Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
07 January 2008
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 4 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e altravoce.net

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 13
Unicef
Un aiuto al Terzo Mondo, corsi universitari al via
 
Sarà inaugurata il 25 gennaio la 14a edizione del Corso universitario di educazione allo sviluppo promosso dall’Unicef in collaborazione con l’Università di Cagliari. Il ciclo di lezioni, intitolato quest’anno “Un impegno visibile per i bambini invisibili”, sarà coordinato dal professor Sergio del Giacco. In programma 12 incontri (da fine gennaio a metà maggio) che si terranno il venerdì dalle 17,45 alle 19,45 nell’aula B della Facoltà di Economia. Destinatari dell’iniziativa studenti e neolaureati, operatori sociali ed educatori, fino ad un massimo di 200 partecipanti. Si parlerà dei bambini sfruttati, della lotta per la sopravvivenza nei paesi del Terzo Mondo, del triste fenomeno dei bambini-soldato e della piaga dell’Aids. Alla conferenza inaugurale interverranno Vincenzo Spadafora, vicepresidente di Unicef Italia, Antonello Arru, presidente della fondazione Banco di Sardegna e l’ex rossoblù Gianfranco Zola (nominato "Goodwill ambassador Unicef" nel 2006). Relatori, docenti universitari, politici, medici, giornalisti e importanti ospiti stranieri. Tra i tanti nomi illustri, i docenti Gianni Loy (Cagliari) e Sergio Vacca (Sassari), il pediatra dell’ospedale Brotzu Giuseppe Masnata, il missionario don Giulio Albanese, i giornalisti Mauro Manunza e Ottavio Olita. Informazioni sul sito internet www.unicef.it/cagliari. 
 
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro Pagina 45
Critiche a un emendamento alla legge finanziaria approvato dalla commissione regionale Bilancio
Nuoro, la rivolta dei veterinari specializzati
 
Parte da Nuoro la rivolta dei veterinari specializzati che rischierebbero, se venisse approvato definitivamente un emendamento alla legge finanziaria già votato all’unanimità dalla commissione regionale Bilancio, di vedersi sbarrata la strada del lavoro nel servizio sanitario nazionale. In pratica la norma vorrebbe prevedere l’assunzione da parte delle Asl di quei professionisti che come coadiutori hanno collaborato dall’esterno per fronteggiare le emergenze (piani di risanamento) come la peste suina africana o la lingua blu. Ci piacerebbe interpretare il tutto come un provvedimento di tutela sociale contro la piaga dilagante del precariato nella sanità pubblica, se non fosse, che si tenta di applicare una determinazione nella più totale inosservanza delle leggi dello Stato», si legge in un documento che da Nuoro sta facendo il giro del Sardegna per arrivare sul tavolo dei consiglieri regionali. Nella presa di posizione si cita tutta una serie di norme di legge che regolano l’accesso al ruolo della dirigenza del sistema sanitario nazionale per denunciare «l’esplicito tentativo di scavalcare i professionisti veterinari specializzati, specializzandi e tutti coloro i quali nel futuro aspireranno ad accedere alle Asl, attraverso percorsi regolari e definiti dalle attuali norme. Tale fatto, oltre a demolire quella che è la certezza del diritto, espropria alla quasi totalità dei veterinari, la possibilità di stabilire in futuro qualsiasi rapporto col Servizio sanitario, sia sotto forma di contratti a tempo determinato che di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato».
Insomma, stando ai contestatori, i coadiutori, non possono essere considerati precari perché non avrebbero né i titoli per lavorare nelle Asl né superato alcuna selezione. La loro immissione in ruolo, con la saturazione dei posti in organico, finirebbe per mortificare anche in futuro l’aspirazione dei veterinari specializzati di lavorare nel settore pubblico. «Colmi di risentimento, protestiamo insieme alle nostre famiglie che con evidenti sacrifici, hanno investito sulla nostra formazione», si legge nell’appello promosso dai professionisti nuoresi che vantano tutti i titoli previsti dalla legge per operare nelle Asl: «Come figli della nostra terra ci domandiamo a cosa siano serviti gli sforzi della stessa Regione sarda che, già da oltre dieci anni, ha attivato le scuole di specializzazione nella facoltà degli studi di Sassari e che da alcuni anni propone iniziative lodevoli in fatto di formazione post laurea (“Master and back”). Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, a cosa sia servito l’impegno e l’utilizzo di tante risorse pubbliche se con un emendamento di poche righe in un attimo si bypassa il lavoro di decenni».

