Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
29 January 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Rassegna Stampa di sabato 29 gennaio 2005
1 – L’Unione Sarda
Pagine 1 - 20 – Cagliari
Il Senato accademico giudica "indegne" le tesi sostenute nel libro di Pietro Melis
Università: bocciato il professore antisemita
Tutti contro Pietro Melis. Il docente di storia e filosofia, nella facoltà di Scienze della Formazione, reo di aver pubblicato un testo con evidenti contenuti antisemiti e di odio razziale, è sempre più solo. Una condanna da parte del mondo accademico cagliaritano arriva proprio all’indomani del Giorno della memoria. Ieri mattina il Senato dei docenti ha discusso l’episodio, dipingendolo come "indegno" e "inaccettabile". Il rettore Mistretta ha invece inviato una lettera di scuse al rabbino capo della comunità ebraica italiana. Un volantino non firmato con espliciti riferimenti alle tesi del professor Melis è stato distribuito ieri davanti alla sala dove si svolgeva un dibattito sulla Shoah. Mentre i colleghi si rifiutano di partecipare alla commissione d’esami da lui presieduta.
 
Università. Il Senato accademico ha condannato il caso del professore: «indegno»
Libro antisemita, l’ateneo contro Melis
Volantino con le tesi del docente al convegno sulla Shoah
Tutti contro Pietro Melis. Il docente di storia e filosofia, nella facoltà di Scienze della Formazione, reo di aver pubblicato un testo con evidenti contenuti antisemiti e di odio razziale, è sempre più solo. Una condanna da parte del mondo accademico cagliaritano arriva proprio all’indomani del Giorno della memoria. Ieri mattina il Senato dei docenti ha discusso l’episodio, dipingendolo come "indegno" e "inaccettabile" da parte di tutto l’organismo. Alla fine degli interventi si è tenuto anche un minuto di raccoglimento per le vittime della Shoah. Dure le parole del rettore Pasquale Mistretta, che ha inviato una lettera di scuse al rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni: «Le farneticazioni di Pietro Melis riguardano solo la sua persona e non rispecchiano nel modo più assoluto l’orientamento dei colleghi e del personale tutto della facoltà di Scienze della Formazione e dell’ateneo. Ho già provveduto a richiedere al preside della facoltà di ritirare la pubblicazione». A conferma di questa volontà, nel consiglio di facoltà di mercoledì i docenti si sono rifiutati di prendere parte alla commissione che avrebbe dovuto far sostenere l’esame della materia del professore Melis. Per tutta risposta il docente ha inviato un fax agli uffici dell’ateneo, per denunciare l’episodio come «interruzione di pubblico impiego». Pietro Melis, 69 anni, nel 1989 aveva fondato la Lega sarda partecipando alle elezioni ragionali con proclami in stile padano. Giovedì il libro sotto accusa, per disposizione della Procura di Cagliari è stato sequestrato su tutto il territorio italiano, mentre il professore è stato indagato per istigazione all’odio razziale. VOLANTINAGGIOLa vicenda Melis ha poi vissuto un nuovo episodio in serata. Durante il convegno, svolto nell’aula Magna del polo umanistico, "I lager e la Shoah in Italia e in Europa", organizzato dal dipartimento di studi storici, una ragazza all’esterno dell’edificio ha distribuito un documento di dieci pagine, intitolato «È tornato il periodo dell’inquisizione spagnola. È in Italia, non in Spagna». Niente firma, ma leggendo le prime righe si capisce subito che il contenuto è stato scritto da Melis, che fa riferimento alla sua pubblicazione, cercando di avvalorare, con riferimenti storici e filosofici, le proprie tesi. Questo in attesa dell’esito dell’inchiesta aperta dalla Procura. Il Senato accademico ha dato inoltre piena disponibilità a collaborare. Chissà che il documento distribuito ieri possa essere inserito nel "dossier Melis". POLEMICA IN SENATO «Interrogazione corretta d’ufficio, senza consultare i firmatari». Questa la denuncia del senatore diessino, Massimo Brutti, al presidente del Senato, Marcello Pera, per i cambiamenti che il testo originale, che condannava come "spregevole e ripugnante" il testo antisemita del professor Melis, avrebbe subito. «Nell’interrogazione originale - spiega Brutti - descrivevamo "spregevole" e "ripugnante" l’istigazione all’antisemitismo e all’odio razziale contenuta in quel volume. Nel testo pubblicato sui resoconti parlamentari, questi due aggettivi sono incredibilmente spariti, sostituiti da "criticabile" e "intollerabile". Questo increscioso e vergognoso episodio di censura è avvenuto all’insaputa dei sottoscrittori, che non hanno mai dato alcuna autorizzazione a simili modifiche».
Matteo Vercelli
 
2 - L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cagliari
Laurea specialistica Sì alla proroga per le iscrizioni
L’ateneo cagliaritano ha deciso: chi ha conseguito la laurea triennale nella sessione invernale può iscriversi alla specialistica entro il 28 febbraio. Lo ha fatto approvando all’unanimità, nella seduta del Senato accademico, un ordine del giorno che introduce, in via sperimentale per due anni, una seconda data d’iscrizione, per chi si deve iscriversi alla laurea specialistica. Dal 2007 dovrebbe diventare definitiva. Una situazione che riguarda oltre cento studenti che hanno tagliato o taglieranno, da dicembre a febbraio, il traguardo della laurea di primo livello. «Siamo soddisfatti perché è stata recepita la nostra proposta, frutto di un lavoro di diversi anni, in collaborazione con il rettore e i docenti», sottolinea Fabiola Nucifora, studentessa e membro del Senato accademico della lista Università per gli studenti. Scartata la possibilità di una preiscrizione che avrebbe creato problemi amministrativi. Anche il rettore, Pasquale Mistretta, ha sottolineato come scelta migliore quella di una seconda data, entro il 28 febbraio, per chi consegue la laurea triennale in un periodo non più utile per frequentare i corsi. Capitava infatti che chi si laureava dopo novembre, non poteva più iscriversi e doveva attendere l’anno accademico successivo, perdendo quasi un anno. Unica via d’uscita, l’iscrizione ai singoli corsi a pagamento. «Da tempo aspettavamo questa delibera del senato accademico ? commenta Silvia Pili, rappresentante degli studenti di Federazione universitaria. ? È stata finalmente ascoltata la voce degli studenti. Noi abbiamo dato il nostro apporto con una lotta fatta raccolta di firme, conferenza stampa, richieste formali al rettore e il coinvolgimento di alcuni consiglieri regionali». Per gli studenti dell’ateneo cagliaritano un sospiro di sollievo. L’università di Cagliari si allinea così con altri atenei nazionali, che avevano già introdotto la seconda data d’iscrizione. (m.v.)
 
