Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
25 February 2005
Università degli Studi di Cagliari
UFFICIO STAMPA
1 - L’UNIONE SARDA
Pagina 9 - Cronaca regionale
I travagli del Parco geominerario
Il presidente Pani a Soru: «Le mie dimissioni? Decide Matteoli»  
di Giancarlo Ghirra Tarcisio Agus, sindaco di Guspini, ha attaccato duro: «Il Parco geominerario ha perso sino a oggi 120 milioni di euro non spesi per le bonifiche ambientali». Sergio Usai, dirigente Cgil, aveva rincarato la dose. «Sono a rischio gli stipendi di 500 lavoratori socialmente utili impegnati nelle bonifiche e non pagati da tre mesi». Ma sono quelle di Renato Soru le critiche che bruciano di più sulla pelle di Emilio Pani, ex assessore regionale all'Ambiente di An nominato dal ministro Matteoli al Geominerario nell'ottobre del 2003. «Non mi dà alcun fastidio l'invito perentorio a dimettermi dalla presidenza del Parco-dice Pani- salvo il fatto che la mia nomina è stata fatta dal ministro dell'Ambiente con l'intesa formale del presidente della Regione Mauro Pili». Ma lei intende andarsene, accogliendo la richiesta del presidente Soru? «Posso dire al presidente Soru che le mie dimissioni, già scritte, sono nel cassetto del ministro Matteoli. Non ho alcun attaccamento all'incarico, salvo il desiderio di essere utile alla Sardegna e di valorizzare quel patrimonio inestimabile che l'Unesco ha voluto riconoscere patrimonio dell'umanità. C'è voluto il mio impegno di assessore regionale a partire dal 1999 per far nascere il Parco, prima con i ministro Ronchi e Bordon, poi con Matteoli. E riconosco un ruolo determinante all'allora consigliere regionale Ds Giampiero Pinna e all'allora senatore Tore Cherchi, che da relatore alla finanziaria, inserì la norma istitutiva di un Parco ben diverso da quelli del Gennargentu, della Maddalena, dell'Asinara, ai quali, erroneamente, Soru ci accomuna. È nato in ritardo, il Parco geominerario, anche perché le giunte Floris e Pili non ne erano particolarmente entusiaste. Ma nacque, a fine 2002, con Pinna che occupava il Pozzo Sella e me assessore». È nato, ma pochi se ne sono accorti. Nel senso che i lavori di risanamento e di valorizzazione dei siti minerari non decollano. Davanti ai lavoratori del Sulcis, in piazza, Soru l'ha accusata di aver bloccato le bonifiche ambientali, negando occupazione a migliaia di persone. «Come ho scritto in due lettere prive di risposta al presidente della Regione, e come ben sa Tarcisio Agus, il denaro disponibile per le bonifiche è di competenza degli assessorati regionale all'Ambiente e Industria. Sedici milioni di euro sono destinati alla stabilizzazione di 500 ex lavoratori socialmente utili, 12 milioni all'Igea. la restante parte, sino a 500 milioni di euro, sarà trasferita via via che verranno spese le somme già oggi disponibili. Sono io semmai a chiedere al presidente come mai non sono stati spesi i soldi disponibili nel bilancio della Regione destinati alle bonifiche». Che fa, dottor Pani, sfida la Regione che già l'ha sfiduciata? «Lungi da me i toni alti, ma se l'attuale governo regionale intende attribuire la spesa dei fondi per la bonifica al Parco geominerario, si accomodi, ponendo in essere i conseguenti atti di trasferimento. Siamo pronti anche ad accogliere, se esistono, i 6.700 ettari di territorio e le 1.950 unità immobiliari dei quali parla la nota che il presidente mi ha consegnato nel nostro incontro di quaranta giorni fa. In poco più di un anno abbiamo varato lo Statuto e una serie di regolamenti, avviando le procedure per costruire un sito Internet, anche se siamo rimasti traumatizzati dalla richiesta di 40 mila euro avanzata da un'azienda del settore. Con i soldi pubblici non si scherza, e le procedure per qualsiasi spesa o iniziativa sono lunghe e complesse. Stiamo avviando i bandi di gara per assumere una decina di persone, fra tecnici e amministrativi, è quasi pronta la gara d'appalto per la ristrutturazione della Villa Monteverdi, concessa dal Comune di Iglesias». Poca roba, rispetto alle attese sul Parco geominerario.. «Non penso a mettere su un carrozzone, anche i 15 milioni di euro che abbiamo in cassa (sono tre all'anno) vanno spesi oculatamente. Al presidente della Regione chiedo un aiuto per mettere su, insieme, nell'interesse della Sardegna, il Parco. Quando andai a trovarlo e gli chiesi di distaccare qualche impiegato per le attività più urgenti mi rispose stizzito: "Mi ha preso per un'agenzia di collocamento?"». E poi ha cominciato a chiederle le dimissioni... «..che non sarebbero utili. Semmai la Regione pensi ai suoi ritardi, a nominare i revisori dei conti, e i componenti del Comitato tecnico scientifico da concordare con le Università. Il geominerario non ha bisogno di dimissioni, ma di un lavoro comune, con la Regione, per l'avvio della vita concreta del Parco, a partire dall'approvazione del Piano territoriale e del regolamento. Bloccare tutto e azzerare anche i primi, difficoltosi, passi, sarebbe davvero autolesionista».
 
2 - L’UNIONE SARDA
Pagina 12 – Economia e Finanza
RICERCA
La Moratti finanzia 12 imprese sarde: contributi al gruppo fondato da Soru
Oltre 460 milioni di euro (34 destinati in Sardegna) per il rilancio della ricerca scientifica e tecnologica nelle regioni del Mezzogiorno. Con due distinti provvedimenti, ieri il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Letizia Moratti ha attivato queste risorse per finanziare progetti di ricerca industriale e nuovi laboratori pubblico-privati. «In questo modo rafforzeremo la nostra politica di rilancio della ricerca nelle regioni del Mezzogiorno», ha spiegato il ministro Moratti, «il primo finanziamento, oltre 253 milioni di euro (fondi strutturali Ue, delibere Cipe, ricavi delle operazioni di cartolarizzazione) andrà a sostenere 119 progetti di ricerca industriale: l'obiettivo è quello di realizzare nuovi processi per lo sviluppo della competitività nelle regioni dell'Obiettivo 1, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, in settori strategici quali l'informatica, i nuovi materiali, le tecnologie meccaniche e le telecomunicazioni. I progetti finanziati sono così ripartiti: 47 riguardano le grandi imprese, 72 le piccole e medie imprese». Il secondo finanziamento, pari a 212 milioni di euro, è destinato alla realizzazione di 12 laboratori pubblico-privati di ricerca e alta formazione. In Sardegna, come detto, arrivano oltre 34 milioni di euro. Fra le aziende e i progetti finanziati dal ministero, 4 milioni e mezzo andranno ad Atlantis, per "soluzioni per la descrizione e gestione della conoscenza nel dominio dell'innovazione per lo sviluppo del territorio". Oltre 3 milioni e mezzo è la cifra impegnata, invece, da Tiscali, per un progetto che ne costa oltre 2 in più. Il titolo: architettura distribuita per le ricerche semantiche e la fruizione personalizzata di contenuti. La Hydrocontrol, centro di ricerca e formazione per il controllo dei sistemi idrici, otterrà oltre 6 milioni di euro per la realizzazione di un sistema integrato per il monitoraggio e gestione di lagune e ambiente, mentre la Vitrociset ha ottenuto un finanziamento per portare avanti due progetti. La Bgt Spa ha visto approvati tre progetti: 1,5 milioni l'impegno complessivo. Le iniziative finanziate sono dodici.
 
