Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
12 May 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 45 – Spettacoli e società
MUSICA. C'è il dottor Blasco in cattedra
«Non sono più un cattivo maestro»: Vasco Rossi, 53 anni compiuti in febbraio, lo dice con la sincerità che gli è solita in un'occasione costruita per lui, per l'università che lo ospita e per gli sponsor dell'ateneo. Un evento, come viene chiamato dal marketing, che ruota attorno alla consegna al cantante di Zocca della laurea honoris causa dello Iulm di Milano in Scienze della comunicazione. Tutto è stato preparato con cura: la scenografia con tanto di enorme scritta "Blasco e il dottor Rossi", le riprese televisive curate da Mediaset e gli intermezzi musicali, che costringono il rocker più amato da almeno due generazioni di italiani anche ad accennare un play back sui suoi pezzi più famosi. Ma l'entusiasmo di almeno un migliaio di ragazzi accorsi per vederlo in carne ed ossa è spontaneo, così come sono sincere tante delle cose dette da Rossi tra la consegna della laurea, la sua prima "lezione" e le risposte alle domande degli studenti della Libera università di lingue e comunicazione. Assediato dalle tante interviste televisive, Vasco scherza anche con gusto. E ora cosa vuoi fare dopo essere diventato dottore? «L'astronauta», risponde. Subito dopo, più serio, dice che «non mi sono mai sentito un maestro, né cattivo né buono. Non sono né maestro né esempio. Nemmeno un buon professore», aggiunge Rossi, diplomato in ragioneria, con brevi studi in Pedagogia all'università di Bologna abbandonati per dedicarsi completamente alla musica. Interrogato dagli studenti afferma che «gli eccessi sono importanti, sono una valvola di sfogo, sono anche utili, se si è consapevoli che poi si torna a una normale vita di relazione. Quando ho saputo della laurea ho telefonato subito a mia madre e le ho detto che suo figlio le portava quella benedetta laurea che tanto desiderava, meglio tardi che mai. Finalmente una buona notizia per lei».
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 40 – Ogliastra
Da Napoli a Villagrande per studiare l'alluvione
Del dissesto idrogeologico che ha causato la drammatica alluvione di Villagrande si occuperà presto anche un gruppo di studiosi dell'università "Federico II" di Napoli. L'équipe di geologi, guidata da Antonio Santo, uno dei maggiori esperti di colate rapide di fango della Campania, sarà presto in Ogliastra per indagare sui motivi del cataclisma che lo scorso dicembre si è abbattuto con inaudita violenza sul centro montano. Il convegnoMa a dar manforte alla nuova amministrazione comunale villagrandese guidata dal neo sindaco Gabriele Basoccu, che nella sua azione di governo ha come priorità assoluta quella di affrontare i problemi legati all'assetto ed alla gestione del territorio, ci saranno anche i risultati di uno studio multidisciplinare sul evento catastrofico che verranno illustrati nel corso di un convegno in programma per sabato mattina nel salone parrocchiale a partire dalle 10. geologi al lavoro«Questa iniziativa è stata organizzata da un gruppo di professionisti di Villagrande ? spiega la geologa Bruna Pendugiu ? per comunicare all'opinione pubblica ed ai referenti istituzionali i risultati di uno studio multidisciplinare condotto in collaborazione con il Cnr di Torino. Questo ? spiega ancora la professionista - al fine di capire le molte cause che hanno portato al dissesto che si è manifestato in maniera così drammatica il 6 dicembre scorso». A Villagrande si vuole capire quali errori siano stati commessi in passato nella gestione e pianificazione territoriale e soprattutto se si può porre rimedio. In tanti all'indomani dell'alluvione che non solo causò danni per milioni di euro ma si portò appresso la vita della piccola Francesca e di sua nonna Assunta, si interrogarono sul perché fosse potuta accadere una cosa simile. In molti puntarono il dito contro il "tombinamento" di tre corsi d'acqua che attraversavano il centro abitato ed il disboscamento delle foreste a monte del paese. Ipotesi, che potranno avere una conferma tra qualche giorno. Il piano d'interventoE sulla base dei risultati dello studio l'amministrazione comunale, chiamata ad uno sforzo sovrumano per gestire l'emergenza, potrà anche concertare un piano di interventi che scongiuri una volta per tutte il ripetersi di fatti analoghi in una zona che si è dimostrata particolarmente vulnerabile a certi fenomeni.
Giusy Ferreli
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 23 – Lettere
Un errore ridurre l'educazione fisica
Preso atto delle notizie di stampa sul progetto di riforma del secondo ciclo dell'istruzione secondaria, in cui è prevista la grave decisione di ridurre le ore di Educazione Fisica e Sportiva nella misura del 50 per cento, riteniamo di dover esprimere il più totale dissenso per una serie di motivi. L'insegnamento di Educazione fisica e sportiva, che in Italia per anni è stato oggetto di sconsiderata discriminazione, ma mai di iniziative abolizioniste o riduttive, si colloca in tutti i sistemi scolastici del mondo tra gli insegnamenti obbligatori previsti dai percorsi formativi di ogni ordine, grado e indirizzo. È inconcepibile un programma educativo e di istruzione in cui manchi una parte così importante della formazione globale dell'uomo e dei giovani in particolare. L'educazione fisica e sportiva è unanimemente riconosciuta come componente essenziale per un'equilibrata crescita umana, culturale e sociale di tutti i cittadini. Il Consiglio d'Europa ha reiteratamente sollecitato i Governi a dare maggiore impulso all'attività fisica dei giovani e ad aumentare le ore di Educazione fisica, rendendola obbligatoria nell'intero sistema scolastico. Analoghi appelli sono stati lanciati dall'Organizzazione mondiale della sanità, che attribuisce all'attività fisica un ruolo fondamentale per l'adozione di sani stili di vita. La previsione di una quota di ore destinata ad attività facoltative (in cui è compresa anche l'educazione fisica) da affidare alle scelte degli alunni, dei genitori e degli organi collegiali della scuola, se da un lato potrebbe trovare giustificazione nella volontà di garantire a tutti i cittadini il diritto di affiancare al programma nazionale aspetti della cultura e della tradizione locali, dall'altro disconosce il diritto degli alunni di svolgere l'attività motoria che, come è unanimemente risaputo, ha caratteristiche di universalità ed è presente in tutte le culture del nostro pianeta. Conseguentemente, il modello di educazione globale non può esprimersi attraverso un anacronistico dualismo che, di fatto, colloca l'attività motoria tra le discipline facoltative, quasi fosse un "optional". Dall'anno accademico 1999-2000, la trasformazione dell'Isef in corsi di laurea in Scienze motorie ha prodotto una corsa incontrollata all'attivazione di corsi di completamento riservati ai diplomati Isef e di altri, normali, effettuati dai vari Atenei. Gli uffici del Miur sono certamente in grado di raccogliere i dati relativi ai Diplomati sfornati dagli Isef in oltre 40 anni di attività e dei laureati usciti dai nuovi corsi universitari. Sono numeri che dovrebbero far riflettere chi, senza una preventiva rilevazione degli effettivi sbocchi di lavoro e senza una corretta programmazione dell'offerta formativa, contribuisce ad illudere migliaia di giovani sul loro incerto futuro. E si pensi a cosa accadrà quando, arrivando ad abolire quasi del tutto l'insegnamento di educazione fisica, la scuola non offrirà più sbocchi ai nuovi esperti di Scienze motorie. Per questi motivi, signor ministro, a nome dei docenti del corso interfacoltà di Scienze motorie dell'Università degli studi di Cagliari, La invitiamo a rivedere le Sue decisioni.
Alessandro Mathieu, Coordinatore Corso interfacoltà di Scienze Motorie
Giuseppe Vona presidente del Corso di laurea
Nando Monello Responsabile Tecnico
 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 30 – Sassari, brevi
 IL CONGRESSO
Psichiatria forense:
tre giorni di lavori
 ALGHERO. I prossimi 27, 28 e 29 maggio si terrà nell’hotel Catalunya l’VIIIº congresso nazionale di psichiatria forense sul tema «Paziente difficile», organizzato dla professor Gian Carlo Nivoli, direttore della clinica psichiatrica dell’università di Sassari e presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense. Le iscrizioni sono aperte fino al prossimo 23 di maggio.
 
Diagnostica per immagini: oggi un incontro al Fermi
  ALGHERO. Oggi alle 18, nell’Auditorium del Liceo scientifico si terrà un incontro su «Le nuove frontiere della diagnostica per immagini». Organizzato dal Centro Studi Atlantis, dallo Scientifico «Fermi» in collaborazione con l’Istituto di Scienze Radiologiche dell’Università di Sassari, questo incontro a carattere fortemente divulgativo, nasce per sensibilizzare chi, cittadino o paziente, voglia tenersi informato sulle nuove tecnologie messe oggi a disposizione della scienza al servizio della salute. Il progresso tecnologico applicato in particolare a mezzi quali la TC o l’Ecografia o la risonanza magnetica, ha permesso di ottenere risultati impensabili fino a qualche anno fa, basti pensare alla possibilità di poter diagnosticare in fase molto precoce formazioni tumorali o altre patologie con un grave impatto sociale, quali malattie cardiovascolari o sclerosi multipla migliorando la qualità della vita e la sopravvivenza. Interverranno all’incontro Giulio Cesare Canalis, direttore dell’Istituto di Scienze radiologiche dell’università di Sassari che evidenzierà il ruolo della prevenzione secondaria e Salvatore Costantino, coordinatore del progetto Atlantis che presenterà in anteprima alcuni dei mezzi disponibili in questo settore.
 
 
Pagina 24 - Sassari
SETTIMANA DELLA CULTURA 
Visite guidate all’università
  SASSARI. Per le manifestazioni interite nella VIIª Settimana della cultura, dal 16 al 22 maggio, visite guidate alla biblioteca universitaria con informazioni storiche sull’edificio e sulle volte dipinte delle sale storiche, recentemente restaurate, che raffigurano lo stemma sabaudo e quelli delle più importanti città del circondario, medaglioni raffiguranti uomini illustri e studiosi di cose sarde accompagnati dai simboli delle Lettere, Scienze e Arti.. L’edificio risale al XVIIº secolo, mentre le pitture sono del 1865 ad opera del pittore Antonio Canu. A seguito del restauro è stato rilevato un successivo intervento risalente al 1927, periodo a cui risale il completo rifacimento del palazzo dell’università.
 
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 44 - Cultura e Spettacoli
Il sardo unificato nasce da una premessa sbagliata: non esiste una sola Sardegna, ma tante realtà differenti 
La limba oltre i falsi miti culturali
Ma parlare del suo «disseppellimento» è un controsenso 
Forse più che un approccio utopico e dogmatico ne servirebbe uno didattico che segua l’esempio di tante realtà già attive nell’isola
 GIANNI OLLA
«Disseppellimento della lingua sarda». In un recente articolo, a firma di un noto esponente del bilinguismo che contestava i tagli alla legge regionale n. 26, il termine “vampiresco” veniva vantato come un merito di gran parte delle iniziative finanziate appunto da quella legge. Non voglio entrare nel merito della legittima protesta, ma semplicemente sottolineare l’equivoco contenuto in quel termine. Una lingua “seppellita” è una lingua morta. E’ impossibile farne a meno quando si studia il passato remoto, ma dubito che basti qualche trasfusione di sangue per farla rivivere. La premessa serve a chiarire un punto di vista quasi “naif”: ho l’impressione che molti sostenitori di un bilinguismo perfetto e unificato, abbiano in mente non solo il “disseppellimento” ma anche un assemblaggio alla Frankenstein che, in capo ad un certo lasso temporale, porterà i sardi ad avere una lingua propria capace di affiancarsi o di superare l’italiano. Per intenderci, sarebbe una grande notizia scoprire che nei paesi anglosassoni si traducono i nostri numerosi libri scritti in sardo. O che nelle università isolane si iscrivono numerosi giovani europei che conoscono la lingua sarda. E’ un bel sogno ad occhi aperti, però legittimato da una forte connotazione politica e culturale: la nazione sarda esiste e la lingua è la sua bandiera. Non molto tempo fa, l’ex presidente del consiglio regionale Efisio Serrenti lo aveva dichiarato pubblicamente. Pur con qualche distinguo, anche il presidente Soru sembra muoversi sullo stesso terreno. Obietto: ha un senso inalberare una tale bandiera politica? Sembra piuttosto che nasconda un’operazione piuttosto consueta nei nazionalismi otto/novecenteschi: l’invenzione della tradizione analizzata da Hobsbawm. Se infatti scendiamo dal terreno politico a quello culturale, ci accorgiamo che tante cose non quadrano. La lingua sarda, le lingue sarde, le lingue della Sardegna, non devono essere disseppellite, visto che non sono affatto morte. Piuttosto il diagramma della loro presenza/sopravvivenza rivela empiricamente molte verità che si oppongono alle puntuali mitizzazioni degli unificatori. Esiste un “parlare sardo” spontaneo e naturale ancora usatissimo in paesi o quartieri cittadini, soprattutto nelle fasce di età superiori ai 50/60 anni, e quasi mai opposto all’italiano. E’ una lingua quasi affettiva. Chi scrive, nativo di un paesino dell’Iglesiente, ama, parla e capisce quel gergo popolare cagliaritano/campidanese, assolutamente impuro, ma certamente identitario, frutto di “meticciati” continui, interni ed esterni alla Sardegna, e sempre più diffusi: nel Sulcis-Iglesiente si parla anche il desulese, da almeno trent’anni. Esiste poi una seconda fascia, anch’essa numericamente consistente, dove la lingua sarda comincia ad inabissarsi, a nascondersi nell’intercalare abitudinario, delle frasi gergali mescolate all’italiano, nella perdita di vocaboli antichi, sostituiti da parole in “sardo porcellino”. Trasformazione dolorosa ma inevitabile: nel film di Gianfranco Cabiddu, «Passaggi di tempo», il padre del musicista Paolo Fresu detta al figlio le parole perdute e il figlio le registra in un computer. Scena bellissima e poetica nel contesto filmico. Ho anch’io un quadernetto dove ho annotato frasi e parole perdute che mia madre usava in continuazione e che non sento più se non nel teatro vernacolare di Giampaolo Loddo; se fossi un romanziere ne farei buon uso, ma nella vita quotidiana... La terza fascia è la più insidiosa e degna di un’attenta esplorazione statistica: è costituita dai non parlanti sardo di varia estrazione. Vuoi perché abitanti della Sardegna non sardi, vuoi perché cresciuti, soprattutto nelle città, in una cultura cosmopolita, anche popolare, di varia origine: televisione, scuola, viaggi, obbligatorietà delle lingue straniere, saperi scientifici e tecnologici. Questa cultura si oppone progressivamente e velocemente alla pacificazione trasmissione familiare/comunitaria dei saperi tradizionali, anche minimali, di cui la lingua paterna era parte integrante. Proprio l’ultima fascia sembra contrapporsi in maniera paradossale ad un evidenza culturale segnalata in continuazione: in campo artistico e spettacolare le lingue sarde sono in buonissima salute. Lingue della realtà, anche questa volta “meticcie”, nei film e nei romanzi che hanno varcato il Tirreno; lingue della sperimentazione nella musica; lingue che aspirano alla tradizione in certi lavori teatrali locali, circoscritti a Cagliari, Sassari e, parzialmente, ad Oristano, ma non sempre esportabili.
 La contrapposizione, però, è semplicemente un aspetto di un problema più vasto: la mitica cultura sarda non esiste. Forse non è mai esistita - pensate alle differenze storiche e antropologiche tra il sud-ovest minerario e industriale e l’interno pastorale - ma certo oggi è il caso di parlare non già di cultura sarda ma di cultura della Sardegna, o di culture della Sardegna, inserendovi a pieno titolo incomprensibili rimozioni: la prevalenza dell’urbanità di tipo metropolitano, la mutazione indotta dallo sviluppo turistico, l’emergere di una cultura giovanile assolutamente omologata a quella del resto del mondo occidentale. Non che manchino le analisi su questi aspetti, ma, in larga misura, restano confinate in area specialistica. Il dibattito giornalistico si concentra immancabilmente sulla necessità di ritrovare un “tempo perduto” che è ormai solo un dato nostalgico. L’inevitabile mutazione, peraltro, non è stata solo la celebre “catastrofe antropologica” annunciata già al tempo dell’industrializzazione degli anni Sessanta e Settanta, ma qualcosa di più complesso e non necessariamente negativo. Per fare un solo esempio, nella sardissima San Sperate del sardissimo e internazionalissimo Pinuccio Sciola e dell’altrettanto noto fotografo sardo-parigino-argentino-romano Pablo Volta, qualche giorno fa si è commemorato Alberto Rodriguez, ai cui scritti sul jazz è stato dedicato un libro. Rodriguez, scomparso prematuramente sei anni fa, è stato un personaggio centrale della cultura regionale degli ultimi trent’anni. Non era un accademico, né uno studioso dell’identità, né un antropologo (con tutto il rispetto che si deve a queste figure), ma semplicemente un giornalista ed un operatore culturale che, in entrambi i campi, ha modernizzato il lavoro culturale. Senza di lui non solo i grandi palcoscenici estivi del jazz non esisterebbero, ma non sarebbe stata possibile neanche quell’innovazione della musica popolare sarda che, oggettivamente, è un vanto della cultura sarda contemporanea. Esempi come questi, a censirli per bene, si contano a centinaia, e fortunatamente non tutti i protagonisti sono scomparsi. Senza dimenticare affatto Benvenuto Lobina o Antonio Cossu (che hanno scritto, non molto tempo fa, bei romanzi in sardo), è certo che ogni discussione sulla cultura e sulla lingua deve partire dalla constatazione che la modernità ha cambiato le mappe. Se si accettano le nuove mappe - non credo che possano essere rifiutate - l’approccio al problema perde il suo lato utopico-dogmatico, e diventa una questione di didattica culturale, meno romantica, ma già praticata con successo in molte realtà isolane, soprattutto nelle scuole. Anche qui un esempio, per chiudere. Nelle scuole del Sulcis-Campidano (da Cagliari a Villacidro) è in corso uno studio interdisciplinare che riguarda lo scrittore italiano, europeo e sardo Giuseppe Dessì. Oltre all’ovvia lettura dei suoi romanzi e racconti, il progetto vuole ricostruire il suo mondo letterario otto/novecentesco: rimettere cioè in circolazione (talvolta disseppellire letteralmente), luoghi, ambienti, lingue, cultura materiale, immagini e filmati. E’ facile obiettare che un lavoro di questo genere è cosa diversa dall’obbligo d’insegnamento del sardo nelle scuole, ma io credo che se, davvero, con questo e con altri progetti simili, si riuscisse a riportare storia, tradizione, cultura, lingua della Sardegna nel circuito della modernità avanzante, sarebbe certamente un affare più utile della semplice traduzione in sardo degli atti della pubblica amministrazione. Che oltretutto nessuno leggerà mai, se non per la curiosità di trovarvi discrepanze con il proprio sardo affettivo.
 
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 45 - Cultura e Spettacoli
Milano, il rocker ha ricevuto il titolo in Scienze della Comunicazione 
Vasco Rossi, laurea honoris causa
  MILANO. Vasco Rossi ha ricevuto ieri la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione dalla Libera università di lingue e comunicazione (Iulm) di Milano dove erano presenti più di un migliaio di fan, stipati in ogni angolo dell’ateneo. Il cantante, in toga nera da laureando, scarpe da ginnastica e usuale cappellino verde militare, ha ricevuto la laurea dal rettore Giovanni Puglisi. «Non ho mai certezze, solo dubbi e nelle mie canzoni faccio solo domande». E’ questo uno dei passaggi della «lezione» di Vasco Rossi. «Ma credo in quello che canto: ci ho sempre creduto sino in fondo e se ci credi tu per primo allora puoi convincere gli altri. Ecco la mia prima lezione in Comunicazione: se non ci credi tu, non ci può credere nessuno!».
 
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Fatto del giorno
Vorremmo sentire il parere della Dirindin
Egregio direttore, proprio la storia del grande giornalismo ci ha insegnato che, sia che si provenga da Buddusò, da San Gavino, da Firenze, da Torino o da Caltanissetta, le regole del contraddittorio debbano coinvolgere il lettore senza peraltro intaccare il rispetto per le istituzioni. Il risanamento e la riorganizzazione dell’offerta Sanitaria in Sardegna e a Sassari in particolare mette in campo differenti interlocutori con interessi differenti, che coinvolgono oltre alla salute del cittadino, il presente ed il futuro di professionalità, posti di lavoro, formazione, attività produttive etc., con notevoli ricadute sulla qualità della vita e lo sviluppo. È perciò quanto mai prezioso che un quotidiano sardo con un passato glorioso, che viene anche letto dai sardi attualmente non presenti in Sardegna, non venga meno al suo compito informativo promuovendo la lettura del cambiamento con metodo imparziale. Questo servizio svolto da un quotidiano con la tiratura de «La Nuova Sardegna» è sostanziale ed è prezioso per tutte le grosse tematiche del territorio, e con questo poco a che fare hanno le prese di posizione di parte che anticipano la documentazione dei fatti non aiutando i cittadini a comprendere ed a valutare le ricadute del cambiamento; anzi, la poca chiarezza favorisce l’equivoco di «dettagli non conosciuti». È questo è ancor più vero quando a scrivere, come nel caso dell’articolo durissimo e di difficile interpretazione del 5 maggio 2005, è il direttore del giornale che dovrebbe essere garante delle imparzialità dell’informazione. Vorremmo con ciò che la Nuova Sardegna avesse a cuore il voler essere il quotidiano d’informazione dei sardi e non solo «giornale di opinioni» che, per quanto legittime, rappresentano esclusivamente alcuni e perciò questo potrebbe non necessariamente coincidere con la tutela degli interessi della Sardegna. A tal uopo riteniamo possa essere di grande utilità, al fine di individuare quali scelte debbano essere fatte per una migliore sanità, che Lei si faccia promotore di un confronto chiaro e di un dialogo corretto tra i sostenitori dei diversi modelli, aiutando così i cittadini a comprendere le motivazioni e le finalità delle diverse scelte.
Seguono 15 firme
Siamo un gruppo di cittadini che vorrebbero farsi un’idea della situazione della sanità sassarese tenuto conto che in data 5 maggio è stata dedicata un’intera pagina del suo giornale ad illustrare le sue opinioni riguardo il Protocollo d’intesa relativo all’istituenda Azienda mista Ospedale-Università. Desideriamo che venga data la stessa opportunità e gli stessi spazi all’assessore alla sanità al fine di poter esprimere le motivazioni che l’hanno indotta ad elaborare il suo progetto di sanità in Sardegna e quindi a Sassari. Ci preme sottolineare che da utenti non riusciamo infatti a comprendere a quali cittadini lei faccia riferimento quando afferma che il cambiamento dell’assetto proposto dall’assessore porterebbe i cittadini a rivolgersi a strutture del continente considerato che questo purtroppo già accade. Crediamo che ai cittadini interessi soprattutto la competenza professionale dei medici, del personale sanitario nel suo insieme e la validità della struttura e non come dice lei il fatto che si sia in presenza di un’Azienda Unica o di Presidio Ospeadliero. Ai cittadini interessa altresì che accanto alle competenze e alte professionalità ci sia anche un’attenzione all’oculata gestione e impiego delle risorse destinate alla Sanità per non essere ulteriormente vessati da impostazioni o cattive gestioni che hanno determinato uno spaventoso indebitamento. Rispetto a questi temi di particolare rilevanza vorremmo avere la possibilità di sentire dalla voce dell’assessore se è vero, come afferma lei, che le scelte operate porterebbero noi utenti ad essere mal curati e ancor peggio ad un ulteriore dispendio di denaro pubblico.
Seguono 27 firme
LA PRIMA regola del vivere civile è quella di comprendere prima di esprimere giudizi. Che potrebbero risultare avventati. Ho sostenuto e continuerò a sostenere che la signora Dirindin proponendo la divisione della sanità sassarese in due realtà strutturalmente diverse, l’Università con la sua azienda ospedale da 400 posti letto e il SS. Annunziata con un non meglio specificato presidio ospedaliero con 550 posti letto, fa una scelta sbagliata e penalizzante per Sassari. E sicuramente antieconomica. Non lo dico solo io, ma l’esperienza di gran parte degli ospedali italiani. Almeno quelli che funzionano. E anche quella del Brotzu che dovrebbe insegnare qualcosa. Non so se la sua sia una scelta motivata. Non lo ha mai spiegato. Per me è pura follia. Ho atteso per giorni una replica della signora Dirindin pronto a dedicarle qualsiasi tipo di spazio. Ho supportato le mie critiche, legittime quanto le vostre, con fatti e disposizioni di legge inoppugnabili. Lo faccia anche la signora Dirindin. Con altrettanta disinvolutura. Spieghi a chiare lettere, ai cittadini e alla classe politica che la sorregge, per quale motivo due piccole realtà, con il dispendio di energie che ne consegue, sono meglio di una. Il sospetto è che essa non voglia confronti con l’opinione pubblica.
Livio Liuzzi
 
 
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
«Vogliamo il servizio infermieristico» Se ne discute oggi in un convegno 
SASSARI. Sono forse l’ingranaggio centrale che fa girare a mille la macchina-ospedale. Gli oltre 2500 infermieri della provincia di Sassari compiono ogni giorno una piccola missione tra corsie e reparti. Una professione speciale che richiede sempre maggiore efficienza e competenza. Nella giornata internazionale dell’infermiere, i camici bianchi chiedono l’istituzione del “Servizio infermieristico”. Un centro che coordini tutte le loro funzioni, necessario per compiere il salto di qualità. La Sardegna è ancora una volta indietro rispetto al resto d’Italia, dove la struttura è già stata creata da tempo.
 Il rapporto tra infermiere e paziente sarà al centro di un convegno organizzato alla Camera di commercio alle 16 dall’Ipasvi, l’ordine professionale degli infermieri. Interverranno il direttore sanitario della Azienda sanitaria locale numero 1 Giorgio Lenzotti, Eugenia Tognotti, docente di storia della medicina all’università di Sassari, Ida Mura, presidente del corso di laurea in scienze infermieristiche e il presidente provinciale dell’Ipasvi Piero Bulla.
 È prevista anche la partecipazione del presidente del Consiglio regionale Giacomo Spissu e del presidente della commissione sanità Pier Angelo Masia.
 Nasce l’infermiere del futuro a cui la laurea non basta più. A giugno partiranno a Sassari anche i master universitari in “management” e “area critica”, che serviranno per completare il corso di studi di chi ha scelto di lavorare tra lettini e provette. “Occorre istituire al più presto il servizio infermieristico - spiega il presidente dell’Ipasvi Piero Bulla -. Ora non abbiamo un gruppo dirigente che dia le linee guida all’interno dell’organizzazione ospedaliera. Ma c’è già un accordo con il direttore sanitario per la creazione della struttura in tempi brevi. La giornata internazionale dell’infermiere serve anche a trasmettere un altro messaggio e a fare capire ai cittadini il nostro ruolo e i nostri compiti”.
 Una professione che non conosce crisi, sempre più richiesta dal mercato.
 “Bisogna valorizzare la figura e il ruolo dell’infermiere - dichiara il vice presidente Leonardo Pinna -, la nostra preparazione è cresciuta con il tempo. Spesso le persone ci confondono con il personale ausiliario, ma per poter lavorare in corsia a noi è richiesta una laurea”. (l.r.)
 
 
9 – Il Tempo
Laurea honoris causa al regista Scaparro
DOMANI all'Università di Tor Vergata verrà conferita la Laurea honoris causa in Storia, Scienze e tecniche della Musica e dello Spettacolo a Maurizio Scaparro, la cui «lectio magistralis» - alle 11,30 all'Auditorium di Lettere e Filosofia - avrà per titolo «L'utopia teatrale», ed è dedicata alle ragioni più antiche e intime del suo lavoro. È l'occasione anche per un annuncio, il ritorno in scena del Don Chisciotte, a oltre 20 anni dalla prima edizione teatrale e multimediale, in occasione dei 400 anni del capolavoro di Cervantes: «Sempre con Pino Micol protagonista assieme a Peppe Barra della versione firmata da Tullio Kezich e Raphel Azcona, per realizzare anche una nuova versione cinematografica con l'Istituto Luce». Fin dagli inizi, nei primi anni Sessanta, apparve chiara la totale avversione di Scaparro per ogni forma di spettacolarità eccessiva, la sua premeditata rinuncia alla scenografia illustrativa a favore di un uso suggestivo dello spazio scenico.  (11-05-05)      
 
 
 
12 – Il Messaggero
RAPPRESENTANZE STUDENTESCHE
La Sapienza, alle urne in 140 mila
Si vota oggi e domani, nove le liste in gara. Il problema del quorum
di ALESSANDRA MIGLIOZZI
La Sapienza va al voto: gli oltre 140 mila iscritti sono chiamati alle urne oggi (8,30-19) e domani (8,30-14) per rinnovare le loro rappresentanze per il triennio accademico 2004/2007. Le liste in gara per Senato accademico e Consiglio di amministrazione sono nove. Si voterà anche nelle sedi di Civitavecchia, Pomezia, Rieti, Viterbo, Latina e Frosinone. Secondo le prime voci le favorite sarebbero tre: Sapienza in movimento (sinistra), Vento di cambiamento (con una forte base a Medicina) e Lista aperta per il diritto allo studio (vicina a Comunione e liberazione).
La campagna elettorale è durata solo quindici giorni, ma le polemiche non sono mancate: la scorsa settimana tre presidi hanno segnalato al Senato accademico alcuni episodi avvenuti nelle loro facoltà. «I ragazzi di sinistra hanno preso come una provocazione l'affissione di cartelli elettorali da parte dei ragazzi di destra - dice Mario Morcellini, preside di Scienze della Comunicazione -. All'inizio della campagna ci sono stati scontri verbali che mi sono sentito in dovere di segnalare». Fulco Lanchester, preside di Scienze Politiche: «Alcuni candidati hanno autorganizzato una festa in facoltà di sera. L'ateneo deve garantire uguali spazi a tutti in campagna elettorale». «Ci vuole un maggiore controllo sull'uso degli ambienti universitari per finalità politiche», aggiunge Guido Pescosolido, preside di Lettere e filosofia.
Anche tra le liste non mancano i battibecchi. «Siamo stati poco visibili: non avevamo partiti alle spalle come altri», dicono i ragazzi di Vivi Sapienza e Il Laboratorio. «Ci sono candidati di 28 anni che non sanno neanche cosa siano i problemi dell'università - accusa Lorenzo Montemezzo di Lista aperta per il diritto allo studio -: vogliono solo fare carriera politica». Secondo Unione degli Universitari-Gechi a Valle Giulia una lista avversaria avrebbe messo tra i suoi candidati ragazzi non consenzienti. Mentre Alleanza Universitaria ha fatto ricorso alla commissione elettorale: «Le liste Sapienza in Movimento e Rappresentanza studentesca avevano lo stesso presentatore: andavano eliminate», dice il coordinatore di AU, Simone Pelosi. «Se ci hanno ammessi significa che siamo in regola - risponde Giulio Bolaffi di Sapienza in movimento -. La preoccupazione ora dovrebbe essere quella del quorum. Siamo sotto esami: c'è poca gente. Potremmo non arrivare al 10% dei votanti».  (11-05-05)
 
 
 
 
 

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie