Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 June 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 8 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e Il Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia Pagina 17
Il disastro dei test di ammissione e gli abbandoni delle matricole
 
L’allarme sul livello di preparazione degli studenti sardi era scattato da diversi anni. Ad amplificarlo erano arrivati i disastrosi esiti dei test d’ammissione all’Università, nelle facoltà di Medicina e Odontoiatria. Lo scorso novembre solo gli studenti di Catanzaro, Campobasso e Salerno avevano fatto peggio di quelli cagliaritani. Un verdetto impietoso come confermato dal punteggio medio (27,3) ottenuto nei quiz, di molto inferiore alla media nazionale. Gli studenti di Cagliari tirarono un sospiro di sollievo: la graduatoria infatti era valida solo ai fini statistici. Altrimenti il massacro sarebbe stato devastante: dei 170 posti nella facoltà di Cagliari soltanto 87 sarebbero stati occupati da ragazzi cagliaritani. Il peggior dato dopo quello registrato a Catania. Risultati in media con il 2005, nonostante i corsi organizzati dalle stesse facoltà e le iniziative messe in campo dalle associazioni studentesche. Ma a destare preoccupazione ci furono anche gli abbandoni degli studi universitari dopo un solo anno accademico, con il 18 per cento della matricole che aveva alzato bandiera bianca dopo soli dodici mesi. Durante la presentazione dell’anno accademico fu proprio il rettore, Pasquale Mistretta, a definire «problema sociale» i dati nazionali che collocavano la scuola sarda agli ultimi posti. Purtroppo a distanza di un anno la situazione non è cambiata. (m.v.)
 
2 – L’Unione Sarda
Provincia Gallura Pagina 39
Cervelli assonnati all’esame di mezzanotte
Olbia. L’esperimento notturno alla facoltà di economia del turismo
La notte porterà consiglio ma non buoni voti: a giudicare dagli esiti dell’esame di matematica la novità non ha portato fortuna
 
L’ansia è troppa per lasciare posto a qualche sbadiglio di stanchezza. La tensione è sempre quella che anticipa ogni esame, anche se questa volta niente rientra nella normalità e nella routine della facoltà di Economia e imprese del turismo di Olbia. Con largo anticipo due studenti ripassano al volo qualche formula, gli stramaledetti integrali che proprio non entrano in testa, seduti nella panchina al primo piano dell’aeroporto che si svuota dell’ultimo sbarco di passeggeri assonnati. Aspettano i colleghi ritardatari i due universitari, e il docente di matematica che, questa volta, non farà il solito quarto d’ora accademico. Nel frattempo qualche telecamera inizia a filmare l’evento e qualche curioso del terzo anno fa capolino in tenuta casual. "Ore 23,30", dice uno di loro. Mezz’ora ancora per "The exam night", una specie di guinnes dei primati, che ha il sapore un po’ di una scommessa, un po’ di una burla degenerata in sfida per vedere chi resiste di più. Ma anche di uno strappo alla regola bello e buono. Alla rigidità della professione che Roberto Ghiselli Ricci, docente universitario di matematica, ha voluto infrangere con ironia nell’intestazione del "compito" che a mezzanotte e cinque distribuirà tra i banchetti dell’aula magna ai 14 volontari - rigorosamente a distanza l’uno dall’altro, perché non ci sono agevolazioni per nessuno - dell’esperimento dell’esame notturno. Prova scritta di matematica generale, Olbia 12-06-2007 - The exam night, epitaffio in memoria di una nottata troppo alternativa. «E’ una risposta ad una nostra battuta - sorride Marco Manconi, 44 anni studente con 17 esami e otto ancora per la laurea - qualcuno ha avuto da ridire sull’orario della prima sessione, alle 14 in pieno giugno. Troppo caldo, sonnolenza?». Boutade del popolo della notte che ha trovato il prof in vena di provocazioni, tanto da cogliere la palla al balzo senza tanto da ridire, lasciando spiazzati i duri e puri delle ore piccole. «Per uno come me - continua Manconi - mezzanotte è un po’ troppo a dire la verità. Da un lato, però ho la mente più libera. Perché finito l’orario di lavoro, la sera non ho altri assilli e impegni a cui pensare se non a riposare. Quindi mi sento più concentrato». Ma c’è il segreto dietro. «Vabbè sono rientrato a casa, ho fatto la doccia, cenetta e riposino dalle 19,30». Almeno qualche sconto il professore lo farà in questa prova d’esame? «Macchè - chiosa Salvatore Bacciu - come minimo ci aspetta la bastardata: funzione composta e ciao». Ricetta dello studente modello per le ore piccole? «Due red bull e sono a posto - continua lo studente al secondo anno - altro che caffè». Mezzanotte meno un quarto, il gruppetto cresce, al femminile. Facce tirate per l’ansia, un leggero accenno di sonno negli occhi un po’ arrossati. «Chissà che cosa metterà nel compito?», accenna una di loro soffocando un mezzo sbadiglio. Il verdetto da lì a poco. Quando da una porta scorrevole al piano terra dello scalo commerciale appare Ghiselli sorridente. Tutti in aula. «Siete pronti per il bellissimo esercizio della notte?», ridacchia rivolgendosi agli studenti, nove ragazze, cinque maschietti: «Sembrerà strano - spiega il docente - ma dietro tutto questo c’è il motivo serio degli studenti lavoratori che non potevano presentarsi alle 14. Dall’altra c’è il gradimento di alcuni ragazzi a questo esperimento. C’è la voglia di vedere come si ragiona a quest’ora, come funziona il cervello rispetto all’esame delle 14». Panico. «Studio di funzione: - legge Ghiselli - studiare completamente la funzione di x uguale ad e elevato» eccetera eccetera, e così via per altri quattro esercizi. Tempo fino alla una e 45. «E’ semplice - rassicura - anche un bravo studente di un buon liceo riuscirebbe in parte a risolverlo». Un 21 un 18, 12 cassati. Forse era meglio starsene a letto.
Marco Mezzano
 
 
Provincia Gallura Pagina 39
Facoltà in aeroporto e orari rovesciati
 
Quello di avantieri è forse l’unico esperimento in Italia di esami universitari nel cuore della notte. E, stando alla promessa del professore Roberto Ghiselli Ricci, non sarà l’unica prova in previsione nei prossimi mesi: resta ancora un tentativo per la prova di matematica finanziaria. Singolarità che ben si addice alla Facoltà di Economia ed imprese del turismo olbiese, l’unica università ad essere ospitata in un aeroporto.(m.me.)

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Arriva la Glass-Grass
Lede cervello e polmoni 
Biggio: «Erba con il vetro altamente cancerogena» 
 
ROMA. Arriva dal web (dov’è abbondantemente descritta) la nuova droga. Si chiama «Glass-Grass», (Vetro-Erba), l’erba adulterata. È uno spinello di cannabis con aggiunta di anidride silicia o microsfere di silicio, altamente cancerogena. Si presenta sotto forma di pezzi minuscoli di vetro. È poi lo stesso vetro che permette di aumentarne le dimensioni e il peso. E, quindi, di incrementare in maniera consistente i profitti degli spacciatori.
 «Non conosco ancora bene il fenomeno ma questi pezzettini di vetro alle volte non sono così piccoli come dovrebbero, danneggiando non solo il cervello ma anche i polmoni», ha detto Giovanni Biggio, presidente della società italiana di farmacologia, direttore di Neuroscienze all’università di Cagliari, a margine del convegno promosso dall’aeronautica militare su «Mente e cervello» e sull’abuso di sostanze, soprattutto tra giovani.
 Le prime segnalazioni provengono, su internet, da alcune città inglesi. L’erba con il «vetro», sembra, all’apparenza normale marijuana con molta resina. L’esperto ha ricordato, quindi, gli effetti già conosciuti dello spinello: «La cannabis fa perdere la memoria, chi ne fa uso ha uno stato di percezione alterata e, soprattutto, in macchina può essere pericolosissima perché il cervello non riesce a calcolare bene le distanze», ha aggiunto il professore, sottolineando che la cannabis inibisce soprattutto nell’età dell’adolescenza, quando il cervello si sta sviluppando, dagli 11 ai 23 anni. Poi il cervello matura (nel maschio, mentre nella femmina ciò avviene a 19-20).
 Nell’adolescente, infatti, ha spiegato ancora l’esperto, la dopamina è molto più sviluppata rispetto all’adulto, addirittura più del doppio. Quindi il nucleo è più sensibile alla droga e ciò da più piacere. La corteccia frontale, invece, non è ancora matura. Dunque è a questa età la massima vulnerabilità.
 Ma non basta. «Alcol, cannabis e il non dormire (molto di moda tra giovani), rappresenta il trio killer per i giovani perché rendono il cervello labile», ha concluso Biggio. Dallo stesso convegno è emerso più stress, più depressione, anche sul lavoro, che non risparmia neanche i militari. Quest’aumento dipende dal tipo di vita, dall’alimentazione e dai rapporti con le persone e con i colleghi. Ciò porta all’organismo sollecitazioni che prima non aveva. Oggi, però, è possibile misurare gli effetti, grazie alle nuove tecnologie (pet e rmn).
 «Il cervello funziona in modo dinamico: i neuroni non sono mattoncini fermi, si configurano come polpi che allungano i loro tentacoli e producono una sorta di antenne che captano i segnali. I neuroni sono quindi plastici e così il cervello riesce a superare tutti gli ostacoli». Lo ha sottolineato ancora Giovanni Biggio.
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Sassari
Oggi alla facoltà di Economia 
Carrer Day, opportunità per i laureandi 
 
SASSARI. Si svolge oggi a Sassari, nell’aula magna della facoltà di Economia dell’università di Sassari, in località Serra Secca, la seconda edizione del Career Day, organizzato dalla stessa facoltà di Economia e che mette insieme per un giorno i propri studenti e i rappresentanti delle aziende e del mondo del lavoro.
 Un’occasione da non perdere per chi cerca un’occupazione e chi di contro è alla ricerca di professionalità qualificate da poter inserire in futuro nel proprio organico. La giornata sarà aperta dai saluti di autorità accademiche e istituzionali, poi, dopo la consegna del premio Confindustria al miglior studente della facoltà di Economia per quanto riguarda l’anno 2005/2006, i lavori entreranno nel vivo con una serie di interventi per illustrare agli studenti gli scenari proposti dai vari progetti in corso fra Università e mondo del lavoro.
 Seguirà la presentazione delle aziende presenti (Nielsen, Banco di Sardegna, Endesa, Geasar, Ibm, Leo Burnett, Meridiana, Sella & Mosca, Sisa, Starwood e Fiscali) mentre nel pomeriggio, a partire dalle 16, cominceranno gli incontri con gli studenti che si sono prenotati attraverso il sito della facoltà, e che potranno nell’occasione consegnare i loro curriculum ai responsabili aziendali e ottenere da loro ulteriori informazioni.
 Sarà così possibile saperne di più sulle opportunità di carriera, gli sviluppi professionali, l’offerta di stages e tirocini e l’eventuale fabbisogno di figure professionali per le aziende.
Fabio Fresu 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 14 - Cagliari
SANT’ANTIOCO
Scavi archeologici 
All’inseguimento del Foro romano 
Le ricerche sono orientate in un’area vicina alla via Gialeto 
 
 SANT’ANTIOCO. ome ogni anno i mesi di giugno e luglio sono scelti da Piero Bartoloni, ordinario di Archeologia Fenicio Punica al dipartimento di Storia dell’Università di Sassari, per la campagna di scavi nei siti di Monte Sirai, a Carbonia e del Cronicario a Sant’Antioco.
 Quest’anno si comincia il 18 giugno per terminare il 30 luglio. La novità importante è che, quest’anno i lavori vengono affidati in concessione dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali all’Università di Sassari. Una novità ricca di conseguenze per i siti archeologici sardi. C’è l’opportunità insomma di superare lo scoglio della Soprintendenza ai Beni Archeologici.
 «Ho sempre collaborato benissimo con la Soprintendenza - dice Bartoloni - e sono quarantatre anni che si lavora insieme, chiaro però che lavorare così è diverso. Certo, la collaborazione con la Soprintendenza prosegue». La campagna di scavi è resa possibile dal finanziamento della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari e del Corso di Laurea in Beni Culturali, delle amministrazioni comunali di Sant’Antioco e di Carbonia. Alla ricerca parteciperanno anche i giovani studiosi Michele Guiguis, Carla Perra, Elisa Pompianu e Antonella Unali, assieme ad altri settanta tra studiosi e studenti delle Università italiane di Bologna, Cagliari, Genova, Padova, Pisa, Sassari, Verona, Viterbo, Urbino e spagnole di Alicante, Barcelona, Sevilla e Valencia.
 Come ogni anno al termine della campagna di scavi si svolgerà la consueta conferenza per la presentazione dei risultati. Quest’anno Bartoloni ha organizzato, il 14 e 15 luglio una conferenza sull’ “Epigrafia romana in Sardegna” che sarà tenuta da Maria Belèn, docente dell’Università di Siviglia. Alla campagna parteciperanno anche Laura Mallica, esperta della ceramica rossa fenicia (Red Slip) che costituisce il filo rosso che lega tutti gli insediamenti fenici che dirigerà parte del cantiere e la giovane studiosa antiochense Sara Muscuso, autrice di uno studio innovativo sulla ceramica della necropoli antiochense.
 Dallo studio si evince che la ceramica utilizzata è di tre tipi, fondamentalmente legata ai riti funebri o comunque all’accompagnamento del defunto: anfore per l’acqua, brocche per il vino e coppe per la libagione. «Forse il dato più significativo che sta emergendo da questi scavi - sottolinea Bartoloni - è l’accertata presenza di genti medio orientali, presumibilmente i filistei, nell’area di Sant’Antioco già dall’undicesimo secolo A.C.».
 Bartoloni è alla ricerca del Foro Romano dell’antica Sulci che dovrebbe trovarsi nell’area compresa tra il cronicario e la via Gialeto.
 Vi sono dei terreni che potrebbero essere oggetto di ricerca.
 «Sì, me li hanno anche messi a disposizione - conclude il direttore onorario del Museo comunale -, francamente però avrei bisogno di altre risorse per un cantiere di questo tipo, magari in seguito se ne potrà parlare».
 I due cantieri, sia quello di Monte Sirai, area nuraghe, sia quello antiochense, sono ottima palestra per i futuri ricercatori e archeologi che hanno modo di apprendere sul campo difficoltà e problematiche connesse all’organizzazione di un cantiere di scavo.
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 8 - Sardegna
«Studiare costa e non ti dà lavoro
Ma i nostri studenti non sono asini» 
Il parere del professor Francesco Floris, una vita trascorsa a insegnare 
di Sabrina Zedda
 
 CAGLIARI. Francesco Floris ha poco tempo per parlare della bocciatura della scuola arrivata dalla rivista “Tuttoscuola”, ma lo fa volentieri. A Torino per una riunione su un progetto che coniuga storia e musica, l’ex preside dello storico liceo Siotto, componente dell’Osservatorio regionale di lingua e cultura sarda, e grande studioso di storia e di didattica della scuola, è raggiunto al telefono mentre si precipita all’aeroporto.
 «Non ho ancora visto i dati del rapporto - dice - ma di una cosa sono sicuro: i nostri ragazzi non sono asini».
 - Professore, eppure lo studio di Tuttoscuola è impietoso: i ragazzi sono bocciati soprattutto in matematica, italiano e scienze.
 «Può darsi che abbiano qualche difficoltà in queste materie, ma da qui a dire che sono asini ce ne passa. Anzi: dico che con questa definizione non ci sto».
 - Provi a spiegare che cosa accade.
 «Partirei da due cose su cui occorre far chiarezza: il dato sulla dispersione scolastica e la distribuzione territoriale delle scuole».
 - Sul primo siamo il fanalino di coda in Italia...
 «E’ vero, ma è il dato va letto cautamente. Se pensiamo, ad esempio, a com’era la Sardegna nel Dopoguerra direi che abbiamo fatto dei grandissimi passi avanti».
 - Sul fronte della distribuzione delle scuole, invece?
 «Ecco, qui c’è un problema: mentre in provincia di Cagliari c’è un corpo docente stabile, in altre aree dell’isola il turn over degli insegnanti è spaventoso. Si pensi a quante classi cambiano ogni anno l’insegnante di italiano, per non pensare a quante, nello stesso periodo, lo cambiano anche due, tre volte».
 - Vero, il problema è soprattutto nelle aree depresse, dove spesso gli insegnanti sono di passaggio.
 «Certo, e questo è letale per gli studenti perchè il segreto per il successo scolastico sta nella continuità didattica: quando cambi insegnante tre, quattro volte, non mi sembra che stai facendo un buon servizio ai ragazzi».
 - Sul problema degli organici lei non è il solo ad avere da ridire...
 «Su questo punto la Regione avrebbe dovuto legiferare, così come hanno fatto le altre regioni. Siamo molto, molto indietro».
 - L’alto tasso d’abbandoni invece come lo spiega?
 «Credo sia spiegabile con la drammatica situazione sociale vissuta dalle famiglie sarde: i soldi son pochi, gli studi costano, se pensiamo che dopo il diploma o la laurea qui in pochi trovano lavoro, ce n’è abbastanza perchè un giovane si demotivi».
 - L’insuccesso scolastico in Sardegna è colpa anche d’alcune gravi carenze infrastrutturali. Quali sono, secondo lei, le principali?
 «La prima che mi viene in mente sono i trasporti: solo in provincia di Cagliari il 50% dei ragazzi è pendolare. Significa che gli studenti stanno buttati in città anche al pomeriggio, cosa che in altre parti d’Italia non succede. Come vivono questi ragazzi lo lascio solo immaginare».
 - Le altre carenze invece quali sono?
 «Sono gli spazi: quest’anno in alcune scuole s’è ripresentato il problema dei doppi turni. Penso poi agli impianti sportivi: in tutta Italia si litiga per costruire la seconda o terza piscina e noi, se ci va bene, abbiamo a mala pena una palestra».
 - Insomma, abbiamo un po’ di problemi...
 «Proprio così. Sintetizzando, li chiamerei mancanza di qualità nel servizio. E non asineria».
 
Pagina 8 - Sardegna
«Docenti perno della qualità Ma occorre più formazione» 
Parla Maria Adelaide Soro dell’associazione Diesse che già tre mesi fa aveva lanciato l’allarme Sardegna
Nell’isola pochi laureati e troppi abbandoni degli studi 
 
SASSARI. La Sardegna ultima nelle classifiche di qualità scolastica non sorprende chi denuncia da tempo le storture dell’istruzione nell’isola. “Didattica e innovazione scolastica” (Diesse=, l’associazione professionale degli insegnanti, aveva lanciato già tre mesi fa l’allarme per il “caso-Sardegna”, che lo studio pubblicato dal mensile Tuttoscuola ha evidenziato in tutt’Italia.
 Il convegno “Emergenza educazione: le nostre responsabilità, le nostre proposte”, lo scorso 9 marzo alla Camera di Commercio di Sassari, aveva segnalato cifre poco incoraggianti sull’istruzione sarda. Come il tasso di abbandono scolastico che a Cagliari e a Sassari è vicino al 25%, mentre a Nuoro tocca quasi il 30%. O la percentuale di diplomati tra i 19 e i 34 anni che nell’isola non raggiunge il 50% ed è inferiore di quasi cinque punti alla media nazionale.
 «Non ci meraviglia la situazione in Sardegna - commenta Maria Adelaide Soro, responsabile regionale di Diesse -, piuttosto ci sorprende lo stupore di alcuni esponenti del mondo politico e sindacale».
 In effetti l’emergenza-istruzione arriva da lontano, se si considera che ancora 12 su 100 dei residenti in Sardegna tra i 15 e i 52 anni non sono in possesso della licenza media, il 2% in più che nel resto d’Italia. E le percentuali non in linea con le medie nazionali si trascinano di conseguenza fino all’università: ha una laurea poco meno del 6% dei sardi, un dato che colloca l’isola al terz’ultimo posto di una classifica nazionale chiusa da Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.
 La situazione negli atenei presenta altri aspetti negativi. «Tra gli iscritti di Sassari c’è una percentuale abnorme di fuori corso - prosegue Maria Adelaide Soro -, mentre in generale in Sardegna sono pochi gli studenti attratti dalle discipline scientifiche». Ciò si traduce in un ricambio troppo lento degli insegnanti, nell’età media alta del corpo docente e nella necessità di reclutare da altre regioni i professori di matematica, fisica e scienze.
 «E poi c’è il precariato degli insegnanti - continua Soro, professoressa di latino e greco -. Veniamo da un decennio in cui non ci sono stati concorsi e io stessa sono stata assunta dopo dieci anni da precaria. Tra i miei colleghi ci sono anche precari di 45-50 anni».
 La situazione si ripercuote sulla didattica. Per gli studenti sardi, ai bassi livelli di apprendimento in italiano, matematica e scienze segnalati dalla ricerca di Tuttoscuola, il rapporto Diesse aggiunge anche delle lacune nel “problem solving” (le capacità logiche nella risoluzione di problematiche) rispetto agli altri colleghi italiani. In quanto a capacità di apprendimento la Sardegna e la Sicilia insieme hanno percentuali paragonabili a quelle della Turchia e superiori solo a quelle del Messico.
 Ma la rappresentante dell’associazione insegnanti non si sente di colpevolizzare gli alunni. Anzi li assolve. «Siamo noi- dice- che non riusciamo ad offrire una didattica adeguata. Occorrerebbe una formazione continua che invece non c’è. Gli insegnanti sono costretti a pagarsi di tasca propria i corsi di aggiornamento».
 Forse qualcosa inizia a muoversi dal punto di vista degli investimenti. «Secondo l’assessore regionale ad interim della Pubblica Istruzione, Carlo Mannoni - aggiunge ancora Soro - nell’ultima Finanziaria la Regione ha stanziato quasi 50 milioni di euro per il rafforzamento delle autonomie scolastiche, per contrastare la dispersione e per l’edilizia scolastica».
 Ma per “Didattica e innovazione scolastica” gli investimenti non sono necessariamente garanzia di successo. «La questione di fondo è che gli insegnanti sono il perno di una scuola di qualità: occorre perciò riqualificarli, ripensando profondamente i criteri di reclutamento, varando un nuovo sistema di formazione iniziale e in servizio, prevedendo lo sviluppo delle carriere. Inoltre - conclude Soro - occorre promuovere e rafforzare una rigorosa valutazione esterna delle autonomie scolastiche, i cui risultati devono essere resi pubblici, in modo che le famiglie possano esercitare una effettiva libertà di scelta delle scuole per i propri figli».
Mauro Cappiello
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 35 - Cultura e Spettacoli
Dall’Olocausto ai diritti umani 
L’incontro di ieri mattina con gli studenti liceali di Roma e del Lazio 
 
ROMA. Il piglio deciso, scandisce ogni singola parola per essere sicura che il suo messaggio arrivi chiaro e senza equivoci, lo sguardo determinato e gentile allo stesso tempo, di una persona che ha attraversato le maggiori atrocità del ventesimo secolo: dalla Grande Guerra, attraverso le leggi razziali del’33, fino alla tragedia dell’Olocausto degli ebrei e la deportazione ad Auschwitz appena diciassettenne insieme ai suoi famigliari.
 E’ questa Simone Veil, una icona del femminismo, una delle maggiori protagoniste della scena politica europea e mondiale. Come termine di paragone il pensiero non può che volare verso personaggi del calibro di Indira Gandhi, Golda Meir o Margareth Tatcher. Un carisma infinito che tiene inchiodati alle loro sedie le decine di studenti medi di Roma e Lazio che sono accorsi ad ascoltarla, nella sua tappa nella capitale, del tour italiano, organizzato dall’Università di Sassari, in occasione dei suoi ottanta anni.
 Simone Veil racconta la Shoah e la racconta in modo empatico. Come la raccontano i pochi sopravvissuti a quella tragedia. Descrive la sua ferita mai rimarginata. Racconta le persecuzioni, le discriminazioni, le retate e, infine, l’omicidio di sei milioni di persone, come se fosse accaduto ieri. Perché la memoria tende a rendere presente il passato, a salvare il passato dal logorio del tempo. O come dice la Veil: «Il peggio è sempre possibile». «E’ la sofferenza - spiega la Veil - che mi ha dato e mi da la forza di lottare per i diritti umani. Perché se è vero che la guerra in Europa è lontana, è altrettanto vero che la guerra e sempre presente e può ripiombare da un momento all’altro nelle nostre pacifiche vite quotidiane».
 Le decine di studenti romani e laziali sono ammutoliti e nonostante l’incontro si svolga in francese, con successiva traduzione, ogni pausa effettuata dalla Veil e seguita da un fragoroso applauso, anche di chi non parla e non capisce una parola di francese.
 Al termine del suo intervento è il momento delle domande da parte dei giovani studenti. In molti le hanno scritte su un foglio e le leggono come si può leggere un brano in classe, con incertezza e timidezza. Altri vanno a braccio travolti dal carisma di questa donna che porta i suoi ottanta anni con estrema leggerezza. E le domande non riguardano solo la Shoah ma anche l’attualità e toccano temi spinosi come l’immigrazione e l’aborto. Una giovane ragazza francese parla di «Olocausto degli embrioni», riferendosi ai sei milioni di aborti che avvengono in Europa ogni anno e alla legge sull’aborto firmata e ideata dalla Veil in Francia. Sembra una chiara provocazione, ma l’anziana signora, da donna di antica esperienza quale è, non ci casca e con pazienza ritorna a ricordare gli aborti clandestini, le sofferenze di migliaia di donne vittime di stupro che erano costrette a tenere un figlio che non sentivano loro e conclude: «La legge sull’aborto è necessaria, non è, e non deve essere un metodo contraccettivo. Ai giovani va spiegato cos’è il sesso e cos’è la contraccezione senza pregiudizi». Parole che non ti aspetti durante un incontro sull’Olocausto. Ma da Simone Veil ci si può aspettare questo e altro. Una donna di memoria, una donna che appartiene alla storia, insomma una donna politica, nel concetto più pieno che si può dare a questa definizione.
Andrea Provvisionato
 
Pagina 35 - Cultura e Spettacoli
Il programma al via alle 10 in aula magna: ecco i relatori 
 
Simone Veil oggi è a Sassari su invito del Rettore dell’Università, Alessandro Maida. A partire dalle 10, nell’aula magna di piazza Università, l’ateneo sassarese dedicherà alla Veil una giornata di studi in occasione dell’ ottantesimo compleanno. Titolo: «Una donna per l’Europa, per i diritti umani, contro le discriminazioni razziali».
 Il programma prevede le seguenti relazioni: Predrag Matvejevic’ (Collège de France) «Simone Veil ou l’éthique en politique»; Enrico Ferri (Università di Sassari) «Simone Veil, un esempio»; Katrin Tenenbaum (Università La Sapienza) «Simone Veil, una donna d’eccezione fra ebraismo e femminismo»; Michela Namuth (Brandeins Wirtschaftmagazin, Hamburg) «Simone Veil, per un’Europa delle donne»; David Mc Lellan (University of Canterbury) «Simone Veil, human rights and Europe».
 L’iniziativa dell’Università di Sassari ha avuto l’alto patrocinio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
 
Pagina 35 - Cultura e Spettacoli
«L’etica nella politica»: il tema delle diverse identità europee nella relazione di Predrag Matvejevic’ 
«Contro tutti i nazionalismi» 
Per i suoi ottant’anni la ex presidente del parlamento europeo oggi a Sassari per un convegno organizzato dall’Università 
Anticipiamo uno stralcio della relazione, intitolata «L’etica nella politica», che Predrag Matvejevic’ leggerà stamattina a Sassari durante la giornata di studi in onore di Simone Veil.
di Predrag Matvejevic’
 
Sarkozy prometteva agli elettori francesi la nascita di un «ministero dell’immigrazione e dell’identità nazionale». Ciò non è sembrato accettabile a Simone Veil, che ha trovato la formula ambigua e ne ha proposto un’altra, sicuramente più moderna: «ministero dell’immigrazione e dell’integrazione». Giocare la carta nazionalistica non è nelle abitudini di Simone Veil. La nostra esperienza di Europei ci ha mostrato come una cultura nazionale si possa trasformare in una ideologia della nazione e favorire il sorgere di regimi anti-democratici. Le particolarità nazionali non sono valori a priori: ogni particolarità deve prima passare ad un esame che la confronti con valori più generali, universali. Quante particolarità hanno finito per diventare particolarismi puri e semplici, pericolosi e ignobili! Ciò vale anche per un concetto, quello di «diversità», di cui si parla spesso nella nostra epoca. I valori non risiedono nelle differenze, ma nella relazione tra loro. E ciò è ben altra cosa. E’ solo a partire da qui che la «diversità» può essere difesa senza rischi di chiusure totalitarie.
 Questa presa di coscienza si è inserita anche nella relazione di Simone Veil con il giudaismo. Figlia di genitori uccisi nelle camere a gas, e lei stessa salvatasi quasi per miracolo dal forno crematorio, Simone Veil non poteva certo rinnegare niente che si riferisse alla sua origine. Ma ciò non le ha impedito di sottolineare la laicità che ha segnato il suo percorso personale: «Né mio padre né mia madre erano praticanti... Eravamo totalmente distaccati dal giudaismo. Ci sentivamo ebrei, ma questo era un fatto del tutto accettato, che non aveva (così almeno mi sembrava) grosse conseguenze. Non seguivamo nessuna pratica religiosa. Eravamo una famiglia assimilata alla cultura del nostro paese: nessun legame con le tradizioni». Penso ai tanti ebrei dell’Europa centrale o dell’Ucraina, vicini della mia famiglia paterna russa, che si auguravano una assimilazione culturale e civile mai raggiunta.
 Tutto ciò acquista una importanza particolare oggi, in un momento in cui si affronta la questione dell’Europa, della sua unificazione, alla quale Simone Veil ha dato un contributo eccezionale. Più volte mi è capitato di consigliare una «prova dello specchio» a rappresentanti di differenti nazioni che cercavano più ciò che li separava che ciò che facilitava il dialogo. Grazie al lavoro di una parte dell’intellighenzia, capace di uscire dalle pastoie del nazionalismo e del revanscismo, la Germania ha fatto questa «prova dello specchio» - questo esame di coscienza - meglio della maggior parte degli altri paesi d’Europa che hanno conosciuto nel loro seno le aberrazioni fasciste. Cito nuovamente un breve passo di Simone Veil: «L’Europa così come si è costruita corrisponde alle mie speranze: la Germania ne è un buon esempio, è ormai un paese profondamente democratico, che è capace di confrontarsi criticamente con il proprio passato e di assumere il carico di responsabilità che deriva dal nazismo e dalle atrocità commesse nei lager. L’idea della riconciliazione e dell’Europa è diventata in Germania un vero impegno».
 Questo può aiutarci ad osservare meglio le relazioni dell’Europa con l’altra Europa, quella dell’Est. Relazioni spesso segnate da un passato oscuro, che rende difficile, a Est come a Ovest, guardarsi nello specchio della storia. Molti di noi, io stesso tra tanti altri, hanno perduto i loro parenti nei campi stalinisti. Che cos’è l’ «altro» in questa «altra Europa», in cosa consiste questa alterità? I cambiamenti si sono rivelati più lunghi del previsto. I migliori di noi, all’Est, desiderano un’Europa più aperta rispetto a quella del passato, meno egoista dell’Europa delle nazioni, più cosciente di se stessa e meno soggetta all’americanizzazione, un’Europa più comprensiva e meno arrogante, meno orgogliosa e più accogliente, un’Europa fatta di cittadini che si danno la mano, piuttosto che un’ «Europa delle patrie», le stesse patrie che si sono fatte tante guerre. Ma sono questioni sulle quali è ancora molto difficile trovare un accordo. Io vorrei ringraziare Simone Veil per averci aiutato e, vista la sua autorevolezza e la sua innegabile onestà, la inviterei a continuare a fornirci il suo aiuto anche per l’avvenire.
 Aggiungo, alla fine, qualche nota personale. Ho sentito per la prima volta il nome di Simone Veil durante la guerra d’Algeria. Lei ha osato difendere i combattenti del Fronte di liberazione nazionale algerino; in particolare, Djamila Boupacha, giovane ragazza di 22 anni torturata e violentata dai militari francesi, falsamente accusata di aver deposto un ordigno esplosivo in una birreria di Algeri. Anche altri illustri personaggi si misero in gioco in quell’epoca, gente che non temeva le minacce dell’Oas: Simone de Beauvoir, Françoise Sagan, Elsa Triolet, Gisèle Halimi. Il giovane magistrato, ancora poco conosciuto, Simone Veil, prese allora una certa distanza nei confronti del gollismo. Non potè stare dalla parte di chi considerava la «causa nazionale» un criterio assoluto, sempre prioritario.
 Devo al mio defunto amico Danilo Kis, uno dei più grandi scrittori dell’Europa centrale e della ex Jugoslavia, il seguito di questa storia. Suo padre, ebreo ungherese, trapiantato in Montenegro poi in Voivodina, fu ugualmente una vittima di Auschwitz. Molto duro nelle sue valutazioni sugli uomini politici (nonché sulle donne), Kis mi fece un elogio inaspettato di Madame Veil, una delle poche persone che gli ispirava fiducia. Una decina d’anni dopo, quando il nostro comune amico Joseph Brodsky, il futuro Premio Nobel, fu esiliato dall’Urss (la sua famiglia aveva molto sofferto in Russia), anche lui divenne, per influenza di Kis, un ammiratore di Simone Veil. Il nostro comune maestro dell’epoca era Karl Steiner, un ebreo viennese diventato comunista durante la prima guerra mondiale, dopo la morte di suo padre sul fronte galiziano; un rivoluzionario di professione, come si diceva allora, che partì per l’Urss per dirigervi le edizioni del Komintern e lì dovette subire una pena di venticinque anni di gulag (ne uscì più morto che vivo e scrisse un libro straordinario, la nostra bibbia, intitolata «Settemila giorni in Siberia», prima dell’uscita di «Arcipelago gulag» di Solzenicyn). Ritornato per miracolo da Mosca a Zagabria, Steiner seguiva attentamente gli eventi politici in Europa e - a dispetto del suo scetticismo innato e acquisito - diede un giudizio molto positivo sul lavoro di Simone Veil.
 Conservo, per concludere, un fatto accaduto a me. Dopo essere emigrato in Francia dalla ex Jugoslavia ho chiesto - insegnavo alla Sorbona e al Collegio de France - la naturalizzazione. Ricevetti dal ministro Madame Veil una lettera scritta di suo pugno, che mi consigliava l’iter più corto per risolvere il problema. Non mi era mai capitato prima: ricevevo abitualmente lettere firmate dalle segretarie. Grazie, Madame Veil. Conservo ancora quella vostra lettera.
1 – Il Sardegna
Grande Cagliari – pagina
Università. Contestata la riorganizzazione del personale dell’Ateneo
Amministrazione nel caos
sindacati contro Mistretta
Le decisioni del cda creano malumori tra i dipendenti, attacco alla gestione del rettore
 
Ufficialmente è un riordino. I sindacati preferiscono chiamarlo con un altro nome: caos amministrativo. È questa secondo le sigle dei lavoratori dell’ateneo cagliaritano, la definizione che meglio si adatta ai provvedimenti di riordino  della
dirigenza dell’amministrazione centrale, recentemente approvato con una delibera del consiglio di amministrazione e
fortemente contestato da Cgil, Cisl Uil, Dirstat del comparto dirigenza, e dalle Rsu del comparto personale non docente.
Un fronte compatto che si è scagliato contro le decisioni prese nell’ultimo Cda del 31 maggio scorso. «L’atto di  riorganizzazione», lamentano i sindacati, «ha spostato senza una valida motivazione il settore di gestione di alcuni servizi quali pulizia, portierato e vigilanza, all’interno della direzione che si occupa di formazione, quello della comunicazione all’interno della direzione per l’orientamento, e ancora il settore economato e acquisto beni e servizi all’interno degli uffici finanziari. Su questa modifica si attende ancora oggi di conoscere per quanto riguarda il Rettorato: chi è l’economo, chi è il consegnatario dei beni mobili, chi è l’agente responsabile degli automezzi e del materiale di consumo». Spostamenti di scrivanie e di dipendenti che in certi casi sarebbero in contrasto per i diversi compiti affidati agli uffici: «La gestione di tutte le gare d’appalto per il lavori pubblici », continuano i sindacati, «si sposta all’interno della direzione affari generali generando, di fatto, conflitti fra le due direzioni e frammentando i relativi procedimenti amministrativi ». Insomma: i cambiamenti adottati da Mistretta non sono proprio piaciuti al personale, che attraverso i sindacati ha fatto sentire la propria voce. Nelle intenzioni del Rettore invece, le modifiche recentemente adottate, avrebbero dovuto portare a «una riduzione della frammentarietà delle competenze assegnate, nell’ottica di una organizzazione per processi funzionale al raggiungimento di obiettivi strategici». «Tutto questo», protestano i rappresentanti di Uil, Cgil e Cisl Università, «è il risultato di una riorganizzazione confusa, costruita di giorno in giorno, non concertata e non condivisa con le parti sociali, che produce unicamente riflessi negativi sull’organizzazione del lavoro di tutta la macchina amministrativa, riflessi che ai sensi del vigente contratto integrativo devono essere prima contrattati e concertati con le organizzazioni sindacali e la rappresentanza sindacale unitaria di Ateneo. Concertazione e contrattazione che ancora oggi attendiamo».
Silvia Casula
 
La stangata delle tasse
Un aumento delle tasse universitarie, con punte del 30% in più rispetto allo scorso anno accademico. La proposta verrà presentata dal Rettore nella assemblea di martedì prossimo. In quell’occasione il Magnifico e contestato rettore dovrà confrontarsi con le rappresentanze studentesche, pronte a dare battaglia di fronte ad un ulteriore aumento delle odiate tasse.  
 

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