Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 January 2007
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Rassegna Stampa di domenica 23 gennaio 2005
1 – L’Unione Sarda
Pagina 1 – 14
Oltre 250 studiosi di tutta Italia si schierano contro le tesi di Sergio Frau
«La Sardegna non può essere Atlantide»
«La Sardegna non può essere la mitica Atlantide». A riaccendere le polemiche sulla tesi del giornalista-scrittore Sergio Frau e sul suo fortunato bestseller Le colonne d'Ercole non è un singolo studioso, ma ben 250 tra archeologi, geologi, storici, filologi, glottologi, antropologi e professionisti di varie discipline, tra cui diversi sardi, tutti impegnati nello studio delle antiche civiltà del Mediterraneo. Escono allo scoperto quasi in punta di piedi con un documento firmato da tutti e pubblicato su Internet (www.iipp.it aperto dall'Istituto italiano di Storia e Protostoria di Firenze). Senza mai nominare Sergio Frau contestano in venti punti tutte le tesi che il giornalista ha raccolto nelle seicento pagine del saggio sulla mitica Atlantide. Il documento sintetizza un dibattito che si protrae ormai da due anni.
 
Ecco perché la Sardegna non può essere la mitica Atlantide
le tesi del libro di Sergio Frau «Lo tsunami di 3000 anni fa non poteva cancellare tutta l'Isola»
Le immagini dello tsunami che ha devastato la Thailandia e il Sud Est asiatico hanno colpito l'immaginario collettivo mostrando in tv la potenza distruttiva della grande onda. Quello che ha colpito gli archeologi, però, è stato il fatto che lo tsunami ? nonostante l'immensa potenza ? non sia andato oltre un paio di chilometri dalle coste. «Su questo particolare stavamo da tempo riflettendo ed oggi abbiamo la conferma scientifica che dimostra l'infondatezza dell'ipotesi che la Sardegna sia la mitica Atlantide. Non è pensabile che in tempi storici un'onda per quanto gigantesca abbia potuto seppellire l'intera isola allagando il Campidano per un centinaio di chilometri». A riaccendere le polemiche sulla tesi del giornalista-scrittore Sergio Frau e sul suo fortunato bestseller Le colonne d'Ercole non è un singolo studioso, ma ben 250 tra archeologi, geologi, storici, filologi, glottologi, antropologi e professionisti di varie discipline, tra cui diversi sardi, tutti impegnati nello studio delle antiche civiltà del Mediterraneo. Escono allo scoperto quasi in punta di piedi con un documento firmato da tutti e pubblicato su Internet (www.iipp.it aperto dall'Istituto italiano di Storia e Protostorio di Firenze). Senza mai nominare Sergio Frau contestano in venti punti tutte le tesi che il giornalista di Repubblica ha raccolto nelle seicento pagine del saggio sulla mitica Atlantide. Il documento sintetizza un dibattito che si protrae ormai da due anni, che appassiona e che continua a scatenare polemiche. Anche alla luce delle mostre (l'ultima la scorsa estate nelle sale dell'aeroporto di Elmas) già presentate o che sono annunciate nel 2005. Una è prevista a Parigi col patrocinio dell'Unesco. «Premesso che ognuno può trattare e interpretare ciò che vuole come meglio crede» scrivono i 250 firmatari «è bene precisare che dal punto della ricerca scientifica, da cui noi non intendiamo prescindere, è importante fare alcune considerazioni su recenti operazioni massmediatiche intorno al passato della Sardegna». L'elenco è in ordine alfabetico: primo firmatario Enrico Acquaro, prestigioso ordinario di archeologia Fenicio-Punica considerato l'erede di Sabatino Moscati. Seguono Alberto Agresti dell'Università di Firenze, il geologo Michele Agus del Cnr di Cagliari, l'antropologo Giulio Angioni e via scorrendo la gran parte degli specialisti dei due atenei sardi e delle Soprintendenze. Una presa di posizione ufficiale per fare chiarezza su un tema che ondeggia pericolosamente tra letteratura e saggistica. Perché Internet e non un congresso o un quotidiano nazionale? «Non vogliamo continuare sulla scia delle polemiche. Frau dalla sua ha una corazzata, che è il giornale La Repubblica, su cui ha potuto portare avanti e pubblicizzare le sue tesi. Noi vogliamo esclusivamente mettere dei punti saldi sulla ricerca senza altro fine se non quello di ribadire il primato della scienza sulle pur buone ragioni dell'immaginazione. Chiunque può accedere al sito Internet». Seppure mai citato è palese che il bersaglio del documento siano le tesi di Frau, ormai popolari grazie al successo del libro e al battage sui giornali. Si possono riassumere così: la Sardegna è la mitica isola di Atlantide citata da Platone e dalle fonti classiche. La chiave della "scoperta" è lo spostamento verso Est delle colonne d'Ercole collocate impropriamente nello stretto di Gibilterra. In realtà andrebbero individuate tra la Sicilia e la costa africana. Secondo i firmatari del documento solo sul piano della fantasia può essere divertente ipotizzare una identificazione con la mitica isola platonica di Atlantide, con l'immaginaria sede dei beati Iperborei, con l'Eden biblico e col mondo dell'aldilà della tradizione classica. In particolare Atlantide di Platone non è un dato storico riferibile a un determinato luogo e a un determinato tempo, ma solo una costruzione poetica e utopistica, a fini esplicativi, che affonda le radici in una serie di miti largamente diffusi nel mondo antico. La moderna ricerca archeologica evita il ricorso a cataclismi, invasioni e migrazioni come spiegazione risolutiva dei cambiamenti culturali e può accogliere tali elementi solo come fatti concomitanti nel quadro di ricostruzioni interpretative di tipo sistematico su scala geografica adeguata. Pertanto gli studiosi affermano che non esiste in Sardegna alcun indizio di un'ipotetica inondazione provocata da un fenomeno geologico verificatosi intorno al 1175 a. C. «Non esistono indizi di uno tsunami locale nemmeno nelle terre che circondano l'Isola lungo tutto l'arco costiero del Mediterraneo occidentale». Riguardo alla civilità nuragica sottolineano che «non scomparve improvvisamente nel dodicesmo secolo e men che mai a seguito di un cataclisma». Le prove? «Lo testimonia la grande fioritura in ogni angolo dell'Isola degli insediamenti riferibili alla fase denominata Bronzo Finale tra il 1200 e il mille a.C., a cui risalgono i manufatti nuragici rinvenuti a Lipari in associazione col contesto indigeno Ausonio II e con ceramiche micenee del Tardo Elladico». Gli studiosi affermano che non è mai esistita un'età del Fango e una contrapposizione tra la Sardegna dei giganti abbattuti (cioè dei nuraghi distrutti del Campidano, della Marmilla e del Sinis) e una Sardegna dei giganti dell'interno. «A chiunque li osservi con un minimo di spirito critico appare evidente che tutti i nuraghi si presentino danneggiati in misura dipendente dai tipi di pietra impiegati, dai vari fattori di dissesto e infine dal plurimillenario prelievo di materiale lapideo per la costruzione dei fabbricati di età successiva, dai tempi dell'espansione fenicia a oggi». Il segno sui nuraghi indicato da Frau come prova dell'allagamento provocato dallo tsunami non è fango: «Quel che ricopre non solo i nuraghi ma anche le strutture erette durante i secoli precedenti sono i diversi strati di crollo e di ricostruzione, riferibili a molte fasi scaglionate nel tempo». Un'ulteriore prova è data proprio dallo scavo nella reggia nuragica di Barumini che, secondo Frau, sarebbe stata sepolta dal mare e dal fango: «Proprio qui emerge con assoluta chiarezza che gli strati di crollo del monumento e dell'abitato circostante ricoprono omogeneamente i resti delle strutture nuragiche e punico-romane realizzate in parte prima e in parte dopo la data della presunta inondazione». Infine non esiste in Sardegna alcuna traccia delle migliaia di cadaveri di uomini e animali che il presunto cataclisma avrebbe dovuto spiegare e di cui si immagina che siano stati recuperati a uno a uno dal fango e bruciati senza spiegare chi e come avrebbe potuto recuperarli. Resta il problema della dissoluzione della civilità nuragica, un fenomeno storico da indagare con ampiezza di metodi operativi e interpretativi, ma non è accettabile l'imposizione di un'unica soluzione precostituita. E neppure è condivisibile l'ipotesi del trasferimento in massa dei sardi nuragici sopravvissuti all'indondazione che sarebbero sbarcati in Italia dando vita alla civilità etrusca. «Ebbene, i rapporti tra i nuragici e gli etruschi sono comprovati ma solo a livello di scambi commerciali, di tecnologia, di matrimoni tra famiglie aristocratiche o di normali spostamenti di alcuni elementi umani, non certo per migrazioni di massa». Sul piano scientifico è insostenibile ? ribadiscono i 250 firmatari del documento ? la recente revisione e deformazione del quadro storico dell'intera area mediterranea e vicino-orientale in cui si crea una sostanziale confusione per non dire identità tra Sardi, Etruschi, Fenici, Ebrei, Filistei-Pheleset, Shardana e altri popoli del mare in cui l'elemento sardo o presunto tale viene presentato sempre come determinante. Così viene svalutato il grandioso fenomeno storico della colonizzazione fenicio-punica, ricondotto a un unico centro propulsore individuato nella sarda Tharros. Nessuno degli studiosi firmatari dell'appello crede che la Sardegna antica fu isolata, arretrata e ignorata, ma nemmeno accetta «l'insostenibile slogan di una Sardegna origine e fine di tutte le civilità mediterranee». Con il mito non si possono rinchiudere le sue vicende millenarie.
Carlo Figari
 
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 24 – Cagliari
Internet. Un sistema inventato da 7 studenti universitari
Navigazione a scrocco tra i palazzi di S. Benedetto
I pirati della rete lanciano la sfida: presto internet gratis in vari quartieri della città grazie al sistema wireless, il collegamento che sfrutta le potenzialità delle onde radio. Una tecnologia che consente di moltiplicare all'infinito gli accessi alla rete, senza limiti di spazio, sfruttando un unico abbonamento. In altre parole: un abbonato paga l'allaccio al gestore, gli altri scroccano i servizi collegandosi alla rete con una semplice antennina. Per il momento, però, ci si limita alle prove generali: un mini impianto fai-da-te costruito da un gruppo di amici patiti per l'informatica copre in questi giorni tre palazzoni tra via Cocco Ortu e via Baccaredda, compreso una parte della piazza vicina al mercato di San Benedetto. C'è solo un enigma da decifrare: il sistema è legale? Sono sette studenti delle facoltà di ingegneria elettronica, informatica, fisica e lettere dell'Università di Cagliari e hanno messo appunto un'apparecchiatura potenziata per la connessione a distanza, sfruttando il sistema wireless. L'ideatore del progetto è cagliaritano e si chiama Salvatore (il cognome resta sconosciuto per ragioni di riservatezza), ha 29 anni, una maturità scientifica e la passione sfrenata per l'informatica, le nuove tecnologie e il calcio. «L'apparecchiatura funziona perfettamente, anche se è ancora poco efficiente», spiega mentre accende l'interruttore del suo computer portatile, seduto sul cofano di un'auto parcheggiata alle spalle del mercato di San Benedetto, «per il momento l'abbiamo testata con quattro notebook (i computer senza fili) collegati nello stesso momento, ma ci sono tanti problemi causati dalle interferenze. Ma a noi basta sapere che il sistema funziona. Si realizza con poche centinaia di euro, ma con qualche risorsa in più si potrebbero coprire interi quartieri e tutti navigherebbero gratis. Basta un solo abbonamento che garantisca una discreta quantità di dati trasmessi e il resto della gente naviga grazie a delle particolari onde radio». Sul balcone del suo appartamento c'è un'antenna di trasmissione, con un amplificatore che moltiplica in segnale. Nel computer ha già di serie il ricevitore wireless e, pochi secondi dopo l'accensione, appare un'immagine (l'icona) in basso a destra. Il collegamento è riuscito, anche se l'immagine compare dopo alcuni minuti. «È ancora troppo lento» continua, «segnala una velocità di 200 kbytes, invece è già molto se naviga a 18, massimo 20. Ma il sistema funziona». Dopo il test, però, arrivano le controindicazioni: l'occupazione clandestina o abusiva delle frequenze è un reato, inoltre il gestore internet con cui è stato stipulato il contratto potrebbe chiedere eventuali danni per l'uso illecito dell'abbonamento. «In altre nazioni sistemi come questo sono già in funzione», continua Salvatore,« inoltre alcune società lo stanno lanciando in alcuni quartieri di Londra e di Amsterdam».
Francesco Pinna
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Oristano
 SOLARUSSA
   Il passato dimenticato bussa alle porte del presente
 
CASE E CITTÀ IN TERRA CRUDA
 
 SOLARUSSA. Forse è successo quel che troppo spesso accade, ovvero che il passato e le tradizioni più vive siano state frettolosamente accantonate. È successo per tanti aspetti della vita sarda, è successo anche per l’architettura che nel giro di pochi decenni ha cambiato volto ai paesi della Sardegna. E non sempre lo ha fatto in meglio. Oggi però si tenta di riscoprire quei canoni che avevano caratterizzato l’aspetto e che avevano a loro modo regalato bellezza a tanti angoli dell’isola. Le case in ladiri sono uno di questi esempi e, nel momento in cui è sempre più raro ammirarne le fattezza pregevoli, si sta cercando di rimediare agli errori del passato. Il convegno che si svolgerà la prossima settimana, intitolato “Le case e le città della terra cruda” va quindi letto con gli occhi di chi vuol restituire giustizia a vecchie tradizioni. Parlare serve per far conoscere e conoscere serve per riscoprire e rivalutare l’importanza dell’architettura che ha caratterizzato secoli di storia sarda.
 Questo il programma di venerdì 28 gennaio: mattina 9,30 apertura: Gianni Deidda (sindaco di Solarussa), Marco Muscas (presidente Associazione nazionale città della terra cruda), Renato Soru (presidente della Regione autonoma della Sardegna), Gianvalerio Sanna (assessore agli enti locali, finanze e urbanistica della Regione autonoma della Sardegna), Elisabetta Pilia (assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport della Regione autonoma della Sardegna); pausa caffè. Pomeriggio (coordina Carlo Aymerich): Eugenio Galdieri (Aicat-Icomos), Antonello Sanna (Università di Cagliari), Carlo Atzeni (coordinatore manuale riqualificazione dei centri storici della Marmilla), Gianfranco Conti (responsabile Ced-Terra Casalincontrada). Esperienze: interventi di Costantino Manca, Anna Paola Conti, Ignazio Garau, Maura Falchi, Maurizio Manias, Gianpietro Scanu, David Loy.
Questo il programma di sabato 29 gennaio: 1ª sessione di recupero coordina Antonello Sanna; Rossella Sanna (architetto libero professionista), Barbara Foddis (servizio centri storici della Regione autonoma della Sardegna), Abdellatif El Haijami (direttore responsabile Agence de la Mèdina de Fès, Marocco), Khalid El Harrouni (responsabile La bhaut, ecols nationale d’architacture de Rabat, Marocco), Mariana Correja (vice direttore escola de Ensino universitario Gallaecia, Portogallo); pausa pranzo. Mattina 9,30: 2ª sessione normativa (coordina Walter Secci), Michele Cossa, Marco Lion (deputati al Parlamento), Hubert Guillaud (direttore scientifico del Centro di ricerche EAG Francia), Walter Secci (sindaco di Villamassargia), Maria Cristina Forlani (Università di Pescara); pausa caffè. Tavola rotonda coordina Mauro Bertagner. Intervengono: Alejandro Alva, Eugenio Galdieri, Hubert Guillaud, Paola Cannas, Roberto Mattone, Alceo Vado, Gaia Bollini, Gianfranco Conti.
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
 CONVEGNO
 Psichiatria, dubbi e carenze
 Psicofarmaci, no al terrorismo ma anche cautela
 
Limiti e ritardi nell’assistenza in Sardegna Carpiniello: “Eppure siamo fiduciosi”
 CAGLIARI. Un tempo, sino ai primi anni Cinquanta, nessun trattamento farmacologico era usato nella cura dei disturbi mentali. Solo l’elettroshock, con tutti i limiti e le conseguenze che questo comportava.
 A cavallo tra il 1950 e il 1955 si scoprono invece gli psicofarmaci, gli ansiolitici, gli antipsicotici, che subito divengono, per usare le parole di Bernardo Carpiniello, direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Cagliari, ‹‹lo strumento principe della psicoterapia››.
 A distanza di tanti anni, quanto ancora ci si deve fidare di questi farmaci, che la ricerca ha reso sempre più evoluti? E la facilità con cui spesso sono prescritti dal medico di base quanto rende il paziente sicuro? Su questo e altri interrogativi si è cercato di far quadrato nei giorni scorsi nel corso di un convegno promosso alla Cittadella di Monserrato dalle università di Cagliari e Sassari, e dalla Società italiana di psichiatria.
 ‹‹Troppi luoghi comuni - afferma Bernanrdo Carpiniello - Intorno all’uso degli psicofarmaci spesso si fa del vero e proprio terrorismo, arrivando a considerare singoli fatti di cronaca, che purtroppo possono verificarsi, come esempio di uno stato di cose più generale››.
 Così non è. Per dimostrarlo il direttore della clinica Psichiatrica parte da un assunto: ‹‹Grazie ai trattamenti farmacologici è stato possibile curare malattie un tempo incurabili››.
 Non solo: ‹‹E’stata l’esistenza stessa di questi strumenti ad agevolare la chiusura dei manicomi››.
 Nel limbo dei progressi della farmacologia, cui spesso è difficile stare dietro persino agli addetti ai lavori, non v’è dubbio comunque che qualche paletto vada posto.
 ‹‹Il farmaco - dice il direttore della Clinica psichiatrica - va somministrato con grande cautela. Per alcune patologie possono prescriverlo gli stessi medici di base: ovvio come in questi casi debbano essere informatissimi. Perché il farmaco, ripeto, va conosciuto e saputo usare››.
 Dai dubbi riguardanti l’utilizzo dei medicinali, alle carenze strutturali, tutte sarde, che ancora aspettano d’essere risolte.
 ‹‹In Sardegna l’assistenza psichiatrica presenta limiti e, soprattutto ritardi - dice - Carpiniello - Negli ultimi anni si è fatto molto: le Asl hanno tutte i loro dipartimenti di salute mentale, dal trattamento ambulatoriale al ricovero, se necessario, ma i Centri di salute mentale non riescono ancora a decollare come dovrebbero››.
 Non sono aperti ventiquattrore su ventiquattro, ad esempio, e quelli che aprono invece dodici ore, non riescono a tenere aperto sette giorni su sette. Un problema delicato, che si scontra con le attuali ristrettezze di bilancio. ‹‹Eppure siamo fiduciosi - dice il direttore - Qualche tempo fa ricordo che l’assessore alla Sanità usò le parole “raschieremo il fondo del barile”, pur d’assicurare ai malati psichiatrici il supporto di cui necessitano››.
 Praticamente: il massimo dello sforzo per una questione inserita tra le priorità.
S.Z.
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 33 - Sassari
 Docenti e studenti sul Monte Lisini di Ittireddu
 Un vulcano da esaminare
 
 ITTIREDDU. La docente Maria Luce Frezzotti dell’Università di Siena, dipartimento Scienze della terra, ha ispezionato il cono vulcanico del Monte Lisini, appartenente all’era quaternaria, per fini didattico-scientifici. La vulcanologa, assistita dal geologo Antony Mancini, ha provveduto al campionamento di rocce di mantello e olivina, minerale del gruppo dei silicati, componente di molte aggregazioni eruttive di colore verde, nella varietà trasparente, ovvero, crisolito. La vasta platea vulcanica ittireddese è stata inserita nel contesto degli studi sulla composizione profonda della terra sotto il territorio nazionale.
 Dopo l’Università La Sapienza di Roma, che a cadenza trimestrale, tiene le lezioni all’aperto per gli studenti di scienze naturali, fra le viscere del vulcano spento di Ittireddu, anche altri atenei, fra i quali quello di Genova, hanno chiesto la collaborazione dei cavatori a poter accedere ai siti interessati alla relativa didattica. Sorge il dubbio, alla luce di tanto interessamento da parte delle università italiane e non solo, se le istituzioni sono in grado di accogliere l’invito per realizzare in loco un parco geo-vulcanologico, con annessa struttura direzionale, con ricadute socio-economiche, la cui bozza del progetto era stata, a suo tempo, recepita dall’esecutivo della comunità montana «Monte Acuto», che l’aveva inserita nel complesso dei finanziamenti a carico dei piani di intervento territoriali.
Maria Giovanna Cherchi

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