Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 March 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 4 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

 
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina Pagina 1
Giovani alla ricerca di un capo
La generazione che non sa decidere
di Giuseppe Marci
Amo parlare con un amico, antico compagno di scuola che lasciata la nostra isola si è affermato nel campo economico, divenendo amministratore delegato di una società internazionale. Mentre io sono rimasto qui, a coltivare i miei sogni letterari e cercare di formare giovani umanisti destinati, tutt'al più a un lavoro precario (ma di recente uno di fresca laurea mi ha comunicato di aver trovato occupazione sicura: in un'agenzia di pompe funebri. Amen). Quel che ci sorprende, al di là tutte le differenze, è un dato che abbiamo indiscutibilmente in comune. I suoi collaboratori (professionisti lautamente retribuiti che il lavoro porta a dialogare, in ogni angolo d'Europa e negli Stati Uniti d'America, coi manager delle aziende) e i miei (esperti di scrittura che sulla base di un impegno volontario operano nel campo dell'editoria e del giornalismo letterario), a lui e a me interamente si affidano. Al di là di quel che è logicamente nell'ordine delle cose. Intendo dire che attribuiscono al capo un margine di autorità maggiore rispetto a quello che il ruolo comporti. Si spogliano di responsabilità che dovrebbero essere loro, delegano il peso della decisione, rinunciano a spazi di autonomia, non tengono in conto prerogative e legittimi diritti. Talvolta, ma non di rado, riversano sulle spalle dell'amministratore delegato problemi di natura privata e perfino intima: questioni sentimentali e di salute, sofferenze del corpo e della mente per le quali cercano sollievo. Così va il mondo. Non senza stupore (e rammarico) da parte di chi appartiene a una generazione che ha potuto affrancarsi presto dalla tutela degli adulti, ha avuto la possibilità di costruire una prospettiva di lavoro stabile e ha voluto affermare la personale autonomia. In tutte le sfere e, soprattutto, in quella della politica. In questo campo forse abbiamo fatto anche un po' di confusione, ritenendo che niente dovesse essere demandato e tutti dovessero partecipare. Ma è sicuramente più inquietante osservare il progressivo affermarsi di un'idea di delega che dalla modesta esperienza di una piccola rivista a quella grande dell'intrapresa economica e industriale avanza incontrastata. Per arrivare finalmente nelle aule delle assemblee elettive, luogo di formazione delle decisioni con il concorso democratico e paritario dei rappresentanti eletti dal popolo, oggi in qualche caso equiparati ad alunni vocianti sui quali un preside infuriato riversa aspre rampogne. Ho provato a spiegarlo a un giovane che mi è caro. Ha risposto che seguendo le mie idee non si prendevano in passato le decisioni, mentre ora è possibile assumerle rapidamente. Non ha mi ha detto, però, se le scelte così compiute siano tutte assennate, se ne è derivato un vantaggio nella vita sociale. Ad esempio: è migliorata l'assistenza sanitaria? e nel campo dell'istruzione, come va? e in quello dell'amministrazione della giustizia? e degli altri pubblici uffici, che dire? funzionano meglio ora che è stata ripristinata la nomina "regia" e deve essere dichiarato il gradimento del capo dell'esecutivo anche per la nomina di un usciere? Le ha ritenute domande impertinenti, rispetto alla superiore esigenza della celerità decisionale. E del risparmio economico.
 
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 53
«Anni di lezioni per nulla»
Disoccupati a spasso
L'ultima denuncia degli stagisti inutili
Due anni di lezioni più trecento ore di stage in aeroporto con la speranza, vana, di venire inseriti direttamente nel mondo del lavoro. Ma non è andata così per i venti partecipanti al corso di formazione professionale avviato nel 2003 dalla Regione, in collaborazione con il liceo classico Manno, la Sogeaal, l'Enaip e l'Università. Tutti, dopo aver ricevuto l'attestato per una qualifica non ancora riconosciuta, hanno continuato a timbrare il cartellino all'ufficio di collocamento. «L'obiettivo del corso, costato 184mila euro - spiegano due partecipanti - era quello di formare personale altamente qualificato nelle attività dei trasporti con specializzazione aeroportuali».  Si sono iscritti venti giovani disoccupati, per lo più algheresi, «seriamente motivati dalla pubblicità da parte dei politici locali, sulle potenzialità dell'aeroporto - racconta Claudia, 28 anni - ma soprattutto dall'interesse manifestato dalla Sogeaal, nella persona del direttore Borlotti, alla figura professionale formata». Grande entusiasmo, insomma, unito all'aspettativa, per alcuni, di venire assunti nel terminal di Fertilia, in virtù dell'attestato rilasciato dalla Regione con la qualifica di Tecnico superiore dei trasporti delle intermodalità e delle infrastrutture logistiche. «Ma gli uffici per il lavoro non sanno nemmeno di cosa si tratta», svela Carlo, 40 anni. Molti hanno provato a presentare il curriculum in aeroporto: «ma nessuno è stato mai contattato, nemmeno per un rifiuto - aggiunge il corsista - nel frattempo però la società di gestione ha fatto nuove assunzioni di persone che non hanno qualifiche specifiche». Chi ha frequentato il corso regionale, insomma, si è trovato con un pugno di mosche in mano e si domanda che bisogno c'era di spendere una caterva di danaro pubblico per avviare 20 giovani a una professione che, nel migliore dei casi, non é richiesta dal mercato. Ma la Sogeaal, partner del progetto, difende la bontà dell'iniziativa spiegando come la figura del tecnico di sistema intermodale sia strategica «soprattutto nelle pubbliche amministrazioni - dice il direttore Umberto Borlotti - oggi nessuno ha una cognizione globale del sistema dei trasporti, e bene farebbero i Comuni e le Province a dotarsi di professionisti del settore, in grado di mettere in rete porti, aeroporti e ferrovie». Nessuna chance in aeroporto, dunque? «Se dovessi costruire un nuovo terminal mi servirebbe di certo un tecnico dei trasporti - conclude il direttore della Sogeaal - lo stage da noi è servito perché i corsisti prendessero visione delle problematiche, delle norme e dei vincoli che regolamentano un'aerostazione. Ma la collocazione la devono trovare nelle pubbliche amministrazioni». (c. f.)
 
3 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 8
Progetti. Un'interessante iniziativa con le scuole nello spazio di via Università
Così ci si diverte in biblioteca (e si impara)
Ci entrano storcendo il naso e magari con qualche sbuffo. Pensano che sia la solita stramberia della maestra che vuole convincerli a trafficare con i libri. Escono con il sorriso e la convinzione che la biblioteca è un luogo bello e pure divertente e i libri non sono affatto pericolosi. A persuadere piccoli aspiranti lettori della bontà di un luogo serio e imponente come la Biblioteca universitaria è una visita insolita che consente ai bambini di esplorare i labirinti e i segreti racchiusi nell'antico luogo di studio in via Università, a Cagliari. Organizzate e seguite da Giorgio Salis e Andreana Pacifico, responsabili dell'Ufficio relazioni con il pubblico, le visite in biblioteca da parte delle scuole di ogni ordine e grado, stanno avendo un grande successo e sempre più numerose sono le scolaresche dalla città e dalla provincia che chiedono un appuntamento. «Il nostro obiettivo» spiega il dottor Salis, «è che si diffonda, fin da piccoli, l'idea che la biblioteca sia un luogo amichevole, in cui si possa sfogliare, consultare un libro, un giornale, ma anche fare incontri e scambi tra persone». Secondo il responsabile dell'Urp che intende consolidare la collaborazione con le scuole e gli insegnanti, fino a farne degli interlocutori privilegiati della biblioteca, i più giovani devono poterlo pensare come un luogo familiare. Del resto, a dispetto del nome, la biblioteca è aperta a tutti. Per questo, tuttavia, è molto importante conoscerne i servizi e i meccanismi di funzionamento. Con i bambini delle elementari la visita prevede che si trasformino in bibliotecari per un giorno: devono occuparsi di fare la ricerca in archivio e quindi trovare il libro in magazzino in base alla collocazione indicata nel dorso. Con i ragazzi delle medie e superiori si fanno molte altre cose, anche grazie al vastissimo patrimonio librario della biblioteca. Per esempio, dice Salis: «Progettiamo visite legate a un tema quale può essere l'evoluzione della stampa e del libro, oppure attraverso la lettura dei giornali antichi, legate alla conoscenza e interpretazione delle fonti storiche». La biblioteca, insomma, apre le sue porte a tutti e si trasforma in luogo vivo che produce e diffonde cultura. (f.r.p.)

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Lilliu al traguardo dei 93 anni Barumini si prepara a far festa 
Tre giornate dedicate all’archeologo e accademico dei Lincei che scoprì la reggia nuragica 
CAGLIARI. Il giorno del compleanno di un uomo famoso come Giovanni Lilliu diventa simbolo di rinascita di coscienza civica nella valorizzazione del patrimonio culturale. Il 13 marzo Barumini e l’omonima Fondazione culturale daranno il via a un triplice omaggio solenne, affettuoso e riconoscente insieme, onorando il suo cittadino più famoso, archeologo insigne e accademico dei Lincei che tocca il traguardo dei 93 anni. Il Consiglio Provinciale del Medio Campidano aprirà l’evento con un convegno nel paese natale del Professore. Tema: l’opera di Giovanni Lilliu nella valorizzazione del patrimonio archeologico del Medio Campidano. Come dire: quando il locale diventa globale. Nel pomeriggio i lavori entreranno nel vivo con la presentazione della ristampa del fondamentale saggio di Lilliu sugli scavi della reggia nuragica baruminese (“Il Nuraghe Su Nuraxi di Barumini e la stratigrafia nuragica”): il Professore racconterà come ha dissepolto il monumento fino ad allora nascosto. Seguiranno altre due giornate di studio: su Lilliu uomo politico la prima, il 24 marzo, e su Lilliu saggista, scrittore e giornalista la seconda, il 30.
 E’ un tardo pomeriggio preoccupantemente primaverile - temperatura, 17 gradi - quando il cronista bussa alla porta di casa Lilliu, al quinto piano di un palazzo della via Copernico. Che dice della festa grande in suo onore, quest’uomo schivo fino allo scrupolo? «L’hanno voluta loro, io non ho chiesto nulla». Ride di gusto, tziu Giuanni, vocativo amoroso usato ormai da tempo dai suoi amici ed ex-allievi. «Ma gradisco il pensiero anche come testimonianza di affetto. Voglio molto bene al mio paese. Ora che l’idea dello scavo è stata finalmente capita la gente sa che l’aver riportato alla luce il nuraghe rappresenta un bene per Barumini. Adesso ne abbiamo anche un altro, a Casa Zapata, più piccolo del primo. Anche se non è stato scavato del tutto si capisce che le dimensioni sono diverse. E resta tuttora sepolto il villaggio che sorgeva tutto attorno al secondo nuraghe. Spero che qualcuno degli operai del primo scavo sia ancora vivo. Sono loro che hanno aiutato il paese a capire».
 - Loro, gli operai? Addirittura!
 «Non ti meravigliare, ti spiego: a casa mia non erano affatto contenti. Mio nonno mi avrebbe preferito notaio perché anche suo nonno lo era. Mio padre mi avrebbe voluto medico. In quel momento la mia passione era del tutto incompresa. In casa mi chiamavano cercatore di vecchie pietre (de perda becia)».
 - Eppure i nonni hanno fama di essere teneri con i nipoti.
 «Il mio era furibondo. Lui non ha mai sopportato la mia scelta. Mio padre alla fine aveva capito, anche se continuava a prendermi in giro: “bell’arti t’as seberau, cicadori de teulaciu” (hai scelto proprio un bel mestiere, raccoglitore di cocci), mi diceva spesso”.
 - Che cosa c’era sotto questa ostilità pervicace?
 «A parte il loro pregiudizio sull’archeologia, nel reclutare operai per lo scavo io toglievo mano d’opera ai lavori agricoli e i proprietari di terra non erano affatto contenti, ad iniziare proprio da quelli di casa mia, che non avevano capito il valore dell’idea. Avevo arruolato venti scavatori: significavano quaranta braccia in meno per l’agricoltura del mio paese».
 - E loro, gli operai, come vivevano questi dissapori?
