, e viene meno l’allegro spirito di fratellanza che aveva contraddistinto le prime occupazioni. La voglia di dare la parola a tutti, di creare uno spirito critico, passa in secondo piano di fronte al bisogno di prevalere nelle assemblee, di imporre le proprie bandiere. Le lotte studentesche continuano, si estendono anche nei licei. Nel 1969 si registrano importanti lotte operaie e sindacali. Ma, soprattutto dopo le bombe di Milano del 12 dicembre, tutto cambia. L’allegra voglia di portare l’immaginazione al potere si dissolve. E ancora non è ricomparsa.

2 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 23

università
Domani in rettorato la protesta dei precari



La battaglia dei lavoratori precari si trasferisce sotto il rettorato. Domani, alle 10, i dipendenti del personale tecnico-amministrativo dell’Ateneo di Cagliari, che non hanno un contratto a tempo indeterminato, si ritroveranno in via Università per sostenere la stabilizzazione dei lavoratori in vista della seduta del Consiglio d’amministrazione dell’ateneo in programma giovedì 31 gennaio.
L’assemblea di giovedì scorso si è conclusa con la proclamazione dello stato di agitazione dell’intera categoria e con la richiesta all’Università «di costruire un piano di stabilizzazione concreto, con priorità assoluta nei confronti dei lavoratori precari» il cui contratto è scaduto ieri. Nel frattempo, è stata bocciata la proposta del rettore, già trasmessa al cda, di attivare selezioni del personale.

3 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 22

Via Premuda. La baby gang ha preso di mira anche l’auto di uno dei dipendenti
Non si ferma la caccia allo studente
Aggressioni alla mensa dell’Ersu: ora con le vernici spray
Alla guida della banda ci sarebbe un diciannovenne che vive nel rione di Is Mirrionis.

I bulletti del quartiere continuano a seminare paura tra gli studenti universitari che cenano nella mensa dell’Ersu di via Premuda. Dopo le feroci aggressioni di dieci giorni le incursioni non sono finite: spinte, insulti e raid armati con barattoli di vernice e bombolette spray. Protagonista la solita gang di ragazzini tra i quindici e i diciassette anni. A capo della banda ci sarebbe un diciannovenne che vive nel quartiere di Is Mirrionis anche se dalla questura non filtrano indiscrezioni.
Gli ultimi episodi hanno visto come sfortunati protagonisti due ragazzi, che hanno dovuto buttare il loro giubbotto dopo essere stati investiti da una scarica di vernice indelebile, e un dipendente della mensa: la sua auto, una Fiesta, è stata dipinta proprio davanti alla mensa. Intanto sempre più studenti decidono di non andare più a cena in via Premuda: «Non ci sentiamo sicuri. Anche perché qui polizia e carabinieri non passano mai».
IL TIFO Ragazze e ragazzi universitari hanno seguito il consiglio arrivato dopo i feroci pestaggi di due settimane fa: la sera arrivano in via Premuda in gruppetti di cinque-sei persone. Un piccolo accorgimento che sta evitando aggressioni fisiche ma che non ha messo la parola fine alle provocazioni. Il solito drappello di teppistelli del rione accoglie gli studenti con insulti. Qualche volta si passa all’azione con spinte e buffetti. Ma negli ultimi giorni è spuntata una novità: la bomboletta spray. Ancora una volta, a conferma del clima di terrore che si vive nella mensa del quartiere di Is Mirrionis, gli studenti parlano ma dopo aver ottenuto la garanzia dell’anonimato. «Giovedì dopo la cena - racconta un ragazzo fuori sede iscritto in Giurisprudenza - un nostro collega ci ha rimesso il giubbotto». La vittima, uno studente ventitreenne di Nuoro che frequenta Magistero, ricorda di essere uscito dalla mensa: qualcuno lo ha seguito. Non si è voltato per evitare problemi. Ha poi sentito il rumore della bomboletta che ha raggiunto il suo giubbotto. Solo dopo qualche passo si è girato e ha notato un ragazzino sui quindici anni con la bomboletta in mano. Vicino a lui un adulto e un ragazzo più grande. Avevano un sorriso compiaciuto stampato sul volto. Quasi certamente erano il padre e il fratello più grande del baby vandalo. All’inizio ha pensato si trattasse della schiuma che si usa a carnevale. A casa la brutta sorpresa: vernice. Il giubbotto è finito nella pattumiera.
AUTO E GAVETTONE L’ultimo episodio venerdì sera. Due le vittime. Un dipendente della mensa alla fine del turno di lavoro si è ritrovato l’auto, una Fiesta, danneggiata con spruzzi di vernice. La stessa vernice è stata usata dalla baby gang per confezionare un gavettone a uno studente che per fortuna non ha riportato conseguenze fisiche. Gli abiti che indossava sono però finiti nella spazzatura. «Siamo stufi di rischiare aggressioni e insulti. - sbotta una ragazza che arriva da un paese dell’Oristanese, iscritta in Scienza Politiche - Ogni volta che arriviamo in via Premuda abbiamo paura. I nostri colleghi vengono presi di mira con parolacce e a volte anche con spinte. È ora che si faccia qualcosa altrimenti nessuno avrà più il coraggio di venire in questa mensa».
NIENTE CONTROLLI Subito dopo i pestaggi di due settimane fa si era parlato di vertici in prefettura e questura e di potenziare i controlli nella zona. «Vengo qui tutte le sere - commenta lo studente iscritto in Giurisprudenza - e non ho mai visto una pattuglia di polizia o dei carabinieri. Forse basterebbe la loro presenza, anche saltuaria, per allontanare questi vandali violenti».
MATTEO VERCELLI

4 - L’Unione Sarda
Cultura Pagina 35


Il 1° febbraio convegno dell’Issra
All’Università di Cagliari tra memoria e silenzi la storia d’uno sterminio




Il tema "Memoria e silenzi nella Shoah" guiderà il dibattito organizzato a Cagliari in occasione del Giorno della Memoria. Venerdì 1 febbraio alle 15.30 nell’aula magna del Corpo aggiunto delle facoltà Umanistiche in via Is Mirrionis 1, il Dipartimento di studi storici dell’Università cittadina, l’Istituto sardo per la Resistenza e il Tecnico industriale “Dionigi Scano” con l’Ufficio scolastico regionale e l’Ente per il diritto allo studio, promuovono una serata di riflessione storica molto intensa e articolata. Ad aprire l’incontro coordinato da Luisa Maria Plaisant sarà lo storico contemporaneista Enzo Collotti, tra i massimi studiosi a livello europeo del nazismo, del fascismo e dello stermino degli ebrei. Nella sua relazione dal titolo “Il fascismo italiano dalle leggi razziali alla Shoah”, affronterà un tema di particolare rilevanza proprio quest’anno in cui ricorre il settantesimo anniversario delle leggi antiebraiche. Claudio Natoli, docente di Storia contemporanea all’Università di Cagliari, parlerà di “Persecuzione e sterminio dei Sinti e Rom durante la seconda guerra mondiale”. Episodio della guerra di sterminio nazista praticamente sconosciuto. «Rompere il silenzio su questa pagina di storia dimenticata in occasione della Giornata della memoria 2008 assume un particolare significato di fronte ai dirompenti problemi sociali dei nostri giorni, nonché all’esigenza di contrastare possibili derive di tipo razzista e di promuovere politiche di accoglienza solidale e di incontro interculturale», scrivono gli organizzatori. Concluderà l’iniziativa la proiezione di brani tratti dal documentario A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli Zingari , curato da Editrice A, cooperativa editoriale anarchica che pubblica la rivista A. Introdurrà il film la docente dell’Istituto tecnico Scano, Donatella Picciau. Khorakhané - A forza di essere vento , è il titolo di una canzone di Fabrizio De André e Ivano Fossati dedicata agli zingari.
Il documentario distribuito in un cofanetto con due dvd e un libretto contiene, oltre alle registrazioni di spettacoli di Moni Ovadia, interessanti interviste a Marcello Pezzetti, del Centro di documentazione ebraica contemporanea, che ricostruisce la storia dello Zigeunerlager, il settore del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dedicato agli Zingari in funzione dal febbraio 1943 all’agosto 1944. Al sinto tedesco Hugo Hoellenreimer, internato nello Zigeunerlager e torturato da Josef Mengele. E a Mirko Levak che racconta la sua parabola dall’arresto in Friuli, l’internamento nel lager, l’orrore della vita quotidiana, alla liberazione. (wa. f.) 

5 - L’Unione Sarda
Cultura Pagina 35

Da studi recenti si ipotizza che Perdasdefogu abbia potuto ospitare un campo di internamento
Rom e Sinti, l’Olocausto dimenticato



Almeno 200mila gli zingari sterminati nella seconda guerra, e la Sardegna fu terra di deportazione
Gli zingari uccisi da Hitler nell’Europa della seconda guerra mondiale furono oltre 90mila. A questi si aggiunga una quantità di vittime provenienti da Unione Sovietica, Serbia e Ungheria, ancora difficile da quantificare. Si conterebbero così almeno 200mila morti. I numeri sullo sterminio di Rom e Sinti, i gruppi etnici presenti nell’area germanica, con molta probabilità sono destinati a crescere perché ad oggi la storia della persecuzione nazista per motivi razziali degli zingari è in buona parte da scrivere. «Esistono solo stime approssimative del numero di zingari trucidati durante la Seconda guerra mondiale», sottolinea Michael Zimmermann, uno dei massimi esperti in materia. Questo capitolo della pratica del genocidio nazista, marchiato in lingua romanes con la parola Porrajmos, è stato aggiunto di recente sui libri dedicati alla Shoah. Ed è stato assunto a pieno titolo come tema centrale del Giorno della Memoria che si celebrerà a Cagliari venerdì 1 febbraio su iniziativa dell’Università, delle scuole e dell’Istituto per la Resistenza.
Recentissimamente sono affiorati anche i contorni della persecuzione dei Rom messa in atto dai fascisti. Dagli studi di Mirella Karpati e Giovanna Boursier si scopre che l’Italia del ventennio mise in piedi una politica di persecuzione degli zingari e che la Sardegna fu una delle destinazioni per i deportati. Le parole di Rosa Raidic riprese nella rivista Lacio Drom sono: «Mia figlia Lalla è nata in Sardegna a Perdasdefogu il 7 gennaio 1943, perché eravamo lì in un campo di concentramento».
Si tratta di una delle rare testimonianze di una zingara internata sotto il fascismo. Difficile pensare però che a Perdasdefogu esistesse un vero campo di concentramento attrezzato. È invece molto probabile che alcuni zingari deportati si fossero stabiliti nel paese sardo in presenza di un campo di internamento o di sosta spontaneo. Carlo Spartaco Capogreco, nel libro I campi del duce pubblicato da Einaudi, non conferma questa ipotesi mentre ritiene, con le parole di Annamaria Masserini, che gli zingari «si disperdessero nell’interno dell’isola e che badassero a se stessi». È certo dunque che a partire dall’11 settembre del 1940, data di una circolare del ministero degli Interni che ordina rastrellamenti e concentramenti di zingari in tutto il Paese, la Sardegna fosse stata scelta come sede di internamento. Lo storico Claudio Natoli precisa: «È ormai documentata l’esistenza di campi nel Molise, a Boiano e Tossicia, dove le condizioni erano particolarmente degradanti, e ad Agnone, ma si riscontrano internamenti di Rom anche alle Isole Tremiti, a Perdasdefogu in Sardegna e nel grande campo di Ferramonti, in provincia di Cosenza».
La persecuzione e lo sterminio dei Rom in Europa durante l’ultima guerra affonda le radici in un pregiudizio antico che per quanto riguarda la Germania passa anche attraverso le pratiche discriminatorie dell’Impero guglielmino dei primi del Novecento. Un pregiudizio che oggi sarebbe falso definire sopito. Secondo Hitler i Rom come gli ebrei dovevano essere annientati dopo aver subito la disumana violenza della deportazione. L’escalation dell’orrore prende avvio nel 1933 con le sterilizzazioni di massa e gli internamenti.
Considerati inizialmente "asociali", gli zingari della Germania furono ben presto classificati di razza inferiore e corrotta, affetti da criminalità ereditaria, in virtù di farneticanti tesi dell’eugenetica e dell’antropologia positivistica. I campi di concentramento cominciarono a riempirsi di persone bollate come mendicanti, cartomanti, indovini, accattoni, vagabondi. A dicembre del 1938 arrivò il primo decreto contro la "piaga degli zingari" emanato dal comandante delle forze di sicurezza del Reich, Heinrich Himmler. Il terrore della pulizia etnica nazista sfociò nelle deportazioni di massa verso i campi di sterminio. Nel 1941 cinquemila Rom rinchiusi in condizioni estreme nel ghetto polacco di Lodz furono gasati nel campo di sterminio di Chelmo. Alla fine del ’43 Himmler autorizzava la deportazione di oltre 14mila Sinti tedeschi ad Auschwitz. Anche per gli zingari si aprivano i cancelli del terrificante universo concentrazionario. La strada verso la disumanizzazione e l’annientamento di tutta la persona era segnata. Ad Auschwitz i bambini Rom furono sottoposti agli esperimenti di Josef Mengele. Alcune storie raccapriccianti sono raccontate da Barbara Richter, cavia dell’“angelo della morte” e testimone delle sue atrocità: «Il dottor Mengele mi ha presa per fare esperimenti. Per tre volte mi hanno preso il sangue per i soldati. Allora ricevevo un poco di latte e un pezzetto di pane con il salame. Poi il dottor Mengele mi ha iniettato la malaria. Per otto settimane sono stata tra la vita e la morte…». E ancora: «Ricordo in particolare una coppia di gemelli. Guido e Nina di circa quattro anni. Un giorno Mengele li portò via con sé. Quando ritornarono erano in uno stato terribile. Erano stati cuciti insieme, schiena contro schiena, come i siamesi». Nessuno dei 300 bambini Rom nati ad Auschwitz sopravvisse.
Anche questo è stato Porrajmos, la distruzione totale. Come Shoah, questa parola rappresenta la fine della civiltà e l’abisso dell’orrore. Una storia negata, «persino evitata e trascurata», dice Boursier. La prima giornata di commemorazione dei Rom e Sinti sterminati dal nazismo si è svolta al museo dell’Olocausto di Washington soltanto nel 1994.
WALTER FALGIO 

6 - L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro Pagina 50


Nuoro. Allarme del presidente Russo dopo la chiusura di Scienza dell’amministrazione
«Dobbiamo salvare tutta l’Università»
Esposto contro l’ateneo di Cagliari: domani occupazione

Ieri nervosa assemblea in via Salaris, domani nuovo incontro. Ganga (Cisl): «Mobilitiamoci per evitare il disastro».
Mentre gli studenti decidono di denunciare l’ateneo di Cagliari, il presidente del Consorzio Sergio Russo lancia l’allarme: «Il problema di un corso sarà risolto, qui però bisogna salvare tutta l’Università». Parole sicuramente poco incoraggianti per gli studenti che frequentano il corso di Amministrazione governo e sviluppo locale di Nuoro che domani occuperanno la facoltà di via Salaris e si preparano a manifestare a Cagliari. Una lotta serrata contro la chiusura del corso di Pubblica amministrazione, annunciata qualche giorno fa, dopo il trasferimento dei tre funzionari della segreteria. Immediata la reazione di chi non vuole assistere indifferente all’agonia dell’università barbaricina.
L’ASSEMBLEA Gli studenti ieri mattina, si sono autoconvocati nel cortile dell’Università è hanno preso in mano la situazione. Non senza discutere animatamente. Il fronte della protesta si è spaccato: da una parte i rappresentanti ufficiali degli studenti Laura Piras, Sara Mattu e Massimo Pusceddu più propensi a organizzare la manifestazione a Cagliari, ma non a coinvolgere la magistratura, e dall’altra Rossella Cambedda capace però di trascinare i presenti verso un’azione giudiziaria immediata. Nel frattempo fra gli universitari inviperiti girava un registro per raccogliere le firme della petizione che attiverà la denuncia. «È stato pubblicato un calendario accademico che non può essere interrotto - urla Cambedda, ai colleghi radunati in via Salaris - Dobbiamo querelare l’università, deve essere attivata una commissione che farà le indagini e deciderà, se l’interruzione improvvisa delle lezioni è legale, oppure no». L’intenzione è quella di farsi sentire, lottare fino all’ultimo perché i 500 iscritti al corso di Pubblica amministrazione, gemmato dalla facoltà di Scienze politiche di Cagliari, possano ultimare gli esami e laurearsi nel capoluogo barbaricino. In mezzo agli studenti anche il sindaco Mario Zidda («Sono qui per ascoltare voi, io non parlerò») e alcuni esponenti di Rifondazione Comunista, come Tonirosa Brotzu e Salvatore Daga, rispettivamente consigliere provinciale e comunale a Nuoro. «Si sta abbandonando questo territorio, stanno chiudendo tutto - puntualizza Daga - Allora dobbiamo chiedere che futuro intendono proporci». Più volte, durante la mattinata, fra gli studenti salta fuori il nome di Sergio Russo, presidente del consiglio di amministrazione del Consorzio universitario nuorese :«Non si è fatto vedere, eppure ha detto, che l’università di Nuoro era il suo sogno».
LA REPLICA Russo però è fuori sede: «Non potevo andare a un’assemblea di cui non ero informato. Nessuno mi ha detto nulla», dice al telefono. «Ma al di là di questo, il problema è un altro: è giusto che gli studenti protestino, la preoccupazione è fondata, solo che stanno sbagliando obiettivo. Giustissimo pretendere di poter dare gli esami di questa sessione e di poter ultimare il corso di studi, a me interessa salvare l’università radicandola nel territorio. Io voglio che altri giovani si iscrivano al corso il prossimo anno. Qui non si tratta di chiudere un solo corso, parliamoci chiaro, è in gioco il futuro dell’Ateneo nuorese: da Cagliari stanno smobilitando». Intanto, domani alle 9.30, Sergio Russo incontrerà gli studenti in via Salaris. Poi i giovani iscritti al corso nuorese torneranno a riunirsi in assemblea. «Risolveremo il problema degli esami, non salteranno», annuncia il presidente. «Decideremo insieme il da farsi, ma bisogna discutere conoscendo i fatti». Dello stesso avviso anche Paola Piras presidente del corso di laurea in Pubblica amministrazione: «So che ci sono gli accordi per trovare una soluzione». A esasperare ulteriormente gli animi e, forse, allargare il fronte della protesta, arriva però la notizia che sarebbe in forse anche quello di Scienze sociali.
LA PROTESTA La rivolta degli studenti continuerà anche nei prossimi giorni. Oltre a organizzare una manifestazione a Cagliari, domani dovrebbe iniziare l’occupazione della facoltà. Ma non solo. È anche prevista la sensibilizzazione dei Consigli comunali del Nuorese. Inoltre, il prossimo 8 febbraio prossimo una rappresentanza degli studenti parteciperà al Consiglio provinciale. «La nostra protesta deve tuonare, i nostri sforzi non devono cadere nel vuoto, dobbiamo farci sentire anche fuori, oltre Tirreno», ribadisce Rossella Cambedda: «Dobbiamo portare avanti la battaglia, sempre nel limite della legalità, ovviamente». Ai manifestanti non è piaciuto neppure il fatto che in segreteria non fossero presenti i registri, dove annotare i risultati degli esami. È stato proposto l’uso di semplici fogli bianchi, che poi ogni docente avrebbe dovuto conservare, per ufficializzare i voti in seguito.
MOBILITAZIONE Intanto si muovono anche i sindacati con il segretario confederale della Cisl Ignazio Ganga che invoca un fronte unico nella lotta: «Proviamo ad unire le forze per costruire un percorso che, partendo dalla salvaguardia di quello che già c’è, possa evitare il disastro annunciato in questi giorni. Per questo - dice Ganga - è fondamentale il ruolo del Comune di Nuoro, della Provincia, di tutti gli Enti e le forze sane, preposti al governo del territorio, per evitarne l’impoverimento».
CATERINA TATTI 



1 - La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro

Scende in campo Ganga della Cisl «Uniti contro lo smantellamento»
«Partire dalla lotta per l’esistente per fare un salto in avanti»


NUORO. «Non si può accettare inermi lo smantellamento dell’Università nuorese». Il segretario della Cisl, Ingnazio Ganga, accoglie l’appello di Sergio Russo, difende l’ateneo a rischio e rilancia la battaglia. «L’Università a Nuoro, ed in generale il sistema formativo nuorese - continua Ganga - vive un momento decisivo per la sua sopravvivenza e occorre quindi consolidare un fronte a tutela dell’ateneo». Per il sindacalista, sempre attento allo sviluppo e a suoi punti centrali, sono due i vincoli stanno condizionando l’università: «Il primo è l’aspetto normativo dove il Ministero dell’università, per fermare il proliferare di corsi di laurea, ha emesso parametri restrittivi facendo leva sulla quantità minima di docenti a corso; il secondo è dato invece dalla sempre più scarsa carenza di finanziamenti, legata a un preciso disegno di distruggere l’Università». Per questo viene chiamato in causa il presidente Soru perchè «intervenga immediatamente, onorando il proprio programma elettorale, che i nuoresi non hanno dimenticato, soprattutto nel punto in cui scrive: “nell’ottica del sistema universitario regionale integrato, e nel rispetto dell’autonomia universitaria, la Regione potrà sollecitare una migliore programmazione e coordinamento dell’offerta formativa dei vari livelli delle Università sarde sul territorio regionale. Occorre rendere più funzionale la presenza dei corsi universitari nel territorio della regione, nel quadro del riconoscimento del ruolo positivo che le strutture di promozione universitaria e di alta formazione manageriale possono svolgere nelle zone interne”». Ricordato il passaggio, Ganga, pur dicendosi «consapevole» che il sistema universitario locale deve essere rifondato, afferma che non per questo «se ne deve favorire lo smantellamento». Nessuno è soddisfatto della situazione: non lo sono soprattutto gli «studenti» che difendono in queste ore, «quasi in solitudine», la struttura formativa. Per questo le scelte da operare immediatamente necessitano di un «processo condiviso» che parta da Nuoro, non imposto dall’alto. «Quindi occorre battersi - continua il sindacalista - per difendere l’università dicendo innanzitutto che si vuole un’università vera e non una serie di corsi residuali o duplicati dalle università madri, con docenti che, nello stile delle cattedre ambulanti esercitano frettolosamente i propri doveri minando uno dei principi fondamentali del fare l’Università che sta nell’esercizio del processo di ricerca nel luogo in cui si espleta l’azione didattica». E qui Ganga avanza una sua proposta. «Proviamo ad unire le forze - afferma - per costruine un percorso che, partendo dalla salvaguardia dell’esistente, eviti re il disastro annunciato in questi giorni. Per questo è fondamentale il ruolo del Comune di Nuoro, della Provincia, di tutti gli Enti del territorio nonché quello di quelle forze sane che devono di nuovo prodigare un impegno straordinario per evitare un impoverimento del territorio che potrebbe non avere una via di ritorno». Poi nel mirino entra la Regione che «non può sottrarsi alle proprie responsabilità» e che punta a “regalarci” un termovalorizzatore». In questi giorni di crisi di governo, invece, viene difficle «anche solo auspicare» il sostegno dell’Amministrazione centrale. «Ma è possibile - continua Ganga - che anche a livello nazionale non ci si accorga che se lo Stato abbandona a se stesse le periferie, per farle diventare deserto, anche il centro diventerà più piccolo? Il vero tema di oggi, infatti non è solo l’Università ma è anche il più generale problema della presenza dello Stato».
Il segretario della Cisl inoltre non sa «se sia un errore» continuare a sperare nella «magnanimità» degli atenei di Cagliari e Sassari, escludendo la possibilità di mettersi sotto l’ala di una «Università esterna» magari capace di «affrancarla» dal nanismo in cui volutamente è stata relegata. Per questo, secondo Ganga, serve oggi, più che mai, un «patto sociale» da condividere e utile ad aprire una «vertenza» con la Regione e con lo Stato. Un patto sociale che parta dalla solidarietà alla «battaglia degli studenti» per un «progetto condiviso» e a un «business plan» dell’università e dell’alta formazione a Nuoro. Ganga poi guarda alla crisi in corso, che fa «tremare le vene ai polsi», e come «punto più basso» del processo di crescita nel territorio, per chiedere uno «sforzo straordinario» nella «progettualità regionale». Con l’ateneo al centro.(n.b.) 

