Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
25 September 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

1 – L’Unione Sarda
Pagina 21 – Cagliari
Scuola. Cento precari protestano contro l'Università: rischiano di essere scavalcati
«Anche a Cagliari i corsi abilitanti per il sostegno»
Cento professori precari uniti in una protesta: «Chiediamo che anche a Cagliari partano i corsi abilitanti per il sostegno. Nelle altre città italiane sono già stati avviati». Con una lettera indirizzata all'Università, al dirigente scolastico regionale e ai presidente di Provincia e Regione, i docenti sollecitano un incontro urgente per discutere sulle scelte e motivazioni che hanno spinto l'ateneo cagliaritano a non riservare i posti destinati al corso abilitante per il sostegno (800 ore in tutto) per l'anno accademico 2005-2006. «Ancora non abbiamo ricevuto risposta - dichiara Marcello Salis, insegnante di educazione fisica ? i precari storici come me rischiano di perdere il lavoro nel giro di qualche anno, perché i posti in graduatoria verranno presi da chi, pur non avendo maturato esperienza sul campo, avrà frequentato le 400 ore del corso "Siss"». I precari, da anni al lavoro con ragazzini disabili, chiedono di poter conseguire l'abilitazione per il sostegno visto che spesso sono proprio loro, per mancanza di specializzati, a farsi carico della formazione degli studenti svantaggiati: «Secondo l'Università dovremmo seguire un corso biennale abilitante per le nostre materie d'insegnamento. Ma noi già possediamo questo titolo perché vincitori di concorso ? dice Francesca Albai ? e solo dopo i due anni possiamo accedere a un ulteriore anno, di 400 ore, che ci consente di conseguire la tanto attesa specializzazione per il sostegno». I docenti precari non ci stanno: «Pretendono da noi altri tre anni di studio e una spesa di 3mila euro, screditando così i nostri vecchi titoli conseguiti al Provveditorato agli studi, il nostro lavoro e l'esperienza decennale che abbiamo maturato a scuola». Nella lettera i docenti sottolineano un punto per loro importante: «Molti di noi dopo la laurea hanno dovuto aspettare quasi dieci anni prima che venissero attivati i corsi-concorso di abilitazioni svolti nel 1999-2000, e non è una nostra mancanza se ci troviamo a vivere il precariato. Ormai siamo quarantenni e ancora aspettiamo che i Presidi ci telefonino per una supplenza. Le chiamate spesso arrivano quando la scuola è già iniziata e non c'è mai la certezza che il nostro lavoro finisca a giugno, quando i ragazzi vanno in vacanza». E ora rischiano di essere superati dai laureati che frequentano i corsi Siss.
Francesca Ghezzo
  
2 – L’Unione Sarda
Pagina 7 – Regione
Caso Pigliaru, governatore alle corde
Sulla Programmazione il diktat dell'assessore frena Soru
Faccia a faccia tra Soru e Pigliaru sulla riforma della Giunta. E l'assessore mette i paletti al governatore
Se non fosse per il finale (ma in politica mai dire mai) scrivi Pigliaru e leggi Siniscalco. I collegamenti al caso dell'ex ministro torinese dell'Economia, tornato a fare il docente universitario, dopo le dimissioni di qualche giorno fa presentate a Berlusconi, sono fin troppi. L'unica differenza è che l'assessore sardo alla Programmazione, prof di Economia nelle aule di Giurisprudenza di Cagliari, al governatore non ha detto, almeno non ancora, «non sono d'accordo su nulla, me ne vado». Qualcosa di simile. Ovvero: questa ipotesi di riforma della giunta non la condivido in quasi nulla. E c'è voluto un confronto serrato tra i due tanto che solo dopo concrete garanzie chieste da Pigliaru, si è evitato il peggio. Faccia a faccia Venerdì si sono visti in viale Trento e hanno discusso a lungo, Pigliaru e Soru, sino a ritrovare la sintonia almeno su un punto: il professore non perderà la Programmazione. Perché, detto in estrema sintesi, il dialogo franava proprio su questa materia. In pratica Pigliaru ha ricordato a Soru: non sono disponibile a fare l'assessore a mezzo servizio soprattutto se quel 50 per cento di delega che tagli è la Programmazione. Perché questa è l'ipotesi di riforma del presidente Soru, una griglia rigida di tagli e accorpamenti di deleghe assessoriali dove, tra le altre cose la Programmazione, va in capo alla presidenza. Una deminutio patrimonii che Pigliaru, troppo esperto su quel campo per abbassarsi al volere del presidente, non gradisce affatto. Il patto Da parte dell'assessore nessuna dichiarazione ufficiale, il suo telefonino squilla a vuoto oppure è irraggiungibile. Ma l'indiscrezione che ieri è trapelata da fonti vicine al governatore parla di una sorta di «patto di garanzia». Che non spazza via il temporale ma, se non altro, permette di superare (al momento) la crisi. Soru ufficialmente avrà la Programmazione, Pigliaru praticamente la farà. Insomma una sorta di bizantinismo di etichetta che lascia all'attuale titolare degli uffici di via Mameli a Cagliari l'autorità, o sub assessorato, o come lo si voglia chiamare, di seguire la Programmazione. La riformaMaterialmente non è ancora scritta, esistono invece solo ipotesi e linee guida che il presidente Soru e l'assessore Massimo Dadea hanno elaborato. In questi giorni è diventata materia calda per i partiti di governo (domani ne discuterà la direzione regionale Ds, venerdì è stata la volta della Margherita), e a sentire alcuni esponenti della maggioranza «l'esame è a buon punto ma la strada è ancora lunga». Non troppo, ricorda invece Soru che vuole licenziare la riforma al più presto e ha già dato gli «otto giorni». Tempo che dovrebbe scadere appunto a metà settimana. Secondo il progetto del presidente ci sarà un drastico taglio della Giunta. Nel senso che si passerà dagli attuali 12 a sei assessori. Secondo una bozza di proposta sarebbe stata prevista anche una serie di "sottosegretari" a tempo, con compiti operativi e specifiche aree di intervento. Su un punto non si discute: la Programmazione va al presidente, come capita in quasi tutte le regioni-governatorato. Per il presidente della commissione Bilancio, Eliseo Secci (Margherita) «l'ipotesi di riforma della legge 1 va verso un rafforzamento del presidenzialismo. Questo non è un male sempre che sia salvaguardato il ruolo del Consiglio». Secci fa appello «agli equilibri di potere», come garanzia e antidoto a pericolose prevaricazioni. Critico invece il capogruppo di FI, Giorgio La Spisa: «Da quanto si è saputo fin ora, si può già segnalare la preoccupazione per una evidente tendenza verso la concentrazione dei poteri nelle mani del presidente», dichiara. «Proprio mentre da più parti si avverte la necessità di ampliare il confronto per migliorare e condividere le scelte strategiche per lo sviluppo, viene fatta una proposta dalla Giunta che tende a tirare su di sé livelli decisionali importantissimi. L'autonomia regionale», conclude La Spisa, «ha bisogno di ben altro». Caso ManincheddaIeri l'ex esponente di Progetto Sardegna, ha attaccato duramente Spissu e lo stesso presidente Soru. Lo ha fatto in un'intervista pubblicata nel settimanale diocesano di Cagliari "Il Portico". «Spissu ha forzato e violato il regolamento consiliare per favorire una censura politica che ha origine nello scontro sul riassetto delle Comunità montane», dice Maninchedda. E più sotto: «Soru discute di politica e di potere con i segretari di partito, non con i consiglieri eletti». Riguardo poi al nuovo regolamento dell'Aula, Maninchedda è convinto che migliori l'efficienza del Consiglio «ma aumenta anche i poteri dell'esecutivo. Un Consiglio regionale non può essere concepito come un grande consiglio comunale, subordinato a una Giunta». Una cosa è certa il caso Maninchedda e l'uscita del consigliere regionale dal partito del governatore sembra aver riavvicinato Soru a Progetto Sardegna.
Roberto Ripa
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 16 – Lettere
RETTORATO, ELEZIONI E REGOLE
No al rinnovo di Mistretta
Bisogna rispettare le regole, siamo cresciuti sentendocelo ripetere. Le regole devono essere chiare, uguali per tutti e, soprattutto, certe. Anni fa, quando l’allora sindaco di Cagliari Mariano Delogu giunse al termine del suo ultimo mandato, nessuno gli chiese di scavalcare le norme:
non poteva ricandidarsi, e basta. Eppure stiamo facendo passare sotto silenzio il comportamento del rettore dell’Università di Cagliari, Pasquale Mistretta. Molto più uguale degli altri, sta cercando di rimpadronirsi della spada temporale del potere universitario. Tentativo pericoloso su tanti fronti, così che risulta sconvolgente la noncuranza con la quale viene ricondotto alla normalità. Sul piano del merito, le dichiarazioni del Magnifico, il giorno del grande colpo di calciomercato portato a segno con la nomina indispensabili prorettori, si commentano da sole: «Dobbiamo lavorare per fare quello che non abbiamo fatto fino ad oggi». Quando andavo a scuola, se studiavo solo quindici giorni per recuperare le insufficienze, i miei professori non mi premiavano, mi rimandavano a settembre. Quando, candidamente, il rettore ammette di non aver fatto quello che avrebbe dovuto ma lo promette giusto prima delle elezioni, non trovo un motivo valido per premiarlo. Forse, il momento dei padri è finito: ora serve qualcuno che amministri secondo le regole.
GIOVANNI ANGIONI
Cagliari
 
 
 

 
4 - La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Sardegna
LE COMMISSIONI E IL CONSIGLIO
La gestione dei servizi socio-assistenziali, in commissione la divisione dei fondi ai Comuni
CAGLIARI. Sabato 1 ottobre è una delle due giornate in cui il Consiglio si deve riunire in seduta obbligatoria (prevista dallo Statuto). Si conosce la data ma non l’ordine del giorno che sarà deciso dal persidente Spissu in riunione con i capigruppo martedì prossimo. La prossima settimana sarà invece intensissima per le diverse commissioni permanenti. La commissione Programmazione economica, presieduta da Eliseo Secci, si riunirà mercoledì per esaminare diversi disegni di legge. La commissione, inoltre, deve esprimere il proprio parere, per gli aspetti finanziari, su alcuni provvedimenti trasmessi dagli altri organismi. La commissione proseguirà i lavori per tutta la settimana.
 La commissione Urbanistica presieduta da Giuseppe Pirisi, è stata convocata per mercoledì con un nutrito ordine del giorno. La Commissione deve esaminare il disegno di legge sulle risorse idriche, argomenti di particolare importanza che saranno approfonditi, nel corso di un’audizione, con l’assessore dei Lavori pubblici. La Commissione approfondirà alcuni aspetti della situazione del porto di Arbatax incontrando, sempre in audizione, gli assessori dei Lavori pubblici e dei Trasporti. I lavori della commissione Pirisi proseguiranno con l’audizione del responsabile delle opere marittime, sulla situazione dello scalo di Arbatax. La commissione Sanità, presieduta da Pierangelo Masia, si riunirà martedì per incontrare l’assessore Dirindin sul possibile trasferimento ai Comuni delle risorse da destinare ai servizi socio-assistenziali quale parziale riequilibrio delle assegnazioni disposte per il 2005, ed i progetti speciali delle università sarde. I lavori proseguiranno con il sopralluogo alle strutture dell’Asl 8 di Cagliari.
 
 

 
5 - Corriere della Sera
Nella piccola università di Bilgi, 200 intellettuali sfidano i nazionalisti e i militanti di destra che li accolgono con insulti e lancio di uova
Massacri armeni, Istanbul rompe il tabù
Sotto assedio della polizia il primo convegno in Turchia sul genocidio
DAL NOSTRO INVIATO
ISTANBUL - Non è un vertice del G8, né un Consiglio d'Europa. Non è neppure il blindatissimo incontro tra due ostinati avversari, che si odiano e si combattono da una vita. Eppure il tozzo edificio della piccola università privata Bilgi, che non è certo un capolavoro di architettura e che mai avrebbe immaginato di rapire l'attenzione delle tv internazionali, sembra davvero un fortino postmoderno assediato. A due passi dal Bosforo, in un quartiere popolare che solitamente vota a sinistra, ieri è stato infranto un tabù duro a morire. Per la prima volta, in Turchia, si è discusso apertamente (seppur sotto assedio) di una delle pagine più amare della storia del Paese: il genocidio degli armeni durante il disfacimento dell'impero ottomano. Il primo genocidio del secolo scorso.
Tre immagini in sequenza. Nelle viscere della spartana palazzina di Istanbul, dopo aver percorso interminabili corridoi, almeno duecento coraggiosi intellettuali e accademici piantano gentilmente una sonda nel passato più oscuro del Paese, sfoderando le armi del sapere e della ricerca.
In realtà, in sala ci saranno 400 persone, ma si può scommettere che molti appartengano alle forze di sicurezza e ai servizi segreti. I quali sorvegliano che la discussione proceda su binari accademici e non scivoli nella politica. Vien da sorridere, perché la conferenza, se prima non la era, ora è diventata un lacerante tema politico.
Fuori, un robusto drappello di rabbiosi nazionalisti vuole invece tenere calato il sipario sui crimini della storia. Anche i più giovani indossano l'abito buono, quasi tutti completo grigio o antracite, ma il rigonfiamento delle tasche della giacca rivela le presenza delle armi più prosaiche: uova e pomodori per colpire e umiliare i conferenzieri. Che ne hanno fatto amara esperienza, ieri mattina, prima di rinchiudersi nell'aula. In mezzo, fra la strada e l'ingresso di Bilgi, centinaia di agenti antisommossa, tesi, nervosi, pronti a caricare. Sui tetti delle case vicine, i binocoli dei poliziotti e i fucili dei cecchini. Una scena che faceva riaffiorare, dalla memoria, la Turchia degli anni 70, quando per le strade si affrontavano con le armi estremisti di destra e di sinistra. Quegli scontri sanguinosi provocarono l'ultimo colpo di Stato militare.
Stavolta il nemico non si vede, ma è come se ci fosse. A rendere ancor più surreale l'atmosfera, assediati e assedianti sembrano condividere gli stessi valori e utilizzano le stesse parole, piegandole a diversi significati. Il professor Murat Belgen apre i lavori della conferenza con un nobile appello: «Siamo qui per la democrazia turca, per la libertà di espressione, per la libertà accademica». Dalla siepe degli ultranazionalisti, che per strada sventolano la bandiera turca, si alzano voci: «Siamo qui per la democrazia e la libertà, ricordatelo!». La scena riassume e amplifica le contraddizioni di un Paese che da una parte vuole l'Europa e attende il 3 ottobre, data d'inizio dei negoziati per la futura adesione, e dall'altra è prigioniero delle proprie paure.
I nazionalisti che si ritengono i custodi delle idee di Ataturk si confondono con quelli che dovrebbero essere loro avversari, i nostalgici della potenza imperiale ottomana. Mentre nel cuore del fortino le fredde ricostruzioni storiche provocano intense emozioni. La piccola università Bilgi (meno di 9.000 studenti) si gonfia d'orgoglio. Che leggi sul volto soddisfatto del rettore, Aydin Ugur. Diventato l'icona di una Turchia che, per meritarsi la Ue, affronta, tra mille difficoltà, i suoi complessi.
Perché questa conferenza potesse cominciare, si è dovuti ricorrere a furberie levantine. L'avvocato Kemal Kurcansiz, il nazionalista che aveva convinto il tribunale ad annullare l'incontro, ha tenuto segreto il provvedimento per 4 giorni, temendo che i giudici ci ripensassero. Ma i magistrati, fortunatamente, hanno esteso il divieto a due università, Bosphorus e Sabanci, «dimenticandosi» la terza: Bilgi, appunto.
Ora il tema del genocidio ha conquistato i mass media. Da oggi discuterne non è un reato. Il ministro degli esteri Abdullah Gul ha inviato un messaggio di auguri agli organizzatori della conferenza, che si concluderà stasera.
Antonio Ferrari
 

Questionnaire and social

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