Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 May 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 2 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Pagina 13 – Cronaca di Cagliari
24 ore – Altre notizie
Psicopatologie in età evolutiva
Domani a partire dalle 12, nel Teatro anatomico di via Ospedale 121 si terrà un seminario sulle “Psicopatologie in età evolutiva” tenuto dalla neurologa Adriana Di Martino. L’iniziativa è del Dipartimento di Neuro-scienze dell’Università di Cagliari. Per informazioni telefonare ai numeri 070/6093509 o allo 070/6093442. (p.l.)

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Sardegna
Canto a tenore inciso nel 1929 
Scoperto un disco del solista dorgalese Agostino Erittu 
Il 78 giri di bachelite fu realizzato a Milano negli studi Edison Bell 
DORGALI. Una grande festa identitaria ancora più emozionante perché inattesa, uno slancio solidale in favore dell’infanzia abbandonata di un Paese lontano, il Brasile: una felicità legata ai suoni ancestrali del canto a tenore. Di fine anni Venti, per di più. Dorgali vive un momento di profondo sentire collettivo che diverrà celebrazione popolare fra qualche settimana, il primo giorno di giugno, e avrà un’anteprima il 22 maggio all’università di Cagliari grazie all’interessamento del professor Gianni Loy, docente di Diritto del lavoro.
 La scoperta riguarda sette canti di cui rimaneva una memoria ormai sbiadita ma si era persa traccia, eseguiti dal coro dorgalese a tenore di Agostino Erittu e incisi in dischi di bachelite a 78 giri nel 1929 a Milano dalla Edison Bell, casa discografica inglese la cui sede lombarda fu distrutta dai bombardamenti alleati nel 1943. I dischi residui erano in raccolte private del Nord Italia. Ci sono voluti molti anni per venirne a capo. «Ma alla fine abbiamo vinto noi», sospira di sollievo il professor Andrea Deplano, noto studioso dorgalese specialista di canto a tenore (è suo il saggio «Tenores» edito da Amd nel 1994, ristampato nel 1997, ormai divenuto un classico) e fresco vincitore di un concorso universitario a cattedra di lingua e letteratura italiana negli atenei stranieri. Riandare anche soltanto alle ultime tappe della ricerca equivale a percorrere labirinti. Vediamo, dal colloquio con Andrea Deplano.
 -Che cosa ne sapevate, in partenza?
 «Che il tenore di Dorgali nel 1929 aveva inciso dei canti a Milano. Il compianto Mario Cervo ne aveva trovato traccia a Tortona, con due canti e documenti cartacei».
 - Dopo questa scoperta dove siete andati a bussare?
 «Alla discoteca di Stato, nata nel 1928. Non c’era nulla e abbiamo capito quasi subito il perché. La discoteca aveva iniziato ufficialmente l’attività nel 1932 e solo a partire da questa data è stata reso obbligatorio il deposito in discoteca di tutte le incisioni fatte in Italia. Nel 2002 Totòi Erittu, figlio della contra di allora, mi disse: ho trovato tre dischi, che mia sorella custodiva a Orani».
 -Trovato il tesoro, come avete proceduto?
 «Siamo andati in Rai da Cristina Maccioni ma il suono che ne risultava non era bello. Nel 2003 con i cori a tenore Battor Moros di Fonni, San Gavino di Oniferi, Funtana Vona di Orgosolo e Santa Lulla di Orune abbiamo costituito la consulta del canto a tenore con la Comunità Montana del Nuorese. Ho continuato a cercare. Nel settembre del 2006 il collezionista di grammofoni Piero Piroddi di Oristano mi ha fornito un disco, il primo, e una prova di stampa per sistemare i canti. Tre dischi e mezzo in tutto, sui cinque che erano stati incisi. Sette canti su dieci».
 -Morale della favola?
 «Questi dischi hanno dormito in qualche magazzino ma finalmente possiamo dirci soddisfatti. Spero che vengano fuori gli altri tre canti, quelli dei balli. Così potremo dimostrare ancora più chiaramente quanto abbiano torto certi etnomusicologi che ipotizzano di datare la nascita del canto a tenore ai primi del Novecento».
 -Avete saputo qualcosa anche sui giorni dell’incisione?
 «Quello lo sapevo già, dal solista Agostino Erittu: in tarda età, nel 1979, tziu Austinu mi aveva raccontato che in sala registrazione i cantori erano stati sistemati male, uno a ogni angolo della stanza. E noi sappiamo quanto sia importante il contatto fisico tra cantori. E gli sguardi d’intesa, anche».
 -Gli sguardi?
 «Certo, gli sguardi. Quando il canto è in corso gli sguardi sono essenziali: quello del basso che incita la contra a velocizzare l’andatura e viceversa, o quello della contra che manda messaggi alla mezza voce. Quando si canta, l’unico linguaggio possibile è quello degli sguardi. Ma non solo.»
 -Che vuol dire?
 «Una contra di Dorgali quando cantava con particolare piacere perché il ritmo del coro lo soddisfaceva, era solito dare delle pacche sulle spalle del solista».
 -Dunque questi hanno cantato alla cieca?
 «Possiamo dire proprio così».
 -Te ne saresti accorto, se non l’avessi saputo?
 «Sì, perché la voce si sente lontana».
 -Ma la qualità del suono?
 «La qualità del solista è una meraviglia: la voce di Agostino Erittu era bellissima. Ma se avesse cantato in posizione giusta il risultato sarebbe stato diverso».
 -Il disco documenta anche l’evoluzione della parlata dorgalese tra la fine degli anni Venti e i giorni nostri. Come?
 «Da quelle incisioni abbiamo la prova che certe parole ancora di genere femminile negli anni Venti-Trenta oggi sono diventate maschili».
 -Per esempio?
 «Una àrvore, figura nei mutos. Oggi la parola àrvore (albero) è maschile: unu àrvore. Altrettanto per sa sartitza (la salsiccia): oggi diciamo su sartitzu. Altre parole usate dal coro del 1929 sono scomparse dalla parlata di Dorgali. Come il verbo affannare nel senso di allevare con sacrificio. Le incisioni del 1929 sono la testimonianza di un canto di settantotto anni fa ma anche un documento utile alla lingua e alla poesia».
 -I testi dei canti ripubblicati sono tutti di autori dorgalesi.
 «È un altro grande pregio del documento. Ignazio Serra era un poeta di Dorgali che viveva nella penisola, la mezzavoce del coro Andria Cadone improvvisava e scriveva: qualche anno prima di morire pubblicò anche un libretto di versi. Il solista Agostino Erittu altrettanto».
 -Altri pregi?
 «Uno viene senz’altro dal ritmo, che oggi purtroppo si è velocizzato. Il degrado ha preso piede dagli anni Cinquanta in poi. Lo si nota soprattutto nei mutos, si cambia in peggio. Nei mutos del tenore del 1929, invece, il ritmo è quello naturale, di grande bellezza. Un altro pregio è costituito dai gosos, che a Dorgali si cantano in ottonari ma anche in senari. Testi molto belli, di don Zuanne Mulas».
 -Cosa rappresenta per te il canto a tenore?
 «Il tenore è lingua e poesia. È storia di uomini, storia di Sardi e della Sardegna. Dunque bisogna riandare anche indietro. Se uno mi dicesse che la lingua italiana è quella che parliamo oggi gli farei almeno una domanda: e Dante dove lo mettiamo?»
 -A un certo punto della tua vita scopri un tesoro nascosto proprio nel tuo paese natale. Predestinazione?
 «No, un titolo nobiliare del mio paese. Ma non è solo di Dorgali, vale per la storia del canto a tenore. Spero che parta un nuovo interesse per tutto il canto sardo. Prendi a esempio i gosos. In questo disco si scopre uno stile che non trovi in altri luoghi: cantano tutti insieme. Nei gosos di Tzeleste Tesoro c’è anche la forma campidanese, che vive insieme con quella logudorese nello stesso canto».
 -Sì, ma per la tua appartenenza dorgalese che cosa rappresenta?
 «Una festa più grande. Come dorgalese sono felice di essere stato il primo a occuparsi sistematicamente di canto a tenore».
 Il disco non è in vendita. Il resto gli interessa poco. Il suo rammarico, invece, viene dalla faciloneria di certi giudizi esterni sul canto a tenore: «Non si distingue nella qualità, tutto fa brodo». I nostri padri antichi padri dicevano: l’asino preferisce la paglia allo zafferano.
 
2 – La Nuova Sardegna
 
3 – La Nuova Sardegna
 
 

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