Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 March 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 8 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Commenti Pagina 19
Provvedimenti urgenti per l'università
Critica alla riforma "bocconiana"
di Gianfranco Sabattini*
Roberto Perotti e Guido Tabellini sono tornati a trattare, su Il Sole 24 ore, un tema a loro caro, ovvero la critica del sistema di governo delle università italiane. L'occasione è offerta dalla decisione del ministro Mussi di sospendere l'applicazione dei risultati della valutazione delle università italiane cui è pervenuto il Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) per la ripartizione dei finanziamenti statali tra i diversi atenei nazionali. Perché questa decisione? La ragione sarebbe da ricondursi alla volontà di non voler ridurre i finanziamenti alle università peggiori. Se così stessero le cose, la decisione del ministro sarebbe doppiamente erronea. In primo luogo, perché i "peggiori atenei" non sarebbero costretti a cambiare; in secondo luogo, perché l'eventuale riduzione dei finanziamenti non determinerebbe, necessariamente, il mancato funzionamento degli atenei "penalizzati". Questi, infatti, potrebbero fare fronte alla penalizzazione con l'innalzamento delle tasse e l'istituzionalizzazione di un sistema di borse di studio. In questo modo, se gli studenti dovessero reagire indirizzandosi verso le università migliori, premiate dai maggiori finanziamenti e non costrette ad elevare le tasse di iscrizione, la distribuzione delle risorse in funzione del merito consentirebbe di raggiungere l'obiettivo tanto agognato di indirizzare risorse e studenti verso le strutture più efficienti; fatto, questo, che costituirebbe, per le università penalizzate, il necessario stimolo a migliorare. La proposta di Roberto Perotti e Guido Tabellini, per quanto interessante, è però affetta dal limite che solitamente è presente in tutte le proposte "bocconiane" che da tempo in Italia si succedono e che da sempre si traducono in "provvedimenti urgenti per l'università". Questi non coinvolgono mai dalle fondamenta l'intera struttura organizzativa dell'università italiana. Si potrà osservare che un simile approccio al problema della modernizzazione degli atenei nazionali è destinato a sicuro insuccesso, a causa dei molti vincoli che, allo stato attuale, pesano sulla loro organizzazione complessiva e sulle modalità di svolgimento delle loro funzioni: eredità storica, consolidamento degli interessi corporativi in essi presenti, malinteso senso dell'autonomia loro concessa, ecc. Tutti vincoli, questi, che - sino a quando non saranno rimossi - faranno pesare su qualsiasi riforma parziale si intenda realizzare, l'esteso conflitto di interesse dei riformatori. Questi, infatti, anziché considerarsi "materia" di riforma, propendono sempre per l'introduzione di cambiamenti compatibili con la salvaguardia dei loro interessi particolari economici e di carriera. La logica riformistica intrinseca ai provvedimenti urgenti non paga; essa consente, come l'esperienza insegna, di affrontare di volta in volta uno dei tanti problemi dell'inefficienza complessiva dell'università, trascurando, ovviamente, le sue interconnessioni con i tanti altri problemi che nell'insieme connotano l'inefficienza complessiva. L'esempio in proposito è offerto dai recenti provvedimenti sul riordino dei corsi universitari, con i quali è stata introdotta la cosiddetta laurea breve, la cui regolazione in termini di contenuti formativi è stata delegata alle singole facoltà universitarie. Tali contenuti sono stati pensati e istituzionalizzati con percorsi didattici, non in funzione delle aspirazioni degli studenti, riflettenti gli stati di bisogno ambientale, ma in funzione degli interessi di quella parte di docenti che, maggioritaria all'interno dei singoli Consigli di facoltà, ha imposto le sue scelte, prescindendo da ogni reale esigenza riformatrice. Può l'Italia uscire dal "tunnel" della logica dei provvedimenti urgenti? Certo, a patto che si decida di progettare un modello complessivo di nuova università, la cui attuazione, sia pure con il coinvolgimento dei singoli atenei, avvenga in presenza di controlli i più estesi e sofisticati possibile, al fine di rimuovere il conflitto di interesse che connota in negativo, come sinora è accaduto, qualsiasi ipotesi di riforma parziale. Ovviamente, la scelta del modello non può essere materia di esclusiva competenza delle singole facoltà, in quanto dovrà essere oggetto di una scelta politica socialmente condivisa, che tenga anche conto delle modifiche istituzionali che stanno consolidandosi nel Paese. Se ciò accadesse, cesserebbe la prassi di presentare questa o quella proposta di riforma parziale, in quanto la logica intrinseca al modello complessivo adottato suggerirebbe quali provvedimenti di volta in volta approvare in funzione del risultato finale da perseguire. Ma cesserebbe anche la moda di avanzare proposte parziali, prescindendo dalla necessità di assicurare, da tutti i punti di vista, una preventiva paritaria base di partenza a tutti gli atenei nazionali. *Università di Cagliari
 
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 59
Sassari Pregare in sardo, l'ultima fatica di Turtas
Verrà presentato questa sera nell'Aula Magna della facoltà di Lingue e letterature straniere dell'Università di Sassari, l'ultimo libro di Raimondo Turtas "Pregare in sardo", curato da Giovanni Lupinu e pubblicato dalla casa editrice Cuec di Cagliari. All'incontro parteciperà il professore di filologia romanza, Paolo Maninchedda, che introdurrà il tema della liturgia in lingua sarda affrontata dall'autore nel libro. La presentazione, organizzata dalla Libreria Koinè in collaborazione con la CUEC, si inserisce nell'ambito dell'iniziativa Libri Sardi in Vetrina che questo mese promuove i libri della casa editrice di Cagliari. Raimondo Turtas, già autorevole professore di Storia della Chiesa presso l'Università turritana, è autore di una ricca serie di studi, tra cui una fondamentale Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila. Le tematiche discusse nel saggio, introdotto da Giovanni Lupinu, toccano una variegata gamma di temi connessi all'uso della lingua sarda nella liturgia. Si spazia dai conversos e cumbessias, risalenti al Medio Evo, all'applicazione del Concilio di Trento in Sardegna, ai gosos e il culto dei morti. (m.c.)
 
3 – L’Unione Sarda
Week Viaggi Pagina 37
Dentro il cuore della miniera
Dal nostro inviato Giancarlo Ghirra
Carbonia. Quel luogo a due chilometri dal centro della città così suggestivo con i suoi reperti di archeologia industriale ha ospitato sino al 1964 la più grande miniera italiana, arrivata a produrre nel 1947 un milione e 200 mila tonnellate di carbone. Non si vedono più sotto l'ingresso della lampisteria le migliaia di biciclette che portavano al lavoro i minatori, ma il cuore di Serbariu (la Grande miniera, estesa 33 ettari) ha ripreso a pulsare 42 anni dopo la chiusura delle gallerie e dei pozzi nei quali il carbone veniva estratto dalle viscere della terra a prezzo di durissime fatiche. Dove i lavoratori consegnavano ogni giorno la medaglietta di riconoscimento e ritiravano le lampade con le quali iluminavano la loro dura giornata c'è oggi un museo. Nelle gallerie dove sudavano per strappare alla terra il carbone, c'è un percorso didattico-storico sui metodi di estrazione, reso suggestivo da pezzi di modernariato quali i castelli accanto alla sala argani. Nella lampisteriaÈ un museo particolare, perché non raccoglie oggetti d'arte, ma momenti della storia e della vita di una comunità operaia. Il percorso si apre fra pannelli e vetrine nei quali sono esposti diversi tipi di lampade, le batterie che le alimentavano, gli attrezzi da lavoro, gli strumenti di uso quotidiano, i documenti e le buste paga, oltre a filmati e fotografie d'epoca. Ecco Benito Mussolini che inaugura Carbonia il 18 dicembre del 1938, proprio a bocca della miniera che aveva iniziato la sua attività nel 1937. La nascita di CarboniaLa città diventa il centro di attrazione di uomini e donne provenienti da tutt'Italia oltre che da tutta l'Isola. Nel nome dell'autarchia, quella miniera estesa con pozzi sino a 179 metri sotto terra, deve fornire energia all'industria italiana, su tutte quella bellica. Curiosamente, la città fondata dal capo del fascismo