 «Erano felici. A parte il salario, migliore di quello che avrebbero preso lavorando la terra, c’era la sorpresa dei ritrovamenti. Quegli uomini sembravano bambini. Ricordo che spesso la pausa prevista per mezzogiorno non era rispettata, la curiosità superava l’appetito. Quell’avventura durò cinque anni».
 - Alla ricerca dei tesori nascosti. Sembra una favola.
 «Sì, anche a me, oggi. Quel tesoro era sepolto. Ci aravano sopra e seminavano orzo e fave. Il grano no, la terra era poco profonda, inadatta per il grano. Nessuno sospettava che là sotto ci potesse essere quel ben di Dio. Ma io sono stato testardo: tusturrudu, come diciamo noi. Certo oggi i miei compaesani sono molto contenti. Ma allora no. Tranne qualcuno».
 - Chi, per esempio?
 «Mia cugina Annetta Frailis, una donna di origini arzanesi, proprietaria del terreno su cui sorgeva il nuraghe. Suo marito Oreste Sanna era morto in un incidente stradale mentre tornava in motocicletta da Oristano a Barumini. Annetta diede il permesso di scavare senza pretendere nulla in cambio. E’ ancora viva e la saluterò con particolare piacere. Purtroppo qualche altro della squadra di allora, invece, non c’è più».
 - A chi pensa?
 «A Fernando Pilia, mio carissimo ex-allievo e assistente durante gli scavi, morto prematuramente».
 - A parte la battaglia per l’archeologia, anche quella per la difesa della lingua sarda le ha procurato più di un grattacapo. È così?
 «Negli anni Settanta ero sicuramente schedato in questura. Ogni tanto veniva un tizio, a casa mia. Si presentava come interessato alla questione della lingua ma io avevo capito subito che si trattava di un questurino. In quel periodo ricevetti una telefonata dall’onorevole Felicetto Contu, democristiano come me, che mi suggeriva prudenza: stia attento, professore, mi disse».
 - A parte la questura, c’erano anche i partiti a remare contro?
 «I comunisti, ad esempio: erano assolutamente contrari. Gerolamo Sotgiu capeggiava lo schieramento avversario. L’unico che alla fine capì l’importanza di quella battaglia fu Umberto Cardia. Ma quando cambiò opinione sulla lingua venne isolato. Il Pci non mi vedeva di buon occhio anche perché all’interno della Dc ero schierato con Donat Cattin, fra i contrari al compromesso storico».
 - Qualcuno le era ostile anche all’interno della Dc?
 «Sì, purtroppo è vero. Nelle due legislature in Consiglio regionale, dal 1965 al 1974, e poi da consigliere comunale di Cagliari dal 1975 al 1980 ho sempre agito secondo coscienza. Spesso questo non era gradito. Prendi la questione di Molentargius, con lo stagno ridotto a una discarica: io votai contro. Ma la Dc era tremenda: accettava tutto, non espelleva mai nessuno. Poi, però, te la faceva pagare. Io venni, sì, ricandidato per la terza legislatura ma l’apparato del partito mi negò l’appoggio e non fui rieletto».
 Ombre ormai svanite. Oggi il Professore gode della benevolenza generale e i suoi rapporti sono trasversali: uno dei suoi amici più cari è il grande cantore estemporaneo Peppe Sozu di Bonorva, suo coetaneo della classe di ferro 1914. Ma anche ai tempi della politica attiva Giovanni Lilliu aveva rapporti fraterni con grandi uomini che militavano altrove: su tutti Emilio Lussu e Sebastiano Dessanay.
 «Lussu era appassionato di archeologia», rivela il Professore. «E Dessanay per me è stato sempre un fratello, fin dagli anni dell’Università che abbiamo frequentato insieme a Roma. Un bravo fratello ho sempre considerato anche Cicitu Masala, che ci ha lasciato di recente. Tre socialisti». Sì, forse perché anche lui, Giovanni Lilliu, è a suo modo un “socialista”. Di Dio, magari, come si è autodefinito Sergio Zavoli.
 
 
 

Questionnaire and social

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