3 - L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cagliari
Tre nuove facoltà in dirittura d’arrivo
L’iter che porta alla nascita delle nuove facoltà di Architettura, Biologia e Psicologia prosegue. L’argomento, come era ovvio, è arrivato anche al Senato accademico, che pur non avendolo iscritto all’ordine del giorno, ne ha parlato in poche battute. Si è preso atto che si tratta di una novità rivoluzionaria per l’ateneo e che comunque va affrontata con calma. Per questo quasi sicuramente sarà inserito nell’ordine dei lavori del prossimo Senato accademico, a febbraio. Dopo dieci anni dall’istituzione di Lingue e letterature straniere, che ha fatto salire a dieci il numero delle facoltà, l’ateneo cagliaritano, con in testa il rettore Pasquale Mistretta, sta seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di aumentare l’offerta formativa per gli studenti. Architettura nascerebbe dal corso esistente nella facoltà di Ingegneria, mentre Biologia e Psicologia si staccherebbero rispettivamente da Scienze e da Scienze della formazione. UnicaProprio nell’ultimo numero del bimestrale dell’università cagliaritana (Unica news uscito ieri) Mistretta fa il punto della situazione sul fermento che potrebbe portare alla costituzione delle nuove facoltà. Un percorso ovviamente lungo: ci sono numerosi passaggi (consiglio di facoltà, Senato accademico, ministero della Pubblica Istruzione) che fanno presumere l’eventuale parto di Architettura, Biologia e Psicologia per l’anno accademico 2006-2007. «I percorsi formativi e la ricerca scientifica non possono prescindere da nuovi indirizzi, mentre oggi abbiamo un binario definito ? spiega Mistretta. ? La chance di creare nuove facoltà, e all’interno dell’ateneo si dibatte proprio su Architettura, Biologia e Psicologia, è quella di dare nuove opportune diversificazioni». Il rettore scende poi nello specifico delle singole facoltà. «L’ingegneria civile e l’architettura, per vari motivi, non legano più con gli indirizzi di laurea in elettronica, elettrica, meccanica, chimica. Il numero di studenti giustificherebbe la nuova facoltà: sono il 50 per cento a ingegneria civile e architettura, il resto negli altri corsi». Il nuovo polo d’Architettura permetterebbe inoltre «un’ identità più forte con la Regione e con gli altri atenei italiani e internazionali». PsicologiaPer Psicologia il discorso è avvalorato dai numeri: esiste una sofferenza nel rapporto tra docenti e studenti, sbilanciato a favore di questi ultimi e con un corpo insegnante esiguo. «Psicologia ? spiega Mistretta ? può diventare facoltà a sé perché vanta docenti e ricercatori di indiscussa validità accademica». BiologiaAnche Biologia sembra essersi ritagliata una fetta di indipendenza: «Le bio-discipline rappresentano una grande nicchia sulla quale bisogna investire ? continua il rettore: ? basti vedere quanto stanno facendo di buono i distretti di Biomedica, delle Biotecnologie, Bioingegnerie, così come Genetica e altre discipline che potranno essere incentivate». Anche i numeri non dovrebbero creare problemi: ci sono circa trecento docenti in Scienze, e un terzo potrebbe essere fatto convergere su Biologia. I vantaggi derivanti dalle nuove facoltà sarebbero notevoli: più si disarticola l’indirizzo di studio più si è competitivi». m.v.
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
 Università. Il senato accademico decide di intervenire sul docente accusato di antisemitismo
 Melis finisce anche sotto esame
 Una commissione vigilerà sulle interrogazioni degli studenti
 Domande e “tesine” solamente secondo i consueti programmi
  CAGLIARI. Pietro Melis non c’era. Nella giornata in cui l’Università ha deciso di dedicare un convegno al tema della Shoah, il professore di Storia della Filosofia, indagato per istigazione all’odio razziale ha pensato bene di non farsi vedere. Sul suo caso comunque, il senato accademico ha discusso nella seduta di ieri mattina: per il docente della facoltà di Scienze della Formazione, è stato deciso, niente più esami da solo. Al suo fianco lavorerà una commissione integrativa che proprio in queste ore il rettore devrebbe nominare.
L’annuncio è arrivato dallo stesso Pasquale Mistretta: «In base alle considerazioni mie, e del consiglio di facoltà, che già nei giorni scorsi ci siamo abbondantemente pronunciati - ha detto il rettore - il senato accademico ieri ha deciso di non esprimersi. Per ora è stato deciso solamente che Melis non esaminerà gli studenti da solo».
 La situazione è delicatissima, ha aggiunto ancora Pasquale Mistretta, e dato che per prendere provvedimenti più forti «sono necessari moltissimi elementi», per ore è stato pensato di trovare almeno un modo per tutelare gli studenti.
 «Come rettore - ha detto - devo garantirgli la possibilità di sostenere gli esami». Il primo appello, in programma giovedì scorso, è già saltato: il prossimo è previsto per il 15 febbraio, e per quella data gli universitari hanno bisogno di garanzie. Garanzie che l’Università ha deciso, non consistono solo sulla certezza della presenza del docente, ma anche nell’assicurazione che chi siederà a sostenere l’esame sarà interrogato «secondo i consueti programmi», senza il pericolo cioè che Melis possa fare domande che sconfinino in altri argomenti. E mentre durante l’incontro di ieri nel corpo aggiunto de Sa Duchessa, alcuni ragazzi hanno cominciato a far girare otto cartelle fitte si spiegazioni, che Melis ha indirizzato al ministro della Pubblica istruzione, al rettore e al consiglio di Facoltà, dalle colonne di Unica News, il bimestrale dell’Università, il rettore porge le scuse al popolo ebraico per l’incidente che tanto clamore ha suscitato (la questione è rimbalzata anche in Parlamento). Con una lettera al rabbino capo della comunità ebraica di Roma Mistretta esprime “l’amarezza” e “il dolore” dell’Università garantendo «tutte le misura approopriate affinché casi analoghi non abbiano a ripetersi». (s.z.)
 