3 - L’UNIONE SARDA
Pagina 15 – Cultura
«Ha anticipato di 150 anni le tematiche odierne sul sardo»  

Il glottologo, preside della facoltà di Lettere e il suo rapporto con gli studi dello Scolopio 

Giulio Paulis racconta Angius: è fondamentale per la limba
«Vittorio Angius non era un linguista ma la sua grammatica sarda ha un importante valore storico». Giulio Paulis, preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari, insegna glottologia da più di trent'anni e conosce bene il lavoro dello Scolopio pubblicato nel 1853: «Ho avuto modo di consultare le poche copie custodite nelle biblioteche cittadine e devo dire che non possiamo prescindere da questa trattazione se vogliamo capire come si sono sviluppate le idee sulla lingua sarda». L'opera dell'Angius ancora una volta sorprende perché anticipa tematiche che, a distanza di 150 anni, continuano ad essere al centro della ricerca linguistica. «L'idea di ipotizzare un dialetto medio "arborese" è tutt'altro che malvagia», spiega Paulis, «dato che è stata ripresa in tempi recenti dai linguisti Antonio Sanna e Maurizio Virdis». Ciò che non va bene è il metodo: «Il religioso cita e utilizza a più riprese i falsi d'Arborea. Sulla base di questi documenti la dimostrazione, naturalmente, è priva di valore». L'intellettuale cagliaritano esalta il sardo medievale di cui, per la prima volta, descrive le caratteristiche in modo non episodico. Ricerca una lingua "erudita e gentile", cercando di preservarla dalla "depravazione" che la trasformerebbe in una "favella idiotica". Per questo Angius è contrario a qualsiasi forma di contaminazione e innovazione e racchiuderà il suo ideale linguistico nel celebre inno sabaudo Conservet Deus su Re. Un esercizio letterario lontanissimo dall'idioma parlato quotidianamente nei borghi e nelle campagne della Sardegna. La grammatica dell'Angius è stata pubblicata nel 1853. Allora in Sardegna quanto e come si parlava il sardo? «Certamente tutta la popolazione parlava il sardo nelle sue diverse articolazioni dialettali. La quasi totalità in condizioni di monolinguismo, soltanto un'esigua minoranza era bilingue, affiancando all'uso del sardo, lingua della socializzazione primaria, l'uso o la conoscenza dell'italiano. I bilingui appartenevano alle classi sociali più elevate e al ceto dei commercianti, ossia al segmento della società più incline all'integrazione nella cultura dominante. Il possesso della lingua di maggior prestigio, l'italiano, era strumento e simbolo di una posizione privilegiata nella scala sociale». Rispetto alle altre grammatiche ottocentesche dell'abate Vincenzo Porru e del canonico Giovanni Spano, in che rapporto si pone il lavoro linguistico dello scolopio? «La trattazione dell'Angius presenta punti di contatto, ma anche differenze significative. Elemento comune è il riconoscimento della filiazione del sardo dal latino e l'esaltazione della sua particolare fedeltà alla lingua madre, secondo una tradizione risalente, nel Settecento, a Matteo Madao e, nel secolo precedente, al sacerdote orgolese Gian Matteo Garipa. Divergono invece l'ideologia linguistica, la tipologia dei materiali considerati, il modello di lingua proposto per un uso colto del sardo, nonché il target cui mirano i tre grammaticografi. Per il canonico Spano la "vera lingua dei Sardi" era il logudorese e ad esso doveva riferirsi l'attività di "ripulitura", di codificazione grammaticale e di arricchimento lessicale. Vincenzo Porru, studioso del dialetto sardo meridionale, rifuggì le condanne di tipo puristico e considerò gli apporti esterni come inevitabili elementi di innovazione. Egli abbracciò la visione del cambiamento linguistico più adatta ad assicurare dignità al campidanese. Invece l'Angius fu sostenitore di un ideale linguistico fortemente arcaizzante e contrario a qualsiasi innovazione. La sua condanna coinvolse tanto il cagliaritano, quanto il