diverrà, raggiungendo una popolazione di 45 mila abitanti (oggi è sopra i 30 mila) uno dei centri di organizzazione sindacale più forti dell'Isola, con una forte presenza del Partito comunista e delle sinistre. Saranno le grandi lotte operaie, su tutte lo sciopero di 72 giorni del 1948, a salvare dalla chiusura le miniere, anche se i lavoratori scenderanno via via a 5 mila, dopo aver toccato nel 1947 il picco di 14mila. Oggi, a pochi chilometri da Serbariu, dove la produzione cessò nel 1964, a Nuraxi Figus si estrae il carbone e recentemente sono stati assunti anche giovani. Città e minierall disegno urbanistico mostra come città e miniera siano state concepite come un'unità di relazioni urbane, produttive e sociali. Al centro si trova la Piazza Roma intorno alla quale sorgono la Torre Littoria (oggi Torre Civica) il Municipio con piccoli portici, la Chiesa di San Ponziano patrono della città, il Dopolavoro, il Cinema-Teatro e due grandi fontane. Caratterizzata dai tipici elementi della città di fondazione, Carbonia intende oggi proporsi come città-museo della moderna architettura razionalista. Nelle galleria sotterranea A Serbariu sono al lavoro i (pochi per ora) dipendenti del Centro italiano della cultura del carbone, voluto dal Comune e dal Parco geominerario, che gestiscono il Museo sotto la guida di Antonello Murgia, direttore di un museo che ogni giorno cresce, «anche perché-spiega-ogni giorno acquisiamo nuovi reperti offerti dagli eredi dei vecchi minatori o scopriamo noi stessi nuovi oggetti o documenti». Un passato da dirigente industriale, il direttore è figlio di un minatore, proprio come Mauro Villani, che accompagna nella galleria i visitatori italiani e di lingua francese, mentre due guide parlano perfettamente l'inglese e una (discretamente) il tedesco. Mauro Villani racconta la galleria nella quale sono illustrate le tecniche di estrazione e coltivazione dagli Anni Trenta a oggi. Molto interessante è apprezzare la tecnica degli armatori, ai quali era affidato il compito di impedire frane e crolli in un ambiente ad altissimo rischio: ben 128 sono stati minatori morti sul lavoro a Serbariu in 37 anni, e agghiacciante il fatto che nei locali dell'attuale direzione c'era sino al 1964, oltre all'infermeria, anche la sala mortuaria. Le impronte dei minatori Oggi le miniere sono luoghi di lavoro più sicuro, almeno in Italia, e si possono osservare macchinari moderni, come il minatore continuoche avanza scavando il minerale con una potenza spaventosa. Accanto alla lampisteria ci sono ancora le docce, con il sapone dell'epoca, e un telo nel quale i minatori ormai in pensione sono stati invitati a lasciare le impronte delle mani: nere come il loro corpo quando uscivano dai pozzi dopo una giornata di lavoro fra polveri e rumori assordanti. Nei filmati alcuni raccontano la propria storia, e tanto materiale è ancor in arrivo in un museo aperto soltanto dal 3 novembre. La sala arganiFra i luoghi più interessanti da visitare c'è la Sala argani, dalla quale si manovrava la discesa e la risalita delle berline cariche di carbone e delle gabbie,gli ascensori che portavano giù nei pozzi o su verso la superficie i minatori. E proprio accanto alla Sala argani ci sono i due castelli con quello stile da vecchio far west che colpisce molto sul piano estetico. In pochi anni castelli, argani, pozzi, gallerie, casa del direttore, sono stati strappati all'abbandono, al vandalismo, all'occupazione di gruppi di nomadi trasferiti altrove. Il modello Lingotto Il sogno degli amministratori di Carbonia e del Parco geominerairo è fare di Serbariu un piccolo Lingotto (la vecchia fabbrica della Fiat a Torino) trasformando la Grande miniera in centro culturale e polo tecnologico e scientifico sul quale ricostruire l'identità della città e le prospettive di un nuovo sviluppo. Non lontano dal refrigeratore in cemento armato, nel complesso dei padiglioni della torneria, delle forge e della falegnameria sarà localizzata una struttura destinata all'alta formazione universitaria in Urbanistica e Scienze minerali e ambientali. Nel padiglione delle ex officine, ci sarà la nuova sede del Museo di Paleontologia e Speleologia. Notevole, nel magazzino dei