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Fatto del giorno
La comunità orgolese non accetta la riproposizione di vecchi luoghi comuni: «Non siamo chiusi a riccio» 
«Omicidi estranei alla cultura del paese» 
Lo studioso: «Nessuno ha visto? Possibile, ma può essere vero il contrario» 
 
 ORGOSOLO. E adesso parlano loro, i giovani, o giovani adulti che dir si voglia, le forze fattive e le energie migliori della comunità di Orgosolo. Una comunità offesa, umiliata e sconvolta, in questi giorni di guerra che hanno lasciato sul campo di battaglia tre morti ammazzati in sei giorni. Un’offesa che arriva prima, dall’improvvisa e imprevista escalation di violenza, dunque dal fronte interno della comunità, poi dal risalto mediatico che espone ancora una volta ai giudizi pesanti provenienti dall’esterno. Gli stessi che imprimono il marchio a fuoco con su scritto: Orgosolo uguale società omertosa. Non è vero che gli orgolesi non parlano, parlano eccome. Ma che cosa sta succedendo a Orgosolo? «E’ successo un fenomeno di violenza urbana, assolutamente moderna che ha dei caratteri peculiari di una società come quelle di Orgosolo». A rispondere è Andrea Buesca, 32 anni, laureato in giurisprudenza, un master di due anni in contrattazione internazionale in Russia, collaboratore della cattedra di Diritto Privato di Tor Vergata di Roma e della cattedra di Diritto Civile di Sassari. Curriculum a parte, Andrea Buesca è orgolese di quelli che conosce le cose di cui parla. Neanche a lui ha fatto piacere la gogna mediatica di questo giorni della comunità. «E’ venuta fuori una comunità chiusa a riccio, non le responsabilità individuali di alcuni soggetti. Come avverrebbe in qualsiasi altra parte del mondo. Io mi chiedo se chi dà giudizi su Orgosolo sappia con chiarezza che cosa è il paese». Eppure Peppino Marotto è stato ucciso il 29 dicembre alle 10,30 della mattina, al corso Repubblica. Si può non aver visto? «Tecnicamente è possibile. Alle 10,30 del mattino a livello logico c’è unaltissima probabilità che qualcuno abbia visto. Ma c’è l’esatta probabilità al contrario che nessuno abbia visto niente o che qualcuno abbia visto una persona con un passamontagna in testa. Un altro dato da tenere presente è che in una frazione di minuto l’assassino ha avuto la possibilità di passare dal punto della scena del delitto, al lato opposto del paese. Dunque ci sono probabilità che qualcuno non abbia avuto il tempo di vedere». Ma c’è il 50% delle probabilità che chi ha visto non parli. «Ammesso e non concesso che questo sia successo - prosegue Buesca- va detto che: rendere testimonianza a Bologna è semplice, c’è una dinamica sociale che tutela e protegge, qui no. Allora sarebbe interessante capire perché nessuno parla. Se io assisto a un omicidio sul piano astratto quando vengo sentito dall’autorità inquirente ho il dovere di raccontare ciò che ho visto. Ma potrebbe rimanere una candida testimonianza che poi si deve addossare i costi sociali che il testimoniare comporta in una piccola società come quella orgolese. Detto questo però c’è anche un altro dato di cui non si tiene conto: la gente non è deputata a trovare colpevoli e a dipanare una matassa giudiziaria, non ha potere inquirente. Sembra quasi che l’impunità a Orgosolo sia data dall’atteggiamento omertoso della comunità. Non è così; meglio, non sempre è così».
 Dire cosa e stato Orgosolo è fin troppo facile, metaforicamente si potrebbe definire come un cantiere culturale, politico ed economico. Ma che cos’è oggi Orgosolo è tutto da dimostrare. Spiega Peppino Rubanu presidente diocesano dell’Acr: «Orgosolo è un’Acr che conta 450 iscritti, in proporzione agli abitanti è il paese che conta il maggior numero di iscritti a livello nazionale, è una polisportiva che ha una squadra di pallavolo in serie D, una squadra di sooftball in serie A, una squadra di calcio con le diverse fasce nel settore giovanile, una Croce verde, che nell’ultimo anno ha raddoppiato i suoi servizi. E’ un paese dove torna ad esserci un forte fermento politico dopo un decennio di buio: prima della fusione nel Pd c’erano una sezione dei Ds che contava una trentina di dirigenti, di cui molti giovani, c’era un circolo della Margherita con una nuova generazione che emerge. E’ anche un’associazione culturale che promuove ogni anno un Festival della Scienza che si sta rivelando un ottimo catalizzatore di attenzioni». E dunque si può affermare che: «Come sempre la normalità di un paese non fa notizia. Chi aiuta i giovani a crescere non ottiene le attenzioni che ottiene che va a finire sulla cronaca nera. Un altro dato: il fenomeno dello spopolamento a Orgosolo non è presente - continua Rubanu- siamo uno dei pochi paesi che da due anni ha un saldo positivo rispetto agli altri paesi con numeri che scendono a picco».
 Tonino Castangia presidente della Croce Verde aggiunge: «Noi lavoriamo ogni giorno con cento iscritti che si impegnano per il paese. Lavoriamo in silenzio. Gli ultimi fatti di cronaca parlano di schegge impazzite della società, non c’è una comunità malata a Orgosolo». Concorda appieno il presidente della Polisoportiva Franco Meloni: «Abbiamo nella nostra associazione 350 atleti e 40 dirigenti. Orgosolo è molto avanti rispetto ad altri paesi della Sardegna, se parliamo dei servizi che propone. I tre omicidi di questi gironi non fanno parte della cultura del nostro paese. E chiaro però che nella comunità c’è una minoranza che non la pensa come noi».
 Ci sarà pure qualcosa che non va nella comunità di Orgosolo? E’ sempre Andrea Buesca a parlare: «Certo che sì - risponde -. Mi rendo conto che noi abbiamo una nicchia di confronto dentro la quale ci mettiamo solo i nostri affini, poi c’è una parte della società con cui non interloquiamo. Lo confesso: se c’è una responsabilità che io mi sento è questa. Ma la comunità non può essere responsabile degli omicidi di questi giorni».
Maria Giovanna Fossati
 
1 – altravoce.net
Scrittore, poeta o annunciatore alla radio:
gli sbocchi ci sono, e per sfondare
basta una laurea all’Università di Cagliari
di Cristina Lavinio
 
Si lavora anche in questi giorni di festa, all’Università. Così come si è lavorato in questi anni a programmare migliaia di corsi di laurea differenziati, che hanno rivelato, nelle varie sedi e nei vari Atenei, una grande creatività nell’inventare i più svariati corsi di studio interni alle centinaia di classi di laurea del cosiddetto 3 + 2. L’autonomia universitaria, infatti, ha consentito di progettare tanti corsi differenti, benché riconducibili a una medesima classe delle lauree in Lettere, o in Beni culturali, o in Scienze matematiche, e così via.
 
Grande successo di iscrizioni ha avuto, lo sappiamo, qualunque corso di studi che esponesse nella sua titolatura un qualche accenno alla Comunicazione. E chi non ha mai sognato, iscrivendosi in una qualche facoltà umanistica, di diventare giornalista o esperto di pubbliche relazioni? I giornalisti, da parte loro, hanno spesso colto gli aspetti più curiosi di tale scatenata creatività: cito per tutti il “corso di laurea per il benessere del cane e del gatto” scovato tempo fa da un cronista di Repubblica in un Ateneo meridionale, all’interno della classe delle lauree in Veterinaria.
 
Forse anche in nome del fatto che tutta questa creatività ha o dovrebbe avere un limite, non foss’altro che perché continua ad esistere il valore legale dei titoli di studio e dunque, comunque si chiami il corso relativo, una laurea in Lettere è sempre una laurea in Lettere, sono ora arrivati i cosiddetti “decreti Mussi”. Decreti sacrosanti, bisogna dire, dettati dall’esigenza prioritaria di ridurre il numero degli esami necessari per laurearsi (arrivati anche a 30-40 in tre anni) e, nello stesso tempo, la frantumazione dei saperi e delle discipline.
 
I professori universitari sono chiamati a riportare a ragionevolezza la complessiva, smisurata, “offerta formativa” (senza superare, nei corsi triennali, i 20 esami) e a programmare meglio i percorsi di studio degli studenti. Devono dichiarare accuratamente i requisiti di base che gli studenti devono possedere all’atto dell’iscrizione a un corso di studi perché sia plausibile che, nel tempo previsto, riescano a sostenere con successo gli esami; devono prevedere le attività di recupero di eventuali debiti formativi; devono indicare gli sbocchi professionali cui il titolo acquisito può dare accesso e devono indicare le conoscenze necessarie per costruire tali professionalità, scandendole e distribuendole lungo un curricolo fatto di discipline da studiare, di attività e tirocini da realizzare e così via.
 
