Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 February 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa
 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 38 – Sassari
Sassari. Soru aveva sottolineato la bassa scolarizzazione dei sardi
L'isola dei laureati senza lavoro
Ottomila a spasso: critiche e ricette del Rettore
«La Sardegna è l'isola della licenza media». Nel suo intervento alla cerimonia inaugurale dell'anno accademico dell'Ateneo sassarese il presidente della Regione Renato Soru ha lanciato un allarme che merita un approfondimento. Secondo i dati in suo possesso in Sardegna la percentuale di laureati è di 10 a 100 contro la media dell'Unione Europea che è di 32 a 100: «Dobbiamo invertire questa tendenza e raddoppiare in un decennio il numero dei laureati. Altrimenti - ha concluso Soru - la Sardegna non avrà un futuro». I dati dell'Istat sull'occupazione, relativi a tutto il 2003, delineano una realtà diversa, quasi in contrasto con le valutazioni fatte dal presidente Soru. In Sardegna al 31 dicembre del 2003 c'erano 8103 laureati a spasso, disoccupati: 2 mila donne e oltre 6 mila maschi. Tenendo conto che si tratta di dati che verranno aggiornati ad aprile per il 2004 e che non comprendono le cifre relative alle lauree brevi c'è da attendersi un aggiornamento verso l'alto di un bilancio estremamente deficitario. Il che significa che la laurea non dà alcuna garanzia di occupazione soprattutto quando l'occupazione manca. E allora, viene da chiedersi, è meglio sfornare nuovi laureati o adeguare i corsi di laurea ad un «Progetto Sardegna» (il riferimento al partito del presidente è puramente casuale) che indichi con certezza le linee di sviluppo dell'isola e richieda le necessarie professionalità? Per il rettore di Sassari, Sandro Maida, le valutazioni di Soru e i dati dell'Istat non sono in contrasto: «Il numero dei laureati nelle nostre Università è certamente troppo basso. Deve aumentare sensibilmente ma deve anche crescere il livello della formazione. Per quanto riguarda i dati sulla disoccupazione vanno approfonditi - sostiene Maida - perché per alcune professioni il tipo di occupazione non è stabile. Comunque il fenomeno non può essere ignorato». E allora? «La Regione deve fare un progetto di sviluppo prevedendo il fabbisogno di professionalità. Le Università faranno la loro parte attrezzandosi per adeguare la formazione in funzione dei nuovi sbocchi occupazionali». Formazione e qualità della didattica. È uno dei punti sottolineati con maggior forza dal rettore nella sua relazione anche alla luce delle considerazioni fatte dal professor Luigi Golzio, presidente del Nucleo di valutazione, sulla qualità della didattica nell'Ateneo sassarese: «L'efficienza didattica si è deteriorata in modo continuo, il suo livello è peggiore di quello medio in campo nazionale, ecco perché - continua Golzio - i docenti devono riflettere sullo stato della didattica e della loro influenza su di essa». Parole fortemente critiche che introducono anche un altro concetto: la concorrenza fra atenei è ormai talmente forte che o ci si prepara adeguatamente o si esce dal mercato. C'è un altro dato che deve far riflettere le università sarde: il 14 per cento delle matricole che si iscrive all'Università sceglie atenei della penisola. E non tutti lo fanno perché trovano una facoltà non disponibile in Sardegna. C'è un discorso di credibilità del titolo di studio che ha il suo peso nelle scelte degli studenti. E c'è su tutti un problema di risorse umane, i laureati, che attendono di essere adeguatamente utilizzate. Come più volte ha denunciato l'associazione degli industriali: «Sempre più giovani vanno a formarsi fuori e fuori si fermano» dice con amarezza Marco Tarantola, direttore della Confindustria sassarese. «E noi continuiamo a perdere talenti, esperienze e professionalità». Una condizione di frustrazione per chi da sempre predica la necessità di migliorare la formazione e far crescere le professionalità da inserire nel tessuto industriale dell'Isola: «Oggi viviamo in una condizione di angoscia. L'attuale congiuntura negativa sta mettendo a rischio qualsiasi ipotesi di sviluppo. Abbiamo bisogno di infrastrutture, servizi e cervelli. Per realizzare tutto questo - conclude Tarantola - la Regione deve darsi un progetto di sviluppo. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».
 Gibi Puggioni
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro
 UNIVERSITÀ
 
 NUORO. Il consiglio di amministrazione dell’Ersu di Sassari ha approvato il regolamento per l’esonero della tassa regionale per il diritto allo studio universitario, anno accademico 2004/05, di cui alla legge regionale 20 dicembre 2002, art. 1. Destinatari dell’esonero della tassa regionale sono gli studenti iscritti per l’a.a. 04/05 all’università degli studi di Sassari e dell’Accademia di belle arti, il cui nucleo familiare di appartenenza abbia un reddito complessivo lordo, ai fini Irpef per l’anno 2003, non superiore a 25000 Euro. La richiesta di rimborso deve essere presentata su modulo predisposto dall’Ente, debitamente e compiutamente compilato in ogni sua parte.
 Alla domanda dovrà essere allegata la ricevuta originale del pagamento della tassa regionale all’Ersu di Sassari per l’anno 2004/2005. La richiesta di rimborso non deve essere presentata dagli studenti beneficiari o idoenei di borsa di studio per l’anno accademico 2004/2005, per i quali il rimborso della tassa regionale avviene automaticamente. Le domande dovranno essere presentate all’ufficio di Nuoro, via Salaris 18, al settore diritto allo studio, via Carbonazzi 10 Sassari, entro le ore 13 del giorno 11 Marzo 2005.

***
 È indetto per l’anno accademico 2003/2004 il bando di concorso per l’attribuzione di sussidi straordinari destinati a studenti dell’università di Sassari, dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio di Musica, che versano in precarie condizioni economiche familiari, regolarmente iscritti, per l’anno accademico 2003/2004 e fino al 2º anno fuori corso.
Gli studenti richiedenti per ricevere il sussidio dovranno aver superato, entro la data di scadenza del bando, almeno una annualità per ogni anno di corso effettuato.
 Gli studenti iscritti ai corsi di laurea attivati ai sensi della riforma universitaria, dovranno aver superato, entro la data di scadenza del bando, almeno 7 crediti per ogni anno di corso frequentato.
 Lo stanziamento complessivo è di euro 132.000,00 di cui Il 20% è riservato agli studenti immatricolati nell’anno accademico 2003/2004.
 L’importo del sussidio è fissato in euro 775,00.
 La graduatoria sarà formulata sulla base dei criteri definiti dal C.d.A. dell’Ersu con delibera nº 1 del 04/02/2005: 1) reddito Isee (relativo all’anno 2003); 2) disoccupazione o licenziamento di un genitore, percettore di reddito durante l’anno 2003/2004; 3) decesso di un genitore percettore di reddito, durante l’anno di riferimento 2003/2004; 4) invalidità dell’interressato non inferiore al 66%; 5) invalidità di un componente il nucleo familiare, percettore di reddito, non inferiore al 66%; 6) malattia di un componente il nucleo familiare, percettore di reddito, durante l’anno di riferimento 2003/2004; 7) numero dei componenti del nucleo familiare; 8) distanza chilometrica dalla sede universitaria; 9) studente lavoratore staccato dal nucleo familiare da almeno due anni, rispetto alla data di presentazione della domanda (lavori saltuari o stagionali); 10) idoneo - non beneficiario - della borsa di studio A.A.2003/2004; 11) qualsiasi altra situazione di disagio documentabile. Sono esclusi dal beneficio del sussidio straordinario gli studenti già titolari di borsa di studio per l’a.a. 2003/2004.
 Domanda da redigersi su apposito modulo rilasciato dall’Ente, debitamente compilato in ogni sua parte, pena l’esclusione del concorso. Copia dell’attestazione Isee (relativa all’anno 2003) rilasciata da qualsiasi Centro di Assistenza Fiscale (Caf) autorizzato. Il modulo di domanda é disponibile presso la sede staccata di Nuoro in via Salaris, 18 e presso il settore diritto allo studio in via Carbonazi, 10 Sassari. Le domande, corredate della documentazione richiesta, devono essere presentate entro le ore 13 del 18 marzo 2005.
 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Cagliari
 Corsi di economia con la tele-didattica
 La proposta dell’assessore Bruno Piras all’Università di Cagliari
  TORTOLÌ. Da diversi anni l’assessorato comunale alla Cultura, guidato da Bruno Piras (Alleanza nazionale), ha intrapreso une nuova e impegnativa azione volta all’istituzione, nella cittadina costiera, dei corsi triennali di laurea (la facoltà sarà quella di Economia e commercio) in Ogliastra.
 «Per questo - afferma l’esponente dell’esecutivo della Casa delle libertà - in collaborazione con la società Numeria srl di Tortolì, ho presentato all’Università di Cagliari un progetto per l’avvio di corsi sperimentali in tele didattica».
 L’assessore comunale alla Cultura precisa che la risposta positiva è arrivata a seguito di un incontro tenutosi di recente nella facoltà di Economia e commercio alla presenza del preside, Malavasi, dello stesso Piras e di Antonello Fois (Numeria srl).
 Il progetto è stato accolto con soddisfazione e al Comune è stata richiesta, in tempi molto brevi, l’allestimento di una sede idonea a potere ospitare i corsi universitari in tele didattica.
 «Il Comune di Tortolì - fa rilevare l’assessore di Alleanza nazionale - ha già individuato la sede per lo svolgimento delle lezioni e ora sta valutando quali risorse umane, finanziarie e strumentali andranno impiegate. Questa opportunità, non deve essere persa, soprattutto in considerazione della grande valenza che il progetto riveste. E questo non soltanto a carattere locale, ma per l’intera area della nuova Provincia Ogliastra».
 A parere di Bruno PIras, l’ampliamento dell’offerta didattica di Tortolì «potrà così promuovere la diffusione della cultura economica-aziendale e nel contesto sviluppare nuove opportunità di lavoro».
 A essere soddisfatti di questa nuova opportunità, saranno soprattutto i giovani diplomati che avranno l’opportunità di potere conseguire una laurea triennale (nella facoltà di Economia e commercio) senza essere obbligati a trasferirsi nel capoluogo regionale.
 Le iscrizioni potranno essere aperte nel corso della stagione estiva e già si ipotizza un altissimo numero di persone interessate ai nuovi corsi in tele didattica.(l.cu.)
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
 INTERVENTO
 La sanità, la ricerca e un arbitraggio discutibile
  Bisogna dare atto al professor Tolu dell’Università di Sassari di avere espresso in modo condivisibile le perplessità che le scriventi organizzazioni sindacali mediche hanno provato nel leggere la delibera della giunta regionale del 30 dicembre Nº 54/66; e le perplessità sono ancora maggiori quando consideriamo che ora la Regione Sardegna si è dotata, almeno per quanto riguarda la sanità, di un “arbitro” esterno e, auspicabilmente, estraneo agli eventuali interessi di parte.
 Quando le valutazioni sono asettiche e imparziali, il numero dei progetti approvati ed il totale dei finanziamenti erogati dovrebbero essere espressione diretta della qualità dei progetti stessi ed esprimere, indirettamente, le capacità (nella ricerca) di coloro che li hanno proposti. La Regione eroga finanziamenti per la realizzazione di varie iniziative di prevenzione, educazione sanitaria e ricerca, previa valutazione di merito delle richieste. A giudicare dalla delibera, la qualità delle proposte (e quindi dei proponenti) di Sassari è risultata abbastanza mediocre, almeno nella valutazione del nostro assessore alla Sanità.
 È utile porre in evidenza alcuni punti:
 - le richieste provenienti dall’ospedale per le Microcitemie di Cagliari sono state finanziate per oltre 300mila euro e quindi decisamente più dell’intera Università di Sassari;
 - nell’ateneo sassarese è presente, oltre alla facoltà di Medicina e Chirurgia, anche la facoltà di Medicina Veterinaria, unica in Sardegna e di grandi tradizioni, che verosimilmente avrà anch’essa qualcosa da realizzare nelle varie tematiche oggetto della delibera della giunta;
 - delle richieste presentate dalla Asl nº 1 di Sassari non ne è stata finanziata neanche una.
 Un vero disastro, sul versante dei finanziamenti e su quello dell’immagine, per la sanità di Sassari e per la sua Università!
 Cose da non credere, e infatti noi abbiamo seri dubbi che il risultato di 49 a 13 o, se si preferisce, di un milione 155mila a 270mila, esprima il reale divario di valore tra i progetti sottoposti all’attenzione dell’assessore Dirindin; e il sospetto di qualcosa facile da capire ma difficile da digerire, almeno per noi, si fa sempre più forte.
 A questo punto vorremmo capire se al nostro assessore interessa l’educazione sanitaria nel territorio del Sassarese, la partecipazione consapevole dell’utenza ai grandi problemi sanitari, l’epidemiologia delle più importanti patologie che ci affliggono, il miglioramento della diagnosi precoce dei tumori più frequenti (vedasi carcinoma mammario); sembrerebbe proprio di no, visto che questi argomenti sono pressoché ignorati fra i progetti finanziati.
 Ma, a questo punto, sorge una riflessione: perché ci lamentiamo? Non è forse da circa trent’anni che Sassari e la sanità sassarese - dopo un lungo periodo di meritata auge - sono relegati ad un ruolo di fanalino di coda? A queste domande rispondiamo, motivati da una grande voglia di equità regionale perduta, con un’impennata di orgoglio e di amore per Sassari e per i suoi cittadini: noi non speriamo che le cose cambino, noi vogliamo che le cose cambino, noi vogliamo fortemente che a Sassari sia riconosciuto il suo ruolo di polo sanitario della Regione, primo o secondo che sia.
 Ma dove sono i politici sassaresi? Dove è la nostra classe dirigente? Dove sono coloro che abbiamo eletto - sia della maggioranza che dell’opposizione - per rappresentarci e tutelarci in sede regionale? Finché loro taceranno a nulla varranno la sveglia suonata ai sassaresi dal ministro Pisanu, i timori del nostro arcivescovo e il dibattito aperto sulle pagine della Nuova Sardegna, alimentato anche dalla penna del suo direttore Livio Liuzzi; senza una consapevole e decisa presa di posizione da parte della “Sassari politica” la nostra protesta potrà solo infastidire l’arbitro ma, come i giocatori di calcio, continueremo a subire la giustizia e l’ingiustizia che Lui ci vorrà dispensare.
Cumi-Aiss; Anpo; Cisl Medici; Cimo
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 26 - Sassari
 Il sonno profondo dei nostri consiglieri regionali
  Egregio direttore, i fatti le stanno dando ragione. Intendo riferirmi alla rubrica «Lettere» e ai suoi interventi spregiudicati (ve ne era bisogno!) e giusti, specialmente quando ripete che sulle ingiustizie che si perpetuano a Cagliari contro Sassari (come al tempo dei viceré) dovrebbero intervenire i consiglieri sassaresi; cioè, «dovrebbero farlo i nostri rappresentanti in Regione - scrive - ma non lo fanno».
 E si verifica anche che i nostri rappresentanti nell’attuale opposizione stanno zitti come pesci, mentre quelli della maggiornaza, specialmente ds, scrivono al giornale per protestare.
 Ottimi docenti della nostra università lavorano alacremente per progetti di ricerca inutilmente, perché a Cagliari si «pappano» - grazie alla Regione matrigna e al sonno perpetuo dei consiglieri di Sassari - 1.270.000 euro per 53 progetti di ricerca, lasciando a Sassari gli spiccioli (270.000 euro per 13 progetti). Io conosco il prof. Eusebio Tolu fin da quando ha iniziato la sua carriera universitaria (ma ora lui certamente non si ricorderà di me), conquistando con merito e bravura l’ambita e prestigiosissima cattedra di Fisiologia umana dopo molti anni di sacrifici durissimi. E dico, perciò, che anche per questo, la divisione dei fondi fatta a Cagliari è stata una ingiusta e sporca faccenda.
 Anche perché io credo a quanto scritto dal prof. Tolu, e cioè che i nostri docenti non hanno nulla da imparare dai colleghi cagliaritani, alcuni dei quali «non pubblicano un lavoro degno di questo nome da almeno 5-7 anni».
Antonio Demontis

 Lei pone due quesiti importanti. Perché i politici sassaresi, in trasferta istituzionale a Cagliari, dimenticano di essere sassaresi? Secondo: perché fanno finta di non accorgersi delle cose che vediamo noi che pur non dovremmo essere alla bisogna attrezzati? Cercherò di rispondere in sintesi. Prima domanda. La risposta è vecchia come il cucco. La politica ruota sempre intorno all’osso con la polpa. E, ormai da molti anni, la polpa sta a Cagliari. Laggiù ruotano gli affari, sporchi o puliti che siano. E che la politica non possa essere disgiunta dagli affari non è solo una battuta da dopoplavoro ferroviaria. E’ la pura e semplice verità. Venuta clamorosamente a galla col nome di «mani pulite» per merito di un pugno di magistrati milanesi (poi regolarmente crocefissi), e oggi sepolta sotto una spessa coltre di silenzio. Seconda domanda. Non se ne accorgono, o meglio fanno solo finta, perché accorgendosene andrebbero contro i loro interessi. Punto. Subissiamoli di proteste. Sentendo in pericolo la poltrona forse si muoveranno.
Livio Liuzzi
 
 
6 – Corriere della Sera
Una task force per il Magnifico
SE LA CRISI È DI TUTTI


di DOMENICO DE MASI
Una cosa è certa. Affossata dai governi e da se stessa, l'Università, da sola, non ce la fa ad uscire dalla sua crisi totale. Se è vero che tutta la nostra città ha bisogno dei professionisti che l'Università deve prepararle, è dunque vero che l'intera città deve farsi carico di questa sua crisi e impegnarsi a risolverla. Roma si giova della presenza di una decina di università, tra pubbliche e private, laiche e religiose. Il giro di risorse mosse da queste «fabbriche della conoscenza» rasenta i trecentomila studenti, i ventimila docenti, i diecimila impiegati, le migliaia di miliardi. Alcune di queste istituzioni, come l'università Gregoriana, funzionano secondo gli standard internazionali; altre, come il policlinico Gemelli, riescono appena a rispettare le attese formative di un paese civile; la maggioranza, però, versa in una situazione disastrosa. Delle tre grandi università pubbliche - La Sapienza, Torvergata e Roma Tre - la condizione della Sapienza è così grave da fare apparire decenti le altre due, che pure sono al limite della tollerabilità. Ma il vero bubbone resta La Sapienza: sull'orlo della bancarotta finanziaria ma già ben oltre la bancarotta organizzativa e scientifica, devastata dall'implosione burocratica, paralizzata dalla demotivazione soggettiva, sconfitta dalla scandalosa inadeguatezza finanziaria.
Questa tragedia si consuma all'interno del chiuso sistema universitario senza fare breccia nella pubblica opinione per diventare problema di tutta la città. Ma anche all'interno del fortilizio universitario, ogni componente gioca per proprio conto, senza farsi carico dei problemi altrui. I professori ordinari non potrebbero insegnare senza l'aiuto dei ricercatori, eppure si disinteressano delle loro lotte. Entrambi - ordinari e ricercatori - esistono in funzione degli studenti, eppure si disinteressano dei loro diritti sistematicamente violati. Gli studenti, a loro volta, si trascinano da una laurea breve a una laurea lunga senza reagire di fronte a queste violazioni per le quali, trent'anni fa, avrebbero messo a soqquadro la vita del Paese. Le famiglie degli studenti, in fine, si ostinano a ignorare le condizioni scolastiche da Terzo Mondo in cui sono trascinati i loro figli.
I tempi sono ormai strettissimi: se anche oggi stesso si mettesse mano alla rinascita della Sapienza, i primi nuovi laureati entrerebbero nel mercato del lavoro intorno al 2015. Questa rinascita è una priorità strategica per la vita economica e culturale della città. Come si fa a non capirlo? L'attuale rettore è un raffinato signore costretto a combattere contro ostacoli che metterebbero al tappeto anche un campione olimpionico di lotta greco-romana. Da solo non ce la farà mai. Occorre che a lui si affianchi un quadrunvirato composto dal sindaco della città, dal presidente della Provincia, dal governatore della Regione, dal direttore generale del ministero. Ogni altra task force sarebbe sottodimensionata per questa impresa tanto disperata quanto irrinunciabile.
 
 
7 – Corriere della Sera
Sapienza, ora saltano le prime lauree

La protesta per la riforma Moratti blocca due sessioni. Già finita la tregua con Guarini
La protesta contro il ddl Moratti costa cara ad alcuni studenti: almeno due sessioni di laurea sono già state rimandate proprio per la settimana d’agitazione cominciata lunedì scorso. Le prime sessioni saltate, forse, visto che sulla nota che accompagna la decisione di uno dei due docenti, è scritto «si invitano gli altri presidenti a fare altrettanto». A tal proposito, ieri è ufficialmente terminata la «pace» nell’università più grande d’Europa tra il nuovo rettore Renato Guarini e la parte dell’ateneo in protesta (docenti, ricercatori, studenti): il coordinatore dei ricercatori, Marco Merafina, dice addiruttura che «non ricevendoci, lunedì, Guarini ha commesso un errore politico, dimostrando nell’occasione di non saper fare il rettore». La replica del rettore è altrettanto decisa: «Qualcuno pensa ancora di essere in campagna elettorale. La verità è che La Sapienza è l’unico ateneo che sta lavorando a un documento che contribuisca davvero a cambiare il ddl».
 
La mobilitazione contro il disegno di legge Moratti riaccende la tensione alla Minerva: blocco della didattica, duro scontro con il Magnifico
 
Sapienza, finita la tregua tra ricercatori e rettore

Sit-in non autorizzato a Montecitorio. Bloccate due sessioni di laurea alla facoltà di Scienze
«Scienze applicate ai beni culturali» e «Biotecnologie agroindustriali»: le discussioni di laurea in queste due materie alla facoltà di Scienze sono saltate a causa dell’agitazione della Sapienza contro il ddl Moratti. Le prime, forse, visto che sulla nota che accompagna la decisione di uno dei due docenti, è scritto «si invitano gli altri presidenti a fare altrettanto». Lauree a rischio, dunque, in una settimana (cominciata lunedì) che di certo prevede blocco della didattica, esami rimandati e anche una contestazione che s’annuncia ogni giorno più pesante. A tal proposito, ieri è ufficialmente terminata la «pace» nell’università più grande d’Europa tra il nuovo rettore Renato Guarini e la parte dell’ateneo in protesta (docenti, ricercatori, studenti): il coordinatore dei ricercatori, Marco Merafina, dice addiruttura che «Guarini non è in grado di fare il rettore, quello suo di ieri è un errore politico». Già perché l’altro ieri, durante l’occupazione «simbolica» del rettorato, i manifestanti avevano chiesto di essere ricevuti. Inutilmente. S’arriverà così, tra accuse reciproche e lauree rinviate, allo sciopero nazionale del 2 marzo. E ieri mattina l’agitazione è arrivata fino in piazza Montecitorio: la Questura non aveva autorizzato il sit-in, ma qualche centinaia di ricercatori (che chiedono di bloccare il ddl Moratti) si sono ugualmente schierate in piazza, formando un enorme «No». «Per fortuna abbiamo avuto la "copertura istituzionale" dei parlamentari, perché, anche se sembra singolare, la nostra manifestazione pacifica non era stata autorizzata. La polizia alla fine ha chiuso un occhio, anche perché noi abbiamo limitato sia gli slogan sia gli striscioni, ma in ogni caso la situazione che si è creata era in sé molto spiacevole». Una polemica dopo l’altra, insomma. Destinate, probabilmente, a salire d’intensità. «È evidente che se il ddl Moratti passerà così com’è - dice Merafina - noi sceglieremo forme di lotta molto più dure». Il ddl, da lunedì in discussione, sarà esaminato da un gruppo ristretto di esperti, per il momento. I ricercatori - mentre la Sapienza dà vita a un documento ufficiale con proposte di modifica - si battono principalmente contro due punti: «La precarizzazione dei ruoli e la messa a esaurimento». E mentre il primo «sembra praticamente scongiurato», il secondo «preoccupa». Perché «ci sono ventunomila ricercatori, e altri cinquantacinquemila precari. Far diventare tutti direttamente professori associati è impossibile, i ventunomila che già sono ricercatori farebbero da "tappo". Speriamo che vengano accolti gli emendamenti, che il governo non abbia intenzione di procedere in modo spedito con questo ddl. Oppure, come detto, noi avremo ben poche alternative, saremo costretti a scegliere forme di protesta sempre più dure».
E anche nei rapporti con il nuovo rettore, i giorni che verranno non sembrano essere semplici: «Guarini lunedì ha perso un’occasione. Noi avevamo occupato simbolicamente il rettorato, cercavamo un interlocutore, cosa che è accaduta in tutte le altre università. Ma lui non ci ha ricevuto, né ha ufficialmente sposato la causa. Ecco, il rettore deve capire che non basta dire "sono contrario al ddl". Non non eravamo contro di lui, anzi, lo volevamo con noi, al nostro fianco in questa battaglia. Ma Guarini non ci ha ricevuto, e ha fatto un errore». Sembra autunno alla Sapienza, almeno per il clima politico.
Alessandro Capponi
 
 
PARLA GUARINI
«Attacchi strumentali, anch’io sono critico: faremo un documento»

Allo studio una proposta sul reclutamento e sullo sviluppo «fisiologico» delle carriere
Oltre al Senato Accademico, durato quattro ore, il rettore Renato Guarini ha riunito i dirigenti di tutto il personale amministrativo: «Non era mai accaduto». Giornata difficile, rettore?
«Uguale a molte di questi due mesi, faticosi ed entusiasmanti. Certo, i problemi sono molti ma li stiamo risolvendo».
Eppure, rettore, due mesi dopo la sua elezione la tregua con i ricercatori sembra essere finita.
«Non credo sia così. Credo che questa sia una polemica montata ad arte, alimentata da chi non ha accettato il risultato delle urne e continua ad essere in campagna elettorale».
Perché non ha ricevuto i manifestanti, lunedì?
«La mia posizione sul ddl Moratti è nota. Per questo noi alla Sapienza stiamo facendo un’operazione capillare, collegiale, stiamo producendo un documento che - inizialmente partito dai consigli di ogni facoltà - offrirà cambiamenti concreti e condivisibili. Non posso accettare che cinquanta persone - e non solo ricercatori perché dentro c’era di tutto - stabilisca modi e tempi. Le manifestazioni come quella spesso non portano a niente. Noi lavoriamo con tutta l’università per cambiare davvero il ddl. E per cambiarlo in modo innovativo».
Cosa vorreste cambiare?
«Sul reclutamento stiamo preparando una proposta che anche finanziariamente sia sostenibile. E le carriere, poi, si svilupperanno in modo fisiologico in base a periodiche valutazioni di merito».
Alcuni ricercatori, però, la accusano di non aver preso posizione contro il ddl come avrebbe potuto.
«Guardi, le persone delle quali parla hanno lavorato con noi alla stesura del documento di modifica al ddl. Ed è inaccettabile che un’ora dopo facciano gli agitatori, passino dall’altra parte della barricata con atteggiamenti di quel tipo. ipeto: la campagna elettorale non si è ancora conclusa. Penso che questo di elaborare un documento sia una strada più seria. E anche, come detto, più efficace: se ci presentiamo dal ministro con un piano fattibile, forse abbiamo maggiori possibilità di ottenere ciò che è giusto sullo stato giuridico dei ricercatori. L’atteggiamento di alcuni, come detto, è semplicemente inaccettabile».
Adesso ha capito quant’è difficile fare il rettore?
«No, affatto. Credo solo che sia compito di un rettore assumere delle posizioni ferme, con serietà e determinazione. Solo così, del resto, credo sia possibile conseguire gli obiettivi».
«Mi auguro di sì. Come detto, la Sapienza è l’unica università che sta preparando un documento in modo collegiale. Saranno modifiche finanziariamente sostenibili».
Non posso accettare che cinquanta persone stabiliscano modi e tempi d’intervento sul ddl: noi siamo gli unici a lavorare con tutte le componenti per cambiarlo in modo innovativo
 
 
 
GLI ALTRI ATENEI
 
«Non dobbiamo penalizzare gli studenti»

I rettori di Tor Vergata, Finazzi Agrò, e di Roma Tre, Fabiani: «La nostra porta è sempre aperta, un argomento così delicato per il futuro non può essere affrontato con una legge delega»
Lunedì scorso, mentre i manifestanti aspettavano invano dietro la porta dell’ufficio di Guarini alla Sapienza, i loro colleghi di Tor Vergata erano nella stanza del rettore Alessandro Finazzi Agrò per spedire un fax contro il ddl Moratti al presidente della Camera Casini e allo stesso ministro. A Roma Tre, invece, una delegazione di quaranta rappresentanti di tutte le categorie, era all’interno del Senato Accademico per un confronto con il rettore Guido Fabiani. «Siamo un piccolo ateneo, c’è un forte senso di solidarietà e molto spirito di corpo fra tutti coloro che lavorano all’università - spiega Finazzi Agrò - ho accettato che usassero il mio ufficio perchè le loro posizioni in pratica coincidevano con quelle della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane). In particolare,siamo tutti d’accordo che un argomento così delicato non possa essere affrontato con lo strumento della legge-delega, in secondo luogo, il discorso della "categoria a esaurimento" per i ricercatori, è una strada molto pericolosa, un vero e proprio vicolo cieco». Le conseguenze della proteste non dovrebbero però portare a sospensioni di esami e sessioni di laurea come invece sta accadendo in altri atenei. «Siamo molto rispettosi degli studenti - aggiunge il rettore - e in questa settimana di agitazioni cercheremo di non penalizzarli ulterioremente. Penso che i docenti universitari non debbano usare gli strumenti sindacali di altre categorie».
Finazzi Agrò è comunque convinto che questa legge «non andrà lontano. In Parlamento siedono molti accademici che sanno bene cosa è in gioco - aggiunge il rettore di Tor Vergata - e poi un Paese che vuole restare nel G8 non può distruggere il sistema universitario. Non basta aumentare il numero degli atenei, bisogna renderli anche attrattivi. Roma Tre e Tor Vergata erano stati pensati per "alleggerire" La Sapienza ma così non è stato: noi abbiamo 40 mila studenti, Roma Tre 45 mila e La Sapienza è scesa da 180 mila a 150, non mi sembra un gran risultato».
«Assolutamente inaccettabile»: così Guido Fabiani definisce il sistema della legge delega. «Un comitato interfacoltà sta lavorando da tempo sul disegno di legge, ma dobbiamo chiederci se ci sarà la possibilità di fare modifiche - sottolinea il rettore - noi vogliamo degli spazi per un confronto democratico su questi temi. Il giorno dell’occupazione ho accolto i rappresentanti di tutte le componenti universitarie nel Senato accademico e ho presentato la proposta della Crui. Appoggio e condivdo le perplessità e le critiche dei docenti e degli studenti. E’ in discussione lo stesso assetto dell’università itaiana, il ruolo della ricerca, della didattica. Come si può pensare di escludere dal dialogo chi in questo campo ci lavora?».
Anche a Roma Tre le lezioni dovrebbero comunque svolgersi regolarmente: «In questa fase cerchiamo di non danneggiare gli studenti - conclude Fabiani - ma la tensione sta crescendo e probabilmente ci saranno altre forme di protesta».
Flavia Fiorentino
 
 
8 -  Corriere della Sera
Firenze, gruppo di studenti contro Gol. Pardi: li condanno senza se e senza ma
L’ambasciatore israeliano contestato all’università
FIRENZE - Una dura contestazione ha accolto l'ambasciatore d'Israele in Italia, Ehud Gol, alla facoltà di Giurisprudenza dell'università di Firenze. Gol, che avrebbe dovuto tenere una lezione sulle «Prospettive di pace in Medio Oriente», è stato interrotto da una ventina di studenti del collettivo di Scienze Politiche che lo ha invitato ad andarsene. I giovani hanno esposto uno striscione con la scritta «Vita, terra e libertà per il popolo palestinese». La contestazione è salita di tono con urla «Sharon boia», «Israele fascista». A quel punto un docente ha chiesto l'intervento della Digos e lo sgombero dell’aula. La reazione di Gol: «Quei giovani sono ignoranti pagati dagli arabi. Ho sentito l’odio di questi ragazzi nei confronti dello Stato che rappresento. Un odio totale e ignorante».
 
A Firenze i professori chiamano la polizia. L’incontro va avanti
 
«Via l’ambasciatore d’Israele» Fischi e insulti all’università

Gol contestato dagli studenti: «Sei un fascista»
DAL NOSTRO INVIATO

FIRENZE - «Provi a vedere se ne trova uno nel cestino della carta straccia. Li hanno strappati tutti». I cartelli che annunciano la lezione sul tema «Prospettive di pace in Medio Oriente» in effetti sono dove dice la donna delle pulizie che sta spazzando l’atrio della facoltà di Giurisprudenza.
Il timbro dell’ateneo di Firenze, «Lezione di S.E. l’Ambasciatore di Israele, che avrà luogo alle ore 12 nell’aula 1.18 (D6) del polo universitario di Novoli». Sui muri (e per terra, e sui banchi) adesso ci sono altri cartelli, i volantini del «Collettivo politico di Scienze Politiche». Titolo: «L’ambasciator che porta pena». Contenuto: «È indegno che a parlare di prospettive di pace sia l’indesiderato ospite, portavoce di uno Stato che, in nome di una presunta democrazia, espropria di fatto la popolazione dei diritti fondamentali... Vogliamo quindi ribadire il nostro sdegno di fronte alla presenza di un tale personaggio nelle nostre aule...».
Il loro sdegno lo hanno ribadito, su questo pochi dubbi. Alle 12.10, mentre l’ambasciatore Ehud Gol stava per prendere la parola, gli studenti di Scienze Politiche hanno srotolato una striscione («Vita, terra e libertà per il popolo palestinese»), e hanno urlato. «Sharon boia», «Israele fascista», «Assassini» eccetera. Così per venti minuti. Il professore ordinario di Storia delle Costituzioni moderne Stefano Mannoni, che organizzava l’incontro, ha deciso che la lezione si faceva lo stesso. Si è consultato con il rettore, e ha chiamato la questura. Lo sgombero è stato laborioso, con scontri verbali tra il preside di Giurisprudenza e gli ospiti («Fascista», «No, fascisti voi»). Sono arrivate le camionette del reparto mobile, c’erano i poliziotti in assetto antisommossa.
Cinque ore dopo, l’ambasciatore Gol è ancora furibondo. «Ridicoli, ridicoli», dice. «E pensare che ero felice. Dall’inizio dei nuovi negoziati, era la prima volta che parlavo ai giovani. Ho sentito l’odio di questi ragazzi nei confronti dello Stato che rappresento. Un odio totale e ignorante. Ma li leggono i giornali?». Gol dice che è la seconda volta. Quattro mesi fa a un suo collaboratore era stato impedito di parlare all’università di Pisa. C’era di mezzo sempre un altro collettivo, che spiegò come «l’oppressore» fosse stato «respinto a calci nel culo».
Ragazzi, forse era meglio se vi veniva un’altra idea. «Dici? Guarda che le vittime siamo noi. La polizia ci ha prelevato di peso». Sono una trentina in tutto. Il più grande ha 24 anni, diciannove la più giovane. Il Collettivo esiste dal 1976. La sede è al pianterreno, nel palazzo accanto a quello di Giurisprudenza. Una stanza lunga e stretta. Ai muri ci sono i poster di ordinanza, «Guatemala resiste», «Solidaridad obrera», «Contro gli imperialismi».
Qualche scritta a pennarello: «Chavez no se ne va», «Antifascismo militante, parole poche, mazzate tante». Si finanziano con le feste organizzate in facoltà, quella del 12 ottobre scorso ha lasciato strascichi. Il rettore non ha gradito lo stato di viali e corridoi a musica finita. Organizzano convegni, il prossimo è con l’economista Walden Bello. Jacopo e Giovanni, uno fiorentino, l’altro sardo di Nuoro: «Non accettiamo lezioni di democrazia, perché quell'uomo non rappresenta uno Stato democratico». Sono sinceramente stupiti quando apprendono che la loro trovata ha scatenato altri sdegni, come quello del presidente della Camera Casini («Indegno episodio di violenza e sopraffazione»). Dice una ragazza: «Quella lezione non aveva contraddittorio, era antidemocratica».
Alla facoltà di giurisprudenza fanno notare che è in programma anche un incontro con un delegato palestinese, bastava aspettare. «Se verrà, lo faremo parlare». Ecco, magari il problema è questo. «Quale?». Non vi sembra sbagliato impedire a una persona di esprimere le sue opinioni? Jacopo dice: «Il suo diritto alla parola non esiste, perché lui appartiene a uno Stato che non assicura neppure il diritto alla vita». Alla fine Gol ha parlato per mezz’ora, rispondendo alle domande anche dure degli studenti rimasti in aula. Quelli del Collettivo si sono trovati nel pomeriggio, hanno discusso un comunicato per rivendicare l’iniziativa, giudicata «un successo».
Marco Imarisio
 
 
9 – La Sicilia
UNIVERSITA', CONTINUA LA PROTESTA
Personale tecnico diserta incontro

sul «benessere amministrativo»

CATANIA. Il personale tecnico-amministrativo non ha partecipato all'incontro indetto dalla direzione amministrativa dell'Università sul progetto «Benessere amministrativo», che si è tenuto ieri nell'aula magna del palazzo centrale. La decisione si inquadra nel programma delle azioni di protesta contro gli atteggiamenti di totale chiusura più volte manifestati dall'amministrazione universitaria.
Ieri, in apertura di incontro, i rappresentanti sindacali dei dipendenti appartenenti a Flc Cgil, Cisl Università, Uil Pa-Ur, Snals Università e le rappresentanze unitarie sindacali hanno letto un comunicato e poi hanno abbandonato l'aula.
Nel comunicato, viene sottolineato lo stato di «malessere organizzativo ed economico» vissuto quotidianamente dal personale tecnico-amministrativo. «Tale disagio scaturisce - si legge nella nota - dall'assoluta incertezza e precarietà dei rapporti esistenti fra l'amministrazione e i propri lavoratori, che si manifesta ogni qualvolta la stessa è chiamata a dare i giusti riconoscimenti ai propri dipendenti, dimostrandosi in tali situazioni del tutto restia e spesso fuori da qualsiasi tempo e regola. Laddove, infatti, i rapporti di lavoro sono disciplinati dai contratti collettivi nazionali di lavoro e da apposite normative speciali di riferimento, si assiste quotidianamente a continue violazioni degli stessi».
Il personale tecnico-amministrativo è «stanco delle solite promesse e di ringraziamenti di rito, del tutto fini a se stessi e di cui può fare tranquillamente a meno». «Tali atteggiamenti - conclude la nota - contribuiscono anzi ad acuire l'amarezza per il mancato riconoscimento dell'impegno dimostrato e dei risultati raggiunti, sia in termini di efficienza che di efficacia».
 
 
 

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