Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
21 February 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 6 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

 

1 - L’Unione Sarda
Primo piano - pagina 3
Sabato a Cagliari il primo Coordinamento regionale: duro attacco al lavoro della Giunta
I medici: Piano da rifare, è superato
Attacco alla Dirindin: ci ignora, la sanità sarda in grave difficoltà

Il Piano sanitario non lo hanno digerito. Anzi, lo affondano senza giri di parole. Il Coordinamento della sanità scende in campo dopo due anni e mezzo di silenzio assoluto sulle scelte della Giunta: i medici sardi dicono no all’assessore alla Sanità, denunciano la mancata concertazione sull’elaborazione del Piano, si sentono sfrattati «da quella che è la nostra casa, la sanità in Sardegna», accusano la giunta di aver messo le mani su un sistema che, numeri alla mano, «funzionava molto bene». Non sono decollate le aziende miste Università-ospedali, la formazione professionale delle figure sanitarie è ferma e «il personale comincia a mancare». La guerra all’assessore, poco dopo le stilettate inferte dall’ex direttore dell’assessorato Mariano Girau, la fanno anche i big della categoria: Gavino Faa, preside della facoltà di Medicina dell’università di Cagliari, e i sindacalisti Marcello Angius (Anaao, i medici dirigenti) e Giampiero Andrisani (Fimmg, i medici di base), che rappresentano una larghissima fetta della categoria. Chiaro, chiarissimo il segnale che i medici lanceranno sabato, hotel Mediterraneo, Cagliari: il tema della prima assemblea regionale è "Piano sanitario, una cornice da riempire". «Già, spetta a noi dare i contenuti: il disegno si percepisce appena, adesso dobbiamo finire il quadro», sottolinea il preside Faa. Sarà un processo pubblico alle strategie della Giunta sulla sanità. tutti controI medici sardi, anche quelli dei piani alti dell’Università, da nord a sud, sono rimasti in silenzio fino a oggi. Silenzio che assomiglia a una colpa? «No, abbiamo la coscienza pulita», dicono, «la nostra disponibilità a collaborare è stata scambiata per passività. Il nostro silenzio ha rappresentato una dimostrazione di forza». La formazione di tutte le professionalità «è un sistema che non è mai decollato», dice Andrisani, che aggiunge: «questo Piano, alla luce del lavoro del ministro Turco, è sorpassato, nel resto d’Italia sono già molto più avanti. E per giunta, è anti-economico». Colpisce la considerazione del preside Faa: «L’Oms, quando vuole esprimere una valutazione su un sistema sanitario, considera un solo parametro: la mortalità neonatale. La Sardegna, in questo campo, vanta il nono posto su quella precoce e il quinto in quella tardiva, dati - sottolinea Faa - che dicono che il sistema sanitario regionale funzionava già prima che la Dirindin si insediasse». cosa non va
La concertazione con la categoria? «Salvo casi rarissimi, siamo stati ignorati». Le aziende miste Università-ospedali? «Non sono mai nate, un sogno cominciato nell’ottobre 2004 e subito tramontato». Il ricambio delle categorie sanitarie? «Soru e la Dirindin ci chiedono più laureati, ma non abbiamo i fondi». La chirurgia pediatrica? «Nel 2006 sono andati a farsi curare altrove oltre 2 mila bambini, ma nel Piano non se ne parla». Gli infermieri? «Mancano e il livello minimo di assistenza spesso non lo possiamo garantire». Le borse di studio per i laureati? «Forse scompariranno, nell’ultimo anno in cento sono rimasti fuori». I manager: «Ignorano chi lavora a contatto con i pazienti, non sanno fare squadra». I posti letto: «Non vengano tagliati se prima non si creano strutture valide nel territorio». La commissione oncologica: «Non l’abbiamo mai vista, il Piemonte sì». Faa, Angius e Andrisani in coro: la sanità sarda è casa nostra, non ci piace che venga smantellata. Sabato la resa dei conti, nelle prime file non mancherà Mariano Girau.
Enrico Pilia

2 - L’Unione Sarda
Primo piano - pagina 3
Pochi corsi, l’infermiera arriva dall’Est

La Sardegna importa infermieri dall’Est europeo. Dopo anni di "esportazione", oggi l’isola ha invertito la tendenza. La ragione? Le Università sarde non riescono più, dopo la trasformazione del corso per infermieri in laurea breve, a sfornare un numero sufficiente di operatori per soddisfare il fabbisogno. I medici sono in sovrannumero, ma per trovare infermieri bisogna cercare addirittura all’estero, rivolgendosi alle agenzie di lavoro interinale. Regione sotto accusaIl braccio di ferro tra Regione e Università sarde, sui fondi da destinare alla programmazione dei corsi degli atenei, ha un riflesso evidente nel mondo del lavoro. La Sardegna non riesce più a sfornare professionalità che il mercato sardo reclama a gran voce. «Abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile del 32 per cento», denuncia Mario Medde, leader della Cisl sarda. «La classifica della competitività delle regioni, vede la Sardegna al 252° posto in Europa, e nonostante il lavoro debba essere un obiettivo prioritario della politica regionale, abbiamo esempi che vanno in direzione diversa», aggiunge Medde. Il caso "sanità" è emblematico. L’infermiere polaccoSe l’apertura delle frontiere ha portato alla piena liberalizzazione del mercato del lavoro in Europa, la Sardegna è senza dubbio una delle prime regioni dove questa novità trova applicazione. Un fatto positivo, ma che rivela anche un’altra faccia della medaglia. La Sardegna, terra di infermieri professionali (fino a qualche anno fa tantissimi erano costretti a cercare sbocchi lavorativi oltre Tirreno), oggi ha bisogno di assumere fuori confine, anche perché le Asl non riescono a garantire lavoro stabile ai tanti emigrati sardi. Su 9972 infermieri operanti in Sardegna, denuncia la Cisl, esiste un turnover del 6%: significa che sarebbero necessarie almeno 560 persone per rispondere al fabbisogno delle Asl sarde. «Invece la Regione ha programmato la copertura solamente di 329 posti», sostiene Medde. E le Università, che peraltro chiedono i fondi alla Regione, hanno promosso corsi da 160 (2006) e 120 posti (2007). Troppo pochi, se si pensa che nella sola Asl 8 di Cagliari, per sostituire i lavoratori in malattia, maternità e così via, sono stati utilizzati negli ultimi dodici mesi 83 infermieri (su 1940 dell’intera azienda sanitaria) assunti attraverso Interitalia, società di lavoro interinale. «La metà provengono dai Paesi dell’Est», confermano dall’ufficio stampa dell’azienda sanitaria cagliaritana. Il casoL’Asl 8, infatti, ha stipulato un contratto da due milioni di euro (delibera 170 del 14 marzo 2006), con Interitalia, società di lavoro interinale che si è aggiudicata la licitazione privata per la fornitura di personale per 12 mesi. È la conferma che il precariato cresce nella sanità. Dall’Asl 8 spiegano di aver assunto, nel corso del 2006, anche 39 infermieri con la mobilità volontaria e presto ne arriveranno altri 60. E in questi giorni verrà promossa una selezione per altri cento infermieri a tempo determinato, anticipando così un concorso per 25 posti stabili. Numeri che confermano il problema: «Manca una politica seria sull’occupazione», denuncia la Cisl. «In fase di discussione del Piano sanitario regionale abbiamo più volte ribadito la necessità di incentivare il rientro in Sardegna degli infermieri sardi che lavorano in altre regioni ? e sono tanti - e di finanziare l’Università per promuovere nuovi corsi», denuncia il consigliere regionale di Forza Italia, Mariano Contu, «ma evidentemente Soru dimostra di non avere nessun interesse a far rientrare in Sardegna i sardi emigrati».
Giuseppe Deiana

3 - L’Unione Sarda
Pagina 18 - Cronaca di Cagliari
Scienze politiche: Francesco e Silvio Colizzi hanno discusso una tesi sull’agricoltura
Quando gli esami non finiscono mai
Padre di 76 anni e figlio di 40 assieme al traguardo laurea

Entrano nell’aula magna di Scienze politiche uno accanto all’altro, per discutere le loro tesi. Emozionati come una matricola al primo giorno di lezione all’Università, iniziano a parlare senza interruzione appena il relatore gli fa la prima domanda. Poi, fuori dalla stanza, abbracciati aspettano il voto finale. Alla fine Francesco prende 97. Il papà, Silvio, si "accontenta" di 94. papà dottoreÈ la storia che hanno vissuto ieri gli stampacini Silvio e Francesco Colizzi, padre e figlio, diventati dottori lo stesso giorno, dopo aver studiato e superato insieme gli esami del corso di laurea in Scienze politiche amministrative. O meglio, dottore lo è diventato solo Francesco, 44 anni, perché suo padre Silvio, 76 anni, una laurea l’aveva già presa: in Giurisprudenza, con il voto di 102, nel 1982. Insieme si sono laureati, insieme sono diventati un caso unico nell’Università cagliaritana, anche perché la loro tesi è sullo stesso argomento: la storia dell’agricoltura. Silvio Colizzi, in pensione dal ’94, ha lavorato in due enti regionali agricoli (Etfas e poi Ersat), così come il figlio Francesco, impiegato nell’Ersat. la carriera«Questa seconda avventura universitaria», racconta prima di entrare nell’aula magna a discutere la tesi Silvio Colizzi, ribattezzato bis-doctor, «è iniziata nel ’96. Francesco mi ha chiesto di iscrivermi con lui in Scienze politiche. Gli serviva per fare carriera nel suo lavoro perché con il diploma da ragioniere non poteva partecipare ai concorsi interni. Ho accettato». Più o meno quanto capitato vent’anni prima, con esito diverso: «Allora fu mia figlia Daniela a chiedermi di studiare con lei in Giurisprudenza. Alla fine si ritirò. Io da buon stampacino con la testa dura sono andato avanti. Ci ho impiegato un po’ per colpa di mio nipote Matteo: appena nato mi ha conquistato, distraendomi dai libri. Altrimenti avrei preso 110 e non 102». Una storia fatta anche di momenti difficili. «Quando abbiamo iniziato a studiare in Scienze politiche con mio figlio, mia moglie Maria Pia si è ammalata gravemente. Ci siamo dovuti dividere per assisterla. Ci ha lasciato due anni fa. La laurea è dedicata a lei». Giornate chini sui libri, mattinate a seguire lezioni, notti a ripetere l’esame del giorno dopo. «E pensare», spiega papà Silvio, «che abbiamo dato quattro esami in più rispetto al corso normale perché abbiamo sbagliato il piano di studi». Sempre uniti, anche quando Francesco rifiutò un voto: «Gli avevano dato 24. Io, che ero iscritto sempre dopo di lui, non mi sono presentato». la cerimoniaNelle scale dell’andito i due laureandi aspettano il loro turno. "Silvio e Francesco Colizzi", chiama il presidente della sessione di laurea. «Sono emozionato», ammette il papà. Discutono la tesi insieme. "L’agricoltura sarda dall’unità al secondo dopoguerra" è l’argomento del lavoro di Silvio. "Riforma Segni: un’occasione persa" è il titolo della tesi di Francesco. La relatrice, Cecilia Dau Novelli, li fa entrare insieme. Combattivi nel rispondere alle domande, i venti minuti di discussione passano tra argomenti di cooperazione, bonifiche, latifondi e agricoltura nel periodo fascista. Poi l’esito finale: «Ringrazio la commissione», dice subito dopo il voto papà Silvio, «perché hanno premiato mio figlio. A me prendere di più non cambia». «Mio padre», si lascia andare il figlio Francesco dopo la discussione, «è stato il pungolo per arrivare al traguardo. Quando prende un impegno non lo molla fino alla fine». Tra qualche anno non è escluso che si presenteranno davanti a un’altra commissione: «Abbiamo», conferma Francesco, «la passione in comune per la storia e la filosofia. Magari ci iscriviamo ad una laurea triennale». Con papà Silvio a caccia del tris e Francesco del bis.
Matteo Vercelli

4 - L’Unione Sarda
Pagina 18 - Cronaca di Cagliari
Vertenza Policlinico, i precari contro il rettore

Scoppia la guerra tra i lavoratori precari del Policlinico universitario. Nel mirino il numero uno dell’Ateneo, Pasquale Mistretta. Le sue rassicurazioni sul futuro dei quaranta precari che avevano terminato il contratto il 31 dicembre, hanno fatto scattare la protesta di quelli che hanno preso servizio a inizio anno. «Non capiamo ? attaccano i lavoratori in una lettera inviata al rettore, alla procura della Repubblica e al prefetto ? come possa sbilanciarsi prevedendo la chiusura della graduatoria di marzo 2006 aprendone un’altra nel chiaro intento di favorire una piccola parte dei lavoratori. Non comprendiamo come possa cedere alle pretese di quaranta dipendenti che hanno lavorato per nove mesi. Da oggi dunque si dovrebbe preoccupare dei restanti ottanta precari che faranno di tutto, insieme alle loro famiglie, affinché venga completata ed espletata tutta la graduatoria». I precari chiedono di ricevere l’autorizzazione per indire un’assemblea per lunedì 26 febbraio. All’ordine del giorno, il rispetto della graduatoria, pari opportunità di lavoro e corsi di riqualificazione per tutti i 128 dipendenti e loro stabilizzazione come previsto dalla Finanziaria. (m. v.)


 

5 - La Nuova Sardegna
Pagina 15 - Oristano
Il consiglio comunale ha approvato all’unanimità il provvedimento per salvare le specie endemiche del Corrasi
Oliena, sì al piano sulle biodiversità
Putzu: «Una nuova forma di tutela e valorizzazione del nostro territorio»

OLIENA. Il comune di Oliena, si è dotato di un piano per la tutela della “biodiversità vegetale” presente nel suo territorio, in particolare le specie endemiche tipiche del Supramonte e del monte Corrasi. Il provvedimento è stato votato all’unanimità nell’ultima riunione del consiglio comunale. «Si tratta del primo provvedimento in assoluto in Sardegna - spiega Antonio Putzu assessore all’ambiente del comune di Oliena - ma è perfettamente coerente con le linee programmatiche di questa maggioranza che, così come tutta la cittadinanza di Oliena, si è a suo tempo schierata apertamente contro il Parco Nazionale del Gennargentu, ma che si è detta sempre favorevole ad una forma non solo di valorizzazione del territorio, ma anche di misure di tutela e salvaguardia delle enormi ricchezze naturali con strumenti e normative che potessero partire “dal basso” e con il consenso dei diretti protagonisti del territorio».
Secondo Putzu non è che il primo atto di un progetto ben più ampio di tutela e salvaguardia ma anche di valorizzazione in senso economico del territorio olienaese che, per numero di endemismi, habitat e particolarità morfologiche è, in assoluto, uno dei più interessanti ed importanti dell’intero bacino mediterraneo. L’ordinanza votata, è stata stilata in strettissima collaborazione con il Centro di Conservazione della Biodiversità, dell’Università degli Studi di Cagliari, la Società Botanica Italiana Sezione Sarda e Gianluigi Bacchetta, uno dei maggiori esperti botanici italiani che assieme al suo gruppo ha fornito all’amministrazione olianese il supporto tecnico e scientifico per la conservazione di circa 28 endemismi, due dei quali (Ribes Sardorum e Centranthus Amazonum) tipici ed esclusivi del monte Corrasi. «Il provvedimento - conclude Putzu - suddivide le piante a seconda del loro rischio di estinzione e di particolare “interesse” per i mercati clandestini botanici di tutto il mondo, e prevede quattro tipi di tutela che vanno dalla protezione integrale a quella di una regolamentazione relativa e al prelievo. (n.mu.)

6 - La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Le ambizioni degli operatori del comparto e la delusione dell’università
Migliore qualità a costi inferiori

SASSARI. Che cosa si attende il comparto vinicolo sardo dall’accordo di programma quadro sulla ricerca scientifica e innovazione tecnologica? Innanzittutto una ricerca sui cloni dei vitigni autoctoni (o comunque ormai naturalizzati nella nostra isola).
In secondo luogo una migliore conoscenza dei terroir vale a dire il terreno più adatto per coltivare i vitigni. In questo modo si potrebbe estendere a tutta la regione l’esperimento sulla zonazione avviata a suo tempo a Jerzu sui vigneti di quel territorio, individuando per ciascuna zona i vitigni più adatti ad essere coltivati.
In terzo luogo il miglioramento del trasferimento delle conoscenze scientifiche dai laboratori al piano della produzione: dalla vigna alla cantina. Dall’affinamento delle tecniche di coltura alla selezione dei lieviti. L’obbiettivo finale è, in estrema sintesi, quello di ottenere dei vini di qualità via via migliori ma che abbiano crescenti potenzialità di collocamento sul mercato. «Il vino se vogliamo venderlo- dice Franco Argiolas, dell’omonima azienda di Serdiana- deve essere buono. Dopo, ma solo dopo, possiamo anche vendere il territorio, le bellezze naturali e quello che volete voi. Ma se il vino non è buono, non abbiamo possibilità di entrare e stare sul mercato. Detto questo, però, la ricerca non può che fare bene anche al mondo del vino. Sia per il miglioramento della qualità del prodotto che, soprattutto, per l’arricchimento della nostra cultura. Solo con la ricerca scientifica noi operatori possiamo affrontare e risolvere la criticità dei processi di trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Ricerca che, ovviamente, deve affidata alle università e ai centri specializzati».
«L’università- fa eco il professor Giovanni Antonio Farris, della facoltà di Agraria dell’università di Sassari- è il luogo per eccellenza della ricerca scientifica. Di fronte ai problemi posti dai produttori i ricercatori sardi non si sono mai tirati indietro. Anche per questo il mondo della ricerca della Sardegna si attendeva un maggiori coinvolgimento nei progetti che verranno finanziati da questo Accordo di programma quadro. Un Apq che potrebbe rappresentare una formidabile occasione di crescita non solo per il mondo della produzione ma anche per quello della ricerca. In fondo si tratta di impiegare risorse che sono in gran parte pubbliche e che potrebbero attivare una entusiasmante sinergia tra il mondo della scienza e quello della produzione isolana».
p.p.


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