poco conservativo uso del logudorese del suo tempo». Quale variante propose l'Angius? «Pur sottolineando positivamente l'arcaicità delle moderne parlate dell'area nuorese, sostenne l'opportunità di codificare come varietà di riferimento il sardo scritto dell'epoca medievale, dove le differenze tra logudorese e campidanese si riducevano sensibilmente». Da attento conoscitore dell'isola qual era, il religioso ne colse anche la multiforme realtà linguistica? «L'impostazione arcaizzante che diede della sua opera di codificazione grammaticale e di normalizzazione linguistica gli impedì di rendere conto della varietà delle parlate vive esistenti nell'isola, che certamente non ignorava». La definizione dei due principali dialetti sardi in meridionale o partejossese e settentrionale o partesuese suona come una semplificazione eccessiva? «In parte Angius riprende una tradizione precedente, che si riscontra anche nel Porru e nello Spano e ancor prima nel Madao. La semplificazione, però, è favorita dal fatto che l'attenzione è rivolta al periodo medievale. Vi è da aggiungere che accanto al dialetto meridionale e a quello settentrionale, Angius postula l'esistenza di un "dialetto medio", pertinente ai documenti dell'antico giudicato d'Arborea». Anche lo scolopio cagliaritano, in sintonia con il linguista ozierese Matteo Madao, propugnava un ripulimento della lingua sarda? «Angius era un purista, come il Madao, e al pari di questi un "ripulitore". Tuttavia, mentre il Madao fece oggetto di codificazione il logudorese letterario, Angius, ripeto, si appuntò al sardo medievale». Certamente considerava il sardo come una lingua letteraria. Esempio per tutti, l'inno dei Savoia Conservet Deus su Re. «Non c'è dubbio. Però il sardo "ripulito" di cui si è detto. D'altronde la lingua di Conservet Deus su Re, l'inno che nelle intenzioni dell'Angius voleva essere una celebrazione dell'identità culturale sarda, è quanto di più lontano si possa pensare dal sardo parlato nella realtà quotidiana». In che modo il religioso si è riferito ai falsi d'Arborea nella sua grammatica? «Angius cita e utilizza a più riprese i falsi d'Arborea: una lettera d'un vescovo al suo popolo, cronaca tarrese, grida del giudice Saltaro di Gallura, e altri. Sulla base di questi materiali, oltre che della Carta de Logu, ipotizza l'esistenza di un dialetto "medio o arborese". Evidentemente la dimostrazione è priva di valore. Ma l'idea era tutt'altro che malvagia, come dimostra il fatto che essa è stata ripresa in tempi recenti dai linguisti Antonio Sanna e Maurizio Virdis». La grammatica dell'Angius può essere considerata scientificamente valida? Nell'introduzione, auspicando che il suo lavoro sia "cosa utile", l'autore si rivolge prima di tutto ai linguisti. «È un'opera che ha valore storico, che riguarda la storia degli studi sulla lingua sarda. Dobbiamo prenderla in considerazione se vogliamo capire come si sono sviluppate le idee sul sardo». Esistono degli aspetti innovativi nella sua ricerca linguistica? «Pur con i limiti già accennati, il lavoro si segnala come il primo tentativo di descrivere le caratteristiche e i documenti del sardo medievale. Ha inoltre il merito di richiamare l'attenzione sui dialetti centrali, che Madao e Spano immolarono sull'altare del Logudoro illustre, e di mostrare un'apprezzabile sensibilità per l'analisi dei processi di derivazione nominale». La riscoperta della lingua sarda proposta dall'Angius era ancora intrisa dell'ideale patriottico e del sentimento d'identità ereditati dal rifiorimento culturale di fine Settecento? «Non c'è dubbio, anche se nel suo caso, come pure di altri intellettuali sardi suoi contemporanei, è corretto parlare di doppia identità o di identità oscillante tra il polo sardo e quello italiano. Nel senso che il sentimento di appartenenza a una patria sarda non ebbe mai coloriture anti-italiane». Walter Falgio
 
4 – L’UNIONE SARDA

Pagina 15 – Cultura
Una grammatica per ritrovare la purezza

Nuovo appuntamento con la "Storia della Sardegna" di Vittorio Angius, tratta dalla voce Sardegna del Dizionario Casalis. Domani, con "L'Unione Sarda", esce il volume 21 dal titolo La grammatica della lingua sarda. Il titolo originale era Linguistica ? Cenni sulla lingua de' sardi scritta e parlata. Particolarmente ricco l'indice che, partendo dall'alfabeto sardo, ricostruisce il quadro linguistico dell'intera Sardegna. Lingua e non dialettoSi tratta di una delle prime grammatiche della lingua sarda pubblicate nell'Ottocento. Vittorio Angius la scrive nella consapevolezza che il sardo non sia un dialetto italiano ma una lingua figlia del latino, dotata della "stessa dignità" dell'italiano, del francese e dello spagnolo. La sua grammatica vuole essere uno strumento di apprendimento per i "forestieri" che non conoscono la lingua sarda (linguisti, storici e visitatori dell'isola) e una fonte di approfondimento consapevole per gli stessi sardi. Aggiunge lo stesso Angius di avere elaborato la grammatica «per far cosa utile ai linguisti, ai cui studi mancano vere nozioni su quella pregevolissima lingua [sarda]; ai diplomatisti [gli studiosi degli antichi documenti] che vorrebbero intendere le antiche scritture de' sardi; ai forestieri, che dovendo praticare nell'Isola desiderano essere iniziati nella cognizione degli idiomi volgari, ed a' sardi stessi, cui manca adeguata intelligenza della lingua da essi usata, e già parlata dai loro maggiori [avi], noi proporremo [?] le cose principali del sistema grammaticale della lingua de' sardi, e degli idiotismi più notevoli per cui un dialetto resta distinto dall'altro. [?] manifesterò adesso un altro mio intendimento: esso è di arrestare la depravazione della lingua patria che oggidì va perdendo della sua purità e deformandosi a una favella idiotica; e oltrecciò di condurre allo stabilimento d'una lingua erudita e gentile, e mantenere il sermone sardesco in quella dignità di lingua, che merita quanto la italiana, la francese, la spagnuola». Per un "ripulimento"Angius ammira Matteo Madao che, nel Settecento, proponeva un «ripulimento» della lingua sarda dagli elementi linguistici estranei alla sua tradizione. La lingua dei sardi doveva diventare quanto più pura, elegante e letteraria possibile. In questo senso il ruolo degli intellettuali secondo Angius è fondamentale per difendere questa purezza continuamente attaccata dall'uso quotidiano: dichiara essere «degnissimo di biasimo che persone letterate, anche filologi, parlino e scrivano i dialetti sardi in quella maniera perversa, che usano gli idioti che storpiano frequentemente le parole; ed è poi altamente vituperevole la viltà di alcuni che, per non provocare la derisione di gente dappoco, non ripugnano a' mali vezzi della pronuncia plebea, e dimostrano credere che nella favella degli idioti si trovino esemplari rispettabili di lingua e ne' loro sollecismi regole di grammatica». Da Torino, il 21 febbraio del 1856 Vittorio Angius invia in dono la sua grammatica sarda al canonico Giovanni Spano, suo carissimo amico, fondatore dell'archeologia moderna in Sardegna ma anche autore di una grammatica della lingua sarda, che aveva avuto notevole successo, pubblicata nel 1840. Nella lettera che accompagna il libro, Angius scrive: «Vi voglio far risovvenire di me, che sono ancora vivo, e lo fo presentandovi un mio lavoro grammaticale. Io ho giudicato il vostro ora voi giudicate il mio».
I patrioti della limba
La nuova opera si inseriva in una tradizione che, partendo da Matteo Madao, proseguendo con Vincenzo Porru e Giovanni Spano, difendeva con vigore la dignità della lingua sarda. La vicinanza al latino dava maggiore nobiltà alle varianti della lingua sarda. La parlata di Bitti era il palladio dell'arcaicità e dunque della purezza: Angius si dichiarava «un ammiratore della lingua di Bitti».
 
5 – L’UNIONE SARDA
Pagina 23 – Cronaca di Cagliari
In "Musica e Nuove Tecnologie" 

Conservatorio, ecco i primi cinque laureati

Tesi tutte particolari, in cui si mischiano letteratura e note musicali, storia e tecnologia. Tra emozione, orgoglio e concentrazione ieri il Conservatorio di musica Pierluigi da Palestrina di Cagliari ha visto uscire i suoi primi cinque laureati. I dottori in musica, Daniele Ledda, Mauro Mulas, Roberto Musanti, Alessandro Olla e Riccardo Sarti sono giunti al traguardo diplomandosi con il nuovo ordinamento che gli ha permesso di conseguire la Laurea di I livello in "Musica e Nuove Tecnologie", alla fine del corso triennale che ha sostituito i vecchi studi in musica elettronica. Una novità assoluta per l'istituto cagliaritano, che dal pomeriggio di ieri è entrato di diritto nell'Olimpo degli studi accademici, diventando un corso universitario che può rilasciare a tutti gli effetti titoli validi per partecipare a qualsiasi tipo di concorso pubblico. La svolta, che ha permesso l'evoluzione da diploma a laurea è arrivata nel 1999 con la legge 508, la normativa che dopo la trasformazione di tutti i conservatori italiani in "Istituti di Alta Cultura", da quest'anno consente a queste antiche istituzioni musicali di rilasciare i Diplomi Accademici di Primo livello. Dopo l'entrata in vigore della legge il Pierluigi da Palestrina non è stato certo a guardare e ha proposto ai suoi alunni trenta corsi con un'offerta formativa altamente qualificata. «Oltre ai trienni superiori più classici, come pianoforte, violino, violoncello, flauto, arpa, musica e nuove tecnologie, che costituiscono una trasformazione dei precedenti percorsi ormai collaudatissimi - spiega la direttrice del Conservatorio cagliaritano, Gabriella Artizzu - ora sono stati attivati insegnamenti del tutto originali, come jazz, musicologia, etnomusicologia, strumentazione per banda, sassofono, strumenti antichi e flauto dolce». , Scelte dettate dalle esigenze, ma non solo. «Anche con un occhio di riguardo per la nostra specificità regionale ? riprende la direttrice - il corso di etnomusicologia, per esempio, si propone di valorizzare il patrimonio musicale sardo». Gianluca Zorcolo
 
6 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 21 - Sassari
BREVI - OGGI ALLE 15,30
Un seminario di pedagogia
“Personalizzazione dei percorsi educativi: idea pedagogica e pratica didattica in rete”. È il titolo del seminario che avrà luogo oggi e sabato alle 15,30 nei locali della facoltà di Lettere e Filosofia, in piazza Conte di Moriana 8. I promotori dell’iniziativa si propongono di fornire informazioni e spunti di riflessione ai partecipanti e agli iscritti al corso di laurea in Scienze delle professioni educative di base.
 
7 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 44 - Cultura e Spettacoli

Gioele Dix in «Edipo.com»

Cagliari. Stasera, e in replica domani e domenica al piccolo auditorium comunale, va in scena alle 20,30 lo spettacolo di cabaret «6 IN ME!» di e con con Jacopo Cullin. All’Alfieri, per la stagione di teatro di prosa si potrà assistere questa sera e domani alle 21 allo spettacolo «Edipo.com». Autori, Gioele Dix e Sergio Fantoni. Musiche di Cesare Picco, regia Sergio Fantoni. Con Gioele Dix e Luisa Massidda per la compagnia La Contemporanea 83 e Giovit.
Sassari
 
8 – IL TEMPO
Cuccurullo prende le distanze dal progetto 
«Laureare l’esperienza» il rettore si dissocia    
CHIETI — Il rettore dell'Università «G. d'Annunzio», Franco Cuccurullo, ha preso le distanze dal progetto «Laureare l'esperienza», frutto dell'intesa tra Ordine nazionale dei Giornalisti e cinque Atenei italiani, tra cui la stessa d'Annunzio con la Facoltà di Scienze Sociali. L'intesa, benedetta anche dal ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri, è finalizzata all'accesso fino al terzo anno di laurea di primo livello ai giornalisti professionisti e pubblicisti in possesso del titolo di scuola media superiore: sono stati molti i giornalisti anche in Abruzzo ad aderire al progetto. «L'università d'Annunzio si dissocia dall'iniziativa ed è pronta ad intervenire in ogni sede contro chiunque utilizza il nome dell'Ateneo; - ha detto Cuccurullo - se qualcuno ha fatto una marcia in avanti se ne assume tutte le responsabilità. L'università di Chieti-Pescara non si svende, trovo ignobile che un Ordine professionale possa analizzare il profilo esperenziale e riconoscere crediti, questo è un compito dell'università». Secondo Cuccurullo, «le università sono già provviste di una legge che permette di riconoscere ciò che è giusto riconoscere, quindi, non servono queste iniziative assolutamente incredibili e non percorribili». Il rettore è critico nel commento dell'iter e degli oneri che i giornalisti hanno accettato per aderire all'iniziativa: in particolare il pagamento di 222 euro a una società incaricata dall'Ordine nazionale dell'istruttoria: «I giornalisti dovrebbero ribellarsi ad una situazione del genere», ha affermato Cuccurullo.
 
9 – CORRIERE DELLA SERA
La Sapienza, sette secoli nel nome della cultura
Una mostra al Vittoriano ripercorre la storia del più antico ateneo della Capitale
La bolla papale, in realtà, è del 20 aprile 1303: i festeggiamenti per i 700 anni dell'università di Roma «La Sapienza» avrebbero dunque dovuto svolgersi due anni fa. Ma tant'è: i finanziamenti sono arrivati in ritardo, ed ecco allora che il più antico e prestigioso ateneo della capitale ha posticipato a quest'anno le celebrazioni per il suo settimo secolo di vita. Ultima, la mostra documentaria che si è inaugurata ieri al Vittoriano e intitolata «I luoghi de La Sapienza», che parte proprio dalla bolla con cui Bonifacio VIII istituì lo «Studium Urbis» - aperto a tutti i settori della cultura - per raccontare la lunga storia dell'ateneo romano. In maniera estremamente sintetica (forse troppo) la mostra allinea soprattutto pannelli che documentano la storia della Sapienza attraverso i suoi luoghi, strettamente connessi, com'è ovvio, alla storia della città di Roma. Due in particolare i momenti su cui gli organizzatori hanno soffermato la loro attenzione: la storia secolare dell'edificio borromoniano in corso Rinascimento, dove l'ateneo ebbe sede fino al 1935; e la città universitaria progettata da Marcello Piacentini durante il fascismo in collaborazione con i migliori architetti dell'epoca. Un complesso (come suggerisce anche un interessante video con opinioni di celebri architetti) che oggi, dopo decenni di damnatio memoriae , viene pressochè unanimemente riconosciuto come un'eccezionale realizzazione per stile e funzionalità (benché superata dai tempi). Oltre gli anni Trenta, la mostra getta poi uno sguardo sul futuro dell'ateneo, con una sezione in cui sono riassunte le possibili aree di sviluppo (dall'ex Snia sulla Prenestina al complesso di Santa Maria della Pietà a Monte Mario). Oltre a video, documenti, foto, disegni e grafici, la mostra allinea anche oggetti e reperti provenienti da 18 musei della Sapienza (fino al 16 marzo, ingresso libero, tel. 06.6780664; tutti i giorni 10-19). 
E. Sa.

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie