Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 June 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

  
1 – L’Unione Sarda
Pagina 19 – Cagliari
Scienze politiche, Raffaele Paci fa il bis
 Rielezione scontata per Raffaele Paci, che sarà nuovamente alla guida della facoltà di Scienze politiche per il prossimo triennio. Le operazioni di voto hanno dato un esito che ha soddisfatto il preside uscente: su 52 votanti, 41 sì, 10 schede bianche e una nulla: «È un consenso che mi permette di guardare ai prossimi tre anni con fiducia e con voglia di lavorare ? commenta Paci subito dopo la rielezione ?. Un triennio che ci vedrà impegnati nel completamento della riforma didattica, e a dare risposte agli studenti che sempre più scelgono Scienze politiche e che possono guardare al futuro lavorativo con ottimismo, per gli sbocchi occupazionali che l'indirizzo di studio sta dando». E se il buon funzionamento di un polo universitario si vede dai numeri, l'incremento delle immatricolazioni, con il record dell'ultimo anno accademico (1.203 iscrizioni), l'aumento dei laureati e la riduzione dei fuori corso, sono certamente elementi a vantaggio del preside riconfermato. La classifica annuale del Censis posiziona Scienze politiche al primo posto nell'ateneo cagliaritano. Nove docenti già inseriti nel personale della facoltà, altri sedici che arriveranno in poco tempo: «Nonostante questi ingressi ? spiega il preside ? il numero complessivo di docenti è sottodimensionato rispetto alle esigenze. Accanto al potenziamento del corpo docente, c'è stato un rafforzamento dei rapporti di collaborazione a livello nazionale e internazionale, oltre a un miglioramento della visibilità esterna della facoltà». Sul fronte studenti il triennio ha visto momenti di mobilitazione, con l'occupazione di Scienze politiche: «Avevo denunciato nelle precedenti dichiarazioni programmatiche la separazione della componente studentesca dentro la facoltà ? ricorda Paci ?. La linea sembra migliorata, con gli studenti che sembrano riappropriarsi di quel ruolo di critica e stimolo, essenziale nella vita universitaria». Tra i servizi principali, il preside ricorda la costituzione dell'ufficio orientamento e tutorato didattico: «Si occupa di organizzare la didattica, monitorare le carriere studentesche e gli sbocchi professionali, organizzare i tirocini. Inoltre abbiamo rinnovato il sito Internet». Il potenziamento dei servizi (computer in biblioteca, più postazioni nell'aula informatica) è stato possibile con le risorse finanziarie del contributo facoltà degli studenti. Sul lato organizzativo della vita interna, Scienze politiche ha puntato sul decentramento: è stato adottato il regolamento didattico per disciplinare i rapporti tra facoltà e corsi di studio, sono state snellite le procedure per integrare i corsi triennali con quelli di specializzazione, e sono state assegnate competenze al personale amministrativo per il buon funzionamento dei corsi». La valutazione dell'operato non tarderà ad arrivare, anche perché la nuova riforma universitaria impone di raggiungere dei requisiti minimi per i corsi di studio. «Si dovrà avere un impegno costante del controllo della qualità dei corsi ? evidenzia il preside ?. Inoltre dovremo rafforzare i rapporti con il mondo del lavoro». A breve dovrebbe essere conclusa la biblioteca d'area. Un elemento di instabilità è la disponibilità di risorse umane, logistiche e finanziarie: «Non mi sembra che ci sia un piano di sviluppo delle facoltà esistenti ? commenta Paci ?. E intanto si propone la costituzione di tre nuove facoltà».
Matteo Vercelli
 
 

 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Sardegna
Coste, possibile uno sviluppo alternativo 
Convegno a Sassari su come eravamo e come non dovremo diventare
 PIER GIORGIO PINNA
 SASSARI. Quanti sono i paesaggi della Sardegna? Almeno due. Ma non per le diversità geografiche. Esistono altre spiegazioni, ieri emerse da un convegno: c’è un paesaggio disegnato dagli architetti e un altro costruito con la forza delle ruspe. Visioni antitetiche. Talmente stridenti da diventare centrali per l’intera durata del dibattito. Un confronto a più voci che ha visto alleati naturalisti e urbanisti: Fulco Pratesi, Italo Insolera e Sergio Bracco, negli Anni 60 coautori di piani all’avanguardia per Gallura e Nuorese.
 Un tuffo nel passato che ha fatto lanciare un grido d’allarme per il presente: «Salviamo il patrimonio dell’isola, è ancora possibile uno sviluppo alternativo». Così, al termine di discussioni rese ancora più attuali dalla legge salvacoste varata dalla Giunta Soru, la tavola rotonda su ambiente sardo di ieri e di oggi ha fornito elementi di chiarezza. Da una parte, progetti che s’ispirano alle migliori esperienze ecologiste. Dall’altra, una realtà fatta di colate di cemento e abusi edilizi d’ogni genere (al di fuori della legalità, sanati a colpi di condoni o addirittura autorizzati con tanto di licenze). Non si è parlato solo di alberghi e megaville, ma anche di strade litoranee, viadotti, gallerie, maxiparcheggi. «Un quadro desolante», secondo parecchi tra gli intervenuti.
 «La riprova di quanto possa essere profondo il divario tra la teoria e la pratica perfino su temi delicatissimi», è stato sottolineato. A spiegarlo a chi ancora non avesse raccolto gli appelli per uno sviluppo dell’isola compatibile con l’ambiente è bastata una carrellata d’immagini della Sardegna scattate da elicotteri e aerei. Nell’aula magna dell’ateneo di Sassari, come nella vicina mostra allestita per l’occasione nell’ex Monopolio Tabacchi, diapositive e foto mostrano com’erano incontaminati i litorali dell’isola 40 anni fa e come sono devastati adesso. Da pochi «villini fronte mare» si è passati a una città lineare lungo quasi tutte le fasce costiere.
 «Un disastro che fa davvero impressione», è stato il commento degli specialisti invitati al convegno voluto da sovrintendenza e università. Appuntamento possibile grazie anche all’impegno degli Ordini degli architetti per le province di Sassari e Nuoro. Oltre che della facoltà algherese guidata da Vanni Maciocco, fin dalla nascita attenta a queste problematiche.
 Compatto il fronte per la salvaguardia del territorio. Fronte che ieri ha annoverato tra le sue file sia rappresentanti degli interessi pubblici sia professionisti che operano nel settore privato. D’accordo sul rilievo dato all’iniziativa si sono detti il rettore e il sindaco di Sassari, gli assessori regionali all’Urbanistica e alla Cultura, il sovrintendente Stefano Gizzi e il direttore generale per i Beni paesaggistici della Sardegna Antonio Giovannucci. Da tutti loro, ma anche da molti altri partecipanti al dibattito, ecologisti e uomini attenti alle questioni artistiche come don Francesco Tamponi, è così arrivato un invito forte: «Battiamoci insieme, come cittadini e come esperti, contro nuove devastazioni».
 L’interesse generale si è polarizzato sulle coste orientali del Nuorese, sull’arcipelago della Maddalena e sui litorali galluresi. E proprio da lì è partito un viaggio a ritroso lungo i percorsi della memoria. Studiati flashback che hanno consentito di far riaffiorare immagini suggestive: spiagge deserte, cale dall’acqua trasparente, foreste di lecci, dune bianchissime, canneti così estesi e fitti da rivelarsi quasi impenetrabili. Rievocazioni che, attraverso i ricordi dei pionieri della pianificazione territoriale in Sardegna, hanno permesso di far rivivere tempi nei quali il turismo di massa era ancora di là da venire. Così come lo sbarco estivo di milioni di vacanzieri. Particolarmente significativa, anche sotto questo profilo, la testimonianza in una videointervista di Roberto Carità, 92 anni, già sovrintendente per il Sassarese e il Nuorese.
 Come quelle dello stesso Pratesi, di Bracco e d’Insolera. «Non avevamo limiti amministrativi né organizzativi - hanno spiegato - Abbiamo però potuto constatare, con il sostegno di economisti e botanici, quale impatto avrebbe potuto avere sul territorio un numero di posti letto che già allora s’ipotizzava nell’ordine delle centinaia di migliaia. Di qui una nostra valutazione base: la monocultura turistica non può venire limitata ai litorali. E sempre da qui i limiti operativi alle edificazioni che già allora avevamo previsto a protezione degli ecosistemi costieri». Concetti sui quali, tornando al presente con un lungo salto temporale, ha concluso i lavori l’assessore regionale Gianvalerio Sanna: «In passato la mancanza di regole generali ha incrementato gli individualismi. Noi invece intendiamo praticare un’etica della pianificazione. Proteggere gli interessi di tutti. Con una visione globale. E, soprattutto, intendiamo prendere decisioni certe».
 
 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Oristano
OGGI SEMINARIO AL CHIOSTRO 
Professioni turistiche nell’isola: formazione universitaria e lavoro
 
 ORISTANO. I corsi di laurea in Economia e gestione dei servizi turistici e in Economia manageriale con indirizzo turistico della Facoltà di economia dell’Università degli studi di Cagliari hanno organizzato per oggi alle 10,30 nei locali del Consorzio Uno - Promozione studi universitari - un seminario sul tema “Le professioni turistiche in Sardegna: la formazione universitaria e gli sbocchi occupazionali”.
 Il programma prevede, dopo i saluti dei rappresentanti del Consorzio Uno e dell’ Università di Cagliari, gli interventi introduttivi del preside della Facoltà di economia, professor Roberto Malavasi, e del professor Roberto Coroneo, presidente del corso di laurea per operatore culturale per il turismo della Facoltà di lettere dell’Università di Cagliari.
 Seguiranno poi gli interventi tecnici del professor Carlo Pilia (docente di diritto privato), della professoressa Valentina Corona (docente di legislazione del turismo) e del professor Massimo Deiana (docente di legislazione ambientale per il turismo).
 I principali profili trattati riguarderanno le problematiche dei contratti con i professionisti del turismo, gli aspetti normativi dell’accesso alle professioni turistiche e il tema della nuova disciplina delle professioni turistiche in Sardegna.
 Le conclusioni saranno dell’assessore regionale al commercio, artigianato e turismo, dottoressa Luisanna Depau.
 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 19 - Sassari
L’Estanco ritorna alla città 
Una mostra per inaugurare l’ex monopolio dei tabacchi
 
 SASSARI. L’Estanco riapre i battenti: una mostra lo restituisce alla città dopo quasi tre secoli. Sino all’anno scorso il complesso all’angolo tra piazza Università e via Arborea ha ospitato i locali per lo stoccaggio di tabacchi e sale. Ora, tornato all’ateneo, ospita fino a sabato un’esposizione di particolare interesse: «Paesaggio disegnato, paesaggio costruito». Rassegna che consente di raffrontare la situazione nella quale si trovano oggi le coste del Centronord sardo con quella degli Anni 60.
 Da che cosa deriva il nome Estanco? Il termine trae origine dal catalano-castigliano «estancar». Spiega l’attribuzione alle competenze statali della vendita di un prodotto. Da qui deriva anche il sassarese «isthrangu» che, analogamente, indica la rivendita dei generi di monopolio. E proprio qui, in questi locali che si estendono su una superficie di tremila metri quadrati con bellissime volte a vela e con stupendi archi contrassegnati da influenze gotiche, si trovava la sede dell’Agenzia del demanio. Prima ancora, sino ai primi del Settecento, il complesso attiguo al palazzo dell’università ospitava un collegio gestito dai Gesuiti. Se proprio a partire da questa prima mostra Sassari potrà di nuovo goderne appieno, le aspettative non mancano. «E’ uno spazio da restituire interamente alla città e da valorizzare al meglio, magari attraverso il ricorso a finanziamenti europei», ha sottolineato ieri mattina il rettore, Alessandro Maida, nel corso del convegno che ha accompagnato l’inaugurazione della rassegna espositiva. Un discorso tenuto alla presenza del nuovo sindaco, Gianfranco Ganau, che ha ascoltato attentamente il dettaglio delle opportunità ventilate dallo stesso rettore per un’efficace utilizzazione dell’Estanco.
 L’avvenimento di ieri, del resto, ha già suscitato un’attenzione che ha varcato i confini della città. Come ha ricordato ancora Maida, dell’apertura al pubblico dei locali e della mostra si è occupata con dovizia di particolari anche una rivista specializzata nel mettere a fuoco bellezze e manifestazioni della Sardegna, «I-Land», con un articolo curato dalla giornalista Sonia Martinelli e con uno splendido servizio fotografico firmato da Gigi Olivari.
 L’idea di fondo della rassegna è quella di recuperare e riproporre «un’esperienza progettuale di alto rilievo attraverso l’analisi critica dei protagonisti e degli esperti del settore». Tutto, come spiegano ancora i promotori, «alla luce dell’evoluzione delle teorie, dei metodi e di pianificazione e delle trasformazioni del paesaggio». L’iniziativa è stata promossa dalla sovrintendenza per i Beni architettonici e il patrimonio storico, etnografico e artistico del Sassarese e del Nuorese. Con l’apporto sostanziale dell’università turritana, che ha messo in campo le specifiche competenze della facoltà di architettura algherese, e degli Ordini provinciali degli architetti di Sassari e Nuoro.
 Inaugurata alle 15 di ieri, la mostra resterà aperta dalle ore 9.30 alle 13.30 e dalle 16 alle 18. L’esposizione presenta «una cospicua parte del notevole materiale grafico e fotografico relativamente all’arcipelago della Maddalena, ad altre zone del comprensorio gallurese e alla fascia orientale costiera del Nuorese».
 
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
AUTONOMIA 
Ricordo di Paolo Dettori L’identità e i codici
Comincia domani a Sassari nell’aula magna dell’Università il convegno «Paolo Dettori e la nuova autonomia». 
 di Guido Melis
I processi di delocalizzazione in atto implicano un effetto: che ciascun soggetto istituzionale (dallo Stato alla Regione, al Comune) non può più pensare di governare in proprio il territorio ma deve necessariamente accedere al concetto di governarlo in collaborazione e in interdipendenza con altri soggetti.
(segue a pag. 43)
Il tema della rete induce a discutere una delle parole chiave del lessico autonomistico sardo così come si è depositato nel corso di due secoli: la parola “identità”. In un libro famoso, che è stato per molti di noi un vero e proprio testo di studio - parlo de «La rivolta dell’oggetto» - Michelangelo Pira ci ha dato quello che considero il punto di elaborazione più avanzato e tuttora insuperato rispetto a questo controverso concetto.
 L’identità vista da Pira poggia sul concetto chiave della conflittualità dei codici (a sua volta esplorato magistralmente già alla fine degli anni Cinquanta da Antonio Pigliaru) e interpreta in questa specifica dimensione la realtà della Sardegna del dopoguerra. L’identità che Pira mette al centro della sua analisi non è però difesa museale di modi di produzione e di vita del passato. E’ viceversa la messa in valore del momento di comunicazione e di confronto tra i due mondi, quello della civiltà agropastorale e quello, diciamo per brevità, moderno; ricomposizione (per usare un sostantivo caro a Pira) dell’universo dell’ovile con quello della fabbrica, della campagna con la città e della fedeltà alla propria storia con la volontà di cambiarla, la propria storia. Questo, e non altro, è per Michelangelo Pira la “rivoluzione dell’oggetto”, che finalmente deve trasformarsi in soggetto attivo di storia.
 Sarebbe opportuno, credo, interrogarsi più a fondo, meglio di quanto forse non possiamo fare qui, in questa sede, sulla valenza che assume oggi il concetto di “identità” quasi trent’anni dopo il libro di Michelangelo Pira. Se ne fa, infatti, mi pare, un uso talvolta disinvolto, spesso approssimativo.

Pluralismo contro monopolio
 Nella rete che tiene insieme i soggetti che collaborano al governo del territorio, il radicamento dei vari livelli istituzionali nella propria storia, nei relativi contesti sociali e culturali, nei rispettivi linguaggi e codici è di fondamentale importanza, se si vuole che la dialettica complessiva della rete esprima pluralismo e varietà di apporti, e non invece monolitismo e monopolio culturale.
 Tuttavia, perché agisca positivamente, l’“identità” (nel caso specifico l’identità della Sardegna), non dev’essere intesa come autodifesa, né come separazione in chiave conservativa, né come riparo dalla modernità e dai suoi traumi, e neppure come idoleggiamento consolatorio del passato, come fuga salvifica nel su connottu davanti al “mondo grande e terribile”. Non dev’essere ridotta insomma (per citare ancora un’espressione di Pigliaru) alla dimensione provinciale del regionalismo chiuso.
 C’è un grumo di rigidità concettuale, c’è una visione lenta e arcaica del tempo storico che non possono sopravvivere nella dimensione dinamica del cambiamento veloce e dell’interconnessione che caratterizza l’epoca delle reti. Serve una revisione logica e concettuale del valore dell’identità. Serve, ci serve, un’identità flessibile, aperta, disponibile al confronto con l’esterno. Un’identità leggera e attiva, che giovi all’integrazione consapevole nel mondo, e non un fardello di resistenze passive all’integrazione.
 In termini più strettamente istituzionali tutto ciò si riflette nella ridefinizione di un’altra parola chiave dell’autonomismo del Novecento, la parola “specialità”.
 Nata nel dibattito costituente, per significare quella particolare condizione di disfavore tipica delle aree periferiche, insulari oppure di confine, storicamente e economicamente arretrate, la rivendicazione della specialità si è tradotta nel riconoscimento costituzionale di maggiore autonomia e di più estese competenze di quanto non se ne riconoscessero alle Regioni a statuto ordinario. Già l’istituzione negli anni Settanta delle Regioni a statuto ordinario posero in crisi la specialità e indussero più di uno studioso a interrogarsi sulla sua reale portata. Ma la riforma del Titolo V e ancor di più le nuove prospettive del federalismo vanificano adesso definitivamente quel privilegio e annullano quel riconoscimento. Ricontrattare la specialità, attraverso un nuovo Statuto, da definire con lo Stato, significa dunque essenzialmente identificare le competenze e i poteri che, ottenuti in più rispetto a quelli già riconosciuti alle altre Regioni, possano dare corpo, oggi, ad una “nuova condizione di specialità”.
 Su questo specifico punto, però, l’elaborazione di quella che possiamo chiamare genericamente la cultura autonomistica sarda è drammaticamente ferma. A differenza di quanto avvenne in preparazione del 1948, quando si svolse tra i partiti e nella società civile sarda un intenso e appassionato dibattito, il tema della nuova specialità è rimasto sinora fuori dall’arena politica. Non esiste oggi in Sardegna non dico un movimento di massa che sostenga e propugni la conquista del nuovo Statuto ma nemmeno il livello minimo di informazione su questa decisiva questione.

Una fase costituente
 Più o meno le stesse considerazioni si possono fare per quello che rappresenta l’altro momento fondante della nuova autonomia: la redazione cioè della nuova Legge statutaria (o, come vorrebbe chiamarla Pietrino Soddu, della nuova Legge fondamentale della Sardegna). Parlo della legge che, approvata a particolari condizioni dal Consiglio regionale, dovrà definire tutto ciò che sin da ora, a legislazione vigente e senza ulteriori richieste allo Stato, appartiene alla autodeterminazione della Regione sarda: principi generali, partecipazione dei cittadini alle istituzioni autonomistiche e rapporti tra queste e la comunità, forma di governo della Regione (poteri del presidente, della giunta, del consiglio, delle rappresentanze delle autonomie minori), esercizio dell’iniziativa popolare anche attraverso il referendum, ordinamento amministrativo della Regione ecc.
 Anche l’elaborazione di questa legge sta avvenendo comunque in un quadro di diffuso disinteresse, senza che se ne sentano echi al di fuori di gruppi molto ristretti di specialisti.
 Eppure non si tratta di questioni per soli professori di diritto. Eppure è su questa coppia di leggi (lo Statuto e la Legge statutaria o fondamentale) che si giocano molte delle sorti della nuova autonomia.
 In primo luogo si tratta - l’ho già detto - di dare sostanza alla specialità, identificandone i nuovi contenuti: materie come il governo dell’ambiente o come le servitù militari sono state già poste in evidenza dall’azione politica della giunta e del presidente della Regione. Si tratterebbe ora di dare a questa azione politica uno sfondo e una legittimazione istituzionale.
 Allo stesso modo, attraverso la Legge statutaria, dovrebbero trovare composizione le vistose contraddizioni attuali del modello di governo regionale. Siamo insomma di fronte a una specie di vero e proprio processo costituente. Una responsabilità storica pesante e impegnativa, che non potrà però avere esiti realmente positivi se non si riuscirà a condividerla collettivamente, coinvolgendovi l’intera comunità regionale.
 
 
Pagina 43 - Cultura e Spettacoli
IL PROGRAMMA 
Due giornate di dibattito
 
Il convegno «Paolo Dettori e la nuova autonomia» si apre domani alle 16.30 nell’aula magna dell’Università di Sassari. Parleranno per primi il rettore Alessandro Maida e il sindaco Gianfranco Ganau. Poi Pietro Soddu, presidente del Centro di studi autonomistici «Paolo Dettori», presenterà il convegno. La prima sessione ha un taglio storico-politologico e s’intitola «Il percorso dell’autonomia». A presiedere sarà Ugo De Siervo, giudice della Corte costituzionale. Le relazioni saranno di Manlio Brigaglia, Francesco Soddu, Guido Melis. Seguirà un dibattito con Maria Rosa Cardia, Giorgio Macciotta, Antonello Mattone, Andrea Raggio, Sandro Ruju.
 Venerdì alle 930 seconda sessione: «Le nuove autonomie speciali». Presiede, Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale. Relazioni di Paolo Carrozza, Piero Pinna, Giuseppe Verde, Spazio poi al dibattito con Alberto Azzena, Marcello Cecchetti, Omar Chessa, Pietro Ciarlo, Giammario Demuro, Mario Dogliani, Tommaso Edoardo Frosini, Simone Pajno, Camillo Troisio. Concluderà Giacomo Spissu, presidente del consiglio regionale Alle 15,30 la terza sessione: «Il sistema delle autonomie in Sardegna». Presiede: Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale. Il tema sarà sviluppato in una tavola rotonda con Benedetto Ballero, Antonello Cabras, Paolo Maninchedda, Giacomo Sanna, Mario Segni, Giammario Selis, Pietro Soddu, Antonello Soro. Concluderà, Renato Soru.
 
 
 
 
6 -  Corriere della Sera
ALLA CAMERA
Università, governo battuto sulla riforma dei docenti
ROMA - Governo bocciato sulla riforma dello stato giuridico dei docenti universitari. L’Aula della Camera ha approvato, con 187 sì e 183 no, un emendamento che cancella tutto il primo articolo del testo. Era il manifesto della riforma, un elenco dei principi che non entrava nel dettaglio. L’opposizione ha chiesto il ritiro del provvedimento: «L’Aula - ha detto Antonio Boccia, Margherita - ha definito non voluti i principi che informano la normativa. Continuare sarebbe gravissimo». D’accordo i ricercatori universitari che oggi cominceranno uno sciopero della fame e hanno annunciato il blocco degli esami per il 20 e 27 giugno. Ma per ora la discussione va avanti. E’ stato il presidente Pier Ferdinando Casini a spiegare i motivi della decisione: «Non viene meno l’intero provvedimento - ha detto - perché il primo articolo è il necessario presupposto logico e normativo del testo e quelli successivi hanno autonomia logica e normativa. Sarò garante che non possano rientrare dalla finestra principi sui quali l'Aula ha detto no». Ma è lo stesso Casini a riconoscere che il «problema politico è chiaro».
 
 
 
7 – Corriere della Sera
Intervista al primo ministro in visita a Parigi: «Disposto a ridiscutere lo sconto inglese se si rivede la destinazione dei fondi»
«Meno agricoltura, più ricerca Solo così salveremo l’Europa»
Blair si scontra con Chirac sul bilancio: «Tra di noi c’è un fossato» «La competizione con India e Cina si può vincere con le riforme»
Signor Blair un accordo sul bilancio europeo è possibile? «È possibile, a condizione che ciascuno comprenda che l’accordo deve essere equo per tutti. Come sapete, nel corso degli ultimi dieci anni il nostro contributo netto è stato due volte e mezzo superiore a quello della Francia. Senza lo sconto, sarebbe stato quindici volte maggiore. Non intendiamo tornare a una situazione nella quale saremmo noi a pagare di più, a meno che non si proceda a un fondamentale riesame del settore in cui impieghiamo questo denaro. Non sono del tutto contrario a discutere dello sconto, a metterlo sul tavolo e cercare un sistema razionale per finanziare il bilancio europeo. È però importante chiarire che lo sconto è solo un meccanismo volto a correggere un sistema di pagamento che, altrimenti, sarebbe grossolanamente ingiusto. La ragione dello sconto risiede nel fatto che continuiamo a spendere circa il 40 per cento del budget europeo per l’agricoltura».
Continua dunque a sostenere che prima di toccare lo sconto si debba ridurre la spesa agricola?
«Vorrei che l’intero bilancio fosse riesaminato. Se si vuole agire sullo sconto, occorre modificare il modo in cui funziona il sistema e rivedere le cause che sono all’origine del rimborso stesso».
Non è difficile chiedere alla Francia delle concessioni sull’agricoltura dopo il «no» al referendum, che ha già espresso una protesta contro l’Europa?
«Credo che la reazione negativa all’Europa sia la stessa in Francia, Olanda, Gran Bretagna e Germania, dove sarà senza dubbio molto difficile vincere un referendum, se ce ne sarà mai uno. Possiamo trarne una lezione e rispondere, oppure fare finta di nulla. So bene che secondo alcuni questa situazione rende ancora più importante la conclusione di un accordo sul bilancio. Un nuovo compromesso sulla questione dei finanziamenti, però, non risponderà alle vere aspettative. Che sono, quelle sì, fondamentali. Le persone ci domandano: "Intendete rispondere alle nostre inquietudini di cittadini europei?". Ciò che preoccupa la gente è l’economia, la globalizzazione, la spinta di Cina e India, le economie a bassi costi salariali che producono beni a forte valore aggiunto, la sicurezza, l’immigrazione, la criminalità organizzata, il traffico di esseri umani... Se indicassimo una direzione politica chiara su questi punti, avremmo in Europa un’atmosfera totalmente diversa».
In Francia, alcuni temono che la Gran Bretagna trascini l’Europa sulla strada di un club di libero scambio pronto a rinunciare all’integrazione politica...
«Desidero dirle una cosa molto chiara: noi siamo favorevoli al modello sociale europeo. Noi stessi abbiamo il nostro modello sociale. Spendiamo per combattere la disoccupazione più di qualsiasi altro Paese in Europa. Investiamo in istruzione più di chiunque altro. Abbiamo introdotto il salario minimo, migliorato il congedo parentale...».
Parlare di modello liberale anglosassone è dunque un malinteso?
«Sì. È assolutamente un malinteso. Siamo a favore di una dimensione sociale molto forte. Che, però, deve adeguarsi al mondo attuale. Nel mondo in cui viviamo occorre trovare continuamente il modo di adattarsi ed essere flessibili. La Cina e l’India lanciano una sfida maggiore, che preoccupa anche gli Stati Uniti. Il punto non è più sapere come Germania, Francia e Gran Bretagna si facciano concorrenza in Europa, ma sapere come noi affrontiamo il mondo esterno. Dovremo destinare il nostro denaro alla scienza, alla tecnologia, alle competenze, al sostegno alle piccole imprese».
La Costituzione europea vale la pena di essere salvata?
«Secondo alcuni sarei stato felice della vittoria del "no" al referendum francese. Non è così. Ero favorevole alla Costituzione. Continuo a pensare che sia necessario un buon sistema di regole per governare il futuro dell’Europa».
Ma la Costituzione ormai è morta?
«Non credo che si possa dire così. Questa non è certamente la posizione del mio Paese. Possiamo dire che se si elabora un insieme di regole e si tenta di imporlo alle persone senza contestualizzarlo né indicare una rotta, allora si va incontro a seri problemi. Il referendum l’ha reso evidente. Nel momento in cui l’Unione si allarga, soprattutto con la prospettiva dell’ingresso della Turchia, le persone si preoccupano, è naturale. Si preoccuperebbero di meno, però, se potessero scorgere la direzione globale nella quale stiamo andando e se potessero individuare un progetto».
È favorevole a rinviare la ratifica della Costituzione, oltre novembre 2006?
«Si può studiare una soluzione di questo tipo, non sono contrario. Penso che sarebbe sensato osservare una pausa di riflessione. La mia personale opinione è che per il momento non avrebbe senso proseguire con i referendum».
È possibile salvare in un altro modo alcuni elementi della Costituzione?
«È troppo presto per discuterne. La Costituzione è stata il risultato di un negoziato molto difficile. Ho constatato che i francesi si chiedevano se la Costituzione rendesse più o meno probabile un’economia liberale sul modello anglosassone. Non penso che la Costituzione risponda a questa domanda. Nessuna Costituzione può rispondere. Solo la politica può».
La sua presidenza dell’Ue, a partire dal primo luglio, si prospetta difficile.
«Sì, si prospetta difficile, ma dovremo tracciare una linea politica chiara. Dovremo lavorare alla riforma economica; assicurarci un parziale alleggerimento del fardello delle regolamentazioni imposte alle società europee; garantire che Bruxelles si concentri sulle questioni che interessano la popolazione, senza interferire lì dove non sia necessario, e che si agisca in maniera coordinata contro la criminalità organizzata e l’immigrazione. Senza tralasciare l’ambiente e il sostegno allo sviluppo. Occorre che le persone vedano che l’Europa agisce».
Due anni dopo la guerra in Iraq, cosa prova a vedere Chirac e Schröder impantanati nelle loro difficoltà politiche interne?
«Le loro difficoltà non hanno niente a che vedere con la guerra in Iraq. Anche a me la guerra ha causato grandi difficoltà politiche. Nutro profondo rispetto per questi due uomini. Ciò di cui sono convinto, è che riformare sia difficile. In Gran Bretagna, stiamo per avviare una profonda riforma dei finanziamenti alle università. Questo ci aiuterà a garantire il nostro futuro, ne sono convinto. C’è, però, un prezzo da pagare, anche in termini elettorali. Ogni mattina, quando mi sveglio, ciò che mi colpisce di più è, semplicemente, la velocità del cambiamento. L’Europa corre il rischio di rivelarsi un animale che evolve molto lentamente, in una giungla piena di antilopi.

Le Figaro/Agenzia Volpe
( traduzione di Maria Serena Natale )
Luc de Barochez Pierre Rousselin
 
 
 
8  - Marketpress.info
LA COMMISSIONE EUROPEA RENDE ANCORA PIÙ VELOCE LA PIÙ POTENTE INFRASTRUTTURA DI RETE ESISTENTE AL MONDO PER SCIENZIATI E STUDENTI
UTILIZZERÀ LA LUCE PULSATA (FOTONI) ANZICHÉ GLI ELETTRONI PER TRASPORTARE AD UNA VELOCITÀ DI 320 GIGABIT I DATI SCIENTIFICI
 
Bruxelles, 15 giugno 2005 - A partire da ieri Geant2, l’infrastruttura europea di rete per la ricerca all’avanguardia in campo mondiale, utilizzerà la luce pulsata (fotoni) anziché gli elettroni per trasportare ad una velocità finora mai raggiunta enormi quantità di dati scientifici. Cavi di fibra ottica scura in grado di offrire una capacità di trasporto fino a 320 gigabit al secondo vengono illuminati per processare dati destinati ad applicazioni avanzate, ad esempio esperimenti di fisica ad alta energia, o per collegare tra loro radiotelescopi situati in varie parti del mondo. La rete europea di ricerca metterà a disposizione di circa 3 milioni di utenti appartenenti ad oltre 3500 istituzioni universitarie di 34 paesi europei una potenza di calcolo senza precedenti. Rispetto ad analoghe reti per la ricerca esistenti negli Stati Uniti o in Asia, la novità di Geant2 consiste nell’utilizzo della fibra scura insieme alla più tradizionale tecnologia a banda larga, principalmente al fine di offrire alle scuole, tramite le reti partner, servizi di collegamento in rete per la ricerca. “Geant2 rappresenta realmente un gigantesco passo in avanti. Grazie a questa rete moderna, faremo in modo che in Europa i ricercatori possano usufruire di una connessione più stabile e veloce che in qualsiasi altra parte del mondo”, ha dichiarato il Commissario per la società dell’informazione e i media Viviane Reding in occasione dell’inaugurazione della nuova rete avvenuta oggi a Lussemburgo. A seguito di un importante lavoro di modernizzazione della rete, Geant2 è in grado di fornire una sorta di servizio di “roaming” su scala europea, che consentirà agli scienziati di accedere alla rete e all’ambiente di lavoro dell’università di appartenenza in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo si trovino. Nel campo della radioastronomia Geant2 permetterà di osservare l’universo in tempo reale, collegando tra loro i radiotelescopi di tutta Europa. L’originaria rete Geant è stata la prima rete paneuropea multigigabit di comunicazione dati ad essere utilizzata a fini di ricerca e istruzione, dall’Islanda fino al Caucaso e ancora oltre. Geant ha permesso di dar vita alla più grande comunità interconnessa di scienziati e studiosi universitari esistente al mondo, consentendo la condivisione dei dati ottenuti dalle attività di ricerca a velocità mai raggiunte prima. Questa possibilità ha attirato in Europa una serie di attività di ricerca di punta, dalle applicazioni basate sulla nuova versione 6 del protocollo Internet fino alle griglie computazionali (grid computing). Geant ha anche trattato petabytes di dati provenienti dal grande acceleratore di adroni del Cern. Dal punto di vista finanziario, Geant2 è il risultato degli sforzi congiunti intrapresi a livello europeo e nazionale. Il contributo destinato dalla Commissione europea a questo progetto ammonta a 93 milioni di euro (cfr. Ip/04/1058), pari a poco meno della metà del costo totale. Il resto è finanziato dalle reti nazionali per la ricerca e l’istruzione. Senza il finanziamento dell’Unione europea, Geant continuerebbe a funzionare come oggi, ma perderebbe il suo lato innovativo e dovrebbe rinunciare ad un ruolo di primo piano sul mercato. La promozione di reti a banda larga sicure e ad alta velocità in grado di offrire un contenuto ricco e diversificato è uno dei principali obiettivi della nuova strategia della Commissione “i2010 – Società dell’informazione europea 2010” (cfr. Ip/05/643). La strategia i2010 mira a promuovere la crescita e l’occupazione mediante il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Http://www.geant2.net
 
 
 
09 – Marketpress.info
NUOVE INIZIATIVE A SOSTEGNO DELLA FORMAZIONE E DELLA RICERCA SULLA REGOLAZIONE DEI MERCATI DI ELETTRICITÀ E GAS 
 
Milano, 15 giugno 2005 - L'autorità per l'energia elettrica e il gas ha concordato ieri nuove iniziative di formazione e ricerca, sulla regolazione dei mercati di elettricità e gas, con le Università Luigi Bocconi di Milano e Tor Vergata di Roma. Queste iniziative si svolgeranno nel periodo 2005-2008, e permettono la realizzazione di stage presso gli uffici dell'Autorità per gli studenti che partecipano a master universitari sull'energia. I giovani selezionati saranno accolti già a partire da settembre prossimo, e potranno così continuare la propria formazione presso l'Autorità per il periodo di un anno. Questi accordi a sostegno della formazione fanno seguito al successo dell'analoga iniziativa già avviata con il Politecnico di Milano. L'autorità riconosce grande valore alla collaborazione con prestigiosi istituti di ricerca e di studio, e promuoverà ulteriori intese di questo tipo con altre università al fine di contribuire concretamente alla formazione professionale e scientifica dei giovani sul tema della regolazione nel settore dell'energia.
 
 
 
10 – Marketpress.info
ELEARNING E SCUOLA: A ROMA UN CONVEGNO SU “NUOVE METODOLOGIE E TECNOLOGIE IN AULA VIRTUALE” 
 
Roma, 15 giugno 2005 - Si terrà a Roma lunedì 20 giugno (a partire dalle ore 14.00) il convegno “Nuove metodologie e tecnologie in aula virtuale”, evento organizzato dal Master in Storia e Storiografia Multimediale dell’Università Roma Tre con lo scopo di analizzare e dibattere degli ultimi ritrovati della tecnologia applicati al processo formativo nella scuola italiana. Il convegno sarà aperto dall’Ing Alessandro Musumeci, Direttore Generale del Servizio Sistemi Informativi del Miur, che dichiara: “Il mondo della scuola italiana è in fase di rapido cambiamento sulla spinta di un processo di riforma, che avviato nel 2003, è ormai in fase di attuazione negli istituti di ogni ordine e grado. Uno degli elementi di maggior risalto nell’ambito di tale processo evolutivo è costituito dalla graduale mutazione del modello didattico delle scuole che, utilizzando l’informatica come abilitatore per un nuovo ambiente pedagogico-didattico, passano da una scuola “auditorium” orientata essenzialmente al “sapere”, ad una scuola “laboratorio” rivolta alla valorizzazione anche del “saper fare” e del “saper essere”. Il convegno del 20 giugno presso l'Università di Roma Tre, farà il punto sulle metodologie e sulle tecnologie più adatte per favorire questa transizione, stimolando la formazione e riqualificazione dei docenti” Seguirà l’intervento della D.ssa Antonia Pasqua Recchia, Direttore Generale del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, che tratterà delle nuove tecnologie a disposizione per comunicare in maniera adeguata il “bene culturale”. Sarà poi la volta di aziende e operatori impegnati nel processo di integrazione delle nuove tecnologie nel processo di formazione e apprendimento in ambito scolastico: Davide Palummo, direttore commerciale Italia di Giunti Interactive Labs, società new media ed eLearning di Giunti Editore, parlerà delle metodologie e dei servizi offerti al fine di automatizzare la produzione di contenuti formativi. In particolare verrà presentata “learn eXact”, piattaforma completa per creare, gestire ed erogare tali contenuti. Verrà quindi presentata la più che decennale esperienza della Giunti Labs nella produzione di corsi eLearning e di supporti multimediali all’apprendimento, esperienza arricchita da una metodologia d’avanguardia, la Cem (Course Engineering Methodology). La metodologia Cem coniuga gli strumenti multimediali e tecnologici con il più rigoroso rispetto dei principi pedagogici, in modo da realizzare efficaci esperienze di apprendimento nei vari ambiti applicativi: Scuola, Università, Imprese, Pubblica Amministrazione, Sanità. Patricia Ulles (Gtc Ocalcomp), presenterà quindi la suite Interwrite per il supporto multimediale ed interattivo alla didattica, ed in particolare: Schoolboard, la lavagna interattiva per dare supporto alla didattica, nelle attività di collaborazione, nella formazione a distanza, nelle presentazioni, conferenze e videoconferenze; Schoolpad, la tavoletta interattiva, uno strumento senza fili che permette agli insegnanti di coinvolgere gli studenti da qualsiasi posto dell'aula; i Prs di Interwrite, funzionali all’attività di valutazione e all'interazione: usando i trasmettitori infrarossi senza fili tutti gli allievi possono rispondere alle domande con l’uso di semplice di un tasto; iPanel, lo schermo Lcd interattivo da podio o scrivania: un professore che insegna da un podio o da una scrivania con il iPanel può aggiungere dalla sua posizione le annotazioni al materiale digitale proiettato sulla lavagna. Sergio Venturino (direttore di Know K) parlerà di “Web Learning”, portale scolastico che ospita servizi di formazione, gestionali e di cooperazione per insegnanti/alunni/famiglie e per il personale amministrativo. L'obiettivo è rendere possibile, grazie all'apparato tecnologico, lo scambio e la circolazione di informazioni che appaiono elementi indispensabili per una scuola che si adegua alle moderne tecnologie dell’informazione basate su Internet. La scuola si presenta sul portale utilizzando un modello che consenta alle famiglie, agli studenti e agli operatori della scuola una comunicazione bi direzionale semplice ed efficace. L’utilizzazione del portale nell’ambito di una attività formativa è finalizzata ad incentivare l’impiego della rete Internet affinché gli utenti destinatari possano usufruire di sostanziali benefici connessi alla immediata disponibilità delle informazioni: diffondere, rendere omogenea, tempestiva e facilmente fruibile la comunicazione. Il portale si configura soprattutto come un sito interattivo e quindi lo sviluppo del suo utilizzo consente alle scuole di ottenere anche incrementi di efficienza con l'adozione di nuovi strumenti tecnologici e di stimolare processi di miglioramento continuo. Mario Cester, infine, presenterà Easymultimedia, una soluzione di authoring multimediale avanzata ed innovativa che consente un’estrema semplicita' di utilizzo, una notevole flessibilita' editoriale, un'alta qualita' dei contenuti prodotti e una quasi totale indipendenza dalle modalita' di utilizzo dei contenuti. La semplicita' di utilizzo permette ai docenti di realizzare direttamente i contenuti, migliorando la qualita' finale dei learning objects e riducendo drasticamente i costi di produzione, favorendo cosi' un piu' ampio utilizzo dell'eLearning nella formazione. Sarà mostrato come esempio anche un modulo didattico multimediale, realizzato nell'ambito del Master in Storia e storiografia multimediale, ed elaborato con Easymultimedia per accrescerne la comprensione e la memorizzazione. Il Master in Storia e Storiografia Multimediale Il Master in Storia e Storiografia multimediale, diretto dalla prof. Pia G. Celozzi Baldelli, per l’Università degli Studi Roma Tre, quest’anno alla sua Vi edizione, ha come tema: “La storiografia multimediale: cultura@territorio@solidarietà”, nell’ambito di un progetto formativo generale illustrato nel sito www.Storiamultimediale.it  . Esso valorizza le risorse culturali dei laureati in materie umanistiche, rendendoli autonomi nell’impiego delle tecnologie interattive multimediali. L’utilizzazione di tali tecniche è sempre più richiesta nella didattica e nella gestione museale, ma anche in ogni professione tradizionale o innovativa. I giovani umanisti vengono preparati, attraverso l’apprendimento e l’utilizzazione di metodologie d’avanguardia nelle Ict e nella creazione di documentari, a offrire importanti contributi nel processo di innovazione tecnologica, attualmente in corso nelle pubbliche amministrazioni e nelle attività produttive, per la gestione di una società complessa come l’attuale, sempre più orientata verso la comunicazione multimediale.
 
 
 
12 – Il Tempo
RICERCATORI universitari, dottorandi e studenti sul piede di guerra.
di NATALIA POGGI
 
Questa mattina si ritroveranno a piazza Montecitorio per presidiare la Camera dei Deputati mentre in aula si discute il Ddl sullo stato giuridico dei docenti universitari: «Faremo sentire con la massima forza il dissenso del mondo universitario nei confronti di una legge che sancisce la morte dell'Università moderna nel nostro Paese». La protesta potrebbe impedire le sessioni di laurea di giugno, le commissioni d'esame nella settimana dal 20 al 27 e mettere a rischio gli incarichi di docenza per il prossimo anno accademico hanno precisato in una nota il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (Cnru). Il Ddl approvato a maggioranza dalla VII Commissione della Camera lo scorso giugno è stato bocciato all’unanimità da tutte le componenti del mondo accademico. Uno dei punti di maggior contrasto riguarda la sospensione sine die dei concorsi per ricercatori. Tra le proposte migliorative avanzate e ritenute irrinunciabili dal Cnru c'è invece la richiesta di una distinzione netta tra meccanismi di reclutamento e di progressione di carriera. Altre richieste sono «il riconoscimento del ruolo di professore per i ricercatori; il reclutamento di 20 mila nuovi docenti per far fronte ai prossimi pensionamenti; e l'unicità del contratto di ricerca dopo il dottorato, di tipo subordinato e di durata non superiore a 3 anni». Nel Ddl, secondo i suoi oppositori, s’individuerebbe una grande ope legis che consentirebbe a determinate categorie di persone di diventare docenti universitari non per merito, ma in base a criteri di anzianità. Oggi a Montecitorio ci sarà anche la Rete Nazionale Ricercatori Precari. L'associazione si riunirà provocatoriamente in preghiera contro la riforma Moratti. Tra le forme di proteste che i ricercatori hanno intenzione di mettere in atto c’è anche lo sciopero della fame che alcuni membri del Coordinamento attueranno in diverse sedi universitarie. (14.6.05)
 
 
 

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie