Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
02 March 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio Stampa

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 14 – Cultura
La limba è anche una questione di suono
Si prova una sorta d'imbarazzo a scrivere di lingua sarda per la seconda volta dopo, e facendo in qualche modo riferimento a quanto ha scritto Giulio Angioni il 22 febbraio scorso. Ma tant'è. Che il professore sia conosciuto come uomo di "multiforme ingegno" è risaputo; d'altronde basta aver letto uno dei suoi romanzi per esserne convinti, ma lo si è visto anche dal tipo di contributo che offre dalle colonne di questo giornale. Se la volta scorsa il suo intervento fu un sobrio distillato di ragioni a favore delle tesi sostenute, quest'altra invece è un vero diluvio, una strossa di parole per ribadire cinque, sei, sette volte sempre lo stesso concetto: la varietà delle parlate sarde è una ricchezza da salvaguardare. Non sempre, sulle questioni della lingua e della cultura sarda, chi tace acconsente. Anzi, chi acconsente, spesso non tace. Sta di fatto che io, questa volta ancora, sono d'accordo con lui matematicamente, anzi assiomaticamente dovrei dire, perché prendo a prestito appunto l'assioma che se A = B, B è uguale ad A: dunque anche Giulio Angioni è d'accordo con me e con un gruppo di amici, redattori e lettori della rivista Paraulas, che queste cose andiamo ripetendo e scrivendo da anni. Ma per rendere a Cesare quanto è suo, ho sempre pensato che persino nella mente dell'assessore Ballero, ai tempi in cui nominò gli esperti per avere delle proposte sull'unificazione ortografica e su una possibile unificazione del sardo, visto che diversificò così tanto le nomine per zona di provenienza e per esperienze, vi fosse alla base del suo ragionamento appunto la necessità di salvaguardare l'esistente, seppure cercando di razionalizzare almeno la grafia. Questo pugno di esperti non doveva diventare "commissione", anche perché ciascuno di essi avrebbe dovuto produrre un'ipotesi propria da sottoporre all'assessorato, ma alla fine lo diventò di fatto perché, di deroga in deroga, la relazione da produrre passò da strettamente individuale a quella comune di due o più esperti, fino a quando? fu il solo Diego Corraine, insieme a Delogu, a produrre la sua proposta che, forse malvolentieri, fu prima firmata da tutti e poi rinnegata da alcuni. Che fosse opportuno firmarla, si comprende anche dal fatto che, tutti gli altri esperti non avrebbero potuto ritirare il dovuto compenso? appunto perché non dovuto, non avendo adempiuto ai termini del contratto! In definitiva, sembra una battuta e lo è veramente, ma la maggioranza dei nominati, più che esperti di lingua sarda, si manifestarono esperti sulla lingua sarda. Con tutte le implicazioni negative che il lettore vorrà dare all'espressione. Poi capitò che l'on. Ballero lasciò il posto di assessore all'on. Onida che sciolse il nodo come Alessandro Magno fece con quello di Gorgia, tagliando corto con la spada del famoso libricino bianco, arrivato in tutte le scuole dell'Isola (e preso anche sul serio dai più!): e fu L.S.U, Lingua Sarda Unificada, anzi Limba Sarda Unificada, a maggior gloria di Corraine che, perlomeno, il sardo lo parla e col sardo ci lavora, ma diventò "il diavolo" della L.S.U per tutti i Campidanesi che si ribellarono ben presto e minacciarono una rivoluzione. Diego Corraine non è il diavolo, ma solo uno che fece il proprio dovere materializzando una proposta legata al suo territorio e alla sua esperienza: fu solo l'ignavia degli altri a far assurgere la sua relazione a proposta generale. In definitiva, perfino l'assessore Onida deve essersi pentito (in ritardo) se in Giunta Regionale votò contro l'ipotesi della LSU, anche se oramai era diventato assessore ai Lavori Pubblici, o qualcosa del genere. Tutte queste cose le sappiamo da tempo e le scrivemmo sul n. 5 della rivista citata, dato che ci procurammo in anteprima (non si tratta ovviamente di documenti coperti da segreto di stato, né da quello giudiziario, almeno fino a questo momento) sia la fotocopia della relazione di Corraine-Delogu, sia la fotocopia della relazione (sempre la stessa) firmata da tutti gli esperti, che giustiziò le parlate campidanesi provocando, come detto, una rivolta popolare. Il buon diavolo a nome Diego ebbe il vento in poppa; gli altri, chi più chi meno, dovettero andare a Canossa e cospargersi di cenere, o almeno disconoscere quella firma posta (certo a malavoglia e in qualche modo in stato di necessità) in calce alla relazione dei due barbaricini. Rimane, per la storia, il fatto che nessuno rifiutò di sottoscrivere, anche perché forse avrebbe corso il pericolo di perdere la prebenda, per altro immeritata, visto che la convenzione originaria prevedeva da ciascuno la produzione di una proposta individuale nel merito. Liquidata storicamente la proposta di LSU, si è fatta avanti l'ancora più terrificante proposta di Lingua de Mesania, fatta da altri esperti "sulla" lingua sarda e basata sulla bestemmia linguistica e sociale che tutti in Sardegna debbano parlare e scrivere come si suppone si faccia a Samugheo. Ne ha parlato Angioni nei suoi due articoli ed ho già detto che sono d'accordo con lui, assiomaticamente. In fondo, oltre a questo, c'è qualcos'altro in comune tra lui e me: siamo cresciuti in un piccolo paese dell'interno (Guasila e Curcuris), imbevuti della cultura contadina, dove anche la elle debole, nella parlata di paese, diventa una povera b strascicata: Guasiba, Simaba... Ma il parallelo finisce proprio qui perché io sono rimasto contadino mentre lui è diventato l'antropologo per eccellenza del mondo contadino: vale a dire che è vero che produciamo lo stesso vino, ma io mi limito a berlo, mentre Giulio ne ha scoperto la composizione chimica e quanto faccia bene o meno per i radicali liberi? Oltre a berlo come faccio io, naturalmente. Alloddu, ecco che torno alla questione che mi preme: nella grafia del sardo, tra le due macrovarietà del campidanese e del logudorese-barbaricino, fino agli anni '50 vi erano solo due suoni di differenza ed un equivoco. I suoni, non presenti nell'italiano, sono tipicamente sardi anche se non sono esclusivi del sardo: il suono presente nel francese alla voce "bijou", reso nel campidanese con la lettera X (braxu = chiaro) e nel logudorese con la lettera J (ruju = rosso); il secondo suono, quello della doppia d (dd), detto con Bissenti Porru all'inglese, che nel nord dell'isola, grazie (o per colpa) di predi Casu, qualche volta viene reso con dh, anziché dd, non ostante i cognomi tipicamente del capo di sopra siano scritti da sempre con la doppia d. L'equivoco invece sta nell'uso della lettera J, usata da luogo a luogo, spesso per ignoranza, come vocale con suono di I o come consonante col suono di X o di G italiana, o ancora come gruppo GI. Insomma, come direbbero a Guasila e a Curcuris, unu casinu totu! Negli anni '70 e '80 incominciò la rivoluzione culturale anche per la lingua sarda, ad opera di fervidi militanti antifascisti ma non antinazisti, in quanto anti-italiani sicuramente ma non anti- tedeschi, visto che cominciarono a germanizzare o forse slovacchizzare il sardo con tante lettere K e così avanzando nella riforma, sino a ricordarsi che siamo stati sudditi del re di Spagna al quale di recente abbiamo reso un ultimo commosso tributo: dato che i suoi vicerè non riuscirono in cinque secoli a sradicare le nostre parlate (e sì che ce la misero tutta!) e continuano a soffrire per le nostre zete troppo dure, noi gliele segnaleremo tutte ponendoci davanti una t, anche dove non servirebbe. E c'è chi va anche oltre con i tributi, mettendo graziosamente le sedie sotto le C! Ho le lacrime agli occhi davanti alle premure verso il nostro ex re, ma devo per forza di cose censurare le parole che riservano al caso sia in Marmilla e che in Trexenta! Infine, se conosco almeno un po' Giulio Angioni, suppongo che uno dei suoi prossimi interventi abbia per oggetto anche lo scadente e impudico uso che si fa della grafia del sardo. Se pensiamo che qualcuno ha già cambiato il proprio cognome e si firma non più con doppia d, com'è all'anagrafe da padre in figlio, ma con dh, in onore al nuovo; se pensiamo che ci sono dei poeti, anche amici miei, che cambiano la grafia alle loro poesie a secondo della giuria del premio a cui le spediscono; bene, ne sentiremo delle belle e io, per parte mia, sono sicuro che sarò ancora d'accordo col professore-contadino.
