Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
12 November 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 2 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 12
I dipendenti del Policlinico
Chirurgia pediatrica «Subito un reparto per i bambini sardi»
 
La Sardegna, dopo la chiusura di quello attivo all’ospedale Santissima Trinità, è priva di un reparto di Chirurgia pediatrica, e ogni anno duemila bambini sardi sono costretti a imbarcarsi per viaggi della speranza per sottoporsi a interventi chirurgici nel resto d’Italia o all’estero.
Per ovviare al problema, sostengono i dipendenti del Policlinico universitario di Monserrato, se ne potrebbe aprire uno nella loro struttura: «Nella nostra sede abbiamo tre sale operatorie modernissime, costate milioni di euro, ma nessuno pensa alla Chirurgia pediatrica. Noi potremmo accoglierla nel blocco N, ad esempio, visto che la Cardiologia, cui sarebbero riservati ben 15 posti letto, esiste già al San Giovanni di Dio».
Con i 6 milioni di euro che la Sardegna spende ogni anno per far operare i piccoli fuori dall’isola, secondo Angioni, si potrebbe far entrare in funzione il reparto del Policlinico, mettendo così fine alle odissee di bambini e genitori: tante famiglie, costrette a sobbarcarsi costi ingenti per soggiornare lontano da casa, in diversi casi hanno dovuto far ricorso a collette di generosità.
I dipendenti del Policlinico chiedono risposte certe alla Regione: «Servono atti concreti. Non è accettabile la mancanza di reparti essenziali come Chirurgia pediatrica o che vengano ridotti al minimo altri come Anatomia patologica».
Il consigliere regionale Pierpaolo Vargiu (Riformatori), nell’agosto scorso presentò un’interrogazione sul caso di un neonato iglesiente trasferito a bordo di un aereo militare per essere sottoposto a un intervento chirurgico di atresia intestinale all’Ospedale Bambin Gesù di Roma. «Avrebbe potuto essere eseguito nel reparto di Chirurgia pediatrica del Presidio ospedaliero Santa Barbara - scriveva il consigliere - ma non era stato possibile, non perché mancassero le competenze chirurgiche, ma perché il servizio di rianimazione dell’ospedale Santa Barbara non avrebbe potuto fornire adeguate garanzie sul decorso post-operatorio». I chirurghi non specialisti, ovviamente, si rifiutano di affrontare operazioni che solo chi è esperto del settore o è un chirurgo generale può eseguire. Con una richiesta: «Che siano pienamente efficienti le strutture che consentano ai piccoli pazienti sardi e alle loro famiglie di trovare nella propria terra di residenza la risposta ai propri bisogni di salute».

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
L’esercito di studenti master and back 
Sono ottocento gli universitari sardi sparsi nei cinque Continenti 
L’esperienza fa crescere professionalmente i giovani e favorisce l’integrazione tra culture 
 
Dalla Queen’s University di Belfast, dove sta perfezionando i suoi studi di veterinario dopo la laurea a Sassari, Antonio Foddai, 33 anni, non ha dubbi: “Il Master and Back? Accelera la modernizzazione della Sardegna, è frutto di menti sottili, ci consente il confronto col mondo e quindi ci fa crescere”. Aggiunge: “All’estero impariamo molto e ci integriamo con le culture locali: nel fine settimana suono in un locale notturno dove faccio spesso l’animatore”. Però? “Però - almeno nel mio caso - se non ci sono gli anticipi in euro di mamma e papà, fuori casa, all’estero non si può stare. Gli ingranaggi e le complicazioni burocratiche sono più vincolanti dell’intuizione e dei percorsi politici. È vero che la Regione sta spendendo per elevare i nostri standard culturali, è stata un’autentica rivoluzione. Ma i denari arrivano in ritardo e noi giovani vorremmo non essere bamboccioni eternamente legati alle nostre famiglie. Credo che anche le banche ci mettano del loro per far dilatare i tempi di assegnazione dei fondi. Sì. Viva il Master and Back, però le procedure amministrative dovrebbero essere direttamente proporzionali all’innovazione politica introdotta. Mi auguro che le cose - che comunque vanno bene - migliorino ulteriormente”. E se il Master and Back venisse abolito? “La Sardegna tornerebbe indietro di secoli. Mi auguro che qualche mente illuminata si dia da fare per rimuovere i freni burocratici”.
 I “masterini” come Antonio Foddai sono ormai quasi ottocento, sparsi nei cinque Continenti (Australia compresa). Il loro identikit coincide con la “meglio gioventù” degli atenei sardi e di quanti già studiano in altre università italiane o straniere. Sono destinati a diventare la classe dirigente di domani. Ed eccoli impegnati a formarsi nei centri di eccellenza sparsi per il mondo. Torneranno? Dopo il Master ci sarà davvero il Back? Presto per dirlo. Gli ostacoli non sono solo sardi ma nazionali. La ricerca scientifica - lo sappiamo col supporto di mille statistiche e ricerche sociali - è tutt’altro che la punta di diamante dell’Italia. La Sardegna inoltre, ancora ultima nel rapporto popolazione-laureati-diplomati, ancora prima nella classifica della dispersione scolastica, per decenni leader nello spreco miliardario di una formazione professionale inutile alle imprese e ai senza lavoro - ha giocato d’anticipo per scrollarsi di dosso questi primati negativi. Ed è presto per azzardare bilanci sulla tentata inversione di tendenza. Meglio, allora, continuare a raccontare le storie di chi sta credendo in questa scommessa basata sull’innalzamento dei nostri livelli culturali.
 Antonio Foddai nasce in una famiglia sassarese del quartiere La Cruzzita. Genitori bancari. Il padre, Costantino, dirigente alla banca di Sassari, la madre (Gabriella Alba, originaria di Villasalto, una delle nipoti di Emilio Lussu) al Banco di Sardegna. Due figli. Alessia, laurea in Lettere, gestisce un centro-benessere. Antonio si laurea in Veterinaria, tesi in Parassitologia con Tonino Scala. Inizia a lavorare subito all’Istituto zooprofilattico di Sassari. “Mi occupavo dell’agalassia contagiosa, per tre anni ho fatto ricerche di laboratorio su una delle patologie più diffuse negli allevamenti ovini dell’Isola”. Ricerca e studio, guardando al microscopio le gocce di latte. “In tre anni prendo la specializzazione in Ispezione degli alimenti di origine animale con Enrico De Santis. Ero interessato in particolare a un batterio patogeno presente nei prodotti a base di latte, principalmente nelle ricotte, soprattutto in quelle non prodotte in Sardegna. Una ricerca utile perché combattere quel batterio specifico significa evitare che, mangiando certe ricotte, si possano avere disturbi come la diarrea o il vomito”.
 Foddai nota subito una differenza sostanziale fra i latticini sardi e quelli che arrivano da oltretirreno. E si rende conto che la qualità sarda non è una favola, anzi. “In Sardegna l’agalassia contagiosa è tenuta sotto controllo anche perché non è eccessiva l’industrializzazione delle aziende agroalimentari. Quelle esistenti si affidano ai tecnici, ai biologi, ai chimici. Ciò evita di perdere il controllo della filiera produttiva, i nostri prodotti continuano a essere genuini, sono visti come alimenti non un “pezzo” da fabbrica. C’è ancora la cultura del prodotto buono e non del prodotto da prezzo anche se la crisi economica spesso può portare a fare scelte al risparmio ma poi si torna al prodotto più genuino possibile. E - in questa ricerca - le analisi sui latticini sono fondamentali tanto per i consumatori che per le aziende”.
 Con questa passione alle genuinità e salubrità dei cibi ecco, nel novembre dello scorso anno, la svolta col Master and Back. Per ottenere il Ph.D., il Doctor of Phylosophy, dottorato di ricerca. La scelta cade in una delle regioni più ricche di allevamenti, l’Irlanda del Nord. Destinazione Belfast. Trova casa nella zona del campus universitario a venti minuti dal laboratorio, condivide l’appartamento con un altro ricercatore.
 “Lavoro per Iaflu, che sta per Agri Food and Land Use anche se i laboratori sono all’interno di un altro istituto, il Mbc (Medical Biological Center) che rimane nella zona Sud di Belfast su Lisburn Road”. La ricerca è sempre riservata agli alimenti, la terminologia si fa molto specifica. “Attualmente mi occupo di amplificazione fagica per la titolazione indiretta di batteri difficili da coltivare in normali terreni agarizzati”. Cioè? “Infetto delle cellule batteriche con un virus, verifico la sua replicazione all’interno delle stesse cellule batteriche coltivate in diverse condizioni di crescita come la temperatura, l’ossigeno, eccetera. Lo scopo è quello che animava i miei primi studi fatti a Sassari: mettere a punto un sistema diagnostico che permetta di studiare la reale presenza e sopravvivenza di questi batteri negli alimenti. Nel mio caso si tratta in particolare del micobatterio della paratubercolosi. Tutto questo è fondamentale per dare ai cittadini, ai consumatori prodotti garantiti, sicuri, senza rischi. In questa ricerca la Sardegna è ben piazzata ma il confronto con altri ricercatori, con altri metodi scientifici può farci solo del bene”.
 È scontato chiedere quali sono le analogie e le diversità fra la ricerca fatta a Sassari quella di Belfast. “Nel sistema anglossassone nel suo complesso emerge una prima differenza: e balza subito agli occhi la maggiore disponibilità economica. Tutto questo porta nei fatti a una maggiore professionalizzazione dei giovani ricercatori. Qui in Irlanda del Nord - ma avviene lo stesso in tutto il Regno Unito - durante un Ph. D ti viene insegnato veramente tutto quello che ti serve per diventare un professionista: fare una scelta e un’analisi critica delle informazioni presenti sull’ Web, non accetti nulla per scontato, tutto va verificato. All’inizio del percorso viene valutata con cognizione di causa la sostenibilità del progetto di ricerca che proponi. Ma soprattutto il progetto di ricerca è sottoposto costantemente ad analisi, c’è comunicazione e discussione fra ricercatore e professore dei dati ottenuti in laboratorio. Tutto ciò consente una crescita vera perché sei sempre in tiro, mai in relax, mai nell’indifferenza o nella routine. Ecco: qui ti rendi conto che il rapporto studente-docente o ricercatore-professore è reale. E ciò in Sardegna, anche nella mia facoltà di Veterinaria che pure ha avuto momenti di eccellenza, è un’eccezione, non più la regola. Il Master and Back ci ha fatto capire due mondi così diversi fra loro”.
 Schiavo della ricerca, dei microscopi, dei vetrini? Neanche per sogno. “Nel tempo libero mi dedico principalmente al ballo caraibico e alla musica, due hobbies che avevo iniziato a curare quando ancora stavo a Sassari e che ritengo molto utili per il relax totale del cervello e per socializzare con persone di altre culture. Vicino a casa c’è un charity pub dove il lunedì e il martedì parte degli introiti vengono devoluti in beneficenza. Talvolta vado in un altro locale per ballare caraibico e dove a volte faccio animazione, si chiama Empire, dista circa 15 chilometri da Belfast”.
 Avviene in un ristorante spagnolo, il Tasca. “Qui conosco il proprietario, Ryan, simpaticissimo. Ero insieme ad altri ragazzi italiani e spagnoli a cui stavo insegnando dei passi di ballo. La sera, oltre a offrirmi la cena, mi dice che è titolare di un altro locale a Bangor dove si ballava caraibico tutti i venerdì. Appena ho potuto sono andato a trovarlo e mi ha chiesto se ero interessato a lavorare come animatore. Gli ho spiegato che lavorando per l’università non avevo molto tempo a disposizione. Abbiamo trovato l’accordo, vado quando me lo consente l’impegno di ricercatore e metto da parte qualche sterlina. Ho creato anche qualche invidia fra altri ballerini perché la mia esperienza sassarese mi aveva permesso di essere già esperto, ma si sa che tutto il mondo è paese e anche in Irlanda del Nord le invidie non mancano, basta non dar loro troppa importanza”.
 E il Master and Back? “Questo è il mio problema principale. Tra poco io compirò 35 anni e probabilmente non sarò più considerato idoneo in base ai requisiti del bando. Avevo chiesto un finanziamento per 36 mesi di studio, domanda accolta, parto per Belfast poi qui mi arriva una lettera dall’Agenzia regionale sarda del lavoro dicendomi che mi avrebbero finanziato solo i primi 26 mesi. È possibile mandare tutto a carte quarantotto per dieci mesi? Ci saranno denari per nuovi bandi, per rettificare alcune norme restrittive? Sono domande che mi pongo io come tanti altri miei colleghi che non vogliono uscire allo scoperto. Io credo che tutto si possa risolvere alla luce del sole, senza sotterfugi, perché l’intento della Regione è quello di farci concludere i corsi di specializzazione”. Diversamente? “In questo malaugurato caso dovrò rivolgermi a una banca irlandese per avere un contratto, loro me lo darebbero, ma mi chiedono la domiciliazione, cioè di restare da loro, in Irlanda. Ma io vorrei, dopo il Master, fare il Back. Con la mia Regione. E tornare a casa. A lavorare per la Sardegna”.
 Quanti “masterini” sono nella situazione di Antonio Foddai? Forse non molti, proprio per ragioni anagrafiche come vedremo fra un paio di righe. Basta dare uno sguardo alle statistiche più generali. L’attuazione del programma Master and Back è affidata all’Agenzia regionale del lavoro che ha recentemente diffuso un monitoraggio sulla prima annualità con le 767 domande ammesse (su poco più di mille presentate). Nel programma del triennio 2005-2008 è prevista l’assegnazione di tremila borse di studio per un totale di oltre 53 milioni di euro.
Le preferenze dei giovani sardi? Svettano, come ormai è prassi consolidata nelle statistiche, le donne con 442 domande rispetto alle 325 dei maschi. La fascia d’età più numerosa è quella fra i 26 e i 30 anni (487 in totale), 17 sono gli ammessi con età fino a 25 anni e 263 dai 31 anni e oltre (caso Foddai). Queste le strade scelte: 15 lauree specialistiche, 202 dottorati di ricerca, 38 corsi di specializzazione in Italia, 308 frequenze ai master tra Italia e Paesi esteri, 190 master di alta specializzazione e 14 diplomi accademici.
I corsi più richiesti (179 sul totale) sono - secondo l’indagine dell’Agenzia per il lavoro - quelli in Scienze economiche e statistiche seguiti (99) da corsi in archeologia e storico artistici, al terzo posto (79 richieste) per Scienze politiche e sociali. L’Europa è il Continente più ambito con 745 domande su 767. Tredici hanno scelto l’America centrale, tre l’Africa e l’Oceania, due l’Asia e una l’America del Sud. In Europa, dopo l’Italia, nelle scelte degli studenti sardi è al primo posto la Spagna, seguita dal Regno Unito e dalla Francia.
 Torneranno tutti? La partita è in corso. Aspettiamo il risultato.
 
 

Questionnaire and social

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