Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 January 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 7 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 21
Ieri convegno alla Banca Cis
Monito della Chiesa: «Politici, più impegno per chi sta peggio»
 
«Gli uomini politici devono ritrovare il coraggio perduto». E se a dirlo sono proprio loro, gli amati odiati politici, c’è da crederci. Tanto più quando il fine è nobile: essere in prima linea con umiltà, come rappresentanti dei cittadini per la missione voluta dalla diocesi. E ieri all’incontro che si è tenuto nella sede della Banca Cis, e dedicato a chi, eletto dal popolo, siede sulle poltrone del potere, hanno assistito politici di vari schieramenti politici (ma prevalentemente di centrodestra). Tra loro il sindaco Emilio Floris, Giorgio La Spisa, Ugo Cappellacci, Gabriele Marini, Antonello Liori, Carlo Melis, Massimo Zedda e Francesco Sergio Pisano, solo per citarne alcuni.
Tra i partecipanti al dibattito c’è chi afferma di essere «bistrattato quando dichiara di essere cattolico, come accaduto a Buttiglione nella Comunità Europea», e chi parla di «quei politici che non si schierano e lasciano fare ad altri, tra gente che giudica e pensa più ai divorzi e al gossip che alla politica vera». Liori non ha dubbi: «Fini, Casini fanno più notizia tra la gente per le loro storie d’amore».
Ed ecco la voce di monsignor Giuseppe Mani: «Si deve separare la vita politica da quella privata perché non si deve giudicare se non l’operato politico. Anche a me ad esempio sarebbe piaciuto un presidente della Francia più serio». Battuta che fa ridere la platea, ma non il relatore Carlo Cardia, ordinario di Diritto ecclesiastico dell’Università degli studi di Roma Tre: «Sapete che Sarkozy di diritto è anche canonico della Basilica Lateranense e che quando venne a visitarla a Roma nel suo discorso ha detto ingiurie che in qualunque altra chiesa non sarebbero state accettate, ma nessuno ha detto nulla? Mitterrand non si sentì degno del titolo mentre Sarkozy ne va fiero. Il problema è che la Chiesa elargisce titoli ad assoluti atei e magari con tre mogli, solo perché sono politici. Che dire poi del nostro re d’Italia: aveva ben 4 scomuniche, ma si dava pure del tu con il Papa nella loro corrispondenza epistolare. Ed è sempre la Chiesa che seppur autori di massacri, assolve tutti in punto di morte».
In programma un incontro di preparazione ai politici in vista della visita del pontefice, prevista per il 7 settembre in occasione della celebrazione della Madonna di Bonaria
Beatrice Saddi
 
 2 – L’Unione Sarda
Quartu S.Elena Pagina 25
municipio
Nuovi tirocini retribuiti per ingegneri
 
Tirocini retribuiti per neoingengeri. L’assessorato comunale ai Lavori pubblici apre le porte ai giovani che hanno conseguito, negli ultimi diciotto mesi, una laurea di secondo livello in Ingegneria. Le tesi devono aver tratto temi legati alla città oppure sulle energie alternative: stessi argomenti affrontati in un incontro con l’Università, organizzato la scorsa estate dal Comune.
Il tirocinio comprenderà l’inserimento in team operativi di progettazione e direzione cantieri. Durerà un anno e si avrà diritto a un rimborso spese non superiore ai 9.600 euro. Le richieste con curriculum devono essere inviate a Comune di Quartu Sant’Elena - Settore Lavori pubblici, via Roma 30, 09045 Quartu Sant’Elena.
Per informazioni si può inviare un messaggio mail all’indirizzo p.gessa@comune.quartusantelena.ca.it. (g. mdn.) 
 
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 22
Educazione allo sviluppo
 
Venerdì a partire dalle 17,45, nell’aula B della facoltà di Economia e Commercio in viale Fra Ignazio, verrà inaugurato il XIV corso universitario multidisciplinare di Educazione allo Sviluppo. Durante la serata verrà anche illustrato il rapporto annuale sulla condizione dell’infanzia nel mondo. Interverrà Vincenzo Spadafora, vice presidente dell’Unicef Italia. Per informazioni si può chiamare il numero telefonico 070/2776034.

