Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
11 May 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
L’UNIONE SARDA
Pagina 35 – Economia & Finanza
Statali
Asse Siniscalco, Maroni e Confindustria:
cautela sugli aumenti contrattuali
Asse Siniscalco-Maroni-Confindustria sull'aumento per il rinnovo del contratto degli statali, mentre la diplomazia è sempre al lavoro. Dopo la riunione informale di lunedì tra governo e sindacati (replicata nuovamente ieri), il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha giudicato «assolutamente legittime» le preoccupazioni espresse dal ministro dell'Economia, secondo il quale un aiuto nella vertenza può venire dall'esempio del settore privato, dove i contratti sono biennali e hanno chiuso tutti sotto i 100. Per il ministro leghista, il rischio è che, se si superano i 100 euro di aumento medi, si creino «problemi di equità» con i contratti di lavoro privati. «Se decidessimo aumenti superiori ai 100 euro medi - ha detto - creeremmo problemi di equità tra i contratti degli statali e chi sta cercando di chiudere i contratti privati. La preoccupazione di Siniscalco è condivisa da molti. C'è un mandato a chiudere entro pochi giorni. Mi auguro che venga chiuso tenendo conto delle preoccupazioni di Siniscalco». Le parole del ministro dell'Economia sono state apprezzate anche dal vicepresidente della Confindustria, Alberto Bombassei, secondo il quale si tratta di un «richiamo al buon senso». Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ha invitato il governo a non fare confusione: «Non si possono mettere assieme le mele e le pere. Quando si fanno riferimenti bisogna essere chiari», ha detto, «quando parliamo di rinnovi dei contratti pubblici, parliamo di un costo contrattuale che fa riferimento a un primo e a un secondo livello. Nei contratti privati, quando si fa riferimento a quelle cifre, si parla soltanto di un livello. Nel comparto pubblico, tutte le categorie interessate fanno media per l'aumento, comprese quelle non contrattualizzate, come dirigenti, esercito, militari». Comunque, ha precisato Epifani, «il confronto è in una fase preliminare per verificare se ci sono le condizioni di aprire il tavolo e arrivare alla firma». E anche per il segretario della Uil, Luigi Angeletti, le parole di Siniscalco non aiutano la trattativa.
 

LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 52 - Sassari
Spariscono i reperti, la Procura indaga 
Gli esperti del gip in difficoltà perché non si trova il materiale esaminato dopo una morte sospetta nell’unità Maxillo-facciale
SASSARI. Non si trovano i reperti che potrebbero aiutare i periti del gip Mariano Brianda a scoprire le cause della morte di Antonio Gaddone, 50 anni, di Bonorva, deceduto il 20 marzo 2002 in circostanze ancora da chiarire nel reparto universitario che ospita l’Unità operativa maxillo-facciale dell’ateneo sassarese. La Procura della Repubblica aprirà una inchiesta sulla sparizione di materiale ritenuto di estrema importanza per chiudere, ancora è impossibile prevedere in quale modo, una vicenda giudiziaria che al momento vede coinvolti tre medici.
 Indagati per omicidio colposo Antonio Tullio, Giacomo De Riu e Maria Teresa Zolo: rispettivamente docente di chirurgia maxillo-facciale all’Università di Sassari, specialista della stessa branca e anestesista. L’apertura di una inchiesta nell’inchiesta è stata annunciata ieri dal pm Paolo Piras, titolare delle indagini tese a fare chiarezza sulla morte del cinquantenne pochi giorni dopo un intervento per la rimozione di un carcinoma alla bocca.
 L’inattesa svolta nel caso giudiziario è avvenuta nel corso di un incidente probatorio. Ieri i periti Francesco Paribello ed Enrico Proto non hanno potuto soddisfare la curiosità del pm, degli avvocati difensori Gabriela Pinna Nossai e Antonella Spanu e del patrono di parte civile Salvatore Porcu. I medici hanno confermato che Antonio Gaddone morì soffocato dal proprio sangue, ma non hanno potuto dire di più circa le cause della morte. Per capire qualcosa, infatti, sono necessari i reperti analizzati dopo l’autopsia in Anatomia patologica. A questo punto è stato il pm a informare le parti che i Nas, da lui mandati nei laboratori a prelevare il materiale, sono tornati a mani vuote. I reperti sono spariti e adesso bisogna capire se qualcuno ha sbagliato. «Aprirò una inchiesta per capire cosa è accaduto», ha annunciato il magistrato.
 Intanto però l’inchiesta sulla fine di Gaddone deve andare avanti. Così, alla prossima udienza, sarà convocato in aula l’anatomopatologo che esaminò quei reperti. Il pubblico ministero intende chiedere al testimone ciò che, se li avessero avuti a disposizione, avrebbero forse rivelato i «vetrini» spariti. Vale a dire in base a quali evidenze anatomo-patologiche venne attribuita la causa la morte del paziente.
 Antonio Gaddone morì tre giorni dopo un intervento per l’asportazione di un tumore alla bocca. Operazione che sembrava perfettamente riuscita. I familiari della vittima vogliono sapere se ci furono omissioni o negligenze dei medici che l’avevano operato e successivamente curato nel reparto ospedaliero.
 Gaddone era stato ricoverato il 17 marzo 2002 per la rimozione di un carcinoma della mandibola. I familiari temono che il decorso post-operatorio non venne seguito con il dovuto scrupolo e l’assistenza specifica che, negli interventi di chirurgia maxillo-facciale, consiste tra le altre cose in manovre per l’asportazione dei liquidi dalla trachea. Operazioni che richiedono notevole esperienza e una tecnica inappuntabile. E che, questo è il terribile dubbio dei familiari, forse non vennero eseguite a regola d’arte. Tre giorni dopo l’intervento, Antonio Gaddone cominciò a sanguinare copiosamente dopo avere fatto capire alla moglie che avvertiva una sacca nella gola. L’uomo morì poco dopo, nonostante i soccorsi.
 

 
CORRIERE DELLA SERA
Israele protesta: demonizzati negli atenei
Gli autonomi: impedire l’invito di diplomatici
L’iniziativa dopo il caso di Torino. Il rettore: da noi non c’è intolleranza
Lettera dell’ambasciatore Gol alla Moratti: fatti gravi, si delegittima il nostro diritto a esistere
L’ambasciatore di Israele scrive al ministro Letizia Moratti e denuncia: «Fatti ignominiosi succedono nelle università italiane, ultima quella di Torino. Si demonizza lo Stato di Israele e si delegittima il diritto all’unica democrazia del Medio Oriente a esistere». Il rettore, Ezio Pelizzetti, e le autorità accademiche dell’ateneo torinese, replicano: qui non c’è antisemitismo e l’intolleranza non avrà mai diritto di cittadinanza. Il Collettivo universitario autonomo (Cua) insiste: raccogliamo firme perché l’Università impedisca l’invito di rappresentanti istituzionali di Israele a iniziative o lezioni organizzate dalle facoltà. E intanto ieri ha costruito un muro nell’atrio di Palazzo Nuovo, sede storica delle facoltà umanistiche, per protesta contro il muro voluto dal governo di Ariel Sharon al confine con la Cisgiordania. Il «caso Torino» si infiamma. Scatenato, il 20 aprile e il 2 maggio, dalla contestazione di un gruppo di giovani del Cua alla professoressa Daniela Santus, «rea» di aver invitato il viceambasciatore israeliano a tenere una lezione, ieri ha visto la discesa in campo del capo della rappresentanza diplomatica, Ehud Gol, e delle autorità accademiche, irritate, queste, perché «è rimbalzata a livello internazionale un’immagine dell’università di Torino che non merita». L’ambasciatore ha scritto al ministro Moratti: «Negli ultimi mesi assistiamo a ripetuti tentativi, da parte di frange estremiste, di negare ai rappresentanti dello Stato d’Israele la libertà di parola e il diritto a esprimersi liberamente in ambienti accademici italiani. Le contestazioni sono state violente e con l’espresso intento di impedirci di far sentire la nostra voce, tanto che solo con l’intervento delle forze di polizia, laddove c’è stato, i rappresentanti dell’Ambasciata hanno potuto prendere la parola. Tale fenomeno è molto più preoccupante alla luce delle notizie che giungono di pressioni e minacce esercitate su docenti che desiderano esporre il punto di vista di Israele, o su studenti che hanno paura ad agire e parlare apertamente a favore di Israele, a causa dell’atmosfera ostile».
La replica del rettore è altrettanto netta, seppure amareggiata: «Il nostro atteggiamento non è stato né troppo morbido né distratto né incapace di valutare la gravità di quanto accaduto - dice al «Corriere» il professor Pelizzetti - . E’ stato purtroppo ignorato o travisato. Nessuno dei 2.200 professori e delle 70 mila persone che studiano o lavorano nell’ateneo, nutre sentimenti antisemiti. Lo ribadirò fra breve al rappresentante della Comunità ebraica. Questa è l’università con il maggior numero di docenti che ebbe il coraggio di non giurare fedeltà al fascismo e pagò un altissimo contributo di vite alla tragedia dell’Olocausto. Il nostro è l’ateneo di Norberto Bobbio e di Primo Levi e nulla di tale patrimonio è perduto».
Ma intanto il Collettivo non demorde: a parte la costruzione del muro simbolico, ieri ha ribadito la volontà di fare ostracismo verso i rappresentanti israeliani. Secca la risposta del rettore: «Questa posizione non fa parte del nostro agire né del nostro sentire. Abbiamo sempre aperto le porte a tutti, ultimamente anche al sindaco di Bagdad. Certo c’è modo e modo di organizzare le cose. La professoressa Santus, ad esempio, è stata un po’ superficiale nel rivolgersi prima alle forze dell’ordine che al rettorato quando invitò il suo ospite. Ma posso garantire personalmente che mai sarà impedito l’accesso in ateneo a rappresentanti d’Israele».
Costantino Muscau
 

IL GIORNALE DI SICILIA
Cronaca - Provincia di Catania
L'Ateneo informa
Scelte consapevoli
Quali sbocchi lavorativi danno le facoltà? Quante e quali sono le materie da studiare? E i ritmi di studio? Guardano al futuro con una certa insicurezza i giovani accorsi numerosi alla prima delle tre giornate di orientamento: Career days, organizzate dal Centro orientamento e formazione dell'Università. Alla Cittadella sono stati allestiti gli stand informativi nei quali gli addetti ai lavori rispondono alle domande dei giovani. "Ci sono sembrati molto insicuri", spiega Alberta Sinatra che ha risposto alle incalzanti domande degli studenti avvicinatisi allo stand della Facoltà di Scienze fisiche e matematiche. Poco distante Luca Naso e Davide Leotta, della Scuola Superiore di Catania, confermano: "Molti non sanno neanche cosa fosse la scuola superiore". Alessandra Bonaccorsi
 

Questionnaire and social

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