Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 December 2007


Pagina 8
La scienza indiana può attendere
Biofisico-prodigio, 25 anni, rischia di dover lasciare l’Italia
In teorìa è un giovane biofisico indiano di successo. Nei fatti l’Italia lo vuol far fuggire.
di LORENZO PAOLINI
Quel convegno negato negli Stati Uniti, metà novembre, gli va ancora su e giù nello stomaco come un bolo indigesto. La goccia nel vaso colmo, l’insopportabile.
Il permesso di soggiorno d’altronde scadeva a dicembre, il 4, e lui si era mosso con ragguardevole anticipo. Inizio di ottobre, per intenderci. Fotocopie, bolli, conto corrente, nuovo bollo, fila in questura: tutto espletato col rigore dello scienziato. E invece nulla, lo Stato italiano - a oggi - deve ancora rispondere. E Amit Kumar, 25 anni, da Kargali, biofisico di sicuro presente e luminoso futuro, ha dovuto dire addio alla sua fondamentale assise negli Usa. E, con questi tempi, alla fine del prossimo mese dovrà lasciare l’Italia. Ma non si escludono colpi di scena, un nuovo tour, Poste, Questura, telefonate, fotocopie. «La mia professione è fatta anche di incontri, conoscenze, confronti, novità. Ecco perché dico che l’Italia è il più bel Paese del mondo per vivere, Cagliari è stupenda, anche lo stadio dove mi hanno portato, ma di lavorare qui non se ne parla proprio».
Nel dipartimento di Fisica, Cittadella universitaria, c’è un microclima speciale, un caldo secco che ha azzerato i vegetali e steso perfino la patata immersa a metà nel bicchiere d’acqua. Amit è in camicia, in una stanza in cui si parla solo l’inglese internazionale, da quello improbabile con la erre liquida francese a quello indiano tutto nasale. Il suo campo è la biofisica computazionale, simulazioni al computer di qualcosa su cui altrove (Svizzera, Basilea) si fanno esperimenti sul campo. In questo momento il progetto a cui lavora riguarda il modo in cui gli antibiotici entrano nelle proteine, una sorta di complicatissimo piano del traffico del corpo umano davanti alle infezioni. «La ricerca sarà utile, un domani, per capire come costruire medicinali più efficaci».
I dolori del giovane fisico iniziano proprio con l’arrivo a Cagliari. Scopre con stupore che il polo universitario, questo campus alla campidanese, di domenica non è neanche servito dagli autobus e alle 20 dei giorni feriali bisogna esser lesti ad abbandonare la piazza, pena una passeggiata lungo la 554. Quando Amit era arrivato in Europa per specializzarsi dopo la laurea in Fisica nel suo Paese, la prima tappa era stata la Germania, Heidelberg, castello e fiume, un impatto diverso. Ventiquattr’ore di tempo per regolarizzare la sua posizione di cervello extracomunitario, timbro sul passaporto, assistenza sanitaria, tutto in regola. Secondo la norma e il buon senso, insomma: perché fare la stanga alla circolazione delle conoscenze, al passaggio delle informazioni, alla sedimentazione della scienza?
Poi è arrivato il programma Marie Curie, una ricerca europea di prestigio con una buona dotazione di fondi. Concorso superato e affondato. Cioé un contratto di tre anni, sede di Cagliari, duemila euro al mese di stipendio. Amit aveva superato facilmente a Francoforte la scossa del cognome: in India non esiste - no surname - ma Kumar («significa giovane») gli è parso acconcio. Poi però, all’arrivo in Italia, ha scoperto che i traumi possono essere altri e più forti di un’identità nuovo.
«Capisco e rispetto le ragioni della sicurezza, non ho nulla contro la Polizia. Ma in qualsiasi altra nazione, se arrivi per fare ricerca, non tentano di farti scappare prima ancora di iniziare». Il giovane, che ha fatto studi scientifici, non pecca di faciloneria: pignolo, rigoroso fino al puntiglio, cartelline, memorandum, difficile piegarlo. Eppure quando si ritrova imbottigliato in fila per ore con braccianti rumeni, folti gruppi di venditori senegalesi e benemeriti eserciti di badanti ucraine, qualche tentennamento l’ha avuto. Il rapporto di lavoro è nero su bianco per tre anni, ha perfino un contratto d’affitto, un reddito dimostrabile: eppure non basta per chiudere la partita. Permesso di soggiorno per un solo anno, trentotto fotocopie tanto per gradire, magari in duplice copia, visto sul permesso, arrivederci. «Se non ci fosse stata una persona, Tiziana Cubeddu, responsabile degli stranieri all’Università di Cagliari, mi sarei arreso».
Non si può dire che sia uno che si spaventa al primo ostacolo. È nato a Kargali, sud dell’India, non lontano da Calcutta. A studiare però, dalle elementari, è andato nel Nord, Sathya Sai, Institute of higher learning, a Prashanti Nilayam. «Le distanze? Tre giorni di autobus, più o meno, primi viaggi da bambino». L’istruzione, quella specialistica e prestigiosa in particolare, costa tanto e la famiglia ha mezzi modesti. «L’unica soluzione è studiare studiare studiare, vincere i posti per le borse bandite ogni anno per i più meritevoli». Come lui fanno le due sorelle - una ricercatrice farmaceutica, l’altra insegnante - e il fratello ingegnere.
L’arrivo a Cagliari riesce a metterlo in crisi, a piegare una resistenza illuminista. L’ultima è di pochi giorni fa. La Svizzera lo reclama ma il permesso di soggiorno ancora segue misteriosi itinerari. Non c’è, per farla breve. «Ho protestato. Mi hanno detto: parta con serenità, alla frontiera mostri la ricevuta della richiesta. Per maggior sicurezza ho chiamato l’ambasciata svizzera. Mi hanno detto di scordarmelo, le regole italiane valgono in Italia ma non da loro». Un intervento provvidenziale - beninteso, a titolo di cortesia - gli ha prorogato il permesso di due mesi. Poi si vedrà. Per gli Usa niente da fare, neanche una perorazione accademica alla sede romana ha sortito effetto. «Per loro ero un indiano che doveva affrettarsi a lasciare l’Italia perché il visto sul passaporto andava a morire». Fine della fiera: congresso cancellato, pubblicazioni rinviate. Come gli yogurt: anche gli scienziati, a volte, scadono.
paolini@unionesarda.it