Si tratta di tenere presenti, in tutto ciò, i cosiddetti “descrittori di Dublino”, cioè parametri concordati a livello internazionale: senza mai perdere di vista lo sbocco finale, si devono dichiarare ad esempio i risultati di apprendimento attesi, articolati in conoscenze e capacità di comprensione, capacità di applicare tali conoscenze alla soluzione di problemi reali, autonomia di giudizio, abilità comunicative e così via. Se presi sul serio, tali parametri possono aiutare a riflettere e a descrivere che cosa è possibile attendersi da uno studente medio (di medie capacità, preparazione, intelligenza: non necessariamente un genio) lungo un itinerario formativo che sia percorribile abbastanza agilmente per acquisire un titolo come una semplice laurea (in tre anni) o una laurea magistrale (nei due anni successivi). Il tutto, ci viene giustamente raccomandato a livello nazionale, senza fretta: gli Atenei hanno tempo fino al 2009-10 per adeguarsi ai decreti del ministro Mussi.
 
Ma all’Università di Cagliari la fretta pare ci sia. Il 2 gennaio di questo nuovo anno, tra un intervallo e l’altro del funzionamento a singhiozzo del nostro server, ho ricevuto via e-mail l’ennesima e più recente stesura degli ordinamenti dei corsi di laurea della Facoltà di Lettere e Filosofia, da discutere e approvare nel Consiglio di Facoltà previsto per il 3 mattina. Finalmente, tra l’altro, sono comparse in questi giorni le “schede Cineca” che ancora mancavano. Si tratta delle griglie, elaborate dal Cineca per conto del Ministero, entro cui riversare tutti i dati relativi ai corsi progettati, con gli elenchi delle discipline previste, i relativi crediti ecc. Tutte cose noiosissime per chi, non addentro ai burocratismi di questo strano mondo della didattica universitaria attuale, ha avuto la pazienza di continuare a leggere sin qui.
 
Ma questa noiosa premessa era necessaria. E chi ha resistito sarà ora premiato da notizie un po’ più interessanti e succose. Infatti, dando uno sguardo ai corsi e percorsi progettati dai miei colleghi, ho scoperto che - tra gli sbocchi professionali previsti - ne comparivano vari, alcuni dei quali, ancora una volta, fantasiosi o improbabili, anche se allettanti (per esempio, “annunciatori e presentatori della radio, della televisione e di altri spettacoli” oppure “dialoghisti, soggettisti e parolieri”).
 
Ho poi pensato a un vero e proprio scherzo vedendo che sia per la laurea magistrale in Filologie e Letterature Classiche e Moderne, sia per quella in Storia era previsto, come sbocco professionale, quello di “scrittori e poeti”. Certo, in questa grande stagione letterario-artistico nostrana, un modo per garantirsi la sua conservazione nel tempo è pensare ad alcune lauree che, dichiaratamente, abbiano sbocco in tale professione molto redditizia, di cui notoriamente moltissimi vivono senza fare nient’altro….
 
 
Come piccolo scherzo innocente e divertente, la cosa poteva andare. Il guaio però è stato quando, nel Consiglio del 3 mattina, ho scoperto che chi aveva previsto quegli sbocchi professionali, e in particolare quello di “scrittori e poeti”, aveva fatto sul serio e veniva preso molto sul serio dai più. Si tratta, è stato detto, di categorie professionali riconosciute dall’ISTAT (e alle diciture Istat rinvia il Ministero con le sue raccomandazioni sulle professioni da indicare); così come è stato detto che non si dovrebbe lasciare il mestiere di scrittore ai medici e agli ingegneri (?!). Meglio, dunque, una laurea in Lettere o in Storia… Così come una laurea in Filosofia dà adito alla “professione” di filosofo.
 
Tutto ciò con buona pace di scrittori, poeti e filosofi (veri), che probabilmente si rivoltano nella tomba o che, se viventi, d’ora in poi dovranno prendere una delle lauree che prevedano tali sbocchi per potersi dichiarare/sentire veramente tali.
 
Guaio supplementare: alle rimostranze dei pochi cui era rimasto il senso del ridicolo, si è risposto con una votazione che li ha messi in minoranza. Perciò, d’ora in poi, per i nostri studenti, si apre anche una luminosa carriera di “scrittori e poeti”, da iniziare in una Facoltà che ha persino abolito, per mancanza di fondi, i pochi laboratori di scrittura esistiti per qualche anno…
 
Quanto alla professione di “filosofo”, non so: ho abbandonato quell’illuminato consesso prima che si votasse. 
 

Questionnaire and social

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