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Sassari
Il Rio Mannu torna alle origini 
Al via un progetto delle università di Sassari e Cagliari che coinvolge anche il sito archeologico del Ponte Romano 
 
 PORTO TORRES. Le università di Sassari e Cagliari hanno completato la bozza per i piani di caratterizzazione dell’area fluviale del rio Mannu. Un intervento necessario in seguito all’inserimento del bacino fluviale e dell’ex Ferromin nel sito di interesse nazionale per le bonifiche industriali di Porto Torres. Il progetto per i piani di caratterizzazione è stato redatto dalla facoltà di Ingegneria idraulica dell’università di Cagliari e dal dipartimento di Scienze ambientali dell’università di Sassari, progetto propedeutico al “Pit” per il recupero e la riqualificazione della foce del Rio Mannu.
 Il Pit prevede una serie di interventi che dovrebbero riportare il fiume, compreso il complesso archeologico del Ponte Romano (per il quale esiste però un progetto di recupero a parte) a come era una cinquantina di anni fa. Inoltre dovrebbero essere realizzate una serie di strutture che faciliterebbero la fruizione dell’intero bacino fluviale.
 Il piano di caratterizzazione deve essere inviato all’amministrazione comunale per l’attivazione delle procedure che passano per la Asl numero 1 per arrivare negli uffici del ministero dell’Ambiente.
 Il progetto prevede una serie di carotaggi lungo l’alveo del fiume fino a due chilometri dalla foce, carotaggi necessari per accertare l’eventuale presenza di sostanze di origine industriale, soprattutto metalli pesanti. Sostanze quasi certamente presenti nell’area dell’ex Ferromin, come aveva appurato l’università di Sassari alcuni anni fa, anche se resta da vedere quali sono le concentrazioni di queste sostanze. Solo una volta individuate le sostanze presenti nel fiume, sarà possibile pensare a una eventuale bonifica industriale e quindi alla predisposizione del piano economico che stando a una prima valutazione dovrebbe aggirarsi sui dieci milioni di euro. Il piano di caratterizzazione deve adesso essere esaminato dall’amministrazione comunale (l’ente committente) e solo una volta avuto il via libera dai tecnici del Comune, sarà trasmesso alla Asl e al ministero dell’Ambiente.
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
UNIVERSITA’
Corso sullo sviluppo
 
CAGLIARI. Venerdì prossimo alle 17.45 nell’aula B della facoltà di Economia e Commercio in viale Fra Ignazio, avrà luogo l’inaugurazione del XIV corso universitario multidisciplinare di Educazione allo sviluppo. Verrà inoltre illustrato, alla stampa e alle autorità presenti e ai corsisti, il Rapporto annuale sulla condizione dell’Infanzia nel mondo. Sarà presente il vice presidente nazionale dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora. Per informazioni comitato.cagliari@unicef.it telefono 070/2776034.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 41 - Cultura e Spettacoli
La Fondazione Segni propone l’altare preistorico scoperto nella Nurra come patrimonio dell’umanità 
Monte D’Accoddi sotto le ali dell’Unesco 
Il sito portato alla luce nel 1952 è unico nell’area del Mediterraneo 
 