Franco Pilloni
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 22 – Cagliari
Università Ricercatori in sciopero contro la riforma
 Si avvicina il giorno dello sciopero nazionale delle Università. Oggi si fermerà anche l'ateneo di Cagliari, con l'adesione da parte di ricercatori e docenti alla protesta contro il disegno di legge del ministro Letizia Moratti sullo stato giuridico dei professori universitari. Anche la Conferenza rettori università italiane (Crui) ha espresso la più netta contrarietà alla prosecuzione dell'iter parlamentare del provvedimento legislativo, con la minaccia di interrompere il confronto con il governo. Non si è ancora registrato nessun atto effettivo alla disponibilità espressa dal ministro Moratti di abbandonare la strada della legge delega per quella ordinaria. La Crui condivide le ragioni del disagio e della protesta, che hanno trovato espressione negli atenei e si riunirà in concomitanza con lo sciopero di domani. Proprio la giornata di domani sarà importante per verificare la compattezza del mondo accademico: a Cagliari l'assemblea dei ricercatori della settimana precedente aveva evidenziato qualche spaccatura con i dottorandi e gli studenti Da verificare anche l'adesione da parte dei docenti di prima e seconda fascia. (m.v.)
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 24 – Cagliari
Progetto Erasmus. Lezione di Zola agli universitari
«Ragazzi, andate all'estero diventerete migliori»
Impossibile mettere in discussione le qualità calcistiche di Gianfranco Zola. Da ieri in molti conoscono anche le sue doti di comunicatore. È capitato agli oltre centocinquanta studenti universitari che ieri hanno ascoltato il suo intervento, per promuovere il progetto Erasmus. «Vi prego di utilizzare le borse di studio per vivere un'esperienza di studio all'estero, che vi farà crescere. L'Italia ha bisogno di persone migliori, soprattutto della nuova generazione». Lo dice uno che ha passato sette anni in Inghilterra. Certo per giocare a calcio, ma le difficoltà incontrate sono simili a quelle degli universitari che si tuffano all'estero per diversi mesi: lingua nuova, abitudini diverse e lontananza da amici e parenti. «Non mi sono mai spaventato e l'entusiasmo mi ha fatto andare avanti». Questa la formula magica del campione rossoblù, che ieri è intervenuto nell'aula magna del polo umanistico dell'Università cagliaritana, durante la manifestazione "Tutti pazzi per Erasmus", organizzata dal settore Relazioni estere dell'ateneo cagliaritano, capitanato da Anna Maria Aloi, che ha creato una vera e propria festa Erasmus. Diversi gli interventi di studenti sardi che hanno vissuto questa esperienza, così come i racconti degli universitari di atenei stranieri che sono stati ospitati a Cagliari. Ma anche di sardi diventati personalità, come il direttore d'orchestra Simone Pittau, o del sardo adottato Romeo Scaccia, compositore conosciuto nel mondo. Ma la platea ha riservato una vera standing ovation alla fine del discorso di Gianfranco Zola, che con la sua consueta modestia ha strappato applausi, e si è lasciato sommergere dagli studenti per la consueta caccia all'autografo e alla foto in compagnia del fuoriclasse rossoblù. L'INVITO DI ZOLA «Inizialmente ho vissuto la mia esperienza in Inghilterra come un'avventura, con la voglia di confrontarmi con l'ignoto. Non conoscevo l'inglese, e sono sbarcato oltre Manica con la mia famiglia. L'entusiasmo è stato il mio sostegno per superare i momenti difficili». Zola racconta la sua avventura lavorativa inglese con passione, grinta e determinazione. Alla fine la decisione di tornare nella sua patria più ricco. E con un obiettivo: «Grazie a questi sette anni in Inghilterra mi sento migliore. Ho preso i lati positivi di un altro popolo, ma ho valorizzato le ricchezze della nostra terra. Ho deciso di rientrare a Cagliari con un progetto: cercare di trasmettere i valori calcistici che ho imparato ai giovani. Penso che tutti abbiano un sogno: creare una società migliore. Spero di riuscire a dare nel mio piccolo un contributo». A conclusione del suo intervento di un quarto d'ora, gli applausi soffocano l'aula. Una scena vista e rivista in tutti gli stadi dove Zola gioca, in ogni ambiente dove si reca. In Sardegna, in Italia, nel Mondo. PROGETTO ERASMUS Sarebbe stato difficile trovare un esempio migliore per trasmettere la voglia di provare un'esperienza all'estero agli studenti. Lo hanno fatto anche Pittau e Scaccia, e gli studenti che hanno già vissuto questa avventura. I bandi saranno disponibili da oggi a Villa Asquer (ogni lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10,30 alle 12,30), nell'ufficio settore relazioni estere dell'Università, oppure sul sito internet www.unica.it alla voce relazioni internazionali. Sono 648 i posti disponibili per il nuovo anno accademico, distribuiti nelle carie facoltà. L'anno scorso furono 362 gli studenti a studiare all'estero dai tre ai dodici mesi. Questa volta si vuole fare il pienone. «Vi prego di non perdere questa occasione», conclude Zola.
Matteo Vercelli
 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 – Cagliari
Università. Presentato il bando per gli studi all’estero
Tutti pazzi per «Erasmus», seicento le borse di studio
 
 CAGLIARI. «L’Università di lavorando perchéil Progetto Erasmus diventi un momento centrale nella formazione». Con questo impegno Anna Maria Aloi, responsabile per le relazione estere dell’Università, ha aperto la presentazione dell’ultimo bando per le missioni di studio all’estero. Ancora troppo poche: l’anno scorso sono state assegnate 370 borse su oltre 500 disponibili, «e questo perché - ha detto Anna Maria Aloi - gli studenti sono anche vittime di paure che se erano fondate in passato, oggi non hanno più ragione di esistere». A cominciare dal lato economico, «uno studente sardo - ha detto la responsabile delle relazioni esterne - ha disposizione una borsa mensile che con il contributo regionale di 380 euro, arriva fino 500 euro». Le difficoltà didattiche e burocratiche del passato sono state invece superate grazie all’adozione, anche in Italia, dei crediti formativi: oggi le università riconoscono gli esami sostenuti all’estero.
 Giuseppe Frau, rappresentante degli studenti nel consiglio d’amministrazione dell’università, è intervenuto per chiedere di «aumentare l’organico dell’ufficio relazioni estere» e chiedere alla Regione di «stanziare, anche per quest’anno, il finanziamento per il contributo di mobilità a favore degli studenti sardi».
 Testimonial di Erasmus è stato Gianfranco Zola: «Io sono stato a Londra e posso dire che un’esperienza all’estero arricchisce e permette, quando tornerete, di portare in Sardegna il bagaglio prezioso delle nuove conoscenze».
 Con il bando di quest’anno, consultabile in rete all’indirizzo www.unica.it e disponibile in copia da mercoledì negli uffici di viale Ciusa, l’università, che ha stipulato 217 convenzioni con atenei di tutti i 25 paesi dell’Unione Europea, assegnerà 648 borse.
Luca Clemente
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 23 – Sassari
Il sassarese irrompe all’università: corsi voluti dal Collettivo studentesco
 
 SASSARI. Il sassarese entra nelle università. Il vernacolo diventa una materia da insegnare nelle aule dell’ateneo. L’iniziativa parte dal Collettivo studentesco che ha dato vita a un corso per far conoscere la lingua della città. I banchi si popoleranno di aspiranti poeti e di virtuosi della parola pronti a carpirne i meccanismi e a rubarne i segreti. I cicli da dieci lezioni saranno aperti a chiunque voglia partecipare. «I corsi sono gratuiti. autofinanziamo - spiega Roberta, una dei rappresentanti del Collettivo -. Vogliamo che l’identità linguistica venga conservata».
 «C’è un parziale vuoto anche dal punto di vista accademico che tentiamo di colmare - prosegue -. Mancano ancora dei corsi che valorizzino il sardo in tutte le sue varianti e temiamo che nel tempo il contatto con la lingua viva si perda. Questo è un primo passo per riaffermare le nostre radici. È una scommessa che vogliamo portare avanti». Le lezioni saranno tenute da un docente d’eccezione, il poeta Salvatore Pittalis. Da mercoledì alle 16 e 30 nell’aula studenti della facoltà di Lettere e Filosofia, in via Zanfarino, sarà possibile imparare i segreti della grammatica sassarese, scivolare tra rime e virtuosismi dialettici. «I testi di poesia aiuteranno ad avvicinarsi alla versione più pura della lingua, non ancora intaccata dai neologismi o dalle commistioni con l’italiano - continua Roberta -. Per ora il progetto è stato accolto con entusiasmo da molti studenti, non solo universitari, e registriamo già le prime adesioni. È nato un nuovo interesse intorno alla lingua sarda e alla sua conoscenza. È un segnale importante che non può essere trascurato, una volontà di riavvicinarsi alle proprie origini, alla propria identità».
 L’iniziativa parte dagli studenti e viene gestita in maniera autonoma. «Per ora siamo partiti da soli, ma speriamo per il futuro che l’ateneo ci appoggi e ci aiuti a farlo diventare un punto fermo, un appuntamento da ripetere ogni anno - dichiara Roberta -. Vogliamo portare avanti un progetto più ampio che riguardi anche la riscoperta e la valorizzazione della cultura. A breve verrà allestita una mostra fotografica sulla rivolta di Pratobello curata da noi del Collettivu’e sos istudentes». (l.r.)
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
 Pedagogisti, l’arte di educare è un mestiere non riconosciuto
 SASSARI. L’arte di educare. Un mestiere difficile anche a Sassari, specie per quanto concerne l’inquadramento professionale dei pedagogisti, cioè di coloro che pur avendo conseguito la laurea si vedono privati anche dei più banali diritti conferiti dalla formazione scelta. Raramente si è cercato di rimediare. «Se vogliamo dare un profilo all’educatore professionale - sottolinea Cristiano Depalmas, agente di polizia e dirigente sindacale del Sap che da tempo si batte per il riconoscimento di tale iniziativa - possiamo dire che è uno specialista in discipline psico-pedagogiche che interviene nei confronti di persone di diverse età, in situazioni con o senza disagio, esposte a rischio di emarginazione sociale, con problematiche di handicap psico-fisico, emergenza familiare, difficoltà relazionali e carenze ambientali. E i settori di impiego variano a seconda dell’utenza: comprendono minori, anziani, soggetti con handicap, tossicodipendenti, detenuti ed ex detenuti, e tutti coloro che manifestano una imminente esigenza educativa». Un raggio d’azione così ampio dovrebbe assicurare rilevanti opportunità occupazionali, mentre invece nella realtà sono pressochè inesistenti. «A tutt’oggi - afferma Cristiano Depalmas - i laureati pedagogisti, o educatori, continuano a essere ignorati. I pochi fortunati che, nonostante tutto, riescono a lavorare devono sopportare un continuo ridimensionamento del proprio ruolo. A fronte di un crescente bisogno educativo, ciò che serve è una figura professionale che non è un volontario, un sociologo, uno psicologo, un mediatore o un frequentatore di corsi regionali».
 «Ciascuno è titolare del proprio mestiere. Il nostro è quello di educare e, come tali, dovremmo essere gli unici abilitati a farlo. Invece, anche nei concorsi pubblici non sono riservati a laureati in discipline specifiche ma aperti a tutti coloro che possiedono una laurea nelle cosiddette “scienze umane”, fino a comprendere anche scienze politiche e giurisprudenza». La conclusione è amara: «Ormai come titolo universitario siamo equiparati alle “scienze delle merendine” e come categoria non esistiamo. Manca una vera volontà politica che prenda atto del fatto che comunque esiste una famiglia unita e numerosa che chiede rispetto e dignità». (g.b.)
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Fatto del giorno
 Crescita culturale e autonomia
 L’istruzione capillare alla base della nostra identità
 Ogni qualvolta si è chiamati a parlare di identità e cultura della Sardegna si rischia di scivolare su un terreno che spesso è confuso, da molti, con aspetti indipendentisti, separatisti, che recano in se un forte connotato politico estremista che rispecchia un vecchio e poco condiviso concetto di “ sardismo” ormai superato e rivendicato da chi in realtà non ha un vero interesse alla crescita e allo sviluppo della Sardegna che deve invece avvenire attraverso un moderno sentimento di identità, di nazionalità, di cultura, attraverso una moderna consapevolezza di minoranza che aspira all’Europa e all’europeismo. Il riconoscimento dei nostri diritti di minoranza etnica, linguistica, culturale, deve essere ottenuto, in senso moderno, attraverso un percorso politico e sociale che deve essere prima di tutto condiviso dalla società senza sfociare in estremismi che porterebbero solo ad un ulteriore isolamento. Vale a dire che il riconoscimento dei nostri diritti deve derivare non da superati e sterili atteggiamenti di chiusura totale e acritica nei confronti di tutto ciò che è “ continentale”, in questo modo infatti perderemo anche tutto ciò che di positivo c’è o può scaturire da un paritario confronto e apertura verso le realtà italiane ed europee, ma deve derivare da una crescita di tutti i sardi dal punto di vista culturale, sociale, economico, ambientale, cioè in tutti quegli aspetti che ci integrano e allo stesso tempo ci distinguono dall’Italia e dall’Europa.
 Questo percorso è certamente un percorso lungo, difficoltoso, pieno di trappole politiche, ma ormai abbiamo superato la prima fase di questo percorso, siamo al giro di boa. Ormai è diffusa, condivisa e radicata nella maggior parte della società sarda, la consapevolezza della nostra identità, tutti noi siamo coinvolti in un processo culturale rivolto alla ricerca delle nostre radici, alla valorizzazione delle nostre tradizioni, della nostra lingua, non sappiamo ancora quale sarà la nostra vera lingua sarda (la standardizzazione si può dire sia appena all’inizio, e anch’essa necessita di anni e ancora lunghi dibattiti prima che si riesca ad attuarla), ma è pur vero ed importante che tutti noi siamo convinti che sia una lingua e che essa rivesta, nel nostro ambito, una grande importanza sociale poiché fa parte dei simboli e segni che noi sardi utilizziamo ancora per relazionarci.
 Non dobbiamo pensare o credere che il sardo soppianti la lingua nazionale, che sicuramente nell’ecosistema linguistico ha il primato, ma in un moderno e condiviso concetto socio-linguistico, gli dobbiamo riconoscere il giusto valore di nicchia poiché fa parte del nostro, oserei dire, genetico corredo simbolico e segnico che ancora è presente e diffuso in tutti gli strati sociali e culturali della Sardegna. Questo percorso richiede dunque un grande equilibrio da parte di tutti noi, e una grande forza e coesione. Sono tanti infatti, oltre quello culturale e prettamente identitario, i problemi e i diritti che noi tutti rivendichiamo, l’ambiente e il suo sfruttamento, l’energia, il turismo, l’economia, l’industrializzazione, la salute, la gestione delle servitù militari, lo sfruttamento delle risorse del territorio (vedi le sabbie silicee, il carbone, la forestazione, gli incendi), e tante altre cose. In questa sede mi preme sottolineare, con forza, un aspetto che, secondo il mio parere, riveste la maggiore importanza e che rappresenta, purtroppo, per il nostro paese una piaga: la scarsa propensione allo studio dei nostri giovani e il connesso problema della dispersione scolastica. Io sono convinto, e spero che su queste argomentazioni cresca il consenso di tutti, che solo attraverso una crescita culturale, professionale, intellettuale, che si può attuare solo attraverso una scolarizzazione capillare, una formazione professionale adeguata, che non si fermi, ahimè, alla scuola dell’obbligo, ma che continui e cresca attraverso tutte le scuole secondarie (umanistiche, scientifiche, professionali, tecniche) e che vada oltre verso gli studi universitari, sia possibile creare i presupposti per il riconoscimenti di tutti i nostri diritti, attraverso cioè la formazione, non solo, di una classe dirigente capace di confrontarsi con l’Europa, ma anche di una preparata classe professionale capace di competere col sistema Italia e col sistema Europa che possa esprimere ad un alto livello la nostra identità.
 La scarsa propensione allo studio e la dispersione scolastica sono a mio avviso il primo gradino di intervento, la vera chiave di volta per la soluzione dei nostri problemi, la prima tappa del nostro percorso verso l’Europa che deve essere attuato con una totale e condivisa concertazione tra istituzioni, industria, enti di sviluppo pubblici e privati, politica. E’ necessario che tutti noi capiamo la necessità e l’urgenza di provvedimenti a favore dello studio e della formazione professionale, per poter recuperare nei confronti dell’Europa e per essere pronti alle prossime sfide che la globalizzazione ci impone attraverso il rapido cambiamento dei processi produttivi, del lavoro, delle scienze. Il progresso ci sta superando e se noi ci dovessimo radicalizzare su aspetti della nostra cultura, delle nostre tradizioni, del nostro lavoro, nostalgici, seppur presenti e vivi nella nostra vita, o estremistici, rischiamo di rimanere ancora per molto ai margini del progresso, ai confini dell’Europa, ricchi solo di assistenzialismo.
 
 
 
 

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