Pagina 2 - Cagliari
 LA LETTERA DI SCUSE DEL RETTORE
 “Aberranti farneticazioni, si è trattato di una svista”
 CAGLIARI. Ecco la parte principale della lettera di scuse inviata dal rettore Pasquale Mistretta al rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo di Segni, al quale Pietro Melis aveva inviata una copia del suo scritto con una lettera di accompagnamento in cui si afferma: “Il mio saggio sia per voi come un marchio indelebile sulla vostra pelle”. Il rabbino di Roma aveva chiesto immediatamente spiegazioni al rettore che così ha risposto.
Ill.mo Rabbino Capo, anzitutto desidero esprimerle l’amarezza e il dolore mio personale e dell’intera Università di Cagliari per il grave episodio della pubblicazione negli “Annali della Facoltà di Scienze della Formazione 2 vol. XXVII 2004 parte 1, dell’articolo di Pietro Melis, docente in servizio presso quella facoltà, contenente una aberrante riabilitazione delle camere a gas e del genocidio nazista degli ebrei europei. Su come ciò sia potuto accadere, si sta già provvedendo per accertare le eventuali responsabilità e per intraprendere tutte le iniziative che possano contribuire a riparare, sia pure a posteriori, al danno che è stato provocato e all’offesa che ne è derivata alla dignità e alla memoria delle vittime, non meno che alla verità storica. Sono tuttavia sicuro di poterle anticipare che proprio di una grave svista non può essersi trattato e che le farneticazioni di Pietro Melis riguardano solo ed esclusivamente la sua persona e non rispecchiano nel modo più assoluto l’orientamento dei colleghi e del personale tutto della facoltà di Scienze della Formazione. Per intanto ho richiesto al preside della suddetta Facoltà di provvedere all’immediato ritiro della pubblicazione. Mi è d’obbligo aggiungere che, sui temi del nazismo, del fascismo e della Shoah, l’Università di Cagliari è nel panorama nazionale da anni tra le più impegnate non solo nella ricerca scientifica, ma anche e soprattutto nella diffusione della conoscenza storica tra i nostri studenti e tra quelli delle scuole, nella formazione degli insegnanti e nelle iniziative culturali rivolte all’intera cittadinanza.
Da molti anni il Dipartimento di studi storici, geografici e artistici della nostra Università costituisce un punto di riferimento per l’intera città di Cagliari e per le sue istituzioni culturali più prestigiose nell’organizzazione della Giornata della memoria, in una prospettiva espressamente rivolta a coniugare conoscenza storica e impegno civile ed estranea ad ogni retorica di tipo celebrativo. Questi incontri, accanto ai nostri docenti più qualificati, hanno visto la partecipazione di testimoni della persecuzione politica e razziale e di alcuni degli studiosi più prestigiosi sul piano internazionale.
 A ciò è necessario aggiungere i convegni scientifici, i corsi e i seminari universitari, le visite guidate per i nostri studenti ai luoghi della memoria (dalla Risiera di San Saba, al ghetto di Roma, al mausoleo delle Fosse Ardeatine).
 
 
5 – La Nuova Sardegna
 
 Pagina 13 - Sardegna
 Denuncia ds: «Censurata interrogazione su Melis»
   ROMA. Un’interrogazione parlamentare presentata da alcuni senatori Ds è stata «edulcorata e corretta» d’ufficio, senza consultare i suoi firmatari. Lo denuncia, con una lettera al presidente del Senato Marcello Pera, il senatore Massimo Brutti, firmatario assieme ad altri colleghi del gruppo Ds di un’interrogazione sul testo antisemita utilizzato come libro d’esame all’Università di Cagliari e firmato dal docente Pietro Melis.
 Il docente è sotto indagine per istigazione all’odio razziale. «Nel testo originale - spiega Brutti - descrivevamo “spregevole e ripugnante” l’istigazione all’antisemitismo e all’odio razziale contenuta in quel volume.
 Nel testo pubblicato sui resoconti parlamentari, questi due aggettivi sono incredibilmente spariti, sostituiti da «criticabile» e «intollerabile». «Questo increscioso e vergognoso episodio di censura - scrive il senatore Brutti al presidente Pera - è avvenuto all’insaputa dei sottoscrittori, che non hanno mai dato alcuna autorizzazione a simili modifiche.
 Non vi è stata del resto alcuna richiesta in tal senso. Le modifiche sono state quindi disposte di autorità e ciò è davvero intollerabile.
 Per ciò che riguarda il merito, è semplicemente scandaloso che la Presidenza del Senato si assuma la responsabilità di dichiarare «criticabile», piuttosto che «spregevole», come nel testo originario, un documento antisemita e razzista quale è quello cui si riferisce l’interrogazione.
 Nella lettera Brutti fa anche presente che sulla stessa vicenda era stata presentata nei giorni scorsi una interrogazione dall’onorevole Anedda, di An.
 Anche l’onorevole di Alleanza Nazionale aveva usato l’aggettivo, «spregevole». «Non resta che domandarsi - scrive Massimo Brutti - se alla Camera dei Deputati il termine spregevole abbia un diverso significato. Non crediamo che sia così.
 Il fatto è che in questo caso è stata esercitata al Senato una indebita ed arbitraria censura sulla manifestazione del pensiero e sull’esercizio di un diritto che è strettamente inerente al nostro status di parlamentari.
 Le chiediamo perciò, Signor Presidente del Senato - scrive Brutti a conclusione - di disporre una nuova pubblicazione del resoconto dell’Assemblea, che trascriva fedelmente il testo da noi depositato, rispettando così il nostro pensiero».
 La vicenda denunciata dai parlamentari diessini era approdata nei giorni scorsi sulla stampa isolana e nazionale, quando i passaggi più «spregevoli» del libro di Melis erano venuti a conoscenza dei giornali e rilanciati. Sul libro era pimbata anche la condanna del rabbino capo di Roma Amos Luzzato.
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
 GIORNATA DELLA MEMORIA
 “Eliminare la retorica dalla Shoah”
 L’intervento dello storico Enzo Collotti nell’aula magna gremita di Lettere
  CAGLIARI. Gli strumenti della storia per uscire dalle strozzature, e riempire di contenuti avvenimenti che rischierebbero altrimenti di scivolare nella banalità. È questo il concetto emerso più volte ieri sera, durante l’incontro “Il lagher e la Shoah in Italia e in Europa” organizzato dall’Università e dall’Issra (Istituto sardo per la storia della resistenza e dell’autonomia».
 A poche ore dal giorno in cui tutto il mondo si è fermato per commemorare le vittime dell’olocausto, Enzo Collotti, cattedratico di storia e tra i massimi esperti al mondo sulla Germania nazista, davanti a un’aula magna gremita ha colto l’occasione per una considerazione di stretta attualità: «Negli ultimi anni - ha detto - intorno alla Shoah c’è stata una sorta di rievocazione ma anche di retorica».
 Perché, viene da domandarsi? Collotti non ha dubbi: le ragioni sono riconducibili principalmente a due ordini di fattori: «Il primo - dice - è che esiste un rischio fisiologico della scomparsa degli ultimi testimoni diretti». Il secondo ha più una valenza politica: «Nel momento in cui l’Europa - dice Collotti - si da una costituzione, oltre che un sistema normativo, cerca pure di darsi un’insieme di valori». Valori che in gran parte sono quelli acquisiti dopo la violenza e i dolori da cui si è usciti dopo la seconda guerra mondiale.
 Tuttavia, pensando all’inferno di Auschwitz, Collotti osserva: «Non possiamo pensare che nel 1945 ci fosse un’esatta comprensione della vera dimensione della tragedia. Certo, sapevamo bene che i nostri compagni, i nostri vicini di casa venivano deportati. Ma la denuncia della tragedia s’è fatta strada solo un decennio più tardi». Esistono delle colpe per tutto questo? «No - risponde lo storico - perché per molti si è trattato di un processo di rimozione, altri ancora invece, avevano una sorta di pudore che gli impediva di mettere in piazza la miseria in cui erano stati ridotti».
 Difficilissimo dunque riuscire a ricostruire all’indomani dei fatti la loro reale dinamica. Anche perché un’altra cosa va detta: «Per molto tempo, né la storiografia, né quella francese, né quella italiana hanno dedicato sufficiente attenzione alla questione della messa al bando degli ebrei». E se almeno, con il processo di Norimberga vedeva debolmente alla luce un concetto di valenza internazionale come quello di “crimine contro l’umanità”, solo più tardi si è giunti all’acquisizione di nuovi elementi che hanno permesso più precise ricostruzioni. Come un documento saltato fuori dagli archivi del vecchio ministero degli esteri dei Tarzo Reich, nel 1947, che «sistematizzava le misure prratiche per l’organizzazione dello sterminio». Tanto materiale ancora potrebbe saltare fuori. Per l’Italia l’auspicio è che la ricerca diventi più capillare: «Andate negli archivi e rendetevi conto di quanta corresponsabilità nei fatti c’è da parte delle pubbliche amministrazioni italiane - dice Collotti - perché l’incontro di 40 capi di stato non sia solo retorica, occorre intervenire su questi punti». (s.z.)
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 27 - Sassari
 Il progetto del nuovo polo sanitario è fermo in Comune. Andria: «In consiglio non ne sappiamo nulla»
 «Veterinaria rischia di andare in serie B»
 Il preside Coda: senza l’ospedale le lauree non avranno validità europea
  SASSARI. Veterinaria rischia di diventare una facoltà di serie B. A lanciare l’allarme è il preside Sergio Coda che interviene sulla querelle nata tra Università e Comune per la costruzione del policlinico per animali: “Una commissione dell’Ue era venuta in visita nel 1998, doveva valutare il nostro standard di qualità. Il pool di esperti aveva rimandato la facoltà: mancava un ospedale veterinario. A 7 anni di distanza tutto è fermo e l’amministrazione non ci dà ancora il via libera».
 «Se il complesso sanitario non sorgerà nei prossimi anni il rischio - dice il preside - è che l’Ue non dia alle nostre lauree una validità europea. Sarebbe un danno non solo per Sassari, ma anche per l’intera regione che ha nella pastorizia uno dei settori trainanti dell’economia”.
 L’opera al centro della polemica tra Palazzo Ducale e l’ateneo ha un iter travagliato. L’università nel 1993 ha presentato il progetto al Comune e ha stanziato oltre quattro miliardi di vecchie lire per realizzarlo. La struttura dovrebbe sorgere alle spalle della facoltà, a venti metri è in costruzione l’istituto zooprofilattico. Ma il piano per creare il polo veterinario ha subito diversi stop. “La giunta Sanna l’aveva bloccato perché mancava una strada di collegamento - dichiara Coda -. C’è stato chiesto di costruire una striscia d’asfalto di diciotto metri, quasi un’autostrada, l’abbiamo fatta. Ma da giugno del 2004 la pratica è ferma, il Comune vuole ora una relazione geologica e il nullaosta dei beni paesaggistici”.
 L’ospedale, che nasce come uno strumento didattico, sarebbe aperto a tutta la città e a tutte le specie animali. Nel piano sono previsti un pronto soccorso e reparti di radiologia, ginecologia, ostetricia, medicina, anatomia patologica, chirurgia e malattie infettive. “Un gioiello che Sassari rischia di perdere - spiega il preside -. La mia paura è che il Consiglio non approvi il progetto prima della fine della legislatura. Con una nuova giunta la pratica dovrebbe ripartire da zero. La mia posizione ora è scomoda. Da un anno e mezzo vado avanti e indietro tra Università e uffici comunali per trovare una soluzione”.
 Ma la polemica sembra spaccare al suo interno anche Palazzo Ducale. Solo ieri Nanni Campus aveva difeso i tecnici del Comune e aveva rovesciato la colpa dei ritardi sulla mancata presentazione di alcuni documenti da parte dell’Università. Ora l’operato dell’amministrazione è messo sotto accusa dagli stessi consiglieri.
 Le domande di Andria. Mariolino Andria, che fa parte della commissione Urbanistica, ha presentato un’interrogazione al sindaco e all’assessore dove chiede di sapere perché la commissione non sia stata mai informata del progetto: “Non ho mai sentito parlare di un ospedale veterinario. Mi chiedo come sia possibile. Tutti i piani di lottizzazione pubblica devono passare in commissione. Non è possibile che le carte restino sepolte per mesi e poi ci venga chiesto in dieci giorni di approvare un progetto complesso. È un metodo di lavoro che non mi piace”. Andria vuole anche che sia avviato un dibattito all’interno del Consiglio: “Lo sviluppo edilizio di questa città deve essere rivisto prima della presentazione del piano urbanistico comunale. Dobbiamo cercare di far nascere i poli universitari all’interno del tessuto urbano e aiutarne lo sviluppo”.
Luca Rojch
 
Pagina 27 - Sassari
 IL RETTORE MAIDA
 «Nessun tono duro, solo una sollecitazione»
  Gentile direttore, nessuno più di me è rispettoso dell’importante funzione dell’informazione, così come dei ruoli di coloro che nei giornali lavorano e decidono della gerarchia e del risalto da dare alle notizie. Inoltre, sono grato per la «visibilità» che questo quotidiano cittadino ha dato tradizionalmente e continua a dare alle iniziative del nostro ateno. Spero, dunque, che mi permetterà, signor direttore, di intervenire per «mitigare» il tono perentorio dei titoli di prima e ventunesima pagina di giovedì 27 gennaio: «Dure accuse di Maida al Comune» e «Maida bacchetta il Comune», peraltro non rispondenti ai giusti contenuti dell’articolo.
 Chi mi conosce sa che non sono solito usare toni duri nella comunicazione con le Istituzioni, con le quali in questi anni abbiamo instaurato un clima di cordiale e fattiva collaborazione. Senza «scagliarmi» contro alcuno e senza impugnare «bacchette» ho inteso solo sollecitare - date le scadenze - un’accelerazione dell’iter burocratico di un’opera - in particolare il completamento del polo veterinario - di cui legittimamente, credo, io e gli organi di governo dell’Università vorremmo vedere la conclusione.
 Grato dell’ospitalità, la saluto cordialmente.
Alessandro Maida
 
 
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 34 - Sassari
 Un corso di formazione per esperti di e-learning
  ALGHERO. L’evoluzione dei mercati, delle tecnologie, delle organizzazioni pubbliche e private rende oggi indispensabile un continuo aggiornamento professionale da parte degli individui, delle imprese e della pubblica amministrazione. A questa domanda crescente di formazione corrisponde un’offerta sempre più variegata proveniente da università, centri di formazione professionale, scuole secondarie, enti privati, imprese di servizi. Molte iniziative formative prevedono l’utilizzo delle tecnologie informatiche sia in aula che per attività di formazione a distanza (e-learning). Il successo di tali attività formative, sia di tipo continuo che di prima formazione, è legato anche alla presenza di figure professionali capaci di gestire efficacemente i processi di apprendimento sensibile alle esigenze e alle dinamiche individuali e collettive, e di partecipare a tutte le attività di progettazione, monitoraggio, valutazione collegate a un intervento formativo. L’Istituto di istruzione superiore di via Don Minzoni ad Alghero, in associazione con l’Università degli studi di Sassari e con alcuni enti e società private (Endas Formazione, Team srl e Olis srl), presenta il corso Ifts per «tecnico superiore esperto nel supporto dei processi di apprendimento» che si terrà ad Alghero, presso i locali dell’istituto. Il corso avrà una durata di 1.200 ore articolate in 490 ore di teoria (di cui 230 di formazione a distanza), 310 ore di esercitazioni pratiche e 400 ore di stage aziendale. Il corso si rivolge a 20 giovani in possesso di diploma di scuola media superiore, interessati ad acquisire le competenze necessarie per affrontare le nuove frontiere della formazione. Obiettivo del corso è quello di rendere i partecipanti in grado di supportare le attività di formazione stimolando e motivando gli allievi, rimuovendo ostacoli psicologici e pratici e accompagnando le attività didattiche, anche dal punto di vista gestionale. L’esperto nel supporto dei processi di apprendimento conoscerà le dinamiche, i principali strumenti per la formazione a distanza e saprà utilizzare pienamente almeno una piattaforma di e-learning.
 
 
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 48 - Cultura e Spettacoli
 Pubblichiamo la prefazione di Tullio De Mauro alla riedizione dell’Ilisso di «Un anno a Pietralata»
 Bernardini: a scuola di vita
 Il sogno di un’istruzione realmente democratica
 Oggi questo libro rappresenta insieme con «La scuola nemica» una rara testimonianza non solo per il valore umano e letterario ma per recuperare una storia che agisce ancora sul presente
 Per gentile concessione dell’editore Ilisso pubblichiamo ampi stralci della prefazione di Tullio De Mauro al volume che contiene «Un anno a Pietralata» e «La scuola nemica» appena pubblicato nella collana Bibliotheca Sarda


di Tullio De Mauro
«Un anno a Pietralata» di Albino Bernardini apparve nel 1968, «La scuola nemica» nel 1973. Oggi questi due libri di testimonianze autentiche sono ancora preziosi non solo per il loro intrinseco valore umano e letterario, ma perché ci aiutano a recuperare una storia che, col peso non eliminato della sua eredità, agisce ancora sul presente del nostro Paese. È una storia che è stata a lungo soltanto triste e squallida e che non amiamo conoscere: è la storia dei rapporti tra la società italiana e la sua scuola.
 Più passa il tempo, più a me pare che un momento nodale di questa storia sia stato, nel Novecento, la metà degli anni Cinquanta. Furono pubblicati allora i dati del censimento della popolazione fatto dall’ISTAT all’inizio del decennio. Era il primo censimento postbellico, il primo della ancora malcerta Italia repubblicana, il primo dopo l’età del Fascismo. Il regime del Mussolini aveva risolto a modo suo i problemi della scolarità: l’obbligo della licenza elementare, sancito almeno sulla carta dalla legge Casati del 1859 e confermato dalle leggi di riforma di Giovanni Gentile durante il primo gabinetto fascista, era stato cassato da una leggina, secondo la quale l’obbligo era da ritenersi soddisfatto dopo soli tre anni di scuola in tutti i comuni rurali, che, in un paese come l’Italia di allora, a base agricola con oltre la metà della popolazione attiva addetta all’agricoltura, erano la gran maggioranza. E perché nessuno badasse troppo alle reali condizioni della scolarità, nei suoi censimenti il regime del Mussolini aveva anche eliminato ogni domanda sull’alfabetizzazione. Nell’Italia fascista, come non si doveva parlare di dialetti, così non bisognava parlare di analfabeti.
 Il censimento del 1951, in cui vennero ripristinate le domande sull’alfabetismo, richiamò bruscamente alla realtà molte coscienze. Il 12,9% degli ultraquattordicenni si dichiarava analfabeta, il 46,3 non si dichiarava tale, ma era tuttavia privo di licenza elementare e perciò veniva definito allora ufficialmente dall’ISTAT “semianalfabeta”. Saggia qualifica intermedia, che poi l’ISTAT ha ritenuto di abolire, e che oggi torna in onore nelle rilevazioni internazionali in cui finalmente anche l’Italia è coinvolta.
 La legge Casati, insomma, dopo cent’anni risultava onorata soltanto da una minoranza della popolazione: circa il 40%. Inoltre solo il 10,2% degli adulti, avendo raggiunto la licenza media inferiore o superiore o (per l’1%) l’università, era in regola col precetto della Costituzione del 1948 che prevedeva otto anni di scuola per tutti.[...]
 Cominciò di là un cammino che è stato forse lento, segnato da pause, ma che fino alla recente svolta a destra del Paese si è svolto tuttavia nella direzione di una crescita progressiva della scolarità, che è passata dai tre anni medi pro capite del 1951, ai sette del 1991, ai nove del 2001, e dell’espansione quantitativa e qualitativa della scuola, di cui hanno beneficiato quelle che di decennio in decennio sono state le leve giovani. Queste, che ancora negli anni Cinquanta arrivavano alla licenza elementare o a titoli più elevati solo per il 40%, con gli anni Ottanta cominciarono a conquistare al 100% la licenza elementare, con gli anni Novanta raggiunsero per oltre il 90% la licenza media inferiore e negli anni seguenti giunsero a conquistare per il 75% quel diploma medio-superiore che invece era stato riservato a piccole élite del dieci, quindici per cento dei loro genitori. E di pochi punti percentuali per i nonni.
 All’espansione quantitativa si accompagnò un progressivo miglioramento delle modalità e dei contenuti degli insegnamenti e in certi livelli d’età un vero salto in avanti degli apprendimenti. [...] Restava e resterebbe certo molto da fare: si era appena elevato, nel 1999, l’obbligo scolastico dalla media dell’obbligo ai bienni; si era appena posto mano, nel 2000, alla fusione della scuola elementare e della media, in stretto nesso con la scuola dell’infanzia, in un unico ciclo di base e al profondo rinnovamento dei suoi curricoli; si era appena avviata la costruzione di istituti di formazione tecnica superiore e, soprattutto, di un sistema nazionale di educazione ricorrente degli adulti, prezioso per la riqualificazione delle competenze in età adulta e per riscattare adulte e adulti dai residui della mancata scolarità e dalle sacche imponenti di analfabetismo di ritorno (circa il 38% degli adulti). Tutto ciò è stato violentemente contraddetto prima da slogan, cui hanno tenuto bordone opinionisti male informati e retrivi della carta stampata, poi da una serqua di provvedimenti del governo insediatosi nel 2001. Oggi purtroppo pare che si voglia percorrere a ritroso il cammino che scuola e società italiana hanno percorso tra gli anni Cinquanta e il 2000. Vedremo. I due libri di Albino Bernardini, che qui si ripropongono, sono preziosi perché chi ha dimenticato recuperi la memoria di quelle che erano le condizioni di partenza del cammino compiuto e che occorrerà riprendere.
 Con «Un anno a Pietralata» (1968), seguito poi subito da «Le bacchette di Lula» (1969), Albino Bernardini si collocò in prima fila nella schiera di maestre e maestri cui dobbiamo gran parte del cammino progrediente delle nostre scuole, specie delle scuole dell’infanzia ed elementari. Figure di insegnanti elementari capaci di dare veste esemplare alla loro esperienza non erano mancate nella scuola italiana già in precedenza. Si pensi, per fare un solo esempio, a Maria Maltoni e alla documentazione della sua straordinaria esperienza di promozione dell’apprendimento e della creatività: I Quaderni di San Gersolè (editi da Einaudi nel 1957 con prefazione di Italo Calvino). Ma se Maltoni mostrava che cosa si poteva fare di straordinario nella modesta scuola di un borgo toscano, non meno importanti furono i libri di documentazione e denuncia. Un primo fu l’opera prima di quello che sarebbe diventato uno dei massimi scrittori del Novecento, Leonardo Sciascia: «Le parrocchie di Regalpetra» (edito da Laterza nel 1956). Seguì, presso lo stesso editore Laterza, la testimonianza di una maestra e scrittrice sarda, appunto, Maria Giacobbe: «Diario di una maestrina» (1957), con prefazione di uno dei rari grandi intellettuali italiani da sempre attenti alla scuola e ai problemi dell’alfabetizzazione, Umberto Zanotti Bianco.
 La scuola dunque mostrava di sapersi muovere ai livelli più alti della testimonianza, della comprensione del suo stato, della denunzia. L’insegnante che avvertiva l’esigenza di una scuola nuova, o meglio di un modo nuovo di porsi nella scuola e della scuola nella società, trovava una rete organizzata e attiva, specialmente nel Nord del Paese, nel Movimento di Cooperazione Educativa, operante dai primi anni Cinquanta, impegnato inizialmente soprattutto nel lavorio di elaborazione di proposte didattiche innovative. E trovava un punto di riferimento politico e culturale nelle due riviste che ho già ricordato: più accademica, più per pedagogisti, Scuola e città, più nella trincea della didattica viva Riforma della Scuola. Ma sarebbe sbagliato dimenticare sul versante cattolico la funzione positiva per esempio dei Salesiani e di una rivista come Orientamenti pedagogici.[...] Col vasto e vario movimento che partiva dalle scuole e si veniva delineando nella società stabilì un colloquio fitto di dare e avere Gianni Rodari, non a caso presente con la sua prefazione a «Un anno a Pietralata», riproposta in questo volume.
 «Un anno a Pietralata» fu e resta un punto di riferimento importante. Certo il libro si giovò della sua scrittura così viva ed efficace, delle sue indubbie qualità letterarie. Ma il punto forte era e resta un altro. Le esperienze dei maestri di strada nei quartieri più disastrati di Napoli e Palermo erano di là da venire. [...]
 Bernardini mostrava che, invece, una scuola nuova, sollecitante, profondamente democratica, era possibile anche nelle allora disastrate periferie romane. E, quasi in parallelo, ciò era mostrato anche all’Acquedotto Felice dalla Scuola 725 di don Roberto Sardelli. Il confronto è interessante. Ci aiuta a capire che il sale dell’esperienza di Pietralata stava anche in ciò: che il rinnovamento investiva e poteva investire la scuola pubblica, con tutti i suoi condizionamenti e le sue inerzie. Fu una rivelazione, cui poi la fortunata versione televisiva che ne fece Vittorio De Seta, aggiunse una più larga presa di coscienza.
 Anche «La scuola nemica» si presenta con una sua fisionomia originale. Come quelli di Sciascia e di Giacobbe è un libro di documentazione. Ma la documentazione non è filtrata come in quelli e come nelle «Bacchette di Lula» dal resoconto e dalla cronaca dello scrittore. L’impegno della scrittura, certo non banale, sta nel restituire il senso e la tonalità di insieme delle voci dei piccoli e non più piccoli alunni delle elementari rendendole accessibili a un pubblico italiano (ma anche a parte dello stesso pubblico colto sardo) che, dinanzi a voci autenticamente barbaricine e a una fedele trascrizione del loro parlato, si sarebbe trovato in difficoltà. Del resto, come si vede in più luoghi del libro, la marcia dalla parlata locale più stretta verso l’italiano, prima che dalla e nella scrittura di Albino, è intrapresa dagli stessi interlocutori che si sanno e si vedono messi dinanzi al forestiero, un insegnante per di più, e al suo magico registratore. Essi di conseguenza si muovono nello spazio linguistico utilizzando il più possibile strumenti lessicali non municipali. Parole fortemente locali, come bette, prediletta dal quattordicenne Luigi, brullare, ispizzulicare, macchine o muntonargiu affiorano di rado, Albino le lascia e però di solito le glossa con una traduzione. Resta, attraverso le parole e le frasi dei ragazzi e di qualche genitore, il senso di insieme: la percezione della loro estraneità alla scuola e della scuola alle loro vite. Eppure della scuola piccoli e grandi avvertivano il bisogno almeno in termini di promozione sociale: «Tanto di avere un posto sicuro, diciamo a questi figli di studiare», afferma il pastore di Ottana padre di Luciano. Ma quella scuola non raccoglieva questo bisogno, non sapeva metterlo a frutto, li respingeva. Come aveva detto Bruno Ciari, era lei, nella realtà popolare italiana, «la grande disadattata». Era nemica per come veniva gestita da insegnanti sconsolati, violenti, a volte, come le testimonianze mostrano, ridotti all’alcolismo. I crudi quadri che Bernardini ci mette dinanzi con entrambi i libri devono farci riflettere non solo e non tanto da storici. I rischi di una regressione, di scuole fatte per accogliere e far crescere i «figli dei dottori» (dicono ripetutamente questi bambini, che don Milani certo non conoscevano) e invece scacciare prima o poi gli altri, sono dinanzi a noi. E preoccupa assai che esponenti politici democratici e giornalisti di giornali non reazionari ammicchino alla regressione e alla repressione e si dicano nostalgici di una scuola del tempo che fu.
 Ebbene la scuola del tempo che fu è quella che Albino Bernardini ci permette di conoscere. La rilettura di queste pagine può essere un antidoto, amaro e però salutare, di cui ancora dobbiamo dire grazie ad Albino Bernardini: un antidoto contro i tentativi di tornare indietro ai tempi in cui la scuola cacciava fin dalle elementari più della metà delle bambine e dei bambini e si configurava appunto come nemica. E, va da sé, per la scuola militante che non si piega, per il pensiero educativo italiano pur sempre attivo, i due testi di Bernardini restano un alimento prezioso per procedere sulla via di una scuola idonea alle esigenze di una società democratica non solo perché dotata di un regime parlamentare, ma nella sostanza, nel cammino incessante verso l’eguaglianza sostanziale sancita dall’art. 3 della Costituzione.
 
Pagina 48 - Cultura e Spettacoli
 LA CERIMONIA
 L’abbraccio al neo dottore in scienze della formazione
 Albino Bernardini ha ricevuto giovedì la laurea honoris causa in Scienze della formazione dell’università di Cagliari dalle mani del rettore Pasquale Mistretta. L’ottantasettenne «maestro di Pietralata», originario di Siniscola, è apparso commosso, forse più per le manifestazioni di grande affetto ricevute dal numeroso pubblico presente, composto in larga parte da bambini e insegnanti, che per la dovuta onorificenza. Nella sua lectio magistralis, letta nell’aula dal figlio Francesco, dal titolo «Riflessioni sulla scuola di base», Bernardini ha raccontato la sua lunga esperienza di educatore. Una vocazione all’insegnamento, la sua, cominciata sui banchi dell’Istituto magistrale di Nuoro dove si diplomò nel 1940. Proseguita nel 1942 a Siniscola dove ricevette il primo incarico e dove cominicerà a chiarirsi quella che per lui diventerà una missione. Nel 1949 sarà a Lula, nel 1951 partecipa alla nascita del Movimento di Cooperazione Educativa. Il suo impegno nella scuola è anche impegno politico e sociale: nel 1951 viene arrestato durante uno sciopero a sostegno dei contadini di Bortigali. Sconterà quattro mesi di reclusione. Nel 1960 si trasferisce a Roma. Nel 1968 esce «Un anno a Pietralata». Comincia la sua attività di scrittore, ma non lascia la scuola sino al 1977, quando andrà in pensione.
10 – Corriere della Sera
Sequestrato il libro antisemita
La Digos ha ritirato le copie del volume in cui si giustificava l’uso delle camere a gas
CAGLIARI - Indagato per discriminazione razziale e il suo libro sequestrato su tutta Italia. E’ bufera su Pietro Melis, docente di storia e filosofia dell’università di Cagliari, che ha scritto un saggio choc sugli ebrei: «...è giusto dichiararsi antisemiti nei riguardi degli ebrei credenti né ci si può dolere del fatto che questi siano finiti nelle camere a gas naziste». Il senato accademico ha preso le distanze («farneticazioni personali»), ha chiesto il ritiro della pubblicazione e ha sollecitato al preside di Scienze della formazione, nella quale Melis insegna, l’avvio della procedura d’indagine per la censura.
Imperturbabile il professore - 65 anni, una fugace apparizione in politica alla fine degli anni ’80 con la Lega Sarda, simpatie per i «cugini» leghisti del Nord - si è presentato agli esami, ma i colleghi si sono rifiutati di sedere al suo fianco e gli esami hanno dovuto essere rinviati. «Avete visto? Sono il miglior provocatore», così Melis agli studenti. Ha letto una lunga autodifesa, 9 cartelle, inviata ad autorità varie, anche al ministro dell’Istruzione Letizia Moratti. Ma la prima provocazione era stata l’invio del saggio «Scontro fra culture e metacultura scientifica: l’Occidente e il diritto naturale» al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni: «... Il cosiddetto tempio ebraico era in realtà un grande mattatoio, dove i sacerdoti cospargevano continuamente l’altare del sangue di animali ancora vivi». Nel libro, adottato come testo all’esame di filosofia, c’è anche scritto: «Non è necessario essere cristiani per avvedersi che si tratta di un assurdo giuridico alla luce del diritto naturale, essendo gli omosessuali errori della natura».
Giacomo Sandri, ebreo cagliaritano, si è fatto assistere dall’avvocato Enrica Anedda, figlia del presidente dei deputati di An Gianfranco, e ha innescato l’inchiesta della magistratura. Nel provvedimento di sequestro del libro il sostituto procuratore della Repubblica Danilo Tronci ha rilevato «idee fondate su odio razziale con implicito incitamento alla commissione di atti di discriminazione per motivi razziali e religiosi». Melis ha replicato: «Chi mi considera filonazista è un disonesto o un imbecille». Polemiche anche in Parlamento con un «giallo»: in un’interrogazione due aggettivi sul libro di Melis, «spregevole e ripugnante», sono spariti e nel resoconto ufficiale sostituiti con «criticabile e intollerabile». Il senatore ds Massimo Brutti ha protestato con il presidente del Senato Pera.
Alberto Pinna
 
 
 
 

Questionnaire and social

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