Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 June 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 19 – Cagliari
corte dei conti
Nel mirino le spese di Fisica
Le spese sostenute per portare avanti le attività dell'Istituto di Fisica non avevano il riscontro delle pezze giustificative. In pratica non c'era la certezza che quei soldi pubblici fossero stati utilizzati davvero per il bene della ricerca. E così, due anni fa, è scesa in campo la procura regionale della Corte dei conti: sotto accusa, per il ruolo ricoperto nella facoltà, ci sono Franco Meloni (allora direttore pro tempore dell'unità di ricerca dell'Istituto nazionale di fisica della materia presso il dipartimento di Fisica di Cagliari) e Angelo Campus (al tempo segretario amministrativo dell'Istituto, il responsabile della documentazione spese). I magistrati chiedono ai due di giustificare i rimborsi delle spese sostenute dall'ente nel 1998 e nel 1999: spese di gestione delle attività universitarie, il pagamento dei dottorati, i contributi ottenuti, gli acquisti dei materiali. Il "giudizio di colpa" è arrivato alla terza udienza. Inizialmente il presunto danno contestato a Meloni e Campus era di 90 mila euro. Oggi il totale è sceso a 50 mila euro. I due imputati sono difesi dagli avvocati Maurizio Scarparo e Benedetto Ballero, Luisa Giua Marassi, Giuseppe Macciotta e Francesco Corda. «Naturalmente spetta alla procura dimostrare che tutte queste spese non documentate siano state sostenute per fini non istituzionali», afferma l'avvocato Scarparo, «e il fatto che nella fase istruttoria il danno contestato sia sceso da 90 mila a 50 mila euro la dice lunga sulle nostre ragioni». Secondo la difesa la mancanza di queste "pezze giustificative" alle spese della Facoltà non significa automaticamente che alla base non ci fossero davvero fini istituzionali e utili all'Istituto. «E poi bisogna dire che l'anno del trasferimento dalla sede di viale Fra Ignazio a quella della cittadella universitaria (2001), si persero tanti documenti. È stata depositata anche una denuncia per quanto accaduto. È probabile che fra le tante carte ci fossero anche le pezze giustificative. E comunque, se anche si fossero verificate spese non documentate secondo le regole, non è così scontato che ci sia stato un danno per l'ente». L'udienza è stata rinviata al 19 ottobre. (an. m.)
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cagliari
Indagine dello Iares sui giovani sardi tra i 18 e i 21 anni
«Adolescenti individualisti, cercano raccomandazioni»
Individualisti quanto basta per desiderare l'autorealizzazione sopra ogni cosa. Convinti che, per trovare un lavoro, serva una raccomandazione più che un annuncio sul giornale. Schegge di vita e prospettive degli adolescenti sardi tradotte in grafici e documentate analisi dallo Iares, l'istituto Acli per la ricerca e lo sviluppo. Un modo per scavare in un mondo che sfornerà gli adulti di domani. Con una quantità di domande alle quali hanno risposto gli studenti che frequentano l'ultimo anno delle scuole superiori sarde. Archiviata l'era del movimentismo, gli adolescenti si interessano poco degli altri, quasi con distrazione, tanto è vero che un capitolo dell'indagine si sofferma con dovizia di informazioni sull'allarmante disinteresse verso la collettività: «L'impegno religioso e quello politico ottengono pochissime preferenze precipitando agli ultimi posti della scala di valori». In tempi di crisi economica e referendum sulla fecondazione assistita, fa un certo effetto sapere che agli adolescenti sono impermeabili a questo tipo di problemi: «Assolutamente indifferenti e apatici verso la politica in termini di conoscenza, impegno e partecipazione attiva». Questo non impedisce loro di «esprimere un parere negativo sul lavoro degli amministratori locali». Tra i banchi si scopre un nuovo tipo di alunno: lo studente di professione. «Oltre il 61 per cento degli intervistati si iscriverà all'università, mentre solo il 15,2 cercherà un lavoro. - evidenzia l'indagine - Questo è dovuto sia al desiderio di migliorare le proprie competenze, sia all'oggettiva difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, considerata la scarsità di offerte e il perdurante scollamento tra mondo della scuola e mercato del lavoro». Gli adolescenti vedono un futuro in famiglia, nel senso di vita tra quattro mura insieme a genitori, fratelli e sorelle: «Desiderano essere indipendenti economicamente ma non andare a vivere da soli». Di questi tempi, anche l'occhio vuole la sua parte: «Pensano che per riuscire nella vita sia importante avere un bell'aspetto, essere leali e sinceri, intelligenti e anticonformisti». La Sardegna ha fatto molti passi in avanti, anche se un lavoro non è ancora alla portata di tutti. Per questa ragione «i giovani amano la loro terra, le sue risorse, la sua cultura, ma non escludono la possibilità di dover partire per la mancanza di opportunità lavorative. La difficoltà si associa all'insofferenza per la mentalità del luogo in cui si vive, considerata un ostacolo che limita la propria realizzazione». A proposito di professioni: «Non aspirano a lavori d'èlite, indicano piuttosto obiettivi consueti e traguardi possibili, mostrando scarso interesse per le attività di tipo manuale e artigianale». (p. pa.)
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 32 – Sulcis Iglesiente
Fluminimaggiore Due tesi di laurea per scoprire il territorio del Parco Geominerario
In incontro per scoprire il Parco Geominerario. Domani alle 17,30, presso il centro culturale di via Asquer, si svolgerà un convegno, che avrà lo scopo di divulgare e promuovere, la conoscenza e le potenzialità del Parco geominerario della Sardegna. L'iniziativa, inoltre, si propone di far conoscere i lavori di ricerca dei giovani del territorio che, sempre più numerosi, decidono di concludere il corso degli studi universitari, con una ricerca o uno studio sul Geoparco. Durante l'incontro è prevista una relazione di Cristina Riola, che si è laureata con una tesi dal titolo "La verifica delle compatibilità delle previsioni urbanistiche con le determinanti geografiche e con gli scenari storici delle attività e degli insediamenti dell'uomo". Interessante anche il lavoro svolto da Antonio Congia, una ricerca che interessa in modo particolare il paese. Il titolo è "Rinaturalizzazione delle discariche minerarie nei comuni di Fluminimaggiore e Buggerru". Al convegno, organizzato dall'associazione Onlus Pozzo Sella e dal Comune di Fluminimaggiore, interverranno il giornalista Giancarlo Ghirra, Renzo Pasci e Giampiero Pinna dell'associazione Pozzo Sella, Piero Castelli dell'Università di Cagliari e Maurizio Mulas dell'Università di Sassari. Saranno presenti, inoltre, Il sindaco di Fluminimaggiore Piergiuseppe Massa, il presidente della provincia Pierfranco Gaviano e l'assessore regionale agli enti locali Gianvalerio Sanna. Negli ultimi tempo si è discusso poco del Parco Geominario, più che altro hanno tenuto banco le polemiche legate all'ente che dovrebbe gestire struttura e attività. Il convegno di Fluminimaggiore servirà per fara il punto sulla situazione anche alla luce delle novità di carattere amministrativo seguite all'istituzione della nuova provincia Carbonia Iglesias. Anche per l'ente presieduto da Piefranco Gaviano il Parco Geominerario rappresenta una risorsa importantissima per tutto il territorio.
Federico Matta
 