2 - La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro

Il fronte degli studenti si spacca in due
Assemblea per decidere le forme di protesta contro l’ateneo di Cagliari
Una fazione vuole adire le vie legali per denunciare Scienze politiche L’altra vuole trattare

GIANLUCA CORSI

NUORO. Si è spaccato in due il fronte degli universitari nuoresi, dopo che due giorni fa Paola Piras, preside del corso in “Amministrazione, governo e sviluppo locale”, si è vista costretta a sospendere le attività didattiche, a causa del trasferimento a Cagliari dei tre impiegati di segreteria. La scissione si è consumata ieri mattina in un’assemblea improvvisata nel cortile interno dello stabile di via Salaris. Da una parte è emersa una fazione “oltranzista”, favorevole a procedere per vie legali.
Contro la facoltà di Scienze politiche di Cagliari, ritenuta principale responsabile della situazione drammatica in cui versa il corso di laurea nuorese. I più moderati, invece, rifiutano una rottura netta e spingono per una prima fase di dialogo. A capeggiare i fronti opposti sono, neanche a dirlo, due giovani donne: due “pasionarie” dell’ateneo barbaricino che danno punti a molti politici ben più quotati, senza raggiungere peraltro i loro eccessi. Rossella Cambedda, sciarpa viola e sguardo di sfida, si è ritrovata (probabilmente senza neanche volerlo) a diventare leader contestatrice della rappresentante degli studenti legittimamente eletta, Laura Piras, che è sostenuta nel suo compito da Sara Mattu e Massimo Pusceddu. «L’università - attacca Rossella Cambedda - aveva pubblicato un calendario accademico, ma chiudendo il nostro corso di laurea stanno interrompendo un pubblico servizio». La soluzione, quindi, per buona parte degli studenti è di agire per vie legali contro la facoltà di Scienze politiche di Cagliari, da cui dipende il corso nuorese. Laura Piras parla con la pacatezza di chi è abituato a trattare in situazioni difficili. «In realtà siamo uniti nell’obiettivo, però le modalità proposte per raggiungerlo sono differenti».
Alla fine è il “partito rivoluzionario” a prendere il sopravvento, sostenuto da molti studenti entrati nel panico dopo che gli è stato impedito di sostenere gli esami. «Oggi per esempio (ieri per chi legge, ndc) - commentano due ragazze preoccupate - sette persone, tra cui un paio di laureandi, non hanno potuto fare l’esame». In realtà pare che sia stata trovata una soluzione provvisoria: i professori potranno far sostenere gli esami ai loro studenti, ma il voto non potrà essere registrato. Ma a questo punto che valore potranno avere dei voti scritti su foglietti volanti, in attesa che vengano verbalizzati nei registri? Gli studenti hanno paura per il loro futuro. La strategia di lotta degli universitari nuoresi è stata anticipata ieri mattina. «Oltre alla denuncia - continua Rossella Cambedda - faremo una manifestazione a Cagliari e attueremo forme di occupazione». Intanto proprio ieri hanno iniziato a circolare tra i giovani i fogli per la petizione di chi intende sottoscrivere la denuncia per interruzione di pubblico servizio. A fine mattinata le firme erano circa duecento. Un’altra strada proposta è stata quella di coinvolgere politici e amministratori del territorio per «costringere la Regione a rivedere la sua politica in tema di università».
L’appello è stato già accolto dal sindaco Mario Zidda, che ieri mattina si è fatto vedere all’assemblea degli universitari, e ha dato la disponibilità dell’aula consiliare per raccogliere una petizione da inviare e far firmare a tutti i sindaci della provincia di Nuoro. Alla fine Rossella Cambedda ha dato appuntamento a lunedì alle 9:30, sempre in via Salaris, quando verranno discusse le modalità delle azioni di lotta decise. E il fronte moderato? «Noi - afferma serena Laura Piras - siamo in attesa di una risposta del rettore Mistretta per un incontro a Cagliari». 

3 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Oristano

«Andare via per mettersi in discussione»
Mauro Fadda, ingegnere delle telecomunicazioni a Bologna


ORISTANO. Nel campo dell’ingegneria delle comunicazioni, attualmente, in Europa, sembra non esserci crisi occupazionale. Le applicazioni commerciali dei metodi di trasmissione interessano la televisione, la radio, i cellulari, i satelliti, internet. I campi di ricerca, a livello accademico, offrono possibilità di sviluppo nella trasmissione dell’informazione, nell’elettromagnetismo, nel telerilevamento e nella teoria dell’informazione.
Mauro Fadda, giovane oristanese laureato in ingegneria elettronica e specializzato in telecomunicazioni, rappresenta questa moderna e tecnologica categoria di professionisti.
«Non mi considero ancora adulto - racconta -. Sono una persona che ha studiato e sta cercando di individuare un lavoro che lasci anche gli spazi per la propria vita privata e il tempo libero. Mi piace leggere, praticare diversi sport, correre, passeggiare e fare shopping con la mia ragazza».
- Nella sua carriera accademica, a un certo punto, ha deciso di proseguire i suoi studi lontano dalla Sardegna, può spiegare il perché di questa scelta?
«A Oristano ho frequentato il liceo scientifico e poi mi sono trasferito a Cagliari per conseguire la laurea triennale in ingegneria elettronica. Durante gli anni universitari mi sono reso conto che mi sarebbe piaciuto approfondire la specializzazione in telecomunicazioni e, pur a malincuore, decisi di lasciare il sole cagliaritano e di trasferirmi a Bologna. Si tratta di una città dinamica che offre diverse opportunità e soprattutto guarda all’Europa. Si percepisce l’integrazione, anche se, nei contesti lavorativi, un bolognese, ha una corsia preferenziale. In questi ultimi anni, le cose sono cambiate anche in questa città, si ha la sensazione del disagio e del pericolo e il flusso di persone appare disordinato e incontrollato. Gli studenti e le loro famiglie preferiscono città più tranquille come Parma, dove certi fenomeni sono sotto controllo e si può vivere in sicurezza. Un dato significativo: quest’ anno, gli iscritti alla facoltà di Ingegneria di Bologna, dove lavoro, sono 23/24 unità. Solamente qualche anno fa, gli iscritti, erano circa 400».
- In che modo è avvenuto il suo inserimento professionale in ambito universitario e questo ha comportato difficoltà, disagi?
«È avvenuto in modo naturale. Mi considero fortunato. Il mio professore di tesi mi ha presentato a un suo collega che mi ha proposto una collaborazione in un progetto. Per un anno mi sono specializzato al Consiglio nazionale delle ricerche. Non ci sono stati strappi, perché ho il privilegio di essere pagato per studiare, come ricercatore universitario. Lavoro presso l’Istituto di elettronica e ingegneria informatica e delle comunicazioni e mi occupo dello sviluppo di un simulatore di rete, più precisamente delle problematiche della rete cellulare in Cina».
- Un emigrante soddisfatto che sta costruendo la propria vita personale e professionale lontano dalla famiglia primaria e dalla sua terra di provenienza?
«Spesso penso alla fortuna che ho avuto nel saltare il Tirreno, vedere cosa ci sta fuori dell’isola permette di apprezzare anche le abitudini. Porto con me il rapporto carnale con il mare, con il sole di Sardegna e stando lontano, comprendo quanto è importante la qualità, in tutti i campi. Vivendo la distanza, acquisisci qualche cosa che puoi portare nella tua terra. Il mio settore professionale offre la possibilità di investire in competenze e tecnologie e personalmente, mi interessa mettere a disposizione dei sardi la mia preparazione».
- Intende dire che vorrebbe tornare in Sardegna, cambiare sia sul piano lavorativo che personale?
«Cambiare significa avere opportunità. L’atteggiamento da adottare è quello di lasciare alle spalle le certezze, mettersi in discussione e accendere la voglia di cambiamento. Io provo costantemente a vedere quale è la strada e penso spesso di tornare, ma ci devono essere le condizioni e la necessità interiore. Noi sardi siamo visti come persone particolari, ricchi di valori, disponibili e testardi. Siamo accolti positivamente, perché accogliamo per primi l’altro. Abbiamo dentro un codice antico che ha radici in una cultura essenziale. Un popolo povero che divide ciò che ha con chi c’è. Essere sardo lo porto dentro come un vanto».
- La sua casa ora dove si trova e le prossime tappe di ampliamento personale e professionale in che direzione vanno?
«A Bologna mi sento ospite e la mia casa è altrove e altrove è la Sardegna: i miei affetti, l’immagine di mia madre che cucina con il cane che gira intorno, la mia compagna Stefania con cui condivido l’idea di vivere nell’isola. Le persone importanti creano l’uomo che sono e anche la mia casa. Per il resto, non procedo per obiettivi, ma cerco di fare le cose che mi piacciono e ci provo, anche se è complicato. Bisogna avere la testa, la capacità di non farsi prendere dall’ansia alla prima difficoltà. Sto lavorando per formarmi, per accrescere le conoscenze e la professionalità. Ogni giorno faccio piccoli passi e li apprezzo, perché sono consapevole che le piccole cose rendono bella la quotidianità».
- Esiste un sogno nel cassetto?
«A parte quello di avere sempre una buona qualità della vita, una casa e una famiglia, mi piacerebbe trovare qualcuno che voglia investire su di me, magari in Sardegna. Oltre al sogno esiste il desiderio di uscire, per provarci ancora a essere protagonista della propria esperienza di emigrante».
Biba

4 - La Nuova Sardegna
Pagina 26 - Sassari

Shoah: film e letture per non dimenticare
Le iniziative in città per celebrare la «Giornata della Memoria»



SASSARI. Il 27 gennaio del 1945 i soldati dell’armata rossa entravano ad Auschwitz. Con la legge 211 del 20 luglio 2000, la Repubblica italiana ha riconosciuto la giornata del 27 gennaio come Giorno della Memoria: “In occasione del Giorno della Memoria sono organizzati momenti di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado in modo da conservare la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia, affinchè simili eventi non possano mai più accadere.” Anche a Sassari, dunque, oggi si svolgeranno una serie di iniziative che ricordano la grande tragedia dell’Olocausto. Si tratta di reading, proiezioni di film e recital di vario genere. Si comincia ai giardini pubblici di via Tavolara, alle 11, dove chiunque è invitato a leggere un breve testo (una poesia, un brano di un sopravvissuto alla Shoah, una propria riflessione, un disegno) in onore delle vittime dei campi di sterminio.
L’appuntamento, dunque, è presso il grande platano della fontana nella parte bassa dei Giardini. Dopo aver letto un pensiero, si potrà anche deporrre una piccola pietra, come gesto simbolico di memoria, a evocare il rito ebraico di omaggio ai caduti. L’iniziativa è promossa dall’Arci, dalla “Botte e il cilindro” e dall’Istituto Sardo per la Storia della Resistenza e dell’Autonomia, con il patrocinio della Provincia di Sassari.
Il Movimento Omosessuale Sardo e Queering Sassari, invece, propongono una rassegna di cinema sulla persecuzione di gay e lesbiche sotto il regime nazi/fascista. Sotto il dominio nazista milioni di ebrei furono deportati nei campi di sterminio, insieme a rom, prigionieri politici e comuni. Non molti sanno però che l’elenco delle “categorie” di persone internate era molto più numeroso e contava, fra gli altri, le persone omosessuali che venivano contrassegnate con un triangolo rosa appuntato sul petto. La condizione degli omosessuali nei campi di concentramento era di gran lunga la peggiore, poiché sommavano la detenzione al disprezzo sociale da parte di altri detenuti che, anche davanti alla sofferenza e alla morte, non riuscivano a superare discriminazione e omofobia.
Per anni, dopo la fine della guerra, i morti omosessuali sono stati taciuti se non nascosti. I pochi sopravissuti subirono quindi una doppia tragedia, quella dei campi di concentramento e quella del silenzio e della vergogna, quasi che fossero stati essi stessi responsabili della propria sorte. L’appuntamento è al circolo Borderline, in via Rockfeller 16/c, alle 20,30, per “Un Amour a taire” di Cristian faure, sulla tragedia dei campi e il silenzio delle istituzioni.
Infine alle 21, presso la sala Ersu in via Padre Manzella 1, si terrà il recital “I canti dai lager, interpretato dall’attrice Elena Pau e da Paola Masa, insieme ai musicisti Marcella Carboni all’arpa, Marco Argiolas al clarinetto e Alessandro Atzori al contrabbasso.




























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