Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 June 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 25 – Cagliari
Uno studio sardo-inglese
Farmaco per via orale per ridurre il ferro: i talassemici sperano
La speranza, per i mille malati talassemici sardi si è sempre mossa su due vie: il trapianto di midollo osseo, unico metodo di cura definitivo, e l'iniezione di un medicinale nel sangue per rimuovere il ferro dai tessuti. Grazie a una collaborazione con il Royal Brompton Hospital di Londra, il Microcitemico di Cagliari sta sperimentando un farmaco per via orale, che permetterà di ottenere la chelazione (riduzione di ferro) con terapie meno dolorose, e che spesso i malati non applicano in maniera continuativa. Asse Cagliari-LondraLo studio clinico sull'asse Cagliari?Londra è stato al centro del meeting di ieri all'hotel Mediterraneo, intitolato Il trattamento della talassemia - attualità e prospettive, organizzato dalla Struttura complessa microcitemie e malattie ematologiche dell'ospedale Microcitemico e dalla fondazione Giambrone Thalassemia. «Siamo di fronte a un'importante collaborazione che può dare nuove speranze al malato di talassemia», ha spiegato il professor Renzo Galanello, direttore della Struttura. Grazie alla sperimentazione, pensiamo che entro quattro anni potrà essere messo in circolazione un nuovo medicinale orale. Ricordo che negli ultimi dieci anni l'unica terapia in grado di chelale, cioè ridurre il ferro nei tessuti e nel cuore, era quella della trasfusione, con il medicinale pompato nel sangue per diverse ore, tutti i giorni. Capitava così che molti pazienti smettessero la cura. Ora è in commercio dal 2004 un primo farmaco orale, il Deferiprone 1, ma grazie a questo protocollo con l'ospedale di Londra, si sta sperimentando un altro medicinale, combinando il Deferal e un farmaco Placebo, che non contiene il principio chelante attivo». Sperimentazione in corsoPer la sperimentazione del nuovo farmaco si sono offerti volontari tantissimi ragazzi sardi provenienti da tutti i centri microcitemici della Regione. L'efficacia viene valutata e tenuta sotto controllo studiando gli effetti che il farmaco ha sul cuore, l'organo maggiormente danneggiato dall'accumulo di ferro. «Per fare questo ? ha sottolineato Galanello ? si utilizza la risonanza magnetica nucleare. L'ospedale londinese ha inviato per tre volte un tir con un apparecchio mobile per effettuare le risonanze. Il tutto a costo zero per la sanità sarda». Sono state effettuate in pochi giorni circa 160 risonanze. E non solo alle persone inserite nello studio. «Serve un tecnico»E pensare che di risonanze, al Microcitemico, ne vengono fatte una alla settimana (con la speranza di arrivare a quattro): tutto perché non si ha a disposizione uno strumento (dal costo di oltre un milione di euro) dedicato esclusivamente ai talassemici. «Questa collaborazione con gli inglesi è fondamentale per gli studi sul trattamento della talassemia», ha concluso l'organizzatore del convegno, insieme ad Andrea Barra, presidente della fondazione Thalassemia. Per migliorare la situazione al Microcitemico, Galanello ha sottolineato la necessità di avere un tecnico e di «poter utilizzare un macchinario per le risonanze solo ai talassemici». Il ruolo fondamentale dell'ospedale nello sviluppo delle conoscenze sulla talassemia è riconosciuto da tutti. In apertura di convegno, a ricordarne la storia, i problemi, le speranze, i successi, è stato il suo primo artefice, lo scienziato Antonio Cao, per vent'anni alla guida del Microcitemico, protagonista ora come in passato di questa importante partita per il futuro dei malati sardi di talassemia.
Matteo Vercelli
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 31 – Quartu S.E.
Municipio Primo master specialistico in lingua sarda
Il Comune parlerà in sardo. Domani alle 10.30, all'ex Convento dei Cappuccini, verrà presentato il primo master specialistico in lingua sarda organizzato dall'amministrazione di via Porcu con la collaborazione di Regione, Università e Dipartimento degli affari regionali della presidenza del Consiglio dei ministri. Saranno presenti il sindaco Gigi Ruggeri, l'assessore alla Lingua sarda Tonio Pani e il dirigente culturale, nonché ideatore del progetto, Giuseppe Corongiu, oltre ai professori universitari Maurizio Virdis e Giulio Paulis della Facoltà di Lettere a Cagliari. «Stato, Regione e università», si legge in una nota, «hanno sostenuto l'amministrazione quartese nell'organizzazione di due corsi specialistici che formeranno all'uso ufficiale della lingua sarda, da un lato i funzionari, dall'altro giovani aspiranti traduttori e interpreti». (g. mdn.)
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 31 – Quartu S.E.
Istruzione Rivolta dei docenti precari scavalcati in graduatoria
Docenti precari scavalcati in graduatoria da chi frequenta un corso a pagamento. L'allarme viene lanciato da alcuni insegnanti quartesi che fanno parte di un gruppo di 62 colleghi: rischiano di non vedersi assegnare una cattedra a causa delle ultime disposizioni arrivate dal ministero per l'Istruzione. Stanno frequentando un corso di 800 ore, partito in ritardo, per la specializzazione nel sostegno degli alunni svantaggiati, ma questo ora potrebbe non bastare. I nuovi colleghi iscritti a un altro corso universitario a pagamento di sole 400 ore avranno il titolo prima di loro e a fine mese saranno pronti a farlo valere. «Chiediamo che venga posticipato il termine della scadenza dello scioglimento della riserva fissato ora per il 30 giugno», spiega Daniela Contini, insegnante precaria di Quartu: «Una scadenza che creerebbe a tutti noi dei gravissimi danni sia in vista delle assunzioni per il prossimo anno scolastico 2005-06, sia per il successivo. Tra le richieste, già spedite al ministero e alla direzione scolastica di Cagliari, c'è quello di posticipare i termini al 31 dicembre, facendo rientrare così anche quelli che stanno frequentando il corso di 800 ore iniziato in ritardo a novembre. Nei giorni scorsi i "precari storici" (c'è chi attende da oltre dieci anni) si sono riuniti in assemblea assieme ai rappresentanti dei sindacati Gilda, Olga Attori, Snals, Luciano Caroccia, e Cgil, Nino Martino. L'obiettivo era quello di denunciare la grave situazione di disparità di trattamento nella quale si potrebbero trovare in seguito all'emanazione del decreto ministeriale di appena dieci giorni fa: di fatto preclude loro la possibilità di rientrare nelle nomine a tempo determinato e indeterminato per i prossimi due anni scolastici. Possibilità che invece verrebbe garantita a chi sta frequentando il corso a pagamento di solo 400 ore realizzato dall'Università di Cagliari. (g. mdn.)
 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 44 - Cultura e Spettacoli
I riconoscimenti a Valentino Rossi e al «Blasco» dalla vita spericolata 
Lauree ad honorem ormai inflazionate: c’è il pericolo di una doppia ambiguità
 Ho sempre trovato imbarazzante il rito delle lauree ad honorem. Imbarazzante per chi le dà e per chi le riceve. E’ carico di ambiguità l’atto di chi conferisce una laurea a qualcuno, che si è distinto al di fuori dell’università, o che ha raggiunto un’autorevolezza tale da indurre un’istituzione ad insignirlo del titolo. Sì, carico di ambiguità: per il fatto che, se all’apparenza si proclama pubblicamente, con quella cerimonia della laurea, la grandezza di qualcuno, nella più vera sostanza è la nostra grandezza che stiamo piuttosto proclamando e ribadendo. Il significato profondo del rito è più o meno questo: se tu sei grande e per questo ti laureo ad honorem, io che ti laureo sono, per evidenza lapalissiana, dato che ho questo potere, più grande e più autorevole di te. Credo che ci voglia un bel coraggio - o perlomeno una bella faccia tosta - nell’andare, che so, da un importante scrittore, da un brillante artista, già consacrato dal pubblico e dalla critica, per proporgli una laurea honoris causa: non equivale, in effetti, a rimpicciolirlo a misura dell’istituzione proponente?
 Egualmente imbarazzante, dicevo, è chi, grande scrittore o geniale scienziato, anela alla laurea ad honorem, l’accetta con orgogliosa soddisfazione, si industria, magari, per propiziarla. Ecco: che scrittore è, che scienziato è, colui che aspira più al riconoscimento del Potere, alla sua accondiscendenza, insomma all’acclamazione istituzionale, che alla passione - sempre solitaria, sempre avara di soddisfazioni, non di rado foriera di dolore - per la pura verità? Tutto questo mi dicevo, giorni fa, nell’apprendere la notizia che Vasco Rossi aveva ricevuto, dal prestigiosissimo Iulm di Milano, la laurea ad honorem, con una prolusione tenuta, per di più, dal principe dei petrarchisti, il professor Marco Santagata: subito seguita, quella notizia, dall’altra, identica, e altrettanto sorprendente, che ha visto protagonista un simpatico giovanotto, il motociclista Valentino Rossi, insignito del titolo di dottore in scienze della comunicazione.
 Valentino è un talentosissimo pilota. Vasco Rossi, il Blasco, ha scritto, non v’è dubbio, delle belle canzonette: a registrare un delirio, quello da conformistico sballo, da maledettismo formato supermarket, all’altezza dei nostri tempi così poco eroici. Un bravo cantautore, mille volte più sorprendente e fresco, che so, del presuntuoso Francesco De Gregori, che col suo specioso analogismo, le sue mal registrate metafore, si crede poeta, mentre fa solo cattiva letteratura da spiaggia. Un bravo cantautore, nulla più: e non certo col «magico potere di trasformare il quotidiano in sublime», come s’è affrettata a dichiarare la sempre più patetica Fernanda Pivano, decana degli americanisti.
 Un bravo cantautore e un pover’uomo: se, in occasione della laurea, ha voluto sottolineare che lui, adesso, è un bravo ragazzo, con la testa a posto.
 Mi domando, invece, se non ci sia, nell’università italiana costretta ad inseguire tali personaggi, la drammatica consapevolezza di una perdita totale dell’aurea e dell’autorevolezza, sino al punto dal doverla accattare nel mondo delle star mediatiche. Del resto: non è stato il presidente afghano a richiedere, per la liberazione di Clementina Cantoni, l’intervento del commissario Cattani, l’eroe della Piovra televisiva, al secolo Michele Placido?
 
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
SCIENZA E SALUTE 
La genetica contro la talassemia
I risultati di uno studio condotto all’istituto di ematologia 
 CAGLIARI.  Le speranze di guarigione dei malati di talassemia attraversano i territori ancora in parte inesplorati della genetica. Il futuro lontano si chiama terapia genica. Il presente, ferma restando la validità del trapianto (95 per cento di successi a patto che il donatore sia compatibile, condizione non facile a verificarsi) passa per un più efficace trattamento chelante del ferro, il cui sovraccarico soprattutto sul muscolo cardiaco è causa di patologie e scompensi quasi sempre mortali per il paziente. La sostanza che promette di raggiungere i risultati più incoraggianti nel trattamento per la rimozione dell’eccesso di ferro dal cuore dei talassemici è il deferiprone, meglio conosciuto come L1, usato da solo o in associazione con la già nota desferrioxamina.
 Delle nuove frontiere terapeutiche nella cura della talassemia si è parlato ieri in un convegno organizzato all’hotel Mediterraneo dalla sezione sarda della fondazione intitolata a Leonardo Giambrone. In particolare l’utilizzo del deferiprone, la sua efficacia e tollerabilità, costituiscono l’oggetto dello studio condotto dall’equipe di Renzo Galanello, docente di ematologia pediatrica all’Università di Cagliari, uno dei ricercatori dell’ospedale microcitemico.
 Si tratta dell’unico studio del genere arrivato a un passo dalla pubblicazione, al punto da suscitare l’interesse di alcuni istituti di ricerca statunitensi dove sono in corso analoghe sperimentazioni. Per i risultati definitivi si dovrà attendere l’elaborazione dei dati, disponibile tra qualche mese. Allo studio, con un impatto finanziario uguale a zero sulla sanità pubblica regionale, hanno partecipato talassemici provenienti da tutta l’isola.
 L’efficacia della terapia a base di L1 viene valutata per mezzo della risonanza magnetica nucleare cardiaca, un metodo innovativo per la misurazione dei livelli di ferro nel cuore, in cui si distinguono i cardiologi del Royal Brompton Hospital di Londra, che più volte ha inviato al presidio ospedaliero di via Jenner un apparecchio mobile e un team di medici guidato da Dudley Pennell, tra i relatori del convegno di ieri.
 Una macchina simile è già attiva da alcuni anni all’ospedale Brotzu, unica in Italia e di recente dotata dello stesso software che fa funzionare la sua gemella inglese, ma i tempi di attesa per i pazienti sono spesso lunghi: «Sarebbe meglio disporre stabilmente di un altro apparecchio» è l’auspicio di Galanello. Sono stati avviati contatti con l’Enel, a quanto si dice disposta a finanziarne l’acquisto. Il costo si aggira intorno al milione di euro: «Ma con una migliore organizzazione del lavoro quello a disposizione del Brotzu sarebbe sufficiente» dice Antonio Cao, per vent’anni direttore del Microcitemico.
 Nel frattempo proseguono gli studi nel campo della terapia genica, basata sul trasferimento di materiale genetico nelle cellule dei malati. Tuttavia «i problemi da affrontare sono ancora tanti» premettono Antonio Cao e Paolo Moi, il medico cagliaritano impegnato nella ricerca delle molecole capaci di attivare l’emoglobina fetale. La tecnica più diffusa è quella dell’applicazione nelle cellule dei malati dei vettori lentivirali, costituiti da virus HIV modificati. Ma i vantaggi maggiori sarebbero raggiungibili in associazione al clonaggio terapeutico dell’embrione. Considerato ancora un tabù etico insormontabile.
Bruno Ghiglieri
 
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Sardegna
Convegno medico a Cagliari sulle più recenti terapie 
Nuove frontiere della scienza per combattere la talassemia
  CAGLIARI. Le speranze di guarigione dei malati di talassemia attraversano i territori ancora in parte inesplorati della genetica. Il futuro lontano si chiama terapia genica. Il presente, ferma restando la validità del trapianto (95% di successi) passa per un più efficace trattamento del ferro.
 Il sovraccarico sul muscolo cardiaco è causa di patologie e scompensi quasi sempre mortali per il paziente. La sostanza che promette di raggiungere i risultati più incoraggianti nel trattamento per la rimozione dell’eccesso di ferro dal cuore dei talassemici è il deferiprone, meglio conosciuto come L1, usato da solo o in associazione con la già nota desferrioxamina. Delle nuove frontiere terapeutiche nella cura della talassemia si è parlato ieri in un convegno organizzato all’hotel Mediterraneo dalla sezione sarda della fondazione intitolata a Leonardo Giambrone. In particolare l’utilizzo del deferiprone, la sua efficacia e tollerabilità, costituiscono l’oggetto dello studio condotto dall’équipe di Renzo Galanello, docente di ematologia pediatrica all’Università di Cagliari, uno dei ricercatori dell’ospedale microcitemico. Si tratta dell’unico studio del genere arrivato a un passo dalla pubblicazione, al punto da suscitare l’interesse di alcuni istituti di ricerca statunitensi dove sono in corso analoghe sperimentazioni. Per i risultati definitivi si dovrà attendere l’elaborazione dei dati, disponibile tra qualche mese. Allo studio, con un impatto finanziario uguale a zero sulla sanità pubblica regionale, hanno partecipato talassemici provenienti da tutta l’isola. L’efficacia della terapia a base di L1 viene valutata per mezzo della risonanza magnetica nucleare cardiaca, un metodo innovativo per la misurazione dei livelli di ferro nel cuore.
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
I palazzoni della vergogna che creano emarginazione e lacerano il quartiere 
 CAGLIARI. «Demoliamo i palazzoni di Sant’Elia. Fare qualche restiling va bene. Ma attenzione: il rione ha bisogno di interventi che diano una svolta al quartiere. Tutti hanno presente i palazzoni, un pugno nell’occhio della città e del rione: in cui si vive male e in condizioni di degrado continuo. Per questo bisogna avere il coraggio di intervenire demolendo quei palazzoni per ricostruire altrove un complesso moderno e vivibile», la proposta era stata fatta da Pasquale Mistretta, consigliere comunale battitore libero del centro sinistra ma che, come rettore dell’ateneo e docente di urbanistica, ha una parola che pesa.
 Prima di Mistretta parlò di demolizione dei palazzoni anche Giorgio Adamo (consigliere comunale di Forza Italia). Ne accennò in rapporto allo stadio proponendo uno scambio con Massimo Cellino (presidente del Cagliari-calcio): demolisci quei palazzi e ci dai un numero di appartamenti corrispondente in città, e noi ti affidiamo lo stadio. Ed ancora: durante la prima consiliatura comunale di Mariano Delòogu, ne aveva parlato l’allora consigliere Ds, Gianni Agnesa, che per primo parlò di necessità di rimozione dei palazzoni «per un fatto di civiltà».
 I così detti «palazzoni» di Sant’Elia, nati sulla scia di una cultura di edilizia popolare degli anni sessanta, fatta di grandi dimensioni e di costi all’osso, è una spina nel fianco della città. Indipendentemente dai responsabili quell’edilizia è figlia di un periodo storico datato e, quindi, va superata. Inoltre, quegli edifici richiamano anche un vecchio contenzioso del Comune coi Monopoli di Stato: i terreni dove sono stati edificati, infatti, pare fossero del ministero delle Finanze. La vertenza che ne seguì non è ancora stata del tutto risolta. Ma questa, pur essendo un’altra storia, è un ulteriore segno di come quelle costruzioni siano nate sotto una brutta stella. «Il problema dirimuovere quei palazzoni, però - aveva sottolineato Mistretta - non è facile. In quanto in quelle case vi abitano centinaia di famiglie a cui va dato un alloggio anche mentre si ricostruisce. Ma occorre il coraggio di progettare interventi di ampio respiro. A Philadelphia hanno demolito uno stadio per poi ricostruire in modo migliore». (r.p.)
 
 
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Cagliari
Quartu, a giorni ecco i master di lingua sarda 
  QUARTU. Partiranno i master in lingua e tradizioni organizzati dal settore comunale Cultura e lingua sarda con la collaborazione dell’Università di Cagliari. Tra i docenti, Maurizio Virdis, filologo e responsabile scientifico del progetto, Giulio Paulis, glottologo, Ignazio Putzu e Duilio Caocci, docenti universitari, e lo studioso Paolo Pillonca. Non mancano poi gli esperti locali Carlo Pillai, Giulio Solinas e Gabriella Ledda. «La lingua sarda va aiutata in tutte le sue varianti - ha spiegato il dirigente del settore Cultura Giuseppe Corongiu, ideatore e curatore del progetto - e non ostacolata. Spero sempre che i nostri politici dimostrino sensibilità nei fatti. Mentre tutti chiacchieravano e proclamavano la difesa del sardo solo a parole, qualcuno ha continuato a lavorare a testa bassa». Presentazione domani alle 10.30 al convento di Sant’Agata, in via Brigata Sassari. (p.s.)
 
 
 
9 – Corriere della Sera
IL DIBATTITO
La Bicocca e le critiche «ingiuste»
di GUIDO MARTINOTTI
Rientrato a Milano ho potuto leggere l'invettiva del sindaco Albertini contro la Bicocca. Singolare davvero, ma non sorprendente. Dico subito, a scanso di equivoci, che ho partecipato al concorso internazionale per la Bicocca nel gruppo di De Carlo, non in quello di Gregotti. Quindi parlo da inquilino, che tuttavia, come Pro-rettore dell'ateneo che ha assunto il nomen loci, ha potuto raccogliere in questi anni una divertente aneddotica. Intanto mi convinco sempre più che l'élite milanese è fortemente navigliocentrica e disprezza, senza conoscerle, le periferie della città, come risulta chiaramente dalla ricerca di Francesca Zajczyk pubblicata dal Corriere. Ho un lungo elenco, che mi rifiuto di rendere noto per non rompere vecchie amicizie, di chi non è in grado di distinguere tra Bicocca e Bovisa, e in alcuni casi estremi anche Barona. Giuro.
Un altissimo funzionario della struttura regionale mi ha candidamente confessato, non molto tempo fa, di essere convinto che l'Università degli studi di Milano-Bicocca, Unimib per gli addetti, nata nel 1998, fosse un polo della Statale, Unimi. Ma Unimib oggi ha quasi 30.000 studenti ed è già il quarto ateneo della Lombardia, avviandosi a competere per il terzo posto, dopo la vecchia Statale, con Cattolica e Politecnico, che hanno però sedi anche in altre città. Le critiche sono quindi spesso il frutto di una conoscenza sfuocata ai limiti del risibile, ma sono invece ben mirate quelle che vengono dagli ambienti berlusconiani. Per Albertini è Germania dell'Est; per Gianni Ferrari, grand patron della Mondadori, la Bicocca assomiglia al lager di Theresienstadt. Mentre Emilio Tadini, che oso credere avesse competenze estetiche ben superiori a quelle di tutti e due, in analoga occasione si era soprattutto entusiasmato per la presenza attiva di numerosi studenti. E' chiaro che, per il Polo, la Bicocca è come l'Akademgorodok di Novosibirsk ai tempi di Breznev.
Il sindaco si lascia scappare che considera il periodo del suo mandato come «l'era Albertini» e che si attende di essere ricordato per una serie di grattacieli che non sono ancora stati costruiti. Chissà se ci sarà una targa che lo ricorderà se e quando tra qualche anno i grattacieli svetteranno nel cielo. Questa dei grattacieli è davvero una ossessione curiosa che ha preso la classe dirigente della città.
A Milano lo spazio non manca, perché il territorio comunale è esattamente il doppio di quello di Parigi, ma la città deve fare i conti con un perverso eccesso di gravitazione che ha espulso mezzo milione di abitanti in trent'anni e i cui devastanti effetti si possono constatare ogni mattina cercando di arrivare in città da Bergamo o da Gallarate. Se proprio si debbono costruire, i grattacieli andrebbero collocati nell'area metropolitana. Penso che questo sindaco rischi di essere ricordato per altri momenti salienti del suo mandato, per esempio per la sua capacità di amministratore di condominio, bene messa alla prova nella Fondazione Scala, rimasta, come molti milanesi tra i meno protetti, nella mise da lui così brillantemente reclamizzata, ma di più modesta tela. Personalmente coltivo il ricordo di una lunga intervista a Sergio Romano sulle prospettive del suo secondo mandato: 240 righe di piombo del Corriere, in cui Albertini si è cimentato nel record di riuscire a non pronunciare mai il vocabolo «cittadino».
Guido Martinotti
 
 
 
10 – Corriere della Sera
PATRIMONI Bologna: 250 opere provenienti da ospedali e università al Museo Archeologico e al Museo della Sanità
E la salute mette in mostra le sue arti
di FLAMINIO GUALDONI
Ecco una mostra in cui i protagonisti non sono solo quadri e sculture, ma anche altri materiali di non minore importanza e bellezza. Le arti della salute (250 opere, fa cui dipinti di Bastianino, Gandolfi, Lega e dei contemporanei Melandri, Zauli, Zancamaro, Fiume) nasce da un lavoro, preziosissimo, di censimento dei patrimoni storici degli istituti di salute emiliani (ospedali e università): dal Medio Evo ad oggi. Ci sono anche opere d'arte di gran livello, come la trecentesca Incredulità di Tommaso e la strepitosa terracotta della Maddalena di Antonio Begarelli, genio non ancora del tutto riconosciuto del '500 modenese, l'importante Resurrezione di Benvenuto Tisi e l'ampio, potente Antioco visitato dal medico Erasistrato di Sebastiano Ricci. Ma non sono queste le vere attrazioni. La parte dei documenti storici e librari è, a dir poco, superba.
Del resto, questa è la terra di alcuni numi della storia della medicina, da Mondino de' Liuzzi ad Andrea Vesalio, da Guglielmo da Saliceto a Gabriele Falloppio, e di una vicenda che già nel IX secolo vedeva primeggiare un centro di insegnamento come il monastero di Nonantola.
Ecco un' Anatomia a stampa, del 1541, di Mondino, il quale già nel 1315 si dedicava alle dissezioni anatomiche, e un'edizione, stampata dal geniale Aldo Manuzio nel 1497, di Niccolò Leoniceno, il ferrarese che, studiando Plinio e i suoi errori, si convinse che era proprio il caso di analizzare direttamente gli oggetti naturali. E c'è un'altra Anatomia, quella del Berengario da Carpi che insegna «la superiorità, del vedere e del toccare sull'udire e sul leggere» perché «la medicina non si può tramandare a voce o imparare sui libri», a fianco dell'edizione del 1574 di Ulisse Aldrovandi, del quale Bologna celebra quest'anno il IV centenario della morte.
 
LE ARTI DELLA SALUTE
Museo Archeologico e Museo della Sanità, Bologna, sino al 17 luglio. Tel. 051/ 275721
 
 
 

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