Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
23 June 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 24 – Provincia di Cagliari
Silius. La tragedia ieri pomeriggio, l'uomo è spirato durante il viaggio in ascensore
Morte a cinquecento metri sotto terra
Minatore salva due studiosi dalla frana che poi lo uccide
Ha salvato due vite, ma non la sua. Gianni Moi, 47 anni, di Silius, sposato e padre di due bambini di 12 e 9 anni, è morto ieri pomeriggio travolto da una frana di argilla in miniera, cinquecento metri sotto terra. Stava accompagnando tra le gallerie due ricercatori universitari impegnati nel rilevamento dello stato di salute dell'aria in miniera: si era accorto del pericolo e, con un grido, li aveva invitati a fare qualche passo indietro. La frana ha colpito lui. i soccorsiMoi era uno dei sorveglianti della miniera. Per un attimo si è sperato in un miracolo: colpito al capo dalla frana, l'uomo non ha perso conoscenza, ma poi si è accasciato ed è stato subito soccorso da due minatori e dai due tecnici che avevano assistito al crollo. Il sorvegliante è stato adagiato sull'ascensore. Intanto l'allarme era già scattato. Quando in miniera è arrivata un'unità medicalizzata, la tragedia si era già consumata: Gianni Moi era morto, ucciso dalle gravi ferite al capo. Dopo quattro anni, nella miniera di Silius, il più grande polo del fluoro in Europa, è così tornata la morte: terribile, sconvolgente. Fuori, le montagne del Gerrei sembravano più tristi del solito. Il cielo, nero, riversava acqua a catinelle. L'ultima vittima era stata un polacco. Quattro anni fa. indaginiDella vicenda si occupano ora la polizia mineraria e i carabinieri di San Nicolò Gerrei e della Compagnia di Dolianova. Il magistrato, Gaetano Porcu, ha messo sotto sequestro la parte del cantiere minerario dove si è verificata la frana. La salma, a tarda sera, è stata trasportata all'obitorio di Silius. Oggi, forse, verrà effettuata la perizia necroscopica. A Silius è lutto cittadino: grande, grandissimo il cordoglio. Nella casa di Gianni Moi, in via Verdi, si sono riversate centinaia di persone. La moglie Anna Gioia ha saputo subito, comprensibili le scene di disperazione. La notizia è arrivata in diretta in Consiglio comunale: a darla, è stato un autotrasportatore. Tra i consiglieri, anche un nipote della vittima, Matteo Mascia. Il sindaco Giuseppe Erriu ha interrotto subito i lavori, poi tutti in miniera. Un silenzio terribile. È arrivato anche il presidente della Nuova mineraria Silius, Piero Fois, assieme al presidente della Comunità montana, Pino Cogodi. la dinamicaL'incidente si è verificato verso le 15,40. Seconde le prime notizie, il sorvegliante stava accompagnando due studiosi che avevano il compito di effettuare un check-up: un controllo di routine per verificare la salubrità dell'aria. Qualche ora prima, alcuni minatori avevano preparato una "carica" per un'esplosione che sarebbe dovuta avvenire più tardi. Durante il tragitto in galleria al primo livello 100, ossia a 500 metri sotto il livello del mare, uno dei tecnici sarebbe stato sfiorato da un po' d'argilla che si era staccata dalla volta. Non sembrava preoccupante: Moi ha comunque invitato tutti ad allontanarsi, a tenersi a distanza di sicurezza. Immediatamente dopo, il crollo (pare un metro cubo di argilla) che ha travolto il sorvegliante. Immediati i soccorsi: con i due tecnici, due minatori (Marco Melis e Francesco Lallai. Il ferito è stato subito liberato dalle macerie e dava ancora segni di vita, ma è morto sull'ascensore. Era nipote di Salvatore Caredda, morto nella stessa miniera 20 anni fa. Lavorava in miniera dall'inizio degli anni Ottanta.
Raffaele Serreli
 
 
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
POLICLINICO
Corso sui farmaci biologici
 
 CAGLIARI. “Innovazioni terapeutiche in Oncologia medica” è il titolo del corso d’aggiornamento, riservato a medici oncologi provenienti dalla Sardegna e dalla Penisola, che si terrà oggi e domani nell’Aula didattica del Policlinico universitario di Monserrato. Scopo del corso è aggiornare i medici oncologi sulle più recenti novità della terapia con i farmaci “biologici”. (s.z.)
 
 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
ARCHITETTURA
Tutela dell’edilizia di base
 
 CAGLIARI. “Tutela e valorizzazione dell’edilizia di base e dell’architettura regionale: caratteri, tecniche e tipologia” è il titolo del seminario internazionale in programma domani e sabato nell’aula magna del Dipartimento di Architettura, in via Corte d’Appello. Ad aprire i lavori, domani alle 9.30, saranno il rettore Pasquale Mistretta e Enrico Alfonso Corti, direttore del Dipartimento d’architettura. (s.z.)
 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
OCCUPAZIONE
Studenti impiegati in biblioteca
 
 SASSARI. Dipartimenti e biblioteche dell’ateneo danno lavoro agli universitari che saranno impiegati in attività varie all’interno delle strutture. È stato infatti pubblicato il bando per le collaborazioni studentesche per il 2006. I requisiti richiesti sono sempre gli stessi.
 Il numero degli esami (i due quinti di quelli previsti nel piano di studi) e il reddito familiare. Sono esclusi gli studenti iscritti al primo anno e quelli fuori corso da più di due anni.
 Le domande dovranno essere presentate entro il 29 luglio. I moduli si possono ritirare all’ufficio Affari generali. Il bando è disponibile sul sito www.uniss.it.
 È senz’altro una buona occasione per fare esperienza nel mondo del lavoro e testare anche le proprie attitudini.
 
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 28 - Sassari
Sabato un incontro-dibattito promosso da Mistea nel chiostro di San Francesco 
«Aree protette, motore di sviluppo»
  ALGHERO. «Aree protette: un sistema da costruire, motivo e motore di sviluppo per il territorio» è il tema dell’incontro-dibattito che si terrà sabato, alle 9, nel chiostro di San Francesco. L’iniziativa è organizzata dall’associazione Mistea (Modelli integrati di sviluppo turistico e ambientale), in collaborazone con il Liceo «Azuni» di Sassari. All’incontro, che sarà moderato da Antonello Paba (facoltà di Scienze politiche-università di Sassari), interverranno Alessandro De Martini, direttore generale Difesa dell’ambiente della Regione, Oliviero Carboni (Crenos, facoltà di Economia-università di Sassari) e Santiago Llacuna Claramunt, direttore del Parc natural del Garraf, in Catalogna. Seguirà una tavola rotonda per discutere sulle prospetive di sviluppo legate all’attuazione della Rete ecologica regionale sulla base dei nuovi disegni normativi e dell’evoluzione della domanda e dell’offerta turistica. I lavori dedicheranno particolare attenzione alle problematiche legate alla creazione di un sistema integrato di gestione dei Sic, i siti di importanza comunitaria, ed è prevista la partecipazione dei rappresentanti di tutti i comuni della provincia e delle associazioni di categoria.(a.re.)
 
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Sardegna
Consiglio regionale 
Emigrazione, «sì» ai tre esperti scelti dalla giunta
 
 CAGLIARI. Il consiglio regionale ha detto si’, con un solo voto di scarto (25 a favore, 24 contro e 1 astenuto) e tra molte polemiche ai tre esperti proposti dalla giunta Soru come membri della Consulta per l’emigrazione. I tre sono Gabriele Gabriele Cappai, residente in Germania dov’e’ professore di sociologia all’universita’ di Bayreuth; Giovanna Corda, insegnante di scienze economiche in un liceo in Belgio, dov’e’ stata vicesindaco a Boussu; Paola Atzeni, già docente della prima cattedra istituita in Italia di Storia della cultura materiale  (Universita’ di Cagliari).
 
 
 
7 – Corriere della Sera
Decleva attacca la riforma: ricercatori penalizzati Il rettore della Statale: a rischio progetti e innovazione. Diana Bracco: gli atenei si adeguino ai tempi del mercato
MILANO. L’occasione: la cerimonia di consegna dei diplomi ai dottori di ricerca in Statale. L’accusa del rettore: «Il progetto di riforma dello stato giuridico dei docenti è velleitario. Lo scandalo è aver introdotto la figura imprecisa di professore aggregato che non ha niente a che fare con la ricerca. È un provvedimento clientelare». Lo sprone del presidente degli imprenditori: «Il sistema universitario deve imparare a comprendere le esigenze delle imprese, a tener conto dei tempi che il mercato impone». Enrico Decleva e Diana Bracco. A confronto davanti a 349 giovani ricercatori che ieri festeggiavano il loro diploma. Il primo a prendere la parola è Decleva, rettore dell'Università degli Studi e vicepresidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui). Orgoglioso per i suoi studenti e furioso per il disegno di legge sui professori universitari: «Un pasticcio normativo frutto di un lavoro legislativo non accettabile. Si tratta di un articolato di cui oggi nessuno vuole più assumersi la paternità. E che pretende di fare interventi sostanziali senza finanziamenti».
Decleva non si fa illusioni: «La nostra situazione è sana, ma non florida. Non ci sarà una lira in più per i giovani ricercatori».
Lo «scandalo vero», per il rettore e per tutto il senato accademico, sarebbe il conferimento del «titolo di professore aggregato» che «servirà a richiamare personale che non ha nulla a che fare con la ricerca». Ancora. Un provvedimento «che introduce una struttura clientelare».
La platea muta ad ascoltare. Nell’aula magna di via Festa del Perdono non vola una mosca. Poi un auspicio: «Che malgrado le difficoltà ci sia un futuro di soddisfazioni per i dottorandi». E uno scatto d’orgoglio: «Siamo considerati una banda di malfattori, ma produciamo bravi ricercatori che trovano lavoro all’estero. Allora un certo merito ce l’abbiamo ancora, anche se bisognerebbe che i capaci tornassero».
Applausi e l’intervento di Diana Bracco, neopresidente di Assolombarda. Tra analisi e stimoli per il futuro. «Occorre realizzare condizioni favorevoli allo sviluppo del dottorato potenziando le occasioni di scambio con le imprese». Secondo la presidente degli imprenditori milanesi «i giovani ricercatori devono acquisire sul campo sia competenze manageriali, sia la voglia di tradurre in iniziative imprenditoriali la loro cultura scientifica».
Quindi Milano. «È una realtà di eccellenza - continua Diana Bracco - ma l’impresa che si sviluppa a Milano tiene contro dell’alta formazione? Ed esiste davvero un osmosi tra mondo accademico e delle imprese? Purtroppo, non ancora quanto vorremmo. Certo, qui c’è un humus favorevole all’innovazione. Ma il sistema universitario deve fare propria la cultura del rischio».
A. Sac.
 
 
 
8 – Corriere della Sera
Se non gli piace la Moratti, non stenta a dire che tutto ...
Se non gli piace la Moratti, non stenta a dire che tutto cominciò con il ministro Berlinguer. Lo scempio della scuola italiana, s'intende. Come critico, Giulio Ferroni sta dalla parte degli «eclettici diffidenti»; come intellettuale che guarda alla politica sta dalla parte dei diffidenti tout court . A 62 anni, dopo aver arato la letteratura italiana, dal Rinascimento a Pirandello fino alla contemporaneità, non ha certo scelto le mezze misure. E nel suo nuovo libro I confini della critica (Guida) rivendica insieme una coscienza storica e un temperamento militante. Per questo, la scuola gli sta particolarmente a cuore: «Berlinguer e poi la Moratti sono responsabili della generale tendenza all'evaporazione del sapere, che va di pari passo con l'evaporazione della critica. Il sapere e l'apprendimento comportano sforzo, passione, pazienza. Tutta roba che il pedagogismo imposto sempre più nella scuola tende a ridurre, proponendo metodi più allettanti. Già Adorno, parlando dei tabù dell'insegnamento, diceva che l'importante non è persuadere». Ferroni premette che la critica letteraria è necessariamente un lavoro solitario, ma non nega di aver sentito una esigenza di militanza nella fase successiva a Mani pulite, quando «sembrava che stesse crollando il vecchio sistema culturale». Ne nacquero le Lettere a Belfagor pubblicate nel '94 con lo pseudonimo di Gianmatteo del Brica, dove si polemizzava con i modelli della cultura italiana, a cominciare da quelli di sinistra: «Ho partecipato alla fondazione di Reset pensando che fosse un modo per intervenire criticamente, ma non sono mai stato un militante interno».
Oggi, dopo appena un decennio, le priorità sono altre. Per esempio quella ecologica: «Lo sfacelo fisico e materiale del globo è legato a una logica economica che concepisce se stessa come modello infinito di sviluppo: una sinistra davvero moderna, non romantica né anarchico-rivoluzionaria, dovrebbe farsi sentire su questi temi, invece è trascinata come tutti dalle esigenze del presente e manca di coraggio. In Italia, ma non solo in Italia, non vedo un pensiero filosofico-politico, si fanno solo conflitti tra neoconservatori che sono in difesa distruttiva del modello occidentale e una risposta no global deformata in senso anarchicheggiante». Se si passa ai critici italiani, Ferroni vede due schieramenti, non propriamente politici, ma metaforicamente animali: gli elefanti e le farfalle. Quelli che si chiudono nel tecnicismo esasperato e nelle minuzie filologiche senza vedere altro. Quelli che svolazzano nell'indeterminatezza, «indulgono all'estetismo di superficie, labile e sfarfalleggiante, appunto».
Siamo lontani dai tempi della critica politica. Per esempio, dalle polemiche agguerrite dei Quaderni piacentini : «Non potrebbero più esistere cose del genere, allora la polemica culturale aveva un rilievo sociale che oggi non ha. Quegli stessi intellettuali oggi farebbero un flop, perché non c'è più una coincidenza tra progetto politico e progetto culturale: la politica può trovare una coincidenza solo con la tv, la pubblicità, lo sport». Siamo anche lontani dalla critica semiotica ai mass media: «Quel tipo di semiotica ha ridotto a schemi la decodifica dei meccanismi della comunicazione: mi pare che la tentazione classificatoria sia andata a danno delle intenzioni critiche di partenza, fino a delineare una sorta di complicità. La famosa fenomenologia di Mike Buongiorno, scritta da Umberto Eco, finiva per sottoscrivere una moda, un rilievo sociale. Lo stesso è accaduto in Francia con Barthes, il quale non a caso a un certo punto ha superato la semiotica dei miti d’oggi».
Dunque gli intellettuali di una volta oggi resterebbero a casa in pantofole? «Farebbero quel che fanno gli attuali, che guardano tutto dalla propria solitudine. Certo, non è detto che sia male: Gadda non era certo uno scrittore impegnato ma era molto sensibile al presente, parlando dell'ossessione degli oggetti che ci invadono; lo stesso Zanzotto da Pieve di Soligo continua a interrogare il modificarsi catastrofico dei del clima». E i critici? «I maestri della critica una volta almeno tenevano alto il livello della coscienza: Fortini, Sciascia... Pasolini vedeva il mondo con acume, anche se forse oggi non regge molto, però era capace di guardare in alto, affrontava le grandi questioni e sapeva farle ricadere sul pubblico. Oggi conta l'etichetta di schieramento e il rilievo mediatico. Vasco Rossi è diventato un maestro celebrato in università. Sono sorpreso che gli intellettuali lo apprezzino come un modello da proporre ai giovani. Ma l'università tratta gli studenti come clienti e qualunque modo di farsi pubblicità è buono. Poi succede che la laurea ad honorem venga rifiutata a un cantante ben più degno, come Battiato, per il voto contrario di uno studente. Deformazioni della democrazia assembleare...».
Al militante che non è mai stato interno, non resta che guardare indietro? «C'è stato qualche personaggio politico, magari di idee diverse dalle mie, che è stato per me un esempio di rigore. Io forse ho ancora una forte nostalgia resistenziale, ma penso a gente come Umberto Terracini e Riccardo Lombardi, persone capaci di un grande impegno tra razionalità e rigore etico. E poi un azionista come Ferruccio Parri. Berlinguer l'ho sempre molto apprezzato anche senza condividerne in pieno le posizioni; perfino La Malfa, il padre naturalmente, con le sue asprezze...». Oggi Ferroni confida in Prodi più che in Veltroni: «Veltroni non è una mosca bianca, come tanti altri sente l'esigenza di rispondere alle esigenze mediatiche».
L'intreccio tra politica e letteratura in Italia ha vissuto momenti migliori. O peggiori, a seconda dei punti di vista. «Negli anni 50, credo come riflesso della Resistenza, molti scrittori e critici sono stati anche militanti, poi con il '56 staccarsi dal Pci è stata un'operazione politica forte e sofferta. L'aspetto curioso è che non sempre il valore delle loro opere letterarie coincideva con la capacità di visione critica sul presente. Leggere oggi il Montale della Bufera per capire quel tempo è molto più utile che leggere, che so, Vittorini, il quale fu un grande animatore e organizzatore di cultura, ma i suoi risultati letterari ormai appaiono evanescenti». Dunque, Montale. E poi? «Basta pensare alla forza di Fenoglio, che pure era uno scrittore del tutto appartato rispetto a Vittorini e che ancora oggi stenta a entrare nelle letture dei nostri connazionali».
Se è vero che la letteratura italiana del dopoguerra si connota come letteratura di sinistra, finisce che l'attenzione sul presente viene fuori meglio da scrittori considerati conservatori o residui del passato? «Beh, a volte succede, penso ancora a Gadda, ma anche a un poeta che veniva considerato un democristiano come Luzi e che ha molto lavorato nel cogliere le trasformazioni del mondo». Un'eccezione forse potrebbe essere Bilenchi: «Bilenchi si è accostato molto presto alla politica, ha fatto una militanza continua ma senza essere subalterno come scrittore: la sua attività letteraria non coincide con la militanza politica nel Pci. E' come se in lui ci fosse una doppia personalità». Altro caso curioso è quello di Fortini: «Secondo me, il migliore è quello degli ultimi anni, con la raccolta poetica Composita solvantur , dove viene mostrata la parte in ombra del suo voler sempre sviscerare il moralismo e la politicità. Non rinunciò mai, in definitiva, al suo leninismo ossessivo, pur criticamente, finché negli ultimi anni, quando finisce per negare la sua stessa politicità, emergono le cose migliori. I saggi degli anni 60, tipo Verifica dei poteri , rivelano parametri, elementi di fede e prospettive politico-escatologiche inquietanti. Fortini faceva esplodere dall'interno le proprie contraddizioni al di là delle sue stesse intenzioni. Era davvero un ospite ingrato». Romano Luperini non sarebbe d'accordo: «Secondo me, Fortini non è riuscito a intuire la deriva di tante illusioni del '900». A proposito di Luperini, si può condividere la sua idea di una nuova modernità che, dopo le Torri gemelle, ha definitivamente superato il postmoderno? «La visione ottimistica dello scorrimento telematico e della riduzione dei conflitti, tipica del postmoderno, non ha portato a un'apertura ma a un'ulteriore chiusura. Vedo un mondo che si gira in se stesso: mi pare che le strade della modernità non si siano riaperte ma si siano chiuse per sempre con i conflitti tra fondamentalismi. Al postmoderno come deriva dell'alleggerimento, simbolicamente rappresentato dall'informatica, si è sostituito un orizzonte distruttivo».
Ma tornando alla visione politica della letteratura, Luperini ha per esempio rivalutato Verga come autore della modernità. Eppure, politicamente Verga si può definire un intellettuale reazionario: «Indubbiamente qui ha ragione. Verga è uno di quegli scrittori che pur partendo da posizioni molto conservatrici sono riusciti a cogliere le contraddizioni del proprio tempo e il mondo nuovo attraverso la scrittura. Invece spesso è stato liquidato come passatista. C'è una forza conoscitiva interna alla scrittura che spesso va al di là del pensiero politico degli scrittori: ho citato Gadda e Verga, ma la stessa cosa si potrebbe dire per Dante. Come si fa a parlare di un Dante reazionario, se nelle sue opere riesce a dare un'immagine critica sconvolgente della sua contemporaneità?».
 
Il professore
Giulio Ferroni è nato a Roma nel 1943. Allievo di Walter Binni, in un primo tempo si è dedicato allo studio del teatro del Rinascimento e del Settecento, per poi estendere la sua ricerca alla produzione letteraria contemporanea Critico, saggista e collaboratore di diverse testate, dal 1982 insegna Letteratura italiana all’Università di Roma La Sapienza
Tra le sue opere, la «Storia della letteratura italiana» in 4 volumi, «Dopo la fine» e «La scuola sospesa» editi da Einaudi; «La scena intellettuale. Tipi italiani» (Rizzoli); «Passioni del Novecento» e «Machiavelli,
o dell’incertezza» pubblicati da Donzelli. Con lo pseudonimo di Gianmatteo del Brica, ispirato a Machiavelli, ha pubblicato le «Lettere a Belfagor» (Donzelli)
 
 
 
9 – Corriere della Sera
Quelle inchieste di Iacona: poche ma buone
U na all’anno ma buona. Le inchieste di Riccardo Iacona non sono frequenti ma lasciano il segno, come quella ormai famosa sulle vacanze in Sardegna. Adesso si è occupato della ricerca scientifica in Italia, un buco nero che a breve termine potrebbe avere ripercussioni devastanti, visto che il nostro Paese investe in questo settore circa la metà delle risorse rispetto alla media europea: «W la ricerca» (Raitre, martedì, ore 21). Chi conosce appena un po’ l’ambiente universitario sa che la condizione dei giovani laureati, degli assegnisti, dei contrattisti, dei ricercatori è umiliante. L’inchiesta non si abbandona a lamentazioni generiche (almeno, non solo: la fuga dei cervelli, le baronie accademiche, i concorsi per cooptazione, l’endemica mancanza di mezzi e risorse), che spesso lasciano il tempo che trovano ma propone alcuni casi concreti, clamorosi. Come quello del ricercatore Dario Farina, «sacrificato» al Politecnico di Torino per un collega più «protetto» e assunto con grande soddisfazione in Danimarca, o quello di Alessandra Zanzara, ora brillante e ben pagata ricercatrice negli Stati Uniti, o quello di Lucio Luzzatto, genetista di fama internazionale, licenziato in tronco dall’Istituto dei tumori di Genova per un pretesto parso meschino. Ci sarebbe poi (l’inchiesta non ne ha parlato) la situazione, altrettanto drammatica, dei ricercatori delle materie umanistiche che non godono nemmeno del diritto della lamentazione pubblica. Straordinaria la battuta di un giovane medico: «I cognomi nell’Università italiana sono sempre ridondanti». La prossima inchiesta di Iacona si chiamerà «W la Rai», un altro «servizio pubblico» dove si entra per cooptazione e i cognomi, per legge atavica, sono sempre ridondanti.
www.corriere.it/grasso
 
 
 
10 – Marketpress.info
DA OGGI IN ONDA “UNIVERSY TV” OLTRE LA TELESTREET, LA PRIMA EMITTENTE DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI
 
Roma 23 giugno 2005 – Al via Universy Tv, il primo canale universitario interamente ideato e realizzato da studenti, presentato oggi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma Tre. Universy Tv trasmette da oggi sul canale 71 e dal prossimo settembre su Nessuno Tv, canale digitale terrestre. La programmazione: ogni lunedì, mercoledì e venerdì - dalle 10 alle 13 - e in replica dalle 16 alle 19. L palinsesto prevede servizi e interviste dedicati a eventi e personaggi del mondo della cultura, della politica e dell’informazione, coniugando in chiave originale creatività e improvvisazione, formazione e informazione. Universy Tv può contare su oltre 200 redattori, studenti e laureati, per 8 redazioni tematiche: Arte, Arti performative, Cinema, Eventi territorio, Informazione, Musica, Teatro, Politica. L progetto nasce ispirandosi alle realtà delle “Tele Street” - voci di una controcultura presente ormai in ogni contesto metropolitano - e dalla necessità di esplorare nuovi generi di comunicazione televisiva e le tecnologie multimediali. Universy Tv è nata dal convegno ‘Telestreet e Audience’ promosso dagli studenti nel gennaio 2004, grazie anche al sostegno di Roma Tre e dei suoi docenti. Promotori del progetto: Carlo Freccero, Alessandro Denti e Gianluca Martone. Alla presentazione del progetto sono intervenuti anche: il Rettore Guido Fabiani, il Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Vito Michele Abrusci, il Preside del Dams Arturo Mazzarella, e i Proff. Giorgio De Vincenti, Gianpiero Gamaleri, Prof. Otello Lottini, Enrico Menduni. La presentazione è stata interamente trasmessa su www.Universytv.it  portale di informazione
 
 
 
11 – Marketpress.info
IN BASE AI RISULTATI DI UN PROGETTO DEL 5PQ, I DIRITTI DEI PARTECIPANTI ALLA RICERCA MEDICA DEVONO ESSERE PIÙ TUTELATI
 
Bruxelles, 23 giugno 2005 - Un gruppo di ricercatori europei ha dichiarato che in alcuni casi non si fa abbastanza negli Stati membri per tutelare i diritti e le libertà di coloro che partecipano a programmi di ricerca medica. Di recente, in occasione della presentazione a Bruxelles dei risultati dello studio da loro condotto, i ricercatori hanno sottolineato la necessità di compiere ulteriori sforzi affinché questa situazione sia resa nota ai comitati etici nazionali responsabili della valutazione delle proposte di ricerca. Il progetto Privireal, finanziato a titolo del Quinto programma quadro (5Pq), è inteso a valutare l'efficacia della direttiva comunitaria sulla tutela dei dati in relazione alla salvaguardia del rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà di soggetti che partecipano a ricerche in campo medico. La direttiva sulla tutela dei dati è stata adottata nel 1995 al fine di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla circolazione dei dati personali, garantendo i diritti fondamentali dei cittadini dell'Unione europea (in particolare la vita privata). Gli Stati membri hanno attuato la direttiva in modo diverso e pertanto non è chiaro in che misura la normativa in materia di valutazione delle proposte di progetti da parte di comitati etici abbia influenzato in particolare la ricerca medica. Privireal è stato lanciato per colmare questa mancanza di informazioni. "La ricerca medica è vitale per la salute della popolazione e si potrebbero quindi concedere deroghe ad alcuni regolamenti ai fini del miglioramento della salute", ha dichiarato David Townend dello Sheffield Institute of Biotechnological Law and Ethics dell'Università di Sheffield nel Regno Unito. "È un aspetto importante di qualsiasi economia, ma ciò significa che si tende ad attenuare eccessivamente le disposizioni in materia di diritti e libertà fondamentali - in special modo la vita privata - degli individui", ha aggiunto. Poiché la comprensione dell'equilibrio fra il progresso della scienza e la vita privata personale è stato un elemento cruciale dello studio Privireal, i ricercatori hanno affrontato la questione in tre tappe. Innanzitutto hanno analizzato l'effettiva attuazione nei paesi europei della direttiva in materia di tutela dei dati (95/46/Ce) con riguardo alla ricerca medica. Successivamente hanno esaminato in quale misura la normativa influenzi i comitati etici al momento della valutazione delle proposte di ricerca. Il gruppo di ricerca Privireal ha infine combinato questi risultati per valutare l'applicazione della direttiva in ciascun paese e determinare il mandato da affidare ai comitati etici per tutelare i diritti dei partecipanti alla ricerca ai sensi della regolamentazione comunitaria. "Nel nostro sito pubblichiamo, per ogni paese, le leggi e i regolamenti pertinenti in materia di tutela dei dati, nonché osservazioni e altre informazioni di carattere generale", ha spiegato il gruppo. Le raccomandazioni del progetto, rese note all'incontro di Bruxelles, ruotano attorno a sette principali temi: la definizione di dati personali, l'"anonimizzazione" dei dati, il tipo di informazioni fornite al soggetto cui si riferiscono i dati, il tipo di controllo preventivo che dovrebbe avere luogo, la procedura per ottenere il consenso, la gestione delle esenzioni, e in generale il ruolo dei comitati etici in materia di ricerca. Per ulteriori informazioni sul progetto Privireal consultare: http://www.Privireal.group.shef.ac.uk/
 
 
 
11 – Marketpress.info
REGNO UNITO, CONFERENZA SULLA CARTA EUROPEA DEI RICERCATORI
 
Bruxelles, 23 giugno 2005 - L'8 e il 9 settembre si svolgerà a Londra (Regno Unito) una conferenza dal titolo "La Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori: trasformare la politica in pratica", inserita nel programma delle manifestazioni previste nel corso della Presidenza britannica dell'Ue. Attraverso una combinazione di presentazioni plenarie strategiche e workshop pratici, la conferenza consentirà ai partecipanti di stabilire cosa comportano la Carta ed il codice per Stati membri, istituzioni di ricerca, industria, istituti per l'istruzione superiore e singoli ricercatori. Saranno inoltre discussi i potenziali benefici, nonché gli ostacoli esistenti per l'attuazione della Carta e del codice. Tra gli oratori che parteciperanno alla conferenza figurano il commissario europeo per la Scienza e la ricerca Janez Potocnik, il ministro britannico della Scienza e dell'Innovazione Lord David Sainsbury e il presidente dell'Associazione delle Università europee Georg Winckler. Http://www.grad.ac.uk/euroconference2005
 
 
 
12 – Il Tempo
L’epatite C guarirà in metà tempo
La terapia dura 3 mesi. Nel Lazio colpito il 3% della popolazione
Scoperta effettuata da equipe di scienziati tra cui tre ricercatori della Capitale
di CARLO ANTINI
NOVITÀ importanti in vista per i malati di epatite C. Ieri è stata presentata una scoperta tutta italiana, basata su uno studio ideato e coordinato dalla dottoressa Alessandra Mangia, dell’IRCCS «Casa Sollievo della Sofferenza» di San Giovanni Rotondo. Alla scoperta hanno partecipato anche tre ricercatori romani, Giovanni Luciano Ricci, associato al dipartimento di Medicina interna dell’Università La Sapienza, Mario Romano, dell’unità di Epatologia dell’ospedale Pertini, e Franco Zechini, della «Liver Unit» del Sovrano Ordine di Malta. La scoperta si applica ai genotipi 2 e 3 del virus dell’epatite C e consente di guarire dalla malattia in soli tre mesi, anziché in sei, come accade oggi. «Le attuali terapie – dice Alessandra Mangia – sono molto pesanti. Possono dare anemia, depressione, un grande senso di debolezza. Ecco perché è importante il nostro studio che riduce notevolmente i tempi della terapia nei pazienti con genotipi 2 e 3, dà al paziente una migliore qualità di vita, gli consente di tornare presto nella società senza grandi problemi e anche di prendere meno farmaci. Meno farmaci, meno assenze sul lavoro: un guadagno anche per la collettività». I ricercatori mettono in evidenza l’importanza della scoperta anche dal punto di vista del risparmio per il servizio sanitario nazionale. «I risultati cui siamo giunti- aggiunge la dottoressa Mangia - suggeriscono che i pazienti colpiti da epatite C cronica di genotipo 2 o 3 con virus non riscontrabile dopo quattro settimane di trattamento a base di interferone peghilato alfa-2b e ribavirina,non necessitano di un prolungamento della terapia a 24 settimane in quanto ottengono percentuali di risposta, dopo sole 12 settimane di trattamento, uguali a quelle dei pazienti trattati più a lungo. La terapia individualizzata in base alla risposta del paziente permette di ridurre il ciclo di trattamento nei soggetti che presentano una risposta precoce, rendendo la cura meno gravosa per i pazienti e risparmiando loro tutti gli inconvenienti di un trattamento prolungato, senza alcuna ripercussione negativa sull’esito del trattamento stesso».
 
 
 

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