Che quell’area nel cuore della Nurra nascondesse qualcosa di interessante Antonio Segni lo sospettò intorno agli anni trenta durante una battuta di caccia, ma solo 20 anni dopo si mise in contatto con l’allora giovane archeologo Ercole Contu e lo convinse a lasciare i suoi scavi per l’università di Bologna per tornare in Sardegna e iniziare le ricerche intorno a quella collina confinante con i suoi terreni nel Nord dell’isola.
 Era il 1952: si pensava a una delle tante aree nuragiche (280 solo nella Nurra) ancora da scoprire, ma sotto gli scavi apparve qualcosa di diverso da tutto il resto e ancora molto misterioso. Stiamo parlando del sito archeologico di Monte D’Accoddi, uno dei più belli e importanti dell’archeologia sarda. Certamente il più antico.
 Un complesso megalitico unico nel suo genere e pure con non poche somiglianze con altri siti Maya e Aztechi presenti nello Yucatan e nel Messico o con i basamenti piramidali scoperti in Egitto.
 Ieri Mario Segni in nome e per conto della fondazione intitolata al padre ha proposto ufficialmente l’inserimento del complesso megalitico di Monte D’Accoddi nella lista dei beni riconosciuti patrimonio mondiale dell’Unesco. Se ciò avvenisse sarebbe il secondo in Sardegna dopo quello di Barumini.
 Lo ha fatto nella prestigiosa sede del museo Sanna a Sassari al cospetto di numerosi e prestigiosi ospiti. Fra questi il professor Ercole Contu, il soprintendente ai beni archeologici, Giovanni Azzena, l’architetto Tatiana Kirova, ordinario di restauro al Politecnico di Torino, consulente dell’Unesco e componente del comitato italiano per la lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. Nel tavolo della presidenza anche il professor Paolo Fois ordinario di diritto internazionale alla facoltà di giurisprudenza di Sassari.
 Tutti concordi nel sostenere che l’iter sarà lungo e pieno di ostacoli ma foriero, se il progetto andrà in porto, di enormi ricadute economico-turistiche e culturali.
 Perchè quella imponente piramide con rampa d’accesso che nasconde al suo interno un’altra piramide è davvero unica nel suo genere. «Unica in Sardegna, unica in Italia e nell’area del Mediterraneo. Unica e basta» dice il professor Contu.
 Le difficoltà, se l’Unesco accoglierà nella sua lunga lista anche il sito di Monte D’accoddi, nasceranno dalla sua gestione - dice l’editore Carlo Delfino - chi se ne occuperà?»
 «Tutti, qui non si tratta di chiudere gli steccati delle competenze a comuni, province, regioni. Qui si parla di gestione del territorio in tutta la sua interezza. Si deve iniziare a pensare in termini più ampi, extraterritoriali. Si deve iniziare a pensare a percorsi culturali che vanno al di là dei confini politici e delle gestioni localistiche per costruire una mappa delle civiltà che in gran parte ancora non conosciamo» dice la professoressa Tatiana Kirova.
 E di mistero parla anche Gavino Ledda che si è mosso apposta dalla sua Siligo per cercare di aggiungere qualche tassello a questo enigma: «Questo monumento lo conoscono in pochi è ancora un mistero. Un patrimonio unico nel suo genere per questo andrebbe studiato a fondo, mi piacerebbe occuparmene da scrittore e non è detto che prima o poi non lo faccia per cercare di dare qualche risposta a questo tesoro nascosto nella Nurra».
Giovanna Peru
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Fatto del giorno
Nell’analisi di Antonio Pigliaru le leggi della vendetta sono un codice di guerra 
Le riflessioni dello studioso sono state riusate impropriamente per intendere i fatti recenti di Orgosolo 
di Giulio Angioni 
 
La nozione di vendetta è stata riusata per intendere i fatti recenti di Orgosolo. E si è fatto il nome di Antonio Pigliaru. In effetti, il suo studio «La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico», del 1959, serve ancora più che mille pagine di recriminazione e di rammarico, e forse più di mille sentenze dei tribunali, per capire un aspetto importante del «vecchio» genere di vita della Barbagia.
 Pigliaru guarda alla cultura barbaricina «da un piano d’osservazione estrinseco rispetto a quello in cui il codice si pone, dal di fuori ed alla luce di una diversa filosofia», cioè col suo bagaglio e con la sua esperienza di studioso di diritto colto ufficiale. Sul suo modo di vedere le cose è cresciuta abusivamente l’opinione che Pigliaru abbia una preoccupazione eccessiva di mostrare in positivo, di capire e condividere le «ragioni» di una visione del mondo e di una pratica di vita che si basa anche sul dovere della vendetta. Questa incomprensione si deve alla sua preoccupazione di individuare le ragioni interne di funzionamento di una società che ha senso e ragion d’essere in sé, ma cozza con le ragioni di altri ordinamenti compresenti più o meno diversi nel corso di una lunga storia di subalternità.
 L’inadeguatezza del codice barbaricino, che per Pigliaru è concludente se visto al suo interno, appare invece chiara “quando a questo codice in qualche modo si guardi da un piano d’osservazione estrinseco rispetto a quello in cui il codice si pone, cioè quando a questo codice si guardi dal di fuori ed alla luce di una diversa filosofia o esperienza giuridica, anziché all’interno della filosofia e dell’esperienza che il codice stesso in se stesso esprime e realizza (e per molti versi “rattrappisce”)». Infatti «l’ordinamento giuridico emergente nella pratica della vendetta in Barbagia non si identifica con quegli ordini giuridici che presiedono all’organizzazione della società dei ladroni», bensì si tratta di un aspetto della vita di una «comunità di vita, una comunità storica», che ha un sistema di vita che è «in se medesimo non aberrante». Si tratta di un ordinamento che ha la funzione fondante e garante propria di ogni ordinamento, riflesso o spontaneo, orale o scritto, moderno o arcaico.
 La vendetta non è e non è studiata da Pigliaru «come una pratica individuale, ma sociale, non come pratica di alcuni nella comunità, ma di tutta la comunità»: come cioè una pratica voluta da tutta una comunità «per dare alla propria vita un sistema di certezza» in un mondo umano e in una natura sentita come estranea e ostile.
 Sarà però il conflitto tra ordinamenti, nella fattispecie tra quello barbaricino incentrato sulla norma della vendetta e quello statale ufficiale, il quale ultimo ordinamento è in misura importante «non funzionale alle strutture fondamentali... ed alle forme di vita proprie della comunità originaria» (barbaricina), che si risolve nel banditismo con tutta la sua trista fenomenologia. La «società barbaricina» per Pigliaru ha un proprio «sistema di vita organizzato», che si esprime come ordinamento «in forma autonoma ed originale», sebbene consuetudinario e non esplicito, ma non per questo meno normativo, non per questo meno efficace all’interno della comunità dei diretti interessati. E sarà appunto il compito fondamentale che si propone Pigliaru, quello di esplicitare e stendere per iscritto questo ordinamento giuridico, in articoli e commi, «con il linguaggio proprio della codificazione moderna», nella misura in cui «un istituto arcaico come la vendetta... ammette e sopporta validamente un linguaggio scientifico tutt’altro che arcaico».
 Certamente la norma che bisogna vendicare l’offesa (cioè la vendetta) è solo un aspetto del complesso ordinamento giuridico barbaricino (che mette anche al centro, per esempio, il tener fede alla parola data e la posizione del forestiero e dell’ospite), ma è pur tuttavia un aspetto che «esprime tutto l’atteggiamento di quell’ordinamento del quale è un momento e nel quale esso stesso si giustifica». La norma della vendetta è infatti vista da Pigliaru come introduzione a un sistema di certezza del singolo e della comunità e anche come azione di tutela giuridica, per il singolo, per i gruppi interni come le famiglie e i parentadi, per l’intera comunità e per le comunità più o meno estranee. Di questo sistema Pigliaru rileva «che l’offesa più che poter essere, deve essere vendicata. E ciò non perché un certo istinto primordiale di difesa, d’equilibrio o anche se si vuole di giustizia esiga la vendetta come giusta reazione all’offesa; ma perché l’ordine sociale, il sistema di regolarità che fonda e tutela quell’ordine, ciò impone al suo membro quando esso è stato offeso». Un obbligo sociale, dunque, che discende dal fatto che l’offesa fatta al singolo o a un gruppo interno turba l’ordine sociale, istituendo estraneità e conflitto, che si restaura con l’esercizio della vendetta delegato all’offeso o in subordine al gruppo di cui fa parte.
 La vendetta è, oltre che dovere morale, anche dovere giuridico, perché si configura come castigo, e in questo contesto da «codice di guerra» la nozione di castigo non è incommensurabile con la nozione moderna e civile di pena. Ci sono però difficoltà e aporie intrinseche al codice della vendetta, a parte lo scontro con altri ordinamenti forestieri nel passato e nel presente. Pigliaru ha annotato e chiosato puntualmente i ventitré articoli della sua trascrizione del codice della vendetta. L’ultimo articolo, il ventitreesimo, recita: «L’azione offensiva posta in essere a titolo di vendetta costituisce a sua volta nuovo motivo di vendetta da parte di chi ne è stato colpito, specie se condotta in misura non proporzionata ovvero non adeguata ovvero sleale. La vendetta del sangue costituisce offesa grave anche quando è stata consumata allo scopo di vendicare una precedente offesa di sangue». L’azione vendicatrice come nuovo motivo di vendetta rivela per Pigliaru tutta la sua arcaicità, inefficacia e inadeguatezza come mezzo di restaurazione dell’ordine sociale turbato, e risulta troppo inadeguata come «introduzione a un sistema di certezza» e come «azione di tutela giuridica». Il principio degenera e diventa incontrollabile come appunto le faide interminabili, con le sequele di banditismo. Il codice barbaricino, in questa sua inconcludenza e inadeguatezza, è e rimane un «codice di guerra», «legge della giungla», che regola l’ostilità ma non si pone il problema di eliminarla.

Questionnaire and social

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