materiali il Centro per lo sviluppo di tecnologie di utilizzazione pulita del carbone. visiteIl Museo del carbone (chiuso il lunedì) apre dalle 10 alle 18. La visita guidata della galleria (gruppi non superiori a 20) dura 45 minuti. Gruppi e scolaresche possono usufruire su prenotazione della visita guidata di tutto il sito, tutto l'anno a partire dalle 9. Il Museo è accessibile anche ai disabili. Molti percorsi sono percorribili anche in carrozzella. Il biglietto costa 6 euro (ridotto 4 per gruppi di almeno 25 persone, ultrasessantenni e bambini da 6 a 12 anni). Per informazioni e prenotazioni 0781 /670591-62727. Indirizzi di posta elettronica: prenotazioni@museodelcarbone.it; info@museodelcarbone.it. Il sito internet è www.museodelcarbone.it
 
 
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 30
Università
Bando per 117 borse di studio per laureati
La Direzione Orientamento e Occupazione dell'Università ha pubblicato un bando per l'assegnazione di 117 borse di studio, dell'importo totale di 1050 euro più Irap. Il contributo è riservato a laureati che abbiano iniziato o intendano iniziare un tirocinio presso aziende private o enti pubblici nel periodo tra il 2 Gennaio 2007 e il 10 Aprile 2007. I tirocini devono concludersi entro il 10 Luglio 2007. La scadenza per la presentazione delle domande di adesione è fissata al 23 marzo 2007.

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Nascono i centri di competenza che faciliteranno il rapporto tra ricerca e produzione 
Tecnologie per l’industria 
La Sardegna farà da capofila delle biologie avanzate 
di Roberto Paracchini
CAGLIARI. Si chiamano Centri di competenza tecnologica e coinvolgono le sei regioni del vecchio «obiettivo uno»: Sardegna, Sicilia, Puglia, Basilicata, Campania e Calabria. L’obiettivo che li ha fatti nascere è quello di stimolare il rapporto tra università e imprese su sei argomenti: agroindustria, rischio ambientale, nuove tecnologie, Ict, biologie avanzate e trasporti.
 Impresa e ricerca, un matrimonio ancora difficile: in Sardegna anche in termini di semplici unioni di fatto. E questo nonostante il settore ricerca-sviluppo venga considerato indispensabile per l’innovazione dei prodotti e del processo che li realizza. Il che, detta in parole povere, significa creare merci competitive e di valore. Da qui l’idea dei Centri di competenza tecnologica (costituiti come società consortili), intesi come una «casa comune delle imprese, delle università, delle Camere di commercio e degli enti di ricerca per l’innovazione legata al trasferimento tecnologico». E per rendere appetibile il tutto il governo centrale ha stanziato circa dieci milioni di euro per ogni filiera (alla Sardegna arriverà un milione per comparto).
 Ogni regione funge da capofila per tutte le regioni in una delle sei aree di ricerca. Il comparto guida della Sardegna è quello delle biologie avanzate con Sassari come sede centrale (Bruno Masala, già preside della facoltà di Scienze dell’ateneo, è il presidente del consorzio specifico). Sempre nella capitale del nord Sardegna vi sarà anche il punto di riferimento locale per l’agroindustria e l’agroalimentare. Cagliari, invece, guiderà il Centro isolano per l’analisi e la prevenzione del rischio ambientale, quello per le nuove tecnologie sulle attività produttive, l’Ict-tecnologie avanzate e le ricerche-sviluppo sui trasporti.
 «In Sardegna è previsto che al bando nazionale - spiega Franco Meloni, dirigente delle relazioni esterne dell’ateneo cagliaritano e direttore delle quattro società consortili cittadine - seguano ulteriori provvedimenti di sostegno, cofinanziati dalla Regione con fondi Por a beneficio delle imprese sarde». Fare ricerca ha, infatti, un costo molto alto: da qui la necessità di un supporto. Nell’isola esiste anche Polaris, il parco scientifico e tecnologico, con cui «i nuovi Centri di competenza tecnologica dovranno collaborare in modo intenso - prosegue Meloni - va detto che queste società consortili sono state costituite in tempi molto rapidi: per poter partecipare al bando ministeriale». E così l’università, come istituzione, si trova di fronte a una materia «per noi nuova che implica anche competenze manageriali».
 Queste nuove strutture sono finalizzate alla promozione dello sviluppo scientifico-tecnologico delle imprese (in particolare delle piccole e medie). «Ma per fare questo - precisa Meloni - i vari centri devono essere dotati di una massa critica di risorse materiali (finanziamenti e strutture dove operare) e immateriali (il know how) idonee a fare dell’innovazione uno dei motori dello sviluppo locale». In sintesi i Centri dovranno svolgere la funzione di intermediari della ricerca e dell’innovazione tra mondo dei laboratori e tessuto produttivo. Mission molto simile a quella di Polaris. Per rendere più pubblico il discorso e instaurare rapporti più solidi col parco, l’ateneo di Cagliari ha promosso per domani (ore 9 Aula magna facoltà di Ingegneria, Cagliari) il convegno «Nuove forme di collaborazione tra università, enti di ricerca e imprese: i Centri di competenza tecnologica».
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Fatto del giorno
Una nuova Regione, serve un dibattito che punti a coinvolgere la società civile 
di Giovanni Lobrano * 
E’ stata seguita una logica di palazzo Un errore non affidare il cambiamento ad una Consulta eletta con il voto popolare 
Ogni Statuto (anche “speciale” e la stessa Costituzione) è il documento contenente la forma di governo. Con la legge regionale di “istituzione, attribuzione e disciplina della Consulta per il nuovo statuto di autonomia e sovranità del popolo sardo” (approvata il 23 maggio 2006) e la Legge statutaria della Regione Autonoma della Sardegna (approvata il 7 marzo 2007) l’apparato sardo di governo (Presidente/Governatore e Consiglio) sembra non sapere cosa è lo Statuto. Il nostro apparato non soltanto chiama “legge statutaria” anziché “Statuto” la legge con cui esso stesso definisce la forma di governo regionale, ma riserva nome e rango di “Statuto” alla legge con la quale lo Stato italiano definisce l’àmbito di governo regionale. Pure accettando la tesi che il nostro Statuto (in quanto speciale) debba comprendere la definizione dell’àmbito di governo, è contro logica, dottrina e diritto negare natura di Statuto alla legge di definizione della forma di governo.
 Scopo e risultato della terminologia ingannevole usata dall’apparato sono evidenti. Essi sono serviti a disinteressare il popolo dei cittadini sardi alla redazione della cosiddetta legge statutaria e, quindi, ad escluderli in ogni senso dalla forma di governo regionale, che viene ridotta in ogni senso a questione interna allo stesso apparato. La discussione consiliare è stata una diatriba tra parlamentaristi e presidenzialisti: nel disinteresse per la società civile, altrettanto disinteressata. Una fine deplorevole per la riforma dello Statuto dell’Autonomia, cui, in Sardegna, si è guardato con grandi speranze fin dalla Commissione Medici.
 E’ esigenza primaria - di noi cittadini sardi - non farci confondere dalla terminologia dell’apparato, ma ricordare che lo Statuto è, innanzi tutto, definizione della nostra forma di governo, e impegnarci attivamente in tale definizione: la quale determina i nostri poteri di partecipazione.
 La “parte interna” dello Statuto (la forma di governo) predetermina anche la “parte esterna” (l’àmbito di governo). La mera “proposta/rivendicazione” di democrazia contro l’accentramento statale neppure è credibile se non avremo dimostrato possibilità e capacità/volontà di realizzare tale democrazia laddove disponiamo del potere decisionale pieno: contro l’accentramento regionale, peggiore di quello statale.
 L’obiettivo indicato dal legislatore regionale nella legge istitutiva della Consulta, “autonomia e sovranità del popolo sardo”, va applicato anche e prioritariamente alla definizione della forma di governo regionale. L’antagonista primo delle autonomia e sovranità di ogni popolo è il suo apparato di governo: o è sovrano chi governa e il popolo gli ubbidisce o è sovrano il popolo e chi governa gli ubbidisce. In Sardegna, ciò vale sia per l’apparato di governo che sta a Cagliari sia per quello che sta a Roma (ma anche a Bruxelles e/o altrove): sempre ad iniziare da Cagliari. Soltanto l’accettazione coerente di questa verità coniuga il diritto alla “autonomia/sovranità” di ogni popolo con la esigenza del suo “buon governo” e smonta la obiezione del governo italiano alla “sovranità del popolo sardo”, in quanto orienta questa ultima non contro ma in sinergia con la “sovranità del popolo italiano”. I popoli mai sono tra loro naturalmente avversari. Ciò, senza rinunciare alla riforma costituzionale a partire dalla rivendicazione della autonomia/sovranità regionale, ma in modo autenticamente federativo (non devoluzionista/leghista) e del quale la Sardegna dovrebbe essere avanguardia.
 “Che fare” per realizzare l’obiettivo statutario unico delle “autonomia e sovranità del popolo sardo” oggi disatteso? Sul piano del contenuto, la risposta evidente e, in definitiva, semplice è restituire il potere di comando dall’apparato di governo regionale al popolo dei cittadini sardi, organizzati nel sistema ascendente delle Autonomie: comunali, provinciali e regionale. Questo orientamento, del resto, è già emerso a livello di riforma costituzionale, da ultimo nel corso del referendum del 2006, con la evocazione del modello del Senato federale tedesco, il quale viene dalla esperienza secolare di una lega di Comuni e nel quale le decisioni sono prese attraverso un iter in cui i livelli “inferiori” di autonomia concorrono in maniera determinante.
 Anche sul piano del metodo, la risposta è evidente e, in definitiva, semplice: per restituire il potere di comando dall’apparato di governo ai cittadini occorre affidare la redazione della riforma dello Statuto (nella sua interezza) non all’apparato ma ai cittadini. Con la sottrazione al voto popolare della nomina della Consulta è stato commesso il primo errore grave, pregiudicando gran parte delle chances di democrazia e di efficacia della riforma. Con la sottrazione alla Consulta (condannata alla formulazione di”proposte di proposte irricevibili” di “devolution”) della redazione della cosiddetta legge statutaria sulla forma di governo regionale è stato commesso il secondo errore grave, pregiudicando anche il resto della riforma. Entrambi questi errori sono stati commessi dal e “a vantaggio” dell’apparato di governo regionale, contro il - e a danno - dei cittadini sardi. Le speranze residue di una riforma statutaria democratica ed efficace dipendono dalla capacità e dalla volontà dei cittadini sardi (e delle loro organizzazioni locali e funzionali) di correggere questi errori: con il referendum.
Preside Giurisprudenza Università di Sassari
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Fatto del giorno
LA LETTERA 
Caro Soru, bisogna anche saper ascoltare 
Onorevole Presidente Soru,
Le scrivo, come cittadino comune su alcuni argomenti; per altri, come persona informata. Come cittadino comune, condivido la validità delle linee politiche generali del Suo governo. Lo faccio, onestamente ed in modo trasparente, senza piaggeria, non ne avrei il motivo. E’ mia opinione che il Suo governo abbia costituito e costituisca, con grande dignità istituzionale, un elemento di grande novità politica. In quanto tale non ha però la piena disponibilità degli strumenti della politica tradizionale, i Partiti, il tramite fra Governo ed opinione pubblica. “Progetto Sardegna” avrebbe potuto assolvere questa funzione: è invece rimasto “movimento”, nelle forme di contingenza politica ed elettorale.
Sono queste le ragioni che mi hanno suggerito, anche se in maniera irrituale, di farLe pervenire una lettera pubblica. Spero di farlo in modo costruttivo e propositivo. E’ questo lo spirito con cui Le scrivo, ma anche come “persona informata” dei fatti. Sono infatti docente universitario di Medicina di lungo corso, per più di quarant’anni. La mia carriera si è svolta in diversi atenei: Siena, Torino, Pittsburgh ed infine Cagliari. Queste sono le mie credenziali generali, per il resto rimando al mio curriculum scientifico ed accademico. E’ forse con immodestia che ritengo di essere “persona informata” e di avere il credito di essere ascoltata nei limiti consentiti dalla mia esperienza professionale e da un ragionevole e civile rapporto fra politica ed opinione pubblica. Ho cercato di farmi ascoltare: ho esposto, in successione, le mie considerazioni a “Progetto Sardegna” in modo informale, alla Segreteria della sua Presidenza, a Lei stesso. Non ho ricevuto risposta, è stato silenzio; ritengo in modo istituzionalmente poco civile, se non offensivo.
Gli argomenti: Ersu e presidenza della VIII commissione consiliare. Ersu: ho contestato la nomina del Commissario signor Christian Solinas sulla base del suo curriculum, sul quale, onorevole Presidente, può sincerarsi personalmente. Aggiungo che sono stato consigliere d’amministrazione di quell’Ente per due termini. VIII Commissione: ho contestato la sostituzione di una persona competente e di grande prestigio, il professor Gessa, con la recente nomina alla presidenza dell’onorevole Giuseppe Balia. Mi sono attenuto al curriculum dell’onorevole Balia pubblicato dalla Regione. I suoi interventi sono molteplici, in diversi settori, ma nessuno che riguardi, “assolutamente in nessun caso”, le funzioni specifiche della VIII Commissione consiliare. La conosco, Presidente, particolarmente attento e sensibile all’individuazione delle competenze dei curricula rispetto all’assolvimento di un ruolo. Nei casi ricordati non so farmene una ragione. Rimango in attesa di una Sua cortese risposta.
* Università di Cagliari
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 38 - Nazionale
Confronto a più voci su eutanasia e accanimento 
NUORO. “Testamento biologico. Accanimento terapeutico. Eutanasia”. Saranno questi gli argomenti al centro del convegno che si terrà a Nuoro il 23 e 24 marzo nell’Auditorium del Museo del Costume. Ne discuteranno medici, professori universitari, avvocati, magistrati, ma anche familiari di pazienti in assistenza ventilatoria domiciliare.
 L’eutanasia, l’accanimento terapeutico e il testamento biologico sono temi che stanno suscitando vivaci discussioni sia a livello politico che nell’opinione pubblica, sull’onda delle vicende di Piergiorgio Welby e di Giovanni Nuvoli.
 L’iniziativa di discuterne in un convegno di alto livello è dell’Ordine dei Medici della Provincia di Nuoro e Ogliastra, che organizza in confronto in collaborazione con la Asl 3, la Provincia di Nuoro, l’Ordine degli avvocati di Nuoro e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
 Interverranno Pino Vidili (direttore anestesia e rianimazione ospedale civile di Sassari) che parlerà di “Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e rifiuto proseguimento terapia: una storia complessa”, Gianfranco Iadecola (avvocato) che tratterà il tema “Potestà di curare e consenso informato”, Gianni Ruggiu (direttore anestesia e rianimazione dell’ospedale di Nuoro) che interverrà su “Può un modello assistenziale alternativo far cambiare opinione sulle decisioni di fine vita? Esperienza Asl 3 nei pazienti in assistenza ventilatoria domiciliare”.
 Bruno Murgia (direttore dell’unità operativa di neurologiadi Nuoro) terrà una relazione sull’esperienza dell’Asl 3 con la Sla, Elena Meloni (magistrato presso il Tribunale di Nuoro) farà una riflessione su “Esiste un diritto a morire?”. Gli interventi saranno coordinati da Domenico Cadeddu (direttore anestesia e rianimazione dell’ospedale di Oristano).
 I lavori del convegno saranno moderati da Basilio Brodu, presidente dell’ordine degli avvocati di Nuoro.
 Tra gli altri interverranno Giovanni Maria Uda, docente di diritto civile presso l’Università di Sassari (Testamento biologico: forma, contenuti, pubblicità), Luigi Arru, presidente dell’Ordine dei medici di Nuoro e Ogliastra (Di cosa si parla quando si parla di eutanasia), Francesco Busnelli, ordinario di diritto civile nella Scuola Sant’Anna (Cure palliative tra indisponibilità della vita ed eutanasia), Agostino Sussarellu, presidente Ordine dei medici di Sassari (Direttive anticipate, accanimento terapeutico, eutanasia e nuovo codice deontologico dei medici). Dolores Turchi (studiosa di etnologia) svolgerà una relazione su “Sa femina accabbadora”.
 
 

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