Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
06 March 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 21 – Cagliari
Università, sì alla nuova facoltà
Sindaco e associazioni: avanti con Architettura
La facoltà di architettura fa un nuovo passo avanti: nella riunione del 2 marzo l'Università ha incassato una raffica di sì durante la consultazione con le parti sociali, uno dei passaggi previsti prima dell'attivazione della nuova laurea. Associazioni come Legambiente e Confindustria, rappresentanti degli ordini degli ingegneri e degli architetti, esponenti di Italia Nostra e amministratori come il sindaco di Cagliari Emilio Floris e l'assessore all'Urbanistica (e architetto) Gianni Campus: sono solo alcuni dei fan della nuova facoltà che si sono confrontati con il preside di Ingegneria Francesco Ginesu, che a sua volta è stato ben contento di registrare l'assenso generalizzato. Da arruolare d'ufficio, accanto ai molti che mercoledì hanno sostenuto l'opportunità di affiancare con una facoltà cagliaritana quella di Alghero, ci sono presumibilmente i mille giovani che ogni anno vanno oltretirreno per diventare architetti. Un dato - spiega il professor Ginesu, che con l'istituzione della nuova laurea "perderebbe" cinquanta tra docenti e ricercatori ma sembra tutt'altro che contrariato - che dimostra l'assoluta compatibilità tra il polo dell'Università di Sassari e quello del sud. «Non ne farei un discorso di campanile - spiega il preside - ma anzi immagino un lavoro sinergico: d'altra parte Alghero punta in modo particolare sui progetti ambientali, noi su quelli tecnologici», ma anche alla creazione di un'Architettura Mediterranea che diventi punto di riferimento di più di un Paese, secondo il suggerimento del sindaco. Ovviamente il via libera delle parti sociali non era l'ultimo passaggio da affrontare prima di avviare la facoltà. Nei prossimi giorni senato accademico e consiglio d'amministrazione dell'Università sottoporrà il dossier Architettura al nucleo di valutazione. Il test più importante - e quello dall'esito più aperto - resta quello della commissione di valutazione che riunisce i rettori dei due atenei sardi; un rappresentante degli studenti isolani e l'assessore all'Istruzione in rappresentanza del presidente della Regione. La commissione (che a parte il rettore Pasquale Mistretta è costituita da sassaresi) ha già esaminato la pratica, per poi decidere di riaggiornarsi di lì a tre settimane.
 
2 – La Nuova Sardegna
Paolo Maninchedda: «Scontri con Soru? Sì, da uomini liberi»
 «Non dissento sul merito, ma sui metodi Il governo ci punisce, ricorriamo a Ciampi»
Riforma dello Statuto: «In Sardegna lo Stato deve essere la Regione»
 CAGLIARI. E’ un uomo colto. Studia, scrive e legge. Tanto. Testa pensante, Paolo Maninchedda ha alle spalle una nobile milizia di cristiano impegnato nel sociale, con sbocchi politici per lui coerenti: mai Dc, prima Ppi e, dopo un lungo esilio, sì a Progetto Sardegna. Discepolo prediletto di Soddu, ha 44 anni, insegna filologia romanza, università di Cagliari. Dal 2004 è consigliere regionale, ma quando Soru l’ha candidato, non sapeva chi stava entrando nella sua casa. Lui e Soru sono agli antìpodi. Vent’anni fa Maninchedda stava in Africa, vicino al mondo delle missioni. E Soru costruiva supermercati.
 - Che rapporto ha con Soru? Odio-amore?
 
«No. Io e lui siamo due uomini liberi».
 - Risulta che vi scontriate spesso.
 
«Quando si è liberi, lo scontro è inevitabile ed è anche giusto che ci sia».
 - Sul merito o sul metodo?
 
«Sul metodo».
 - Che a lei non piace, e non glielo manda a dire.
 
«E’ un fatto culturale. Proveniamo da due mondi differenti, abbiamo coltivato valori alternativi, e dunque vediamo la vita da ottiche diverse».
 - Incompatibili.
 
«No. Entrambi vogliamo che il benessere dei sardi aumenti. Nel rispetto della democrazia, però».
 - Perché? Renato Soru è un dittatore?
 
«No, tutto dipende dal rapporto che si vuole instaurare con gli altri. La vita è l’attesa di un compimento e la politica rappresenta l’intelligenza della complessità, unita alla fedeltà, alle idee di giustizia e libertà».
 - E la democrazia?
 
«E’ il sistema più efficiente per rendere coerente tutto questo. Si parla solo di Soru?».
 - No. Parliamo di Progetto Sardegna. Com’è che si è candidato?
 
«Mi ha spinto l’ansia un po’ ingenua del cambiamento».
 - Ingenua perché?
 
«Dopo lo slancio, è arrivata un po’ di delusione».
 - Pentito?
 
«E’ uno sport troppo facile, quello del pentimento. Sono preoccupato, questo sì. Se vuoi far bene il consigliere regionale, o il presidente di Commissione, devi lavorare dodici ore al giorno, e si vede poco che lo fai».
 - Siete ben pagati. Troppo, forse.
 
«Guadagniamo molto, è vero. Ma se uno fa il suo dovere, spende la metà dello stipendio per studiare, informarsi, chiedere consulenze, visto che la Regione non ha una struttura adeguata a supportare il nostro lavoro. Sarei disposto a guadagnare la metà, se ci fosse un Centro Studi degno di questo nome, se potessimo operare al meglio».
 - Contrario o favorevole alle liste con il simbolo di Progetto Sardegna?
 
«I simboli contano poco. Contano invece i contenuti, la consapevolezza che c’è molto da fare per arrivare al cambiamento. Se si ha qualcosa da dire, da proporre, è giusto che ci si candidi, anzi ci si deve candidare. Sennò è meglio stare a casa».
 - E’ nato l’Ulivastro: che cosa ne pensa?
 
«E’ una speranza che va trasformata in fatti concreti a beneficio della Sardegna. Altrimenti, è un annuncio di buone intenzioni».
 - Quale ruolo per i partiti che l’hanno costituito?
 
«Non demonizziamo i partiti. Al loro interno si respira un’aria nuova che fuori non emerge abbastanza. Si avverte anche in consiglio regionale, questa tendenza. I partiti però hanno il compito di tirar fuori gli ideali e creare la classe dirigente. Lo devono fare sporcandosi le mani, confrontandosi con le difficoltà dei paesi, creando mobilitazione, uscendo da una lunga stagione di sonno».
 - Partito spesso fa rima con potere.
 
«Il potere è una realtà nobile e i risultati migliori si ottengono da chi ne diffida di più. Negli altri casi, ti mangia il cuore».
 - Ma lei non è un uomo di potere?
 
«Non lo vorrei mai essere».
 - Beh, è consigliere regionale.
 
«Già, uno che conta poco o nulla, contrariamente a ciò che pensa la gente. Un consigliere regionale non ha neanche il potere di far spostare un albero. Il potere regionale è tutto concentrato sulla burocrazia e sull’esecutivo».
 - Frutto della nuova legge elettorale?
 
«No, frutto di dieci anni di mutamenti della politica. Oggi il vero potere è a Bruxelles, o in luoghi sempre più distanti dalla gente».
 - Rapporti Stato-Regione. Tra impugnative, ricorsi alla Consulta e sentenze contro, buonanotte autonomia.
 
«La vera opposizione ai sardi, la fa il governo nazionale che ha deciso di farcela pagare sulla legge salvacoste, sull’eolico e le servitù militari».
 - Cosa propone?
 
«Per ribellarci a questa punizione del governo, dovremmo rivolgerci al presidente della Repubblica, sollecitare un suo intervento. Siamo o non siamo italiani?».
 - Riforma dello Statuto. A che punto siamo?
 
«Il nodo da sciogliere in Consiglio è se si vuole oppure no l’ampia consultazione di cui parla l’ordine del giorno varato a inizio legislatura. Forse non è più ritenuta così urgente. Esaurita la fase del dibattito sul contenitore, ossia sul luogo delle riforme, che dev’essere il Consiglio, si sta passando finalmente ai contenuti.
 - Tema a lei caro.
 
«Lo Statuto dovrebbe affermare che, in Sardegna, lo Stato è la Regione. Questo significa che lo Stato, cessa di agire con la sua amministrazione parallela a quella regionale e invece agisce attraverso i poteri riconosciuti alla Regione. Si deve poi inserire il tema dell’insularità e lavorare per affermare il principio di coesione territoriale. Lo Statuto deve disciplinare il rapporto tra Regione ed enti locali, le comunità e il potere, il cittadino e i governi locali e regionali».
 - La Chiesa sta denunciando l’espandersi delle sacche di povertà e accusa la politica di non fare abbastanza per ridurle.
 
«E fa benissimo. Viviamo una fase di transizione tra il vecchio e il nuovo sistema, ma sarebbe un gravissimo errore se dovessimo far pagare il prezzo di questa transizione alle fasce basse e medio-basse della società. Penso a chi lavora nei servizi, nell’agricoltura e nell’industria. I costi dell’innovazione non li debbono pagare queste categorie. Il cambiamento richiede partecipazione e capillarità: non ha senso che esso investa solo le città. Bisogna arrivare in profondità, incidere sui paesi, sulle piccole comunità. La fiducia si ottiene solo in questo modo».
 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Cagliari
MASTER DI ARCHITETTURA
L’università approda nella vecchia miniera di Serbariu
 CARBONIA. L’università approda a Carbonia. Nel padiglione della forgia e dei torni della vecchia minera di Serbariu sorgerà una struttura polifunzionale integrata destinata alla alta formazione universitaria. L’edificio verrà messo, una volta ristruturato, a disposizione dell’università di Cagliari, che ha già programmato nella nuova sede lo svolgimento di alcuni master triennali di specializzazione in architettura.
 Una assegnazione, quella degli edifici ex minerarari, che pare quasi naturale. Da tempo ormai il dipartimento di architettura dell’università di Cagliari collabora in maniera continuativa con l’amministrazione comunale per tutti i progetti di riqualificazione urbana. È in gran parte merito dell’università il progetto per la nuova piazza Roma, ma la collaborazione è estesa per tutte le aree dove sono in corso progetti di manutenzione, ricostruzione e di recupero urbanistico. L’insediamento dell’università nell’area ex mineraria amplia la mappa delle offerte scientifiche del sito, dove sorgerà anche il centro ricerche della Sptacarbo e il museo nazionale delle miniere di carbone. In più, fa di Carbonia e della nuova struttura di Serbariu un polo culturale di eccezioanle inetresse. Non è detto, d’altronde, che al di là dei master, già programmati, l’Università non decida poi di ampliare la sua offerta formativa con la creazione di sedi periferiche di alcune facoltà o di alcuni corsi che abbiano attinenza con il territorio, la storia o l’urbanistica della città Per rendere possibile l’operazione il comune ha impegnato, sui fondi dei Por, ben due milioni di euro per predisporre la struttura alle nuove edsigenze. Entro un anno l’edificio potrebbe esere disponibile. E il progetto potrebbe essere realizzato.(g.f.n.)
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Oristano
 Un francobollo per la ricerca
 Raffigura la regina Elena di Savoia. Poste italiane lo ha emesso per la festa della donna. Ventun centesimi alla Cattolica di Roma
  ORISTANO. In occasione della festa della donna negli uffici postali della provincia è disponibile il francobollo che Poste italiane ha dedicato alla Regina Elena di Savoia.
 Il francobollo ha un sovrapprezzo che viene destinato alla ricerca scientifica contro i tumori al seno.
 La Regina Elena, ricorda una nota di Poste italiane, dedicò la sua vita agli studi sulle scienze medico-chirurgiche e in particolare delle malattie oncologiche.
 Proprio per questo motivo Poste italiane ha emesso un francobollo con un sovrapprezzo di 0,21 euro, da destinare all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, dipartimento di Scienze chirurgiche, per il finanziamento di progetti di ricerca contro i tumori, per il potenziamento delle strutture e per la formazione.
 Il francobollo ha un taglio da 0,41 euro (affrancatura ordinaria) ed è venduto al prezzo di euro 0,62.
 L’iniziativa è stata realizzata congiuntamente al Ministero delle comunicazioni e all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
 La vignetta raffigura la regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele III.
 Nello sportello filatelico dell’Ufficio postale di via Mariano IV sono inoltre disponibili i folder dedicati alla Regina Elena, dei contenitori filatelici che racchiudono tutte le emissioni realizzate per l’occasione.
 Un altro appuntamento da non perdere per gli appassionati di filatelia dell’Oristanese, sempre più numerosi. Nelle precedenti circostanze, infatti, l’interesse dimostrato per le emissioni speciali è andato via via aumentando, grazie anche al fatto che Poste italiane con sempre maggiore frequenza accompagna, anche a livello locale, gli eventi più significativi di città e provincia, come è accaduto anche di recente in occasione della Sartiglia.
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Sassari
 Due master per infermieri
 Percorsi per una formazione di elevata qualità
  SASSARI. Stanno per prendere il via due Master di primo livello, uno in “Management infermieristico per le funzioni di coordinamento” e l’altro in “Infermieristica di area critica-Strumentisti di sala operatoria” organizzati dalla facoltà di Medicina e chirurgia. I termini per la presentazione delle domande di partecipazione all’esame di ammissione scadranno il 18 marzo. Potranno accedervi complessivamente 60 unità, di cui 50 appartenenti alla professione sanitaria di infermiere e 10 a quella di ostetrico. (Informazioni: Ufficio Scuole di specializzazione - Dottorati di Ricerca tel. 079/228969)
 Sempre più giovani in Italia - stando ai dati di uno studio pubblicato in questi giorni - scelgono di intraprendere gli studi per conseguire la laurea triennale di infermiere. Una delle motivazioni che spinge alla scelta di diventare “professionisti della salute” è anche la possibilità di uno sbocco lavorativo che, in genere, si presenta entro i tre mesi dal conseguimento del titolo di studio. Questa tendenza è forte anche a Sassari dove da alcuni anni è attivo il corso di laurea per infermieri che ha già consentito a diverse centinaia di giovani - forti di una formazione universitaria - di trovare una sistemazione in ambito ospedaliero o in strutture pubbliche e private di assistenza, sia in Sardegna che fuori dall’isola. In particolare dal Nord arriva infatti una sostenuta domanda di personale infermieristico da impegnare anche in strutture extraospedaliere come comunità, servizi territoriali, case di riposo. L’istituzione dei due Master a Sassari, rappresenta dunque una tappa importante nell’evoluzione storica che ha portato ad acquisire nuove competenze, normative e ruoli svolti nell’assistenza alla persona.
 «L’offerta formativa dell’ateneo turritano - spiega il professor Andrea Montella, direttore del Dipartimento di Scienze biomediche e coordinatore delle professioni sanitarie - si arricchisce ora di due importanti Master che tendono a coniugare le esigenze di sviluppo professionale con la necessità di disporre di figure nuove nei servizi ospedalieri, territoriali e residenziali. La professionalità acquisita attraverso percorsi formativi universitari post laurea tende a garantire al sistema, nel prossimo futuro, la presenza di infermieri in possesso di una specifica preparazione».
 Quali sono gli obiettivi dei due Master? Il primo, quello di “Management infermieristico”, si propone di far acquisire capacità di analisi del contesto organizzativo dei servizi sanitari, della loro complessità e dei bisogni dell’utenza, nonché di sviluppare competenze per l’individuazione e la soluzione dei problemi organizzativi. Il secondo, di “Infermieristica di area critica-Strumentisti di sala operatoria” ha come obiettivo la formazione di infermieri con specifiche competenze specialistiche da destinare alla professione di strumentista di sala operatoria per chirurgia generale e chirurgia specialistica.
 «Con la prossima attivazione dei due corsi di master universitari di 1º livello a Sassari - dice la professoressa Ida Mura, presidente del corso di Laurea in infermieristica - si aggiunge un importante tassello al completamento del percorso formativo dei nostri infermieri. La professione infermieristica a Sassari sta infatti completando il lungo e impegnativo cammino verso una formazione di qualità sempre più elevata destinata a garantire un’assistenza di alta qualità. Nel percorrere quel cammino la professione ha dovuto superare non pochi ostacoli: l’abrogazione del mansionario, il riconoscimento della laurea infermieristica».
 In Italia il problema della mancanza di personale infermieristico è particolarmente avvertito: secondo le stime del collegio degli infermieri Ipasvi, si parla di un fabbisogno insoddisfatto di circa 40.000 unità, destinato ad aumentare alla luce della crescente domanda di salute della popolazione. Oltre che dei fenomeni demografici emergenti: invecchiamento della popolazione.
 «Anche nel nostro territorio, aggiunge la professoressa Mura, mancano infermieri. Oggi, però, sono sempre più numerosi i giovani che si avvicinano alla professione. Con la laurea, il master e la laurea specialistica, il percorso formativo degli infermieri italiani raggiunge nuovi traguardi. Siamo soddisfatti anche della produttiva e costante collaborazione instaurata con il collegio professionale di Sassari degli infermieri, assistenti sanitarie e vigilatrici d’infanzia Ipasvi». (n. r.)
 
 
6 – Corriere della Sera
Nuove sfide per l’occupazione
COMUNICARE IL LAVORO
Per quattro giorni Milano è stata la capitale del lavoro. Nei suoi quattro giorni in Fiera, l'Expo dell'educazione e del lavoro appena conclusa ha coinvolto oltre 10 mila visitatori, in buona misura operatori. Dalle nuove agenzie private del lavoro sino alle società di selezione, alle scuole di formazione, tutti i soggetti del nuovo mercato del lavoro si sono incontrati e confrontati. Due i temi di fondo della manifestazione: l'intreccio sempre più profondo tra istruzione-formazione-università e mondo del lavoro; e i nuovi bisogni di comunicazione. Su quest'ultimo punto strategico Milano e la Lombardia possono giocare un ruolo di locomotiva. All'Expo, da un lato, si sono presentate nuove realtà associative, come l'Agil (associazione dei giornalisti del lavoro) e la Coalizione del lavoro (network di quella che negli Usa chiamano «staff industry», vale a dire il raggruppamento delle società che si occupano di risorse umane, una realtà che comprende decine di migliaia di persone, che si occupano di reclutamento, collocamento, ricollocazione di carriera ecc.). Dall'altro lato, è emerso con forza il ruolo che la città del lavoro diventi anche capitale della comunicazione per il lavoro. I cambiamenti nel mondo del lavoro oggi sono legati alle norme, ma anche alle trasformazioni delle culture e dei comportamenti. Per realizzare gli obiettivi che l'Europa ci richiede, la comunicazione diventa indispensabile. Non solo come informazione (delle opportunità, dei posti vacanti, degli strumenti), ma come condivisione di progetti di cambiamento.
Per comunicare il lavoro che cambia ci vogliono però i comunicatori del lavoro. E non a caso nelle università stanno nascendo a Milano nuovi master per questi nuovi professionisti. Ma ci vuole anche una capacità di usare strumenti e mezzi adeguati ai nuovi bisogni. Giornali, radio, televisioni, siti Internet, newsletter rappresentano i media più rodati e sperimentati. Ma questi mezzi devono operare, se possibile, secondo una logica coordinata. Una cabina di regia della comunicazione del lavoro che cambia può a Milano trovare un punto straordinario di condensazione in due centri di produzione di informazioni e messaggi. Il primo è quello della Rai di corso Sempione, che potrebbe fare da traino a una nuova televisione di servizio, che metta il lavoro, la formazione, l'occupazione al centro delle proprie strategie di servizio pubblico. L'altro è la Borsa del lavoro istituita dalla Regione, che oltre a costituire un vero e proprio portale del lavoro già funzionante, sta guidando la nascita del sistema nazionale delle borse regionali ed entrando nell'offerta del digitale terrestre della Rai.
Milano, che rappresenta il fulcro delle esperienze pilota e la palestra dei cambiamenti del lavoro, può e deve giocare un ruolo locomotiva. La capitale del lavoro sarà così ancora la capitale della comunicazione e del lavoro che cambia.
di WALTER PASSERINI
 
 
 
7 – Corriere della sera
Milanese, pendolare tra Londra e l’Italia. «Il segreto? Essere determinati e conoscere le lingue»
«Milano ti aiuta nel lavoro l’università ti dà la passione»
Costamagna, il banchiere di Goldman Sachs eletto bocconiano dell’anno
Passione per quello che si fa e conoscenza delle lingue. «È questo il segreto». E c’è da crederci, se a dirlo è il numero uno per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa nella divisione Investment di Goldman Sachs. Arrivato per caso, diciottenne, alla Bocconi. Claudio Costamagna, come mai la scelta della Bocconi?
«Per la scherma. Vivevo e studiavo a Bruxelles, ma volevo tornare a Milano per allenarmi meglio. Era quella, allora, la mia passione. Non sapendo cosa fare, mi sono iscritto in Bocconi. E per circa tre anni ho fatto poco».
Cosa è successo dopo?
«Ho fatto il militare, ho abbandonato la scherma e deciso di studiare seriamente specializzandomi in finanza aziendale».
E la passione?
«Quella per i mercati internazionali mi è stata trasmessa da maestri come Claudio Demattè, Paolo Iovenitti. Era il periodo dell’eurodollaro, e la City si stava internazionalizzando. Cercai subito di trovare uno sbocco in quel settore, ma i tempi non erano ancora maturi e non ci riuscii. Per questo andai in Citybank».
Ma poi ha raggiunto il suo obiettivo.
«Sì. Per questo insisto sulla passione per il lavoro. A tutti i ragazzi che incontro, ai neolaureati e agli studenti, dico che se è il denaro la motivazione che li spinge a scegliere un mestiere come il mio, allora possono cercarsi un’altra strada».
A proposito di City, lei vive tra Milano e Londra.
«Sì. Mi sento molto internazionale e poco legato a Milano. Sono più milanista che milanese».
Scarsa opinione nei confronti della sua città di nascita?
«Ma no. Diciamo che a Milano si lavora bene ma non si vive bene. Per certi versi questa città è sempre più simile a Manhattan: efficienza dal lunedì a venerdì. Il weekend, però, tutti scappano».
Sono molti a dire che Milano sta perdendo colpi. Dagli imprenditori ai rettori degli atenei.
«Intendiamoci: se ragioniamo in termini relativi, rispetto a 15 anni fa le cose vanno molto meglio. Penso alla moda e alla finanza, per esempio, settori che si sono enormemente sviluppati e ben organizzati. In assoluto, invece, c’è ancora moltissimo da fare. Milano risente dei problemi del Paese».
Sarebbero?
«La mancanza di grandi aziende. L’assenza di una classe imprenditoriale illuminata che pensi allo sviluppo invece che a mantenere il controllo, ad arroccarsi sulle sue posizioni. Che investa in ricerca, che abbia dei progetti. Sono questi i primi grandi problemi».
Per questo i cervelli migliori fuggono all’estero?
«Uno dei motivi per cui gli italiani trovano lavoro nei Paesi stranieri è la loro forza: si sanno imporre. Ed è anche vero che fanno meno paura di tanti altri».
In che senso?
«Noi italiani siamo più flessibili, adattabili, diplomatici rispetto ad altri europei. E poi ci sono anche i costi, l’altro lato della medaglia».
Cosa vuol dire?
«Costa meno togliere un italiano bravo dal suo posto di lavoro in Italia piuttosto che strappare un francese alla Francia. Eppure l’esperienza all’estero rimane fondamentale, io la consiglio a tutti i ragazzi che vogliono avere qualche chance in più».
È così importante?
«Assolutamente. In un curriculum la prima cosa che guardiamo è se un neolaureato ha trascorso un semestre in altri atenei. Qui bisogna capirsi: conoscere l’inglese è fondamentale. Non si può più farne a meno. E poi diciamolo, non è neanche tanto difficile...».
Cosa consiglia?
«Andare via dall’Italia. Magari non a Londra, dove ormai gli italiani sono troppi. Ovunque si parli inglese, insomma».
Un corso di inglese non basta?
«Ma non è solo quello il punto. Bisogna imparare a cavarsela da soli, presto».
Italiani troppo mammoni?
«In un certo senso sì. Un dato: stiamo assumendo molti ragazzi del Sud, siciliani soprattutto, che a 19 anni sono arrivati a Milano per studiare in Bocconi. Si sono "svegliati" presto. E lo dimostrano sul lavoro. Molto di più di chi vive e studia a Milano, stando a casa dalla mamma».
Quale rapporto ha coltivato , negli anni, con il suo ate neo?
«Ho sempre mantenuto i contatti. Con gli amici e i professori. Come Goldman Sachs group, poi, organizziamo in Bocconi convegni, tavole rotonde, conferenze. Soprattutto, però, facciamo recruiting , scegliendo gli elementi migliori. Perché le persone sono la nostra materia prima. Lo stesso facciamo in altre università europee, da Oxford a Madrid».
Ieri sera ha tenuto un discorso.
«Per la prima volta - ho spiegato - è stata premiata la categoria degli investor bankers , che negli ultimi 15 anni hanno dato un grande contributo alla crescita del mercato italiano. Ho anche detto che se faccio questo mestiere è grazie alla Bocconi, dove ho sviluppato la passione per il mio lavoro. Un lavoro che senza passione, ve lo assicuro, proprio non si fa».
Annachiara Sacchi
 
 
 

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