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 28 – Provincia di Cagliari
Monserrato. Promessa la valutazione di impatto ambientale, ma è ancora polemica
«Ponte sulla 554, la Regione decida»
Sindaco e rettore chiedono chiarezza sul maxi svincolo
Lo svincolo per la Cittadella è ancora fermo. Il sindaco attacca la Regione perché la variante urbanistica che permetterebbe di realizzare il ponte sulla 554 si è arenata ancora una volta. Il rettore si appella al governatore Soru, chiedendo di chiudere in fretta la pratica, necessaria per l'Università e il Policlinico. A dividere le parti è la valutazione di impatto ambientale, che non c'è ancora, ma che il Comitato tecnico regionale all'Urbanistica ha promesso di fare al più presto. Fino a quel momento, il via libera alla maxi opera non verrà dato. Il sindacoIl sindaco Antonio Vacca non ci sta. L'ennesimo nodo tecnico che avvolge il progetto per il ponte sembra incatenare di nuovo anche l'amministrazione, che però questa volta alza la voce. «È tempo di smetterla», sbotta Vacca: «la Regione deve dire quello che bisogna fare e se vuole correggere il progetto che lo faccia. Monserrato in otto anni ha espresso tutta la buona volontà per collaborare e concordare le risposte con Provincia e Regione. Ma ora pretendiamo chiarezza». Il primo cittadino si rivolge alla Giunta regionale: «È inutile che si faccia finta che le nostre controdeduzioni non valgano nulla visto che sono state scritte anche con la collaborazione della stessa Regione». E le notizie "ufficiose" sul via libera del Comitato tecnico comunicate al Consiglio? «Confermo le cose dette in aula. Dalla Regione mi hanno comunicato che le nostre controdeduzioni erano state accettate». Niente documenti ufficiali, sino a ieri mattina, però sulla scrivania del sindaco. Soltanto un comunicato stampa in cui il presidente del Comitato tecnico regionale all'Urbanistica spiega che le argomentazioni "non hanno consentito di superare le perplessità precedentemente manifestate in relazione alla continuità territoriale tra l'abitato e l'area dell'insediamento universitario". «Noi siamo stati sempre pronti e disponibili a superare i problemi», spiega Vacca. «Anni fa chiedemmo di avviare una procedura di impatto ambientale e ormai la responsabilità oggettiva dell'opera non ci compete». E il primo cittadino non sembra intenzionato ancora ad aspettare. «Spero che Regione e Provincia si attivino, coinvolgendo pienamente Monserrato, altrimenti mi farò promotore di un Comitato, composto da tutti i Comuni interessati, per risolvere la questione». Il rettorePasquale Mistretta, rettore dell'Università degli studi di Cagliari, si rivolge direttamente al presidente della Regione. «Il presidente Soru sta dimostrando capacità di sintesi e di decisione per tanti problemi. Mi auguro che anche in questo caso, come ho già detto qualche mese fa, metta fine a questa pantomima di assessorati regionali e che tutto abbia termine perché non fa più ridere nessuno». Conclude il rettore: «Nel 2008 è quasi certo l'arrivo della linea metropolitana al Policlinico mi auguro che per quel tempo sia pronto anche lo svincolo così faremo a gara sulla scelta di usare la macchina o il treno leggero». La Provincia Insomma il maxi svincolo milionario continua a dividere, anche se il presidente della Provincia, Graziano Milia, non si scompone. «Io rispetto le leggi e quindi sono dell'avviso che se c'è un progetto, già approvato, già finanziato e con una gara d'appalto già bandita quel progetto si farà. Il sindaco Vacca deve stare tranquillo perché siamo pronti a garantire gli interessi di tutta la popolazione». E se bisognasse rivedere il progetto nel rispetto della continuità territoriale? «Non ho ancora ricevuto il parere della Regione, quando arriverà si vedrà».
Serena Sequi
 
 
5 – L’Unione Sarda
Pagina 33 – Nuoro
provincia Il Psd'az riunisce la maggioranza e chiede un mini rimpasto in giunta
Al Psd'az non piace la delega su università, ricerca e innovazione, assessorato provinciale nuovo di zecca affidato al dirigente sardista Lorenzo Palermo. E ieri sera il partito ha posto il problema al presidente della Provincia Roberto Deriu. Lo ha fatto in un vertice di maggioranza che ha riunito i segretari provinciali. Al momento della presentazione della giunta il Psd'az, alle prese con problemi interni sulla scelta dell'assessore per il quale erano in corsa entrambi i consiglieri, Giovanni Porcu e Angelo Carta, ha chiesto più tempo. Ma Deriu non ha accolto la proposta dell'interim e ha preferito la nomina di Palermo affidandogli una delega che non era tra le richieste fatte dal Partito sardo. Il Psd'az, infatti, ancora adesso punta ad avere l'assessorato alle Attività produttive e turismo oppure quello alle Politiche sociali ed educative che riguarda la pubblica istruzione, i servizi sociali e il lavoro. Deleghe affidate, rispettivamente, a Roberto Cadeddu, leader dei Comunisti italiani, e ad Alberto Boeddu, esponente di Progetto Sardegna. La soluzione adottata da Deriu ha posto problemi interni al Psd'az che ora rilancia le sue richieste, magari con un mini rimpasto che ridisegni le deleghe e consenta anche una staffetta tra Palermo e uno dei due consiglieri provinciali. Ma ieri sera Deriu ha bocciato l'idea: le deleghe attuali non si toccano. La questione torna, perciò, al Psd'az che la prossima settimana dovrebbe avere un incontro sulla vicenda. In particolare, dovrà dire se intende lasciare le cose come stanno oppure vuole cambiare il rappresentante nell'esecutivo provinciale e sostituire Palermo con uno dei due consiglieri. Ieri sera, intanto, si è riunita la segreteria dei Ds. In esame le dimissioni da tutti gli incarichi di Tore Podda, esponente della minoranza interna: protesta verso la segreteria per le scelte adottate nella formazione della giunta provinciale.
 
 
 

6 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Sardegna
Istruzione, ieri l’incontro tra ministro e governatore 
Accordo Moratti-Soru, in arrivo sessanta milioni
  ROMA. Ridurre la dispersione scolastica, incentivare l’utilizzo di nuove tecnologie all’interno della scuola del primo ciclo, educare alla legalità. Sono questi gli obiettivi principali del protocollo d’intesa tra il Miur (Ministero istruzione università e ricerca) e la Regione Sardegna, firmato ieri dal ministro Letizia Moratti e dal presidente della Regione Autonoma, Renato Soru.
 Oltre 60 milioni di euro sono stati destinati dallo Stato e dall’ente locale allo sviluppo delle scuole dell’Isola. «È un accordo molto semplice - spiega Soru - rappresenta la volontà di spendere meglio le risorse europee». L’investimento infatti, reso possibile grazie ai Fondi Strutturali Europei messi a disposizione dal Pon Scuola (Programma operativo nazionale) e dal Por (Programma operativo regionale), fa parte del progresso economico e culturale delle regioni che rientrano nell’Obiettivo 1 del quadro comunitario di sostegno 200/2006. «Le risorse europee - continua il governatore della regione - spesso vengono gestite in maniera autonoma e non coordinata. Questo accordo è la volontà e la possibilità di gestirle in maniera da essere più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi comuni. Ci sono 30 milioni di euro dello Stato e 30 milioni di euro della Regione che vengono messi assieme affinché siano spesi all’interno di un progetto comune». Nel dettaglio, il finanziamento del Ministero prevede lo stanziamento di 31 milioni e 200 mila euro per il biennio 2005/2006, mentre nell’ambito del proprio programma operativo regionale, la Sardegna metterà a disposizione altri 29 milioni di euro. «L’obiettivo di questo protocollo - afferma il ministro - è la realizzazione congiunta di una serie di interventi in grado di promuovere la qualità e l’efficacia del sistema scolastico e formativo dell’Isola, soprattutto in alcuni settori particolarmente deboli». Secondo un’analisi di Miur e Regione, gli ambiti che richiedono una maggiore attenzione sono la lotta alla dispersione scolastica e al disagio sociale, la promozione e l’attivazione della formazione permanente, il miglioramento della qualità del sistema dell’istruzione e della società dell’informazione e della conoscenzae e la diffusione della cultura della legalità per favorire una convivenza civile tra i cittadini. «Questo investimento - aggiunge la Moratti - si aggiunge agli oltre 60 milioni di euro stanziati in passato dal Pon del Miur per la Sardegna: con tali fondi, dal 2000 ad oggi, abbiamo promosso 2.655 progetti di diversa natura che hanno riguardato 33 mila destinatari». Centri contro la dispersione scolastica, laboratori multimediali e laboratori scientifici e tecnologici per i licei, corsi di formazione sulle nuove tecnologie per docenti, interventi di cablaggio e installazione server di rete, sono alcuni dei progetti realizzati finora in Sardegna per le scuole del primo ciclo. «Entro il 2006 - conclude il ministro - saranno completati gli investimenti in tecnologie in tutte le scuole dell’Isola. Vareremo progetti contro la dispersione scolastica per altri 4.500 studenti e corsi di formazione per 1.110 docenti del secondo ciclo e per 3.760 del primo».
Annalisa d’Aprile
 
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Olbia
Il Bdri, istituto di ricerca nato nel novembre 2004, si occupa di studiare le abitudini dei simpatici cetacei 
L’università dei delfini è a Golfo Aranci
L’iniziativa è frutto di un progetto fra studiosi italiani e spagnoli 
I mammiferi hanno trovato l’ambiente ideale in cui vivere
  GOLFO ARANCI. Il Bdri (Bottlenose Dolphin Research Institute) di Golfo Aranci è l’unico Istituto in Sardegna ad occuparsi di ricerca sul Tursiope, il delfino costiero. Una delle poche strutture scientifiche nazionali (sono quattro in tutta Italia) che svolge attività didattica e culturale ad ampio spettro con la missione di fare ricerca e quindi divulgare i risultati dello studio ecologico e del comportamento dei delfini che popolano la costa nord-orientale dell’isola. I membri del Bdri raccolgono i dati da una imbarcazione a motore, tra il Golfo di Olbia e il Golfo di Congianus.
 L’istituto, nato nel novembre scorso, è il frutto di un progetto iniziato nel 1991 tra ricercatori italiani e spagnoli e l’Accademia del Leviatano, un’associazione onlus creata con il fine di agevolare l’attività di ricerca e studio dell’ambiente e delle specie che lo popolano. Nella sede golfoarancina di via Diaz lo staff del Bdri collabora con altri ricercatori e università di tutto il mondo (La Sapienza di Roma, gli Atenei di Madrid, Vigo, Santiago de Compostela, Alicante) e diversi gruppi di ricerca Europei, Sudamericani e Asiatici. Il responsabile, Bruno Dìaz Lòpez, è un giovane e affermato biologo che, dopo aver conseguito numerosi titoli internazionali, ha scelto come dimora stabile la Gallura. Oggi lavora a tempo pieno allo studio dei cetacei presenti nelle acque della costa tra l’isola di Tavolara e il parco di La Maddalena. «Circa trenta esemplari di delfini con una particolarità che li distingue da tutti gli altri. Molti di loro sono femmine che vivono e si riproducono nei golfi galluresi. La presenza dei mammiferi è sicuramente segno di floridezza. I delfini hanno scelto questo bacino per le sue caratteristiche ambientali. La ricchezza di cibo e lo stato delle acque sono tra i requisiti principali che deve possedere una rada per poter diventare domicilio stabile del tursiope».
 Ma non sono gli unici. I delfini, intelligenti, hanno valutato anche altri fattori. Ad esempio quello di avere un “supermercato” di pesci di cui cibarsi sempre aperto. Regalo dei vicini allevamenti ittici. «Curiosamente - spiega poi Dìaz -, questi esemplari hanno preferito come principale zona di distribuzione l’area non protetta esterna alle riserve».
 Il Bottlenose Dolphin Research Institute, è anche una delle più importanti scuole pratiche per gli universitari di tutto il mondo. A Golfo Aranci giungono numerosi durante tutto l’anno e sulle barche dell’Istituto approfondiscono le conoscenze di base studiando il comportamento di animali apparentemente docili e addomesticabili ma in realtà selvaggi e soprattutto liberi. «E’ importante precisare - sottolinea il biologo -, che stiamo parlando di animali lunghi quattro metri. Sicuramente non sono aggressivi, possono abituarsi alla presenza dell’uomo ma non bisogna darlo per scontato. Durante i corsi, che possono durare settimane o mesi, i nostri allievi hanno la possibilità di seguire i cetacei, studiarli al fine di capirne il comportamento ma non possono entrare in acqua». Lo stage è l’unione tra lo studio teorico e quello pratico che avviene a bordo del della barca dell’istituto.
 L’Istituto ha dato vita a una campagna denominata “adotta un delfino”. E’ un modo per autofinanziare la ricerca e che permette a chiunque abbia interesse di seguire il “proprio” delfino negli anni. Gli scienziati, infatti, provvedono ad aggiornare i genitori adottivi attraverso foto e comunicati.
Stefania Costa
 
 
 
8 – Corriere della Sera
Boccate d’ossigeno nella crisi
GLI ATENEI INFORMALI
di DOMENICO DE MASI
Sono appena reduce da un giro di conferenze all'università di Belem in Amazzonia e a quella di Fez in Marocco. Ogni volta che si torna in un'università del cosiddetto Terzo Mondo ci si rende conto di quanta importanza questi Paesi più poveri del nostro attribuiscono alla formazione dei propri giovani. Ogni volta che mi accomiato dai colleghi di queste università, sono terrorizzato dall'idea che qualcuno di essi voglia ricambiarmi la visita. Se viene a trovarmi nella mia facoltà, in che squallore sono costretto ad accoglierlo? Quando parliamo di declino del nostro Paese, puntualmente riportiamo dati allarmanti riferiti al Pil, alla produzione industriale, all'andamento dei prezzi. Ma il peggiore indicatore del declino sta nella forbice ormai spaventosa che si è aperta tra il nostro sistema universitario e quello non già degli Stati Uniti o del Giappone, ma ormai dell'India e del Brasile.
La Sapienza, sotto questo aspetto, non è seconda a nessun'altra università italiana. Il suo stato di abissale distacco dalla realtà è ormai così catatonico che persino piccole notizie, altrove scontate, finiscono per rallegrarci come se i nostri laboratori scientifici avessero conseguito un prestigioso brevetto o come se dieci nostri docenti avessero ottenuto il premio Nobel.
La piccola, buona notizia di oggi è che alcuni spettacoli dell'Estate Romana si terranno dentro l'Università. Così il mondo accademico diventa un poco più poroso, si rende disponibile a incursioni da parte di altri mondi e altre culture, riconoscendone l'importanza.
Da qualche anno a questa parte, infatti, proprio la crisi dell'università ha spinto la domanda studentesca di cultura a rivolgersi altrove. Sono emerse, così, numerose «università invisibili e informali» che hanno attirato schiere di giovani delusi dalla scuola ufficiale. Come si spiegano, altrimenti, i duecentomila giovani che affollano il Festival della Letteratura di Mantova? I centomila che affollano il festival della Filosofia a Modena? Le migliaia che fanno la fila per assistere agli incontri di Massenzio? Come si spiega il successo di una trasmissione radiofonica esemplare come Fahrenheit?
Ora queste università informali, rese feconde dalla crisi dell'università ufficiale, corrono in soccorso di quest'ultima per praticarle una sorta di respirazione bocca a bocca, regalarle un soffio di vitalità, restituirle una presenza festosa degli studenti, altrimenti assenteisti.
L'irruzione dell'Estate Romana può avere, quindi, un duplice vantaggio per la Sapienza: può scuoterla dal suo cronico torpore e può indurla a prendere atto delle esigenze nuove che emergono da una gioventù che è forse la migliore dal dopoguerra ad oggi, ma che certamente è la più incompresa.
 
 
 
10 – Corriere della Sera
Una «nuova piazza per Roma». È quella de «La Sapienza»
 Renato Guarini, il rettore: «Cinema, concerti e teatro. I cittadini devono riscoprire questi luoghi»
Una «nuova piazza per Roma». È quella de «La Sapienza», secondo la definizione del rettore Renato Guarini. Per la prima volta nella sua storia, infatti, la più antica Università della capitale apre i suoi cancelli alla città e alle manifestazioni dell’Estate Romana. Cinema, teatro e musica in queste «Sere d’estate alla Sapienza» che sono programmate per tutto il mese di luglio. Qui ritornerà sulle scene la «Vita di Galileo» di Bertold Brecht, che è stata già rappresentata nel cortile della facoltà di Ingegneria a San Pietro in Vincoli, protagonisti gli stessi professori dell’ateneo romano; qui, sul grande prato alle spalle del rettorato si potrà ascoltare musica, mentre qualche concerto avrà luogo anche nel grande piazzale antistante la fontana della Minerva; qui, nel grande spazio alle spalle della Cappella universitaria, dove erano dei tennis, sarà allestita l’arena per un cinema serale d’autore. Ma queste «Sere d’estate alla Sapienza» prevedono anche, durante la seconda settimana di luglio, l’apertura serale di tutti i musei dei quali è dotata questa città universitaria, finora destinati solo agli studenti ed ai professori: si potrà ammirare la vasta collezione del museo di Geologia, conoscere quali tesori nasconde il museo di Scienza Naturali e scoprire i misteri di quello di Fisica. L’Estate Romana all’università sarà soprattutto un mix di spettacoli e cultura: nell’aula magna, infatti, sono programmate una serie di conferenze, tenute principalmente dagli stessi docenti dell’Università, fra le quali, per ricordarne una, si potrà ascoltare dalla voce dell’archeologo Paolo Matthiae come è avvenuta la scoperta dell’antica civiltà di Ebla.
È una novità assoluta per la città. Ma «già nel mio programma elettorale di Minerva 2004 - racconta Renato Guarini - avevo inserito un’Università più aperta. Ritengo infatti - prosegue - che non sia solo una questione d’immagine, ma sia gli studenti che i cittadini si devono riappropriare degli spazi universitari, come luogo di consumo culturale e sociale». Così è nata l’idea di questo nuovo aspetto dell’Estate Romana, che il rettore ha costruito e concordato con il sindaco Walter Veltroni e con l’assessore alla Cultura Gianni Borgna.
E luglio non è un mese scelto a caso. «Abbiamo infatti deciso - dice Renato Guarini - che poichè ai primi del prossimo mese era già in programma la manifestazione "Porte aperte alla Sapienza", destinata soprattutto ai futuri studenti per orientarli nelle iscrizioni, questa poteva essere una buona data per proseguire con le diverse attività». I grandi edifici di piazzale Aldo Moro diventeranno in questo modo «parte integrante del vicino quartiere San Lorenzo, dove già vi è una vivacissima vita notturna - conclude il rettore - E chissà che non sia solo un primo passo per integrare gli spazi universitari con tutta la vita culturale della città. La Sapienza non sarà più una "città nella città" ma un "pezzo di città"».
Lilli Garrone
 
 
11 – Corriere della Sera
Su «Panorama», Roberto Cotroneo ribalta la tesi secondo cui gli anni della «contestazione» sono stati un periodo di creatività e modernizzazione
Letteratura e cinema? Mortificati dal Sessantotto
Il Sessantotto promosse creatività e reale innovazione o, viceversa, segnò l’avvio di una stagione di rallentamento del processo culturale e di modernizzazione del Paese? Nel numero di Panorama oggi in edicola, Roberto Cotroneo - dati alla mano e sulla base di precedenti riflessioni di Giampaolo Pansa e dello storico Guido Crainz - cerca di dimostrare che gli anni della contestazione globale furono, in realtà, anni reazionari e di freno allo sviluppo dell’Italia. E ciò soprattutto a causa della «spirale di violenza» (il terrorismo) che fu «una conseguenza di quel ’68», specie in Italia. Dunque dogma smitizzato: femminismo, legge 180, accesso libero agli studi, leggi su aborto e divorzio sono solo «iconcine costruite a posteriori e poco precise» di quel che realmente accadde.
Si parte dai dati. Dal ’68 al 1980 (inizio del «riflusso») i morti ammazzati per terrorismo sono stati 454, gli attentati 4.774 e 1.876 gli atti di violenza; già da questi dati emerge che il Paese dovette impiegare una parte significativa delle proprie risorse per arginare «una conseguenza» del ’68 e non per lo sviluppo.
Quindi si passa a una sommaria disamina dei fenomeni, specie culturali, già in atto prima del ’68 e che sono stati frenati o hanno subito una involuzione negli anni Settanta, con conseguenze negative che «ancora paghiamo». O che sono appena finite, come dichiarato ieri dal ministro Buttiglione in Biennale: «È finita l’epoca dell’arte politicizzata che ci ha regalato poche opere valide e ci ha indicato come obiettivo una società politica che si è rivelata un incubo».
In effetti già nel primo dopoguerra la ripresa italiana fu segnata dallo svilupparsi di fenomeni come l' italian design , il rinnovamento architettonico, uno sviluppo industriale attento al sociale, il mecenatismo, che negli anni post ’68 subirono aspetti involutivi. Tra i fenomeni particolarmente danneggiati dai sessantottini, Cotroneo cita invece, innanzitutto, la letteratura. Alcune tra le migliori esperienze editoriali, anche di sinistra, come i Quaderni piacentini (1962) e la Neoavanguardia (1963) o ancora La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda (1963) o Fratelli d’Italia di Alberto Arbasino (1963), nacquero tutti prima del ’68.
Lo stesso dicasi del cinema italiano. Anche qui, alcune pellicole di denuncia sociale sono precedenti al ’68, come Le mani sulla città di Francesco Rosi (1963) e I pugni in tasca di Marco Bellocchio (1965). Del ’63 sono poi Otto e mezzo di Fellini e Il Gattopardo di Visconti. Di tanta letteratura, arte (le prime opere di Emilio Vedova e Mimmo Rotella), teatro (Carmelo Bene con «Nostra Signora dei turchi») e cinema, nel decennio degli anni Settanta, secondo Cotroneo, è rimasto poco. E quel che è rimasto di buono, come Pier Paolo Pasolini, perlopiù contestava il ’68.
Panorama poco si sofferma, ma alcune leggi nate dalla ventata prodotta dall’«orda d’oro» hanno conseguenze che ancora oggi appaiono irrisolte o dannose per il sistema. Due tra tutte: le mancate o tradite o insufficienti applicazioni della legge Basaglia (che scrisse il suo testo più importante, L’istituzione negata , nel ’68) e l’ ope legis universitario del 1980, che ha consentito un ingresso indiscriminato nel ruolo docente tagliando le gambe alle successive generazioni di studiosi. E consegnandoci, oggi, atenei non competitivi con il resto del mondo (un Paese con solo il 9 per cento di laureati e in gran parte in discipline sbagliate).
Conclusioni? Panorama non ha dubbi: viste le premesse e i fermenti culturali degli anni Sessanta, «se non ci fosse stato quel fiume di violenza, iniziato in sordina e finito in tragedia nazionale», la ricerca politica e intellettuale, anche o specie di sinistra, sarebbe «sfociata in qualcosa di più moderno». Ovvero, rileggendo a fondo le conseguenze degli anni Settanta, si scopre che la «rivoluzione giovanile» sarebbe stata di freno alla cultura e alla modernizzazione del Paese.
Pierluigi Panza
 
 
 
12 -  Il Mattino
Lettera del prof. Francesco Salvatore
sulle problematiche del sistema universitario

Desideravo da tempo intervenire sulle problematiche del sistema universitario per cercare di delineare alcune storture che esistono nelle nostre istituzioni accademiche e come fare per eliminarle. Avendo lo «sguardo fisso» non sulle idee del centrodestra o del centrosinistra, di noi docenti universitari o dei nostri rappresentanti sindacali o istituzionali, ma piuttosto per segnalare qualche proposta nuova e originale, per «scorticare» la nostra istituzione accademica dalle incrostazioni in cui si è solidificata.
Ecco che qualche giorno fa Mario Monti, ex rettore della Bocconi, lancia un sasso nello stagno con un argomento non certo nuovo, «l’abolizione del valore legale del titolo di studio», ma che ora sempre più si presenta come un argomento di importante riflessione. È stato quindi uno spunto di grande significato la ripresa che il rettore della Federico II, Guido Trombetti, ha fatto sull’argomento. Ed allora ecco l’idea del bollino blu; incominciamo cioè a competere, ma a competere verso l’alto, e non appiattendo verso il basso come forse involontariamente fa il valore legale del titolo di studio. Perché questo titolo di studio in qualunque università o corso di laurea venga preso esprime sempre e solo la condizione necessaria per accedere ad una professione o ad un concorso successivo. E non vale come elemento discriminatorio nemmeno il voto con cui si procede all’assegnazione della laurea, perché questo ha valore solo all'interno dello stesso corso di laurea ma non può erigersi a criterio comparativo interateneo. Allora il bollino blu assegnato o meno al singolo corso di laurea può essere una via perseguibile purché venga accreditato per la finalità della qualità formativa? Come si fa a rispondere no ad un tale interrogativo. Tuttavia bisogna trovare una metodologia corretta e credibile per decorare i corsi di laurea con bollini che vadano dal blu, al celeste, al bianco; in altre parole che costituiscano una graduazione nel sistema di accreditamento. Questo non è un compito facile, e lo ha detto Trombetti parlando di «un’agenzia di accreditamento, indipendente dagli atenei e dagli ordini professionali, che accrediti i singoli corsi di laurea». Ma c’è anche un altro problema da risolvere: si riconoscerà il corso di laurea segnato blu da quello celeste o bianco e da parte di chi? Ci sarà un possibile riconoscimento in più per un bollino blu rispetto a quello bianco, e da parte di chi? È forse facile, così come è in Usa per i laureati ad Harward, oppure a Princeton o a Berkeley, essere considerati da aziende private o da istituzioni di altra cultura, incluse le università, in dipendenza della notorietà e della fama delle università dove si è acquisito il diploma di laurea. Ma come far riconoscere il bollino blu alle istituzioni pubbliche o nei concorsi di accesso alle carriere? Se si vuole continuare nell’esempio portato da Trombetti, si può ad esempio pensare che per diventare magistrato la condizione necessaria sia la laurea in questa università e non in quell’altra, in quel corso di laurea e non in quell’altro? O si può forse graduare con punteggio il corso di laurea al fine di assegnare un maggior punteggio a chi si laurea nell’università X rispetto a chi si laurea in quella Y? Non riterrei che una di queste scelte sia proprio impossibile, perché se così fosse l’accreditamento varrebbe solo per le industrie e i privati o per continuare la carriera universitaria e solo dove il sistema della cooptazione sia possibile e non si valuti meramente l'aver acquisito il titolo di studio. Insomma, la cosa non è semplicissima ma è possibile, basta che ci sia la volontà politica. E allora, allora mettiamoci a discutere e valorizziamo i corsi di laurea e le università; sarà una corsa verso l’alto e farà bene a tutti. Ma rimane da dire ancora con quale metodologia si arriva al bollino blu, chi valuta. Ebbene, questo è un altro passo non facile, ma possibile a farsi. Questi meccanismi che si stanno realizzando già nell’università ci indicano una strada possibile, ma potranno andar bene anche quando e se li metteranno in essere in maniera più obiettiva e significativa organismi esterni agli atenei, come un’agenzia di accreditamento fatta da speciali «probiviri» e commissioni europee di valutatori esperti proprio nei meccanismi di valutazione? Il difficile sarà proprio passare ad un corpo di valutazione esterno agli atenei. Ma ci sarà? Io spero proprio di sì.
Francesco Salvatore
Ordinario di Biochimica umana alla università Federico II
(9.6.05)
 
 
 
 

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