Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 February 2005
Università degli Studi di Cagliari
UFFICIO STAMPA
1 - L’UNIONE SARDA
Pagina 22 - Cronaca di Cagliari
Archeologia Mostra e conferenze alla Cittadella
«Ricerca in Cittadella» è il titolo della mostra fotografica inaugurata nei giorni scorsi nella sala del Dipartimento di Scienze Archeologiche in piazza Arsenale. Resterà aperta sino a venerdì 4 marzo. In questi giorni numerosi i visitatori e le scolaresche. Con immagini, grafici e didascalia su pannelli giganti, l'esposizione illustra le campagne di scavo attualmente in corso in tutta la Sardegna e anche in Africa sahariana condotte dagli esperti e dagli studenti dell'ateneo cittadino. Ed ecco i lavori nell'edificio tardoantico in agro di Settimo San Pietro, nei pressi della chiesa di San Giovanni, dove sono stati individuati i resti di un mosaico. Ed ecco gli scavi nel nuraghe Costa nella suggestiva zona di Foresta Burgos o i risultati del censimento archeologico nel territorio comunale di Nurachi che ha restituito tracce di insediamenti che risalgono alla preistoria. Ma c'è anche un ampio spazio per le indagini nell'area del Bastione di San Remy, attualmente oggetto di un importante cantiere. Oltre la mostra, l'iniziativa promossa dalla direttrice del Dipartimento Giuseppa Tanda, prevede una serie di conferenze sullo stato della ricerca in Sardegna. La prossima domani alle 16 nell'aula Verde: Roberto Coroneo parlerà delle ricerche sulla storia dell'arte.
 
2 - L’UNIONE SARDA
Pagina 22 - Cronaca di Cagliari
Piliu si fa psicologo per aiutare i sardi
Sabato la laurea, «ma è scritta in italiano» 
La discussione della tesi è fissata per sabato mattina sul presto a Sa Duchessa, ma i fautori del sardo accademico si astengano dalla levataccia: «L'ho dovuta scrivere in italiano». Bainzu Piliu, il sardo che fece notizia - oltre che per le condanne per le "cospirazioni anti-italiane" e per l'estremismo indipendentista - per aver tenuto lezioni di chimica in logudorese e aver fatto esporre ai laureandi i loro saperi in limba, dopodomani userà l'idioma dei conquistatori per aggiungere ai suoi titoli universitari la laurea in Psicologia parlando di Qualità della vita e vita di qualità. Per due motivi: «Intanto perché ho dovuto dare 34 esami in tre anni e non c'era il tempo per stendere la tesi in sardo. E poi il mio relatore, il professor Diego Lasio, il sardo non lo capisce». Lo ha rimproverato? Mah, ho sempre detto tra il serio e il faceto che i sardi che non sanno il sardo dovrebbero farsi dare dallo Stato italiano una pensione di invalidità culturale. Ma comunque va detto che il linguaggio della psicologia più che il sardo o l'italiano è l'inglese. Lo usano anche quando non sarebbe indispensabile, per esempio dicendo trend anziché tendenza». Che fa, Piliu, difende l'italiano? «Dico solo che se devo parlare in italiano, parlo in italiano. Certo, se posso preferisco il sardo». Perché la laurea in psicologia? «È un campo che mi ha sempre interessato e quando ho finito di lavorare all'Università, navigando su internet, mi sono imbattuto nel sito della facoltà di Cagliari e ho deciso». Uno sfizio. «Qualcosa di più. Non volevo solo ampliare i miei interessi culturali: se l'età e la salute me lo consentiranno vorrei aiutare chi ne ha bisogno. Come laurea specialistica sceglierò la Clinica, mi piacerebbe diventare psicoterapeuta». Per curare il famoso complesso di inferiorità dei sardi? «In effetti una delle ragioni che mi spingono su questo percorso è proprio cercare di capire più in profondità il mio popolo. Nei sardi c'è qualcosa che mi turba: vedo come gli irlandesi si comportano nei confronti degli inglesi, come si atteggiano i corsi verso i francesi, vedo il comportamento dei ceceni e dei baschi verso i russi e gli spagnoli. Poi guardo i sardi e li vedo appiattiti, acquiescenti». Più che altro i sardi non mettono le bombe. «Ma quella è solo una conseguenza di questo appiattimento. Lo ha scritto anche il Financial Times: gli italiani hanno colonizzato la Sardegna con i guanti gialli, hanno ammansito i nostri connazionali con mutui, crediti, finanziamenti, lecca lecca». Messa così sembra più che altro sindrome di Stoccolma, dottore. «Un certo amore per le idee di indipendenza c'è, ma è platonico. Più che di una sindrome parlerei di un'ansia: l'ansia di assimilazione, di sembrare come il padrone». Vedremo cosa si può fare. «Vedremo». (cel. ta.)
 
3 - L’UNIONE SARDA
Pagina 37 - Sassari
Una nuova casa per gli studenti
«I fondi regionali per la nuova casa dello studente alla Brigata Sassari ci sono e sono disponibili». Gli assessori ai Lavori pubblici, Carlo Manconi e all'istruzione, Elisabetta Pilia lo hanno ribadito ieri sera in Rettorato in piazza Università. La quarta Casa dello studente sta per nascere, ma perché possa vedere la luce è necessaria una serie di passaggi politici e burocratici. L'area è ancora di proprietà del Comune, ormai pronto a cederla all'Ersu, manca solo la definizione degli ultimi dettagli, ma le parole pronunciate ieri dagli uomini di Soru sono più che una garanzia sulla fattibilità dell'operazione. «La Regione farà la sua parte per sostenere l'Università e gli studenti ? hanno detto gli assessori ? non si tirerà indietro su questo capitolo, ma vorrà vigilare con la massima attenzione, affinché l'opera venga realizzata nei tempi e nei modi corretti. Lo sforzo economico è notevole, ma promettiamo tutto il nostro impegno. Pretendiamo però altrettanta chiarezza e disponibilità da parte dell'Ersu». Nel corso dell'incontro con la stampa non sono mancate le frecciate verso l'Ente che in dieci anni non è riuscito a licenziare la pratica Brigata Sassari. «Non sono di secondaria importanza ? ha sottolineato la Pilia ? le difficoltà attraversate dall'Ersu in quest'ultimo anno da un punto di vista amministrativo e gestionale ed è per questo che la Regione vuole vederci chiaro su tutto l'iter». Il progetto è vecchio di qualche lustro e già dieci anni fa era stato finanziato. Ma tutta una serie di intoppi, tra cui il nulla osta della Sovrintendenza aveva rallentato la pratica. Ora la Regione s'impegna a recuperare quel finanziamento e non esclude di poter adeguare la cifra stanziata allora, circa 7 miliardi di vecchie lire, ai costi attuali, necessari per realizzare l'opera e regalare alla città 98 nuovi posti letto, a due passi dal centro e dal polo umanistico dell'Università di Sassari. Ma per questo bisognerà ancora attendere qualche giorno: giusto il tempo di dare una scorsa a tutta la documentazione. «Se questo si dovesse concretizzare ? ha dichiarato Maria Paola Pasella, presidente dell'Ersu ? si andrebbe ben oltre alle più rosee prospettive. Già nel consiglio di amministrazione avevamo ipotizzato la possibilità di far fronte agli oneri per l'adeguamento del vecchio finanziamento. In questo modo la regione ci farebbe un favore doppio». A margine dell'incontro il rettore Alessandro Maida ha fatto il punto su quello che è stato realizzato in questi ultimi anni con la realizzazione della nuova casa dello studente di via Verona e la nuova struttura che sta per essere completata nell'ex pastificio Pesce. «Prima del 2004 i posti letto in città per gli studenti erano 100, sono saliti a 250, con la mega residenza di Santa Maria se ne aggiungeranno altri 250 e poi altri 98 alla Brigata. Un trend di crescita che si attesta in un +500% in soli 4 anni». (g.s.)
 
4 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 1 - Cagliari
«Trecento ore valgono una laurea: è assurdo» 
Gli studenti di Scienza della formazione contestato il ministro Moratti 
CAGLIARI. Gli studenti di Scienze della formazione sono sul piede di guerra: dicono no alle ultime strozzature imposte dal ministro Letizia Moratti. Ieri erano più di duecento, riuniti nell’aula magna del corpo aggiunto de “Sa Duchessa” per manifestare tutto il loro malessere: «Il ministro elargisce abilitazioni e specializzazioni con la sua solita relativa facilità - dicono - e così brucia chi per quattro anni ha studiato sodo e che con la laurea offre al mercato una solida preparazione».
Tutto comincia nel 2004 quando nel pacchetto di riforma dell’istruzione, il ministro inserisce alcuni corsi speciali che attribuiscono titoli analoghi a quelli dei corsi universitari in Scienza della formazione primaria.
«In sostanza - dice Annalisa Motzo, uno degli studenti che animano la protesta - il ministro ha deciso che chi pur non avendo una laurea ha maturato 360 giorni di lezione, svolte tra il 1999 e il 2004, può avere comunque avere l’abilitazione all’insegnamento». Un rospo difficile da mandar giù per chi, dopo quattro anni passati a sudare sui libri, si vede aprire soprattutto le strade dell’insegnamento nele scuole materne o elementari. «La nostra laurea doveva essere l’unico canale di abilitazione verso queste professioni - continua Motzo - ora invece, il ministro mette in atto i suoi propositi. E noi siamo qui a chiederci: a cosa serve studiare tanti anni?». Accanto al danno c’è pure la beffa: «Sembra che questi corsi, l’inizio è previsto per la fine di marzo, debbano essere attivati in collaborazione con l’Università - dice Motzo - presumibilmente negli spazi della facoltà di Medicina». Gli studenti non ci stanno. E insieme a loro neanche i docenti: molti di loro, ieri si sono uniti alla protesta degli universitari. Un gesto di solidarietà, per esprimere il loro disappunto. «È privo di senso - dicono ancora gli studenti - attivare un corso di pochi mesi che viaggi in parallelo a un corso di laurea di diversi anni e che ha come esito finale lo stesso titolo». Dopo la protesta di ieri, altre ancora potrebbero seguire la prossima settimana. Gli universitari non hanno alcuna intenzione di mollare la presa. «Il ministro - dice il portavoce del Comitato - deve capire che con l’università non si scherza e ancora con il futuro di chi deve laurearsi». (s.z)
 
5 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 24 - Sassari
Casa dello studente, ecco i fondi 
L’annuncio dato ieri dagli assessori regionali Mannoni e Pilia in un incontro con i dirigenti dell’Ersu e il rettore Maida 
SASSARI. Tempi stretti per la realizzazione della casa dello studente di viale Adua. L’acquisizione dell’ex Brigata Sassari da parte dell’Ersu potrebbe essere ratificata nei prossimi giorni. Lo hanno annunciato ieri gli assessori regionali Elisabetta Pilia e Carlo Mannoni.
 Gli assessori ai Lavori Pubblici e alla Pubblica istruzione hanno incontrato ieri sera i vertici dell’Ente universitario e il rettore Alessandro Maida. Il finanziamento (quattro milioni di euro) è già disponibile, ma prima di concederlo la Regione vuole valutare il progetto sul piano tecnico e finanziario. Prima di far scattare il semaforo verde, dunque, gli assessori Pilia e Mannoni devono fare il punto per verificare il rispetto di alcuni requisiti fondamentali. Ciò che preoccupa è l’adeguamento dei costi tenendo conto che la vicenda, tra fasi alterne, ha già dieci anni. Il primo progetto, infatti, risale al 1996 e da allora sono cambiate molte cose. Al riguardo non è escluso il ricorso ad altri enti per il recupero di ulteriori risorse. Il presidente dell’Ersu Maria Paola Pasella (all’incontro era presente anche l’ex presidente Angela Mameli) ha rimarcato la necessità di scrivere la parola fine. Da parte della Regione c’è la volontà di chiudere la partita in tempi strettissimi, ma l’Ersu dovrà dare una serie di garanzie. L’assessore alla Pubblica istruzione, Elisabetta Pilia, ha dato piena disponibilità, ma non ha nascosto alcune perplessità sulla gestione dell’Ente regionale. «L’Ersu in dieci anni non ha dimostrato capacità progettuale - ha detto l’assessore - a fronte di un finanziamento regionale importante e inoltre nell’ultimo anno ha dimostrato difficoltà di gestione e organizzazione». «La Regione sta facendo uno sforzo estremo - ha proseguito - ma non può prescindere dalla validità del progetto e dalla rapidità di esecuzione dei lavori». L’assessore ai Lavori pubblici, Carlo Mannoni ha ricordato che il finanziamento è stato reso possibile da una legge che ha consentito di dirottare fondi previsti per l’edilizia sociale e destinarli a quella universitaria. Per conoscere il risultato della verifica tecnico-finaziaria bisognerà aspettare qualche giorno, tanto occorre per valutare le carte e dare un ok quasi certo. Il passaggio successivo è la stipula di un contratto e la gara d’appalto per l’aggiudicazione dei lavori. Sul piano tecnico l’accordo originario prevede la cessione dell’ex Fondazione Brigata Sassari dal Comune all’Ersu per la realizzazione di un centinaio di posti letto e strutture sportive. Se tutto fila liscio la capacità di accoglienza dell’Università di Sassari supererà i 600 posti letto collocando l’ateneo turritano ai primi posti della classifica nazionale. Il rettore Alessandro Maida ha annunciato che stanno per essere approvate le agevolazioni per gli studenti universitari per trasporti, assistenza sanitaria e credito.
Antonio Meloni
 
6 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 12 - Sardegna
Nuove cure per l’osteoartrosi 
Convalidate da riconoscimenti internazionali 
Da Sassari nuove metodologie per la ricerca delle degenerazioni ortopediche 
SASSARI. Al recente Congresso della Società Internazionale di Ortopedia e Traumatologia, svoltosi a l’Havana (Cuba) dal 26 al 29 Settembre 2004, il lavoro “Biomechanical analysis of Articular cartilage”, presentato dal dottor Andrea Manunta, Ricercatore presso la Clinica Ortopedica dell’Università di Sassari, è stato premiato dalla Società Internazionale di Ricerca in Ortopedia e Traumatologia, (è la Società Internazionale più prestigiosa in questo settore scientifico) come la più moderna acquisizione scientifica nel settore della ricerca in Ortopedia.
Si tratta di un riconoscimento, di alto profilo, che si è potuto realizzare grazie all’acquisto dell’Artscan 200 da parte della Clinica Ortopedica dell’università di Sassari, attualmente diretta dal professor Tranquilli Leali. Questo strumentario permette di conseguire importanti obiettivi sia clinici che sperimentali:
1) Consente di individuare precocemente, in corso di artroscopia, i soggetti a rischio per patologie cartilaginee (osteoartrosi, condromalacia, osteocondrosi) mediante valutazione strumentale della resistenza cartilaginea.
2) Ridurre, grazie alla precocità della diagnosi, la spesa sanitaria determinata dalle patologie cartilaginee.
3) Studiare e classificare la resistenza in vivo della cartilagine articolare.
4) Migliorare e divulgare le tecniche di diagnosi precoce delle patologie della cartilagine.
5) Consente di portare avanti una innovativa sperimentazione in collaborazione con la Clinica Chirurgica della Facoltà di Veterinaria dell’Università di Sassari e con l’Istituto Zootecnico e Caseario per la Sardegna Azienda Bonassai mirato alla ricostruzione della cartilagine con cellule staminali e all’analisi biomeccanica del tessuto di riparazione ottenuto, con l’Artscan.
Le lesioni della cartilagine articolare rappresentano un evento molto frequente. Studi clinici riportano la presenza di lesioni condrali nel 63% dei pazienti sottoposti ad artroscopia di ginocchio. Considerato il forte impatto economico, psicologico e sociale in Europa determinato dalla elevata incidenza dalle lesioni della cartilagine (39 milioni di visite mediche annuali, 65 miliardi di Euro da costi sanitari per patologie condrali) è necessario codificare nuove strategie supportate da ricerche di base rispetto alle soluzioni attualmente in uso. L’artrosi rappresenta il 72% di tutte le affezioni reumatiche registrate in Italia ed è la patologia di più frequente riscontro tra le malattie degenerative della cartilagine. Nel caso specifico, ne soffrono da 100.000 a 200.000 soggetti sardi.
 
7 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 44 - Cultura e Spettacoli
«Le monde diplomatique» ora anche in lingua sarda 
La presentazione domani pomeriggio a Cagliari 
Domani, alle ore 18 nella sede dell’Associazione della stampa sarda a Cagliari, sarà presentata l’edizione in lingua sarda di «Le monde diplomatique», la prestigiosa rivista di politica internazionale che nella sua versione in italiano va in edicola con «il manifesto».
Per spiegare il senso dell’iniziativa, i promotori (Consorzio universitario di Nuoro, Ufitziu de sa limba sarda, Assotziu tradutores e intèrpretes de limba sarda, Assotziu sardu amigos de «Le monde diplomatique») citano un brano di Bernard Cassen pubblicato recentemente sulla rivista: «Il potere imperiale americano, che favorisce e struttura, in funzione dei suoi interessi, la mondializzazione neoliberale, non è basato solo su fattori materiali; incorpora anche il dominio delle menti, quindi dei riferimenti e dei segni culturali, e in particolare dei segni linguistici. La lingua inglese è posta al centro di un sistema globale dove essa ha lo stesso ruolo del dollaro nel sistema monetario internazionale. Così come il biglietto verde, con il suo ruolo di mezzo di pagamento, e, nello stesso tempo, di moneta di riserva internazionale, consente agli Sati Uniti di vivere a spese del resto del mondo, avere la lingua ipercentrale dà agli Usa una rendita di posizione spaventosa».
A presentare la versione in sardo della rivista saranno: Mauro Manunza (presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna); Umberto Cocco (direttore di «Le monde diplomatique» in sardo); Giulio Angioni (Università di Cagliari); Gianni Loy (Università di Cagliari); Guglielmo Ragozzino (redazione de «il manifesto»-«Le monde diplomatique»); Diego Corraine (direttore editoriale di «Le monde diplomatique» in sardo).

 
8– CORRIERE DELLA SERA
Dibattito sugli atenei
Esperto del mondo finanziario
Salvatori: l’università ha perso punti Molti laureati non avranno un futuro
CLAUDIO DE ALBERTIS
LORENZO ORNAGHI
ROBERTO MAZZOTTA
GIANCARLO LOMBARDI
Il presidente di UniCredit: troppi iscritti a marketing e comunicazione, le aziende sono sature
«Mettiamola così. Se avessi ancora un figlio da laureare, non troverei motivazioni sufficienti per fargli frequentare una università a Milano. Non vedo il valore aggiunto, soprattutto perché la città offre ancora poco agli studenti. Campus universitari all’americana, ad esempio, qui non ce ne sono, mentre li stanno realizzando in altre città d’Italia, come a Parma». Carlo Salvatori, presidente di UniCredit, numero due di Mediobanca e consigliere della Ras, ha due lauree (prese a Roma e a Bologna), tre figli laureati, un incarico all’Università di Parma (dove insegna Banca e Finanza) e molti incontri con giovani che, usciti dagli atenei, cercano un posto di lavoro. Ha le idee chiare sulla materia, insomma, anche per esperienza diretta. E taglia corto: «La qualità dei nostri studenti è molto scaduta, il livello di preparazione, fin dai licei, è molto basso, l’inserimento nel mondo produttivo è complicato e Milano non attira gli studenti».
Presidente, la sua tesi è la stessa sostenuta, fra gli altri, da Roberto Mazzotta e Francesco Micheli. Ma i rettori si difendono sostenendo che siete troppo ingenerosi con gli atenei milanesi: come replica?
«Non c’è dubbio che il mondo produttivo può collaborare di più con le università. Ma la svolta deve arrivare da loro».
Partendo da dove?
«Il livello universitario in Italia è scaduto e Milano non è riuscita a mantenere le eccellenze che aveva. Certo, la Bocconi conserva il proprio prestigio, ma gli studenti che escono da lì pagano lo scotto di un’istruzione delle medie inferiori e superiori che mi pare inadeguata. Il risultato è che i talenti sono sempre meno: infatti ci vengono segnalati e ce li contendiamo fra imprese».
Università troppo di massa?
«Direi istruzione troppo di massa. Ripeto: gli studenti che arrivano all’università hanno già basi troppo modeste, perché è la scuola superiore che non li ha preparati in modo adeguato. La mia sensazione è che assieme al giovane studioso si porti avanti anche chi vive di rendita, proprio perché si è convinti che l’istruzione debba essere di massa. Il risultato sono formazioni generaliste».
È per questo che gli studenti poi non trovano lavoro?
«Per questo, soprattutto, visto che le aziende sono alla disperata ricerca di qualità. L’altro problema è che non si fa abbastanza per l’orientamento».
In che senso?
«Pensi ad esempio che oggi vanno di moda la comunicazione e il marketing: ma le richieste di lavoro in quei settori che riceviamo sono "enne" volte superiori alle esigenze. Non sarebbe più proficuo pianificare meglio la vita dello studente pensando già all’inserimento lavorativo? Non sarebbe meglio orientare anche in funzione delle necessità del Paese invece di continuare ad aggiungere laureati senza futuro?».
A chi chiedere un cambiamento?
«Alla politica, soprattutto, che non può chiamarsi fuori. Bisogna trovare il modo per far crescere la qualità del Paese e credo che, a partire dal ministero, tutti gli amministratori debbano vigilare perché dalle nostre scuole superiori e dai nostri atenei escano studenti adeguati alle richieste del mondo produttivo, in grado di stare al passo con la società globalizzata e di confrontarsi con gli studenti delle altre nazioni, ad esempio delle quotate università anglosassoni».
Cosa hanno di più questi atenei?
«Più selezione, anzitutto. E poi sono meglio organizzati: pensiamo solo ai campus. Lì, i giovani pagano rette magari più alte delle nostre, ma è più alta anche la qualità della vita...».
A Milano c’è il problema delle case per gli studenti. Come si può affrontare?
«Perché non si possono creare strutture simili a quelle anglosassoni? Io credo che le famiglie sarebbero anche disposte a pagare qualcosa in più, avendo in cambio la certezza di una migliore sistemazione logistica per i propri figli. Senza contare che migliorerebbe la qualità della loro vita: perché la giornata dello studente non finisce con lo studio. Ci sono anche il divertimento, lo sport, la necessità di relazionarsi con altri giovani. Il campus offre tutto questo, no?».
Quindi, è vero che Milano complica la vita all’universitario?
«Senza dubbio. Hanno difficoltà a trovare casa, a tirare fine mese, a spostarsi con i mezzi pubblici... Non è una bella vita, mi pare».
E per chi non ha una famiglia che paga alle spalle?
«Rivediamo il meccanismo delle borse di studio. E in questo sì che il mondo produttivo potrebbe inserirsi dando un contributo decisivo: purché valga il principio meritocratico».
Torniamo ai problemi denunciati dai rettori. I fondi statali sono davvero troppo esigui?
«Sì. E qui non ci sono scappatoie: lo Stato deve garantire più stanziamenti all’Università e alla ricerca. Quando si parla di fuga dei cervelli, bisogna considerare anche questo aspetto: se sono un ricercatore di talento, perché devo restare a lavorare in un ambiente poco valorizzato, dove mi pagano due soldi? Meglio andarmene dove sono certo di trovare più attenzione e uno stipendio più alto. Impossibile contraddirli».
Milano e i suoi atenei: Gaspare Barbiellini Amidei ha aperto il dibattito. Hanno risposto i rettori Angelo Provasoli della Bocconi, Giulio Ballio del Politecnico, Lorenzo Ornaghi della Cattolica, Giancarlo Lombardi del Collegio di Milano. Intervenuti il finanziere Francesco Micheli, il presidente dei costruttori, Claudio De Albertis, il presidente di Bpm, Roberto Mazzotta
IL PROFILO Carlo Salvatori è presidente del gruppo UniCredit dal 6 maggio 2002. Laureato in Economia e Commercio a Bologna e in Scienze bancarie a Siena, ha iniziato la carriera alla Bnl, dove è poi tornato nell’87 come direttore centrale. Dopo molti incarichi di prestigio in diversi istituti, nel ’98, con la nascita di Banca Intesa, Salvatori ne diventa amministratore delegato
Università troppo lontane dal lavoro: a rischio la competitività
C’è più dialogo con le istituzioni, ma le aziende devono aiutarci
I nostri atenei sono in crisi di qualità. Milano perde le sue eccellenze
L’università deve rinnovarsi: servono programmi e risorse 
Elisabetta Soglio
 
12 – CORRIERE DELLA SERA
Cnr: 50% di polveri sottili è di origine naturale
Servono centraline intelligenti per discernere la natura inquinante
Studio del Consiglio nazionale delle ricerche e dell'Arpa Lazio: il Pm10 è composto per metà da sabbia, sale, insetti morti
ROMA - Le polveri sottili hanno per il 50% origine naturale. Dunque non sono costituite solo da smog o comunque da inquinanti riconducibili agli scarichi delle auto ma anche, in parte rilevante, da elementi apparentemente innocui, e assolutamente naturali, come parti di insetti morti, sabbia, sale, gas emessi da vegetazione. È quanto ha accertato una ricerca del Cnr sul Pm10 fatta in collaborazione con l'Arpa Lazio. «Il 50% dei Pm10 deriva da aerosoli naturali, ovvero sale marino, ma anche piccole particelle derivanti da eruzioni vulcaniche, polveri di zone aride o dalla conversione in particelle di gas emersi dalla vegetazione. Non è da trascurare anche sembrerà anomalo, che nei Pm10 rientrano anche particelle di insetti morti come zampette delle mosche o delle zanzare»: afferma il direttore del Dipartimento inquinamento urbano del Cnr Ivo Allegrini. «In condizioni meteorologiche medie - spiega Allegrini- la composizione del Pm10 prevede anche un 30% derivante dagli scarichi degli autoveicoli, percentuale che arriva al 70% se ci si trova ai bordi di una strada trafficata. Il 20% infine deriva dalla conversione in particelle di gas emersi dalle sorgenti».
I DATI - I dati dello studio dei PM10, il cui superamento dei livelli determina sempre più spesso nella capitale il blocco dei veicoli non ecologici, erano stati più volti chiesti esplicitamente dal Campidoglio che anche mercoledì è tornato a chiedere per voce del sindaco Walter Veltroni, ufficialmente i risultati dello studio. «È un anno e mezzo - ha detto Veltroni - che aspettiamo di avere dalla Regione il rapporto sulle polveri per capire la loro composizione. Il rapporto non lo abbiamo avuto. Aspettiamo che finalmente ci arrivi e lo esamineremo e valuteremo. Non possiamo prendere decisioni sulla salute dei cittadini senza avere dati certi». Al sindaco ha replicato l'assessore regionale all'ambiente, Vincenzo Saraceni, rassicurandolo che «i dati saranno diffusi ufficialmente il primo marzo».
CENTRALINA INTELLIGENTE - Alla luce dei risultati sulla composizione delle polveri sottili l'Arpa Lazio ha allo studio una centralina intelligente capace di scindere le componenti del Pm10. «Spesso, dopo avere bloccato la circolazione a Roma, è avvenuto che i livelli di Pm10 non diminuissero. Questo perchè, come spiega anche Allegrini del Cnr, il Pm10 è composto anche da polveri naturali per circa il 50%. Ecco perché, prendendo esempio dalla Francia, stiamo studiando una sorta di centralina intelligente capace di scindere i livelli di Pm10», spiega il responsabile dell'area ricerca e sviluppo dell'Arpa, Roberto Sozzi. «In Francia - spiega - esiste un programma che si chiama Chimere che fornisce previsioni del tempo a 24 e a 78 ore, i livelli di Pm10 e di Pm2.5, ovvero le frazioni inalabili delle polveri sottili. Forse non tutti sanno che questo programma è pubblico e, anche se non dettagliata, fornisce anche una griglia dell'Italia. In questa sono assenti anche le percentuali delle polveri sahariane, che se a Milano non sono un problema, lo diventano a Roma. Ecco perché stiamo cercando di studiare - spiega Sozzi - un modo per avere una vera e propria centrale che funzioni un pò come quelle meteorologiche e che raccolga i dati delle centraline scindendoli».
 
13 – CORRIERE DELLA SERA
«Dieta vegetariana pericolosa per i bimbi»
Il nutrizionista Carruba: il rischio esiste. L’associazione degli italiani che evitano la carne: porta solo malattie
Ricerca Usa: immorale non dare proteine animali. Paul McCartney protesta: studio spazzatura
L’aveva appena sdoganata l’ American dietetic association la dieta vegetariana , assolta dall’accusa di essere incompleta e pericolosa per la salute, che adesso rimbalza in tutto il mondo dagli Stati Uniti un contrordine. Una ricercatrice dell’Università della California, Lindsay Allen , riferendosi ai vegetariani più integralisti, i «vegani» (contrazione inglese del nome vegetarian , in italiano vegetaliani) che oltre a rifiutare la carne non mangiano latte, uova, formaggi, dice che è «immorale» privare i bambini delle proteine animali. I genitori che lo fanno sono responsabili dei problemi fisici e neurologici che i figli avranno perché il gap, giunti all’adolescenza, non è più recuperabile . La tesi si basa su uno studio svolto in Kenya su 544 bambini di sette anni. Ad alcuni sono stati dati 60 grammi di carne al giorno: in due anni avevano un tono muscolare migliore, mostravano uno sviluppo delle capacità mentali sorprendente, erano più attivi, giocavano di più. Vegetariani forse, vegani mai? La star mondiale della musica, sir Paul McCartney, da vegano radicale , si è ribellato e ha telefonato alla Bbc dicendo di non mangiare carne da 20 anni e che i suoi figli non hanno problemi di salute. La sua prima moglie, Linda, è stata una pioniera del vegetarianesimo. «Quella ricerca è spazzatura - è sbottato il baronetto -. Dietro si nascondono gli interessi delle industrie. I miei figli sono sanissimi e non sono più bassi degli altri».
In Italia il popolo dei vegetariani e dei vegani è in crescita. Non è solo una questione di salute, e non è più soltanto una moda come dieci anni fa. C’è di mezzo il rispetto per la vita degli animali e la speranza di raddrizzare il cammino di un mondo a corto di risorse. «Per produrre 5 chili di carne occorre l’acqua sufficiente per un anno ad una famiglia di 4 persone», dice la presidente della Società scientifica di nutrizione vegetariana, Luciana Baroni .
Una ricerca Eurispes del 2002 stimava in quasi 3 milioni i vegetariani nel nostro Paese. Ma teorizzava una conversione frenetica: nel 2050 i vegetariani saranno 30 milioni. Ecco perché sono credibili i dati più recenti dell’Ac Nielsen (agosto 2004, su un campione di 17 mila persone): in Italia, i detrattori della bistecca sono ormai 6 milioni, 600 mila i vegani. Se la rivolta del popolo vegetariano mondiale è guidata tra gli altri dall’ex Beatles, nell’Italia dei nomi famosi il suo profeta è Red Ronnie : «L’unico problema che i bambini vegani hanno è che non si ammalano e questo è un dramma per le industrie farmaceutiche - dice l’esperto di musica -. Io ho due figlie, le ho cresciute senza proteine animali, mia madre mi criticava ma loro non si ammalavano mai, a differenza delle figlie di mio fratello. Quanto a me, non prendo un antibiotico da 15 anni». E’ stato Gianni Morandi a convertire Red Ronnie anni fa, ed è stato quest’ultimo a convincere Jovanotti . Anche Michelle Hunzike r è vegetariana: «Non mangio carne da 4 anni e sto molto meglio. Prima facevo fatica a digerirla. Sono cresciuta a bistecche in Svizzera. Adesso pensare di mangiare un animale morto mi inorridisce». Alla figlia non vieta la carne se sono al ristorante, ma a casa «non la cucino mai, propongo sempre altri alimenti». Catherine Spaak ne ha fatto uno stile di vita: «Rifiuto anche solo l’idea di cibarmi di cadaveri. Come si può mangiare un animale che da vivo ha sofferto di fame, di sete, di maltrattamenti? Carico di stress, di veleni, di tossine». Non c’è mai carne sulla tavola di Eleonora Brigliadori , che ai figli offre bistecche di seitan, «alimento molto proteico estratto dal glutine dei cereali. Altro che immorale essere vegetariani. Io credo che non sia etico essere carnivori».
Ma i nutrizionisti che cosa ne pensano? Michele Carruba , farmacologo dell’Università di Milano, non vuole entrare in polemica con i vegetariani ma ribadisce: «Nella fase dello sviluppo l’apporto da proteine di origine animale dev’essere adeguato. Nessun vegetale possiede tutti gli aminoacidi essenziali insieme. La dieta vegana è rischiosa, difficile da seguire senza l’aiuto di un medico». «Falso - replica Riccardo Trespidi , dell’Associazione vegetariani italiani (Avi) -. Carruba farebbe bene a dire che troppa carne fa male, porta a diabete, obesità, malattie cardiovascolari, cancro. Io sono vegano per motivi etici e mia figlia, che ha 19 anni ed è sanissima, è diventata più radicale di me. I giovani sono più consapevoli».
Mariolina Iossa
 

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