Pagina 2 - Cagliari
UNIVERSITA’

Internet senza fili per studenti e Facoltà

CAGLIARI. Gli studenti chiedono servizi innovativi e l’università risponde. Concretamente: ieri è stata presentato nell’aula magna del rettorato il progetto “Internet senza fili all’università di Cagliari”. Cofinanziato dall’assessorato regionale agli affari generali, il progetto punta a favorire l’accesso al web da parte degli studenti. La nuova infrastruttura, naturale espansione di quella tradizionale, aumenta i punti di accesso alla rete d’ateneo anche in zone esterne agli edifici. Ad esempio, internet senza fili sarà possibile in piazza d’Armi e Sa Duchessa, facoltà di Ingegneria, Lettere, Lingue e Scienze della formazione così come nel polo umanistico e giuridico di viale Fra Ignazio, nell’area dell’Orto Botanico, al Palazzo delle scienze nella Cittadella universitaria di Monserrato. E ancora. Con la nuova rete senza fili gli studenti possono accedere ai servizi già erogati attraverso la rete tradizionale. Tra questi: accesso al sito centrale dell’ateneo, ai siti informativi delle facoltà e dei dipartimenti, alla rete internet. Poi vi sono anche altri servizi: sarà possibile iscriversi on line, consultare il calendario esami, l’accesso alle biblioteche, il materiale didattico, la modulistica, l’elearning, la gestione del forum, la verbalizzazione elettronica degli esami e la gestione delle tasse. «Il progetto promuove e rafforza una serie di opzioni avanzate e importanti per la vita degli studenti. Si tratta anche - ha detto il rettore, Pasquale Mistretta - di un primo passo in direzione dell’ampliamento dei servizi chiesti dai ragazzi a fronte di un aumento della contribuzione». Il progetto è costato 620mila euro finanziati dall’università mentre la regione è intervenuta con altri 129mila e settecento euro. «In questi tre anni di governo l’azione della Giunta - ha spiegato l’assessore Massimo Dadea - si è basata su una strategia che privilegia la conoscenza e il sapere. Il progetto, gratuito e senza fili, avviato con l’università rientra in questi binari e abbatte il digital divide». Sul fronte servizi l’università accelera: «Abbiamo acquistato e messo a disposizione degli studenti quarantacinque pc portatili», ha aggiunto Gaetano Melis, responsabile della direzione delle reti. La partita è ancora aperta: altri quarantadue note book di nuova generazione saranno a breve acquistati e messi gratuitamente a disposizione degli studenti.

La Nuova Sardegna
Pagina 10 - Nuoro

Il sardo e il catalano, oggi un convegno sulle due lingue

NINO MUGGIANU

DORGALI. “Sardo e catalano: quale futuro?” è il tema dell’incontro organizzato per oggi dal Centro di Cultura Don Milani. L’appuntamento è nella sala consiliare alle 18. Relatori saranno due esperti delle due lingue: Xavier Lamuela Garcìa, un linguista catalano, docente all’Università di Girona che, oltreché di catalano si occupa anche di lingua occitana, friulana e ora anche di lingua sarda e Diego Corraine: linguista sardo, è stato componente della commissione regionale per la lingua sarda. Corraine attualmente è componente dell’Osservatorio Regionale per la cultura e la lingua sarda e ha ideato e diretto il “Dizionariu Sardu de su tempus nostru”, del cui comitato scientifico fa parte anche il Prof. Lamuela Garcìa. «L’incontro di sabato - spiega Nuccia Fancello dell’associazione Don Milani - verte su un confronto tra due lingue “minoritarie” quali il Sardo e il Catalano. Il Catalano è comunque una lingua che ha ottenuto, anche a livello europeo, eccellenti risultati ed è per questo motivo che i gruppi linguistici minoritari guardano ad esso come al modello da imitare. Attraverso due importantissime leggi (nel 1983 prima e nel 1998 poi) il Catalano ha centrato l’obbiettivo di essere riconosciuta quale lingua co-ufficiale dello Stato di Catalogna insieme allo spagnolo; il catalano è lingua ufficiale nella scuola e nella pubblica amministrazione. La lingua Sarda ha ancora molta strada da percorrere, nonostante che la legge 26 del 1997 abbia gettato le basi per rivendicare l’identità culturale e linguistica di noi Sardi». A seguito della Legge 26 fu nominata dall’Assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Sarda, la Commissione Regionale per la Lingua Sarda composta da 11 linguisti. Commissione che aveva anche il compito di redigere un’ipotesi di normalizzazione ortografica della lingua sarda e di proporre un progetto di unificazione linguistica. «Dal febbraio 2001 la Commissione ha concluso i lavori. Rimane aperto il problema del raggiungimento di uno standard che rappresenti il sardo scritto».



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