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21 March 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Rassegna Stampa di lunedì 21 marzo 2005
 
1 – L’UNIONE SARDA
pagina - speciale
Confindustria
Oggi la presentazione dei corsi universitari Luiss
Questa mattina alle 11, l'Associazione industriali e l'Università Luiss, Guido Carli, di Roma, presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, presenteranno le opportunità di studio e gli sbocchi professionali offerti dall'ateneo romano. L'incontro è aperto alla partecipazione dei Dirigenti scolastici, dei Docenti e degli studenti dell'ultimo anno delle scuole medie superiori della provincia e si svolgerà presso la sede dell'Associazione, in viale Colombo, 2/a, a Cagliari. La presentazione delle tre facoltà della Luiss, Economia, Giurisprudenza e Scienze politiche, verrà fatta dal professor Paolo Boccardelli, associato di Economia aziendale. Annalisa Pacini, funzionaria della Luiss, illustrerà i servizi e le opportunità offerte agli iscritti, oltre che le possibilità di inserimento post laurea nel mondo del lavoro. Anche quest'anno, sarà possibile sostenere la prova di ammissione alla Luiss prima della maturità e nella propria città. La prova, infatti, si terrà venerdì 8 aprile in varie città d'Italia. A Cagliari, la prova si svolgerà al Liceo Scientifico Pacinotti.
 
 

 
2 - CORRIERE DELLA SERA
LA STUDENTESSA
«Con seicento euro al mese riesco solo a pagarmi gli studi»
«Abito ancora in casa con i genitori per riuscire a pagarmi l’università». Per Rossella Pace, 32 anni, impiegata, l’alternativa era vivere da sola o studiare. È assunta a tempo indeterminato?
«Sì, ma qualche anno fa ho deciso di riprendere gli studi. Adesso lavoro part-time : con lo stipendio da 600 euro al mese devo scegliere tra il pagamento delle rette universitarie e l’appartamento da sola. Gli affitti sono troppo alti».
È un sacrificio vivere con i suoi?
«Sono molto legata alla mia famiglia. Anche se abitare con i genitori vuol dire rinunciare ad avere una completa autonomia. Bisogna rispettare gli orari della cena e, magari, evitare di farsi la doccia a mezzanotte...».
Ma la scelta avrà anche i suoi vantaggi.
«Oltre a poter godere quando voglio della compagnia dei miei, trovare pronto da mangiare e i panni sempre puliti è davvero una bella comodità».
Quando uscirà di casa?
«Ho già abitato da sola quasi un anno, ma all’estero. A Milano non posso ancora permettermelo». (s. rav.)
 
3 - CORRIERE DELLA SERA
I PROTAGONISTI
Il Pontefice e l’ateneo
Quelli che sono ormai rassegnati all’idea che gli anni Settanta possano solo essere «visti da vicino» con gli occhi di testimoni non sempre disinteressati resterà stupito da Lazzati. Una sentinella nella notte (1909-1986) , la voluminosa biografia che Marcello Malpensa e Alessandro Parola mandano in libreria a fine mese per i tipi del Mulino dopo sette anni di lavoro su archivi quasi inesplorati. Il libro ricostruisce la vita di un credente emblema del Novecento italiano: dirigente d’Azione cattolica, patrologo, guida d’anime, costituente, parlamentare, giornalista, rettore - Giuseppe Lazzati esprime un cattolicesimo operoso, inflessibile nell’obbedienza al magistero, ma fermo nel ritenere che «un’insuperabile esigenza di rispetto» verso la coscienza propria e altrui sia l’elemento «fondante il senso profondo dell’agire morale e dell’evangelizzazione».
Egli impersona una figura di cristiano ambrosiano d’una purezza intellettuale e personale tale da disarmare chi avesse sognato di ricattarlo in nome della ragion di Stato o della ragion cattolica.
Proprio per questo, antico nella sua fisionomia spirituale, Lazzati non vince mai nella manovra ecclesiastica, ma rimane indispensabile alla Chiesa e alla politica, alle quali dà una classe dirigente: battuto da Luigi Gedda quando questi inventa i comitati civici come strumento di pressione sui cattolici, Lazzati diventa però il capogruppo dei deputati democristiani dopo le elezioni dell’aprile 1948; ritornato nei ranghi di studioso consacrato dopo la fine del dossettismo, viene insediato da monsignor Montini alla guida de L’Italia , il quotidiano cattolico dove scrivono i giovani Valerio Onida, Giangiacomo Migone, Ruggero Orfei, Franco Bassanini. Ma è nell’Università Cattolica che egli impegna più a lungo se stesso, vigile nelle derive di carrierismo che angustiano padre Agostino Gemelli negli anni Trenta, così come è convinto nel 1965 che una «università retta come una impresa privata di gruppo, anzi di persone entro un gruppo» è in crisi. Per risolvere la crisi e quasi rifondare l’ateneo, Lazzati viene scelto come rettore nel 1968, ma rimarrà preso in una morsa.
Da un lato lo stringe l’effervescenza di un ambiente statutariamente confessionale e piccolo, ma che proprio per questo freme delle scosse intellettuali e politiche del tempo: nell’apice della contestazione il rettore (con o contro la parte ecclesiastica) deve gestire casi difficili di professori estromessi: da Franco Cordero a Emanuele Severino, da Francesco Alberoni a Franco Molinari, per non dire degli assistenti inquieti, fra i quali si contano Tiziano Treu, Gian Enrico Rusconi, Mario Cuminetti, Cesare Alzati, Salvatore Natoli, Lidia Menapace...
Dall’altro lato, però, Lazzati è pressato dal militantismo dei ragazzi di don Luigi Giussani, nei quali aveva individuato fin dal 1966 una «forma di vero integrismo proclamato necessario nel momento educativo, ma destinato necessariamente a rimanere tale anche per l’insufficiente spazio dato, con il crescere dell’età dei suoi membri, al momento critico giustamente inteso, indispensabile al formarsi di una autentica personalità umana e cristiana».
Se la fase della contestazione si risolve nel momento degli allontanamenti, il conflitto con Comunione e Liberazione si trascina negli anni di piombo. Lazzati cerca di mediare, di tamponare emergenze continue, che vanno dalle intimidazioni al caso pestaggi, alle occupazioni, all’adesione alle Brigate rosse di quel dirigente amministrativo che Walter Tobagi definirà «un dottor Jekyll»; ma non si allea con Cl, perché gli pare che questa sconfessi la stessa ipotesi iniziale della Cattolica, nata non per recintare un più ampio orto cattolico, ma per far pesare nella costruzione della società una eccellenza intellettuale competente e prudente.
La distanza fra il rettore e Cl diventa rottura totale in occasione del referendum sul divorzio: Lazzati rilascia una intervista ad Avvenire che non contesta la Cei, ma neppure avalla le illusioni di una reconquista cattolica per via referendaria; Giussani, invece, trova nella partecipazione alla sconfitta l’accredito vaticano che fino a quel momento gli era mancato.
I conti si faranno l’anno dopo. Per Lazzati saranno amari: in una riunione a Roma del 3 marzo 1975 - riferisce uno dei presenti - il numero due della Segreteria di Stato monsignor Giovanni Benelli, che come sostituto è il collaboratore più stretto di Paolo VI per gli affari italiani, gli comunica che la Santa Sede medita la chiusura della Cattolica o la sua riduzione ad una piccolissima «Normale» di matrice religiosa (vedi il documento pubblicato in questa pagina).
Il rettore è disponibile all’obbedienza, non al mutismo: spiega, risponde, reagisce. E Benelli recede davanti a questo laico puro. Ma Lazzati capisce benissimo l’origine della mossa: ed è il credito che hanno presso il Papa i suoi detrattori, quelli che, allora e in seguito, ameranno schernirlo come un «neoprotestante» (con grande sdegno nel 1988 di Ciriaco De Mita, come rivela ora il diario di Giuseppe Sangiorgi Piazza del Gesù , edito da Mondadori).
Comunione e Liberazione, al contrario, incassa il 23 marzo 1975, festa delle Palme, l’udienza da Paolo VI, che legittima atteggiamenti contro i quali padre Davide Maria Turoldo scriverà sul Corriere della Sera un pezzo di fuoco. Lazzati, invece, sa che il punto non è Cl, ma il Papa: e dopo due anni di sforzi, quando nel 1977 s’avvicina la scadenza del suo mandato rettorale, spiega al consiglio d’amministrazione della Cattolica che egli può rinunciare alla «fiducia di tutta intera l’Università», ma non a quella «dell’autorità che presiede alla Chiesa».
Con puntualità il volume segue i passi successivi: l’ultimo mandato rettorale, il caso Moro, l’ira contro chi liquidò l’assassinio di Vittorio Bachelet col «chi è causa del suo mal pianga se stesso», l’intervista del 1984 al Corriere sul suo predecessore, il rettore Franceschini. E poi l’ultima utopia politica dell’associazione «Città dell’uomo», sogno risognato d’una laicità del credente che non indossa la fede come cambiale per rivendicare ruoli politici, perché della fede è geloso e in politica sa portare argomenti.
Ancora una volta questa posizione non resterà senza prezzi: quando il Quirinale vuol farlo senatore a vita, dicono i testimoni del processo di beatificazione, arriva un veto, e Sandro Pertini nomina Carlo Bo...
Su tutto questo oggetto storico che è Lazzati - le mille vicende che fanno una vita e i pochissimi architravi che la sostengono, quando è pura e cristiana - c’è un libro rigoroso che non si legge come un romanzo, ma come un libro di storia.
 
 
 

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