Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 November 2005
Ufficio Stampa
Università degli Studi di Cagliari
 
1 - L’Unione Sarda
Pagina 19 – Cagliari
Università. Paura per i tagli, ma il progetto decolla
Antartide, la missione supera le incognite della Finanziaria
Si è temuto uno stop alla spedizione. Allarme cessato: tra un mese studiosi dell’Università di Cagliari voleranno in Antardide
Sono pronti ad affrontare i ghiacci e temperature a 40 sotto zero, eppure gli uomini della spedizione che tra un mese porterà - per la prima volta - l’Università di Cagliari al Polo Sud un brivido gelido lungo la schiena l’hanno provato lo stesso. Gliel’ha regalato il ministro dell’Economia, che aggirandosi tra i capitoli di spesa della Finanziaria a caccia di costi da tagliare giovedì ha iniziato a puntare minacciosamente le forbici verso le missioni italiane in Antartide. Un giro frenetico di telefonate però ha rassicurato il professor Gaetano Ranieri, il docente di Ingegneria del Territorio che ha pensato, voluto e ottenuto il battesimo dei ghiacci per l’ateneo sardo. Il governo sta facendo retromarcia sull’addio al Polo, ma il dato più rassicurante arriva - per una volta - dalla burocrazia. Nel senso che le missioni antartiche sono così lunghe e complesse (si pensi solo agli aspetti doganali, con la tappa obbligatoria in Nuova Zelanda per uomini e strumentazioni) che i fondi vengono assegnati con forte anticipo. In sostanza la gita cagliaritana sul pack è nel cassetto dal 2004 e se Andrissi non tira pubblicamente un sospiro di sollievo è più per scaramanzia che per un effettivo allarme-annullamento, anche se a un certo punto pareva che potessero essere tagliati i fondi per il rientro degli equipaggiamenti «e capirete come la prospettiva fosse seccante». Nel frattempo i preparativi vanno avanti, per esempio il corso di sopravvivenza obbligatorio per chiunque vada ad abitare in una base antartica. Il training sotto zero sul Monte Bianco il professore se l’è risparmiato, visto che lui seguirà l’impresa da una base in Argentina, dove elaborerà i dati in arrivo dal Polo. A raccoglierli sul campo e a inviarli saràl’ingegnere ambientale Stefano Erriu, che ha già superato i test e tra poche settimane raggiungerà l’equipaggiamento scientifico già spedito dall’Università di Cagliari, da quella di Genova - che guida la spedizione - e dall’osservatorio geofisico sperimentale di Trieste. L’ingegnere e il professore studieranno l’induzione del campo magnetico da parte dell’attività solare, indagando il suolo imprigionato da uno strato di ghiaccio alto fino a quattro chilometri con un sistema apparentemente semplice: posando sul ghiaccio dei cavi elettrici fino a formare un quadrato di ottocento metri di lato, ancorato con elettrodi che poi sarebbero dei picchetti metallici. A quel punto si fa passare la corrente e si analizzano le eventuali "correnti parassite", che forniscono informazioni sul suolo e il sottosuolo. Una tecnica utilizzata anche al Poetto - sempre dal docente - per capire quanta sabbia bianca ci fosse sotto la rena grigia del ripascimento. Questa volta si tratta di sfruttarla in condizioni estreme, dal punto di vista climatico e ambientale. E anche finanziario.
Celestino Tabasso
  
2 - L’Unione Sarda
Pagina 18 – Cagliari
Il preside di Scienze politiche non conferma né smentisce le indiscrezioni sul suo nome
Paci: «Non corro per le primarie»
Nell’Unione cresce il disagio: basta nomi, si pensi ai progetti
I fedelissimi: «Potrebbe accettare solo se sulla sua candidatura ci fosse un’ampia condivisione». Ma c’è un problema di "targa" politica.
Raffaele Paci dice no alla candidatura alle Primarie del centrosinistra. O meglio, dice, più diplomaticamente, «no comment». E alla domanda precisa «qualcuno le ha chiesto la disponibilità a concorrere» risponde: «no, nessuno me lo ha chiesto». Al quesito: «se glielo chiedessero sarebbe disponibile», torna all’iniziale «no comment». Il preside di Scienze politiche, considerato uno dei candidati in pectore più accreditati, non conferma né smentisce. Come se volesse lasciare una porta aperta a una sua discesa in campo. Del resto, giurano in ambienti a lui vicini, sa che il momento è poco opportuno per confermare. Oggi la sua o qualunque altra candidatura non condivisa al tavolo della galassia Unione scatenerebbe un conflitto interno che romperebbe la necessaria unità della coalizione e ridurrebbe le possibilità di vincere le amministrative. Ma, riferiscono gli stessi vicini, lui dice che «potrebbe accettare solo se fosse invocato a gran voce da un numero cospicuo di forze politiche» e cioé se «sulla sua candidatura ci fosse un’ampia condivisione». scelta dall’altoPaci, in questa fase, non potrebbe dire altrimenti, visto che è uno strenuo difensore delle primarie e una conferma del suo nome in questa fase le indebolirebbe e autorizzerebbe a pensare a una scelta dall’alto. «Come cittadino che si riconosce culturalmente nell’area del centrosinistra, dico che le primarie sono lo strumento giusto per la scelta del candidato e che ritengo sia necessario coinvolgere strati ampi dell’opinione pubblica anche esterni ai partiti», chiarisce. Certo è che - nonostante le smentite ufficiali e la conferma dei leader della necessità di un percorso che preveda, prima del nome, la condivisione delle regole per le elezioni poi i programmi - sono i tanti a sospettare che si tenti di «pilotare» le Primarie. E se tra gli scettici ci sono due vecchie volpi come Luigi Cogodi e Gesuino Muledda, rispettivamente provinciali di Rifondazione comunista e Psd’Az significa che qualcosa di vero potrebbe esserci. la targa del candidatoLa presunta frase di Paci sulla necessità di un’ampia condivisione sul suo nome manifesta un altro problema: quello della targa del candidato che esprimeranno, se andrà in porto il loro progetto, Ds e Margherita. Fuori dalla Fed lo Sdi (che flirta con i radicali) e Progetto Sardegna, che ha annunciato l’intenzione di presentare un proprio nome, a chi sarebbe attribuito Paci? Con i Ds non avrebbe chances visto che la Quercia ha già la Provincia, rimarrebbe la Margherita, che però avrebbe altri nomi da spendere, in primis quello di Gian Mario Selis. A meno che, appunto, il suo nome non venga fatto a furor di movimenti e partiti e senza fughe in avanti.
Fabio Manca
 
Lettera aperta ai cittadini
Gessa non si candida ma si fa promotore di Progetto Cagliari
Il neurofarmacologo Gian Luigi Gessa, consigliere regionale di Progetto Sardegna, dice definitivamente no a una sua candidatura alle elezioni Primarie dell’Unione. Lo fa con una lettera aperta in cui annuncia di aver accettato il ruolo di promotore di una lista civica che concorrerà alle elezioni amministrative e che presenterà un suo candidato sindaco alle Primarie. Nella missiva, Gessa ricostruisce il percorso «di un gruppo di cagliaritani che si riconosce negli ideali di Progetto Sardegna», assieme ai quali, informa, «mi sono fatto promotore di una lista civica chiamata Progetto Cagliari che parteciperà alle prossime elezioni comunali e alla quale intendo dedicare cuore ed energie». Non una lista che vuole contrapporsi ai partiti del centrosinistra «ma vuole affiancarli con un programma largamente condiviso». Per questo, dice, «parteciperemo alle primarie con un candidato scelto democraticamente dal nostro gruppo, accettando di condividere le regole stabilite dalla coalizione di centrosinistra e di indirizzare i nostri voti sul candidato che vincerà». Un candidato che non sarà lui. Uomo simbolo di Progetto Sardegna e recordman di preferenze in città alle Regionali del 2004, Gessa è stato a lungo corteggiato dai suoi fedelissimi che lo ritenevano l’uomo giusto per governare la città. Alla fine ha scelto di fare solo da «testimonial» e di continuare a dedicarsi alla politica solo in consiglio regionale. Il programma«Il nostro programma riguarda la fisicità e l’anima di Cagliari», dice Gessa. «Il corpo della città ha subito molte ferite e tutto è avvenuto senza che ai cagliaritani sia stato mai richiesto il consenso o il parere. Le strade o le piazze, dove un tempo era piacevole passeggiare o fermarsi a conversare, sono diventate pericolose piste ciclabili. La Giunta comunale sembra preferire i parcheggi al verde, mentre noi vorremmo una città per uomini, donne e bambini e non per le auto. E i cittadini non sono solo scontenti di ciò che è avvenuto ma sono preoccupati di ciò che si prepara contro di loro». Per il celebre neurofarmacologo, «l’anima di Cagliari dovrà essere quella di una città accogliente, cosmopolita. Ma se molte delle nostre idee saranno in un programma condiviso dai partiti», si chiede, «quale è il valore aggiunto della nostra lista?... Con una battuta dirò che noi vogliamo bene a tutti i partiti del centrosinistra più di quanto essi vogliano bene a se stessi e soprattutto più di quanto si amino tra loro. Vogliamo contribuire a tenerli uniti. Anche per le elezioni comunali», conclude il presidente della commissione cultura del consiglio regionale, «vale la riflessione che avevo fatto in occasione delle elezioni regionali: vinceremo, a meno che la destra non usi la sua arma più pericolosa: la sinistra!».
 
 3 - L’Unione Sarda
Pagina 19 – Cagliari
Università. Impiegati
Pochi e in trincea nelle segreterie: cresce la protesta
Dopo la protesta degli studenti, ora a far sentire la loro voce sono i dipendenti delle segreterie universitarie, «oberati di lavoro e in emergenza perché troppo pochi rispetto alle esigenze». La denuncia arriva da Tommaso Demontis, segretario della federazione Cisl Università, che accompagna le parole con i numeri. «In ogni segreteria ? sottolinea ? ci sono tre addetti e un responsabile. Pochi. Servirebbero almeno due addetti in più in ogni ufficio». Dove trovare forze nuove? Dai circa 1.200 dipendenti, non docenti, dell’ateneo cagliaritano. Il problema è che difficilmente uno chiede il trasferimento: chi lavora in segreteria è in trincea, e i ritmi sono diversi da quelli di molti altri uffici. «Ecco perché ? aggiunge Demontis ? abbiamo proposto al rettore di incentivare i lavoratori con delle indennità. In ogni caso qualcosa si deve fare, perché la situazione è al limite». La situazioneQuesto il raffronto tra gli iscritti nelle facoltà e il numero degli addetti che lavorano nelle segreterie. Giurisprudenza (5.000 studenti, 4 addetti), Scienze politiche (3.900, 4), Economia e commercio (4.100, 4), Lettere e filosofia (3.800, 4 + 1 Co.Co.Co.), Scienze della formazione (5.800, 3 + 3 Co.Co.Co.), Lingue e letterature straniere (2.000, 3), Medicina (2.200, 5), Farmacia (1.600, 3), Scienze (4.300, 5 + 1 Co.Co.Co.), Ingegneria (7.100, 7). «Questi dati ? commenta l’esponente della Cisl ? comprendono anche il responsabile. Impossibile dunque chiedere permessi, e quando capita che un addetto sia costretto a chiedere malattia, per gli altri sono guai». In Giurisprudenza poi dovrebbero esserci quattro impiegati: «In verità sono tre, perché uno è andato via e deve essere sostituito». Cosa fareLo scoglio da superare è però grande: nessuno vuole lavorare nelle segreterie studenti. La richiesta avanzata dalla Cisl al rettore Pasquale Mistretta punta a un incentivo economico per convincere qualcuno dei 1.200 dipendenti dell’ateneo al trasferimento d’ufficio. Il casoAlla situazione già di per se non facile, si è aggiunto un corso di formazione (nei prossimi mesi entrerà in funzione il nuovo sistema informatico nelle segreterie) per gli addetti, arrivato proprio in un momento caldo, con tante scadenze per gli studenti e con il conseguente super affollamento nelle segreterie. «Basta andare a vedere con i propri occhi la situazione per capire che si deve intervenire con urgenza», conclude Demontis.
Matteo Vercelli
  
4 - L’Unione Sarda
Pagina 15
Alcune proposte di corsi in Italia e all’estero
Laurea scientifica, dove specializzarsi
L’offerta formativa post-laurea è molto varia e spesso i neo laureati incontrano difficoltà nelle scelte da compiere. Per ovviare a questo inconveniente è opportuno informarsi sulla qualità del corso e sui reali sbocchi lavorativi che potrebbe dare. Qui di seguito alcune proposte per i laureati in discipline scientifiche. L’Università La Sapienza di Roma ha organizzato corsi. La facoltà di matematica, fisica e scienze naturali, organizza un master di 12 mesi in "Applicazione e controlli biotecnologici". La domanda di iscrizione scade il 4 novembre prossimo. Il costo del master è di 3.000 euro, non sono previste borse di studio. La facoltà di Scienze statistiche, sempre della Sapienza, ha invece organizzato un primo master di 12 mesi in "Politiche della cittadinanza e welfare locale". L’iscrizione scade domani, 2 novembre. Il costo del master è di 3.000 euro, sono previste borse di studio. Mentre "Starter - statistica, economia e ricerche di mercato per lo sviluppo del territorio" è il titolo del secondo master, di 12 mesi, organizzato sempre da Scienze statistiche de La Sapienza. L’iscrizione scade il 12 dicembre. Il costo è di 7.000 euro, sono previste borse di studio. Per informazioni sui master: Università La Sapienza, piazzale Moro 5, Roma; e-mail: segreteriadirigente.ripiv@uniroma1.it; sito internet www.uniroma1.it/studenti. A Urbino, l’Università "Carlo Bo", facoltà di matematica, fisica e scienze naturali, propone un master di 12 mesi in "Analisi e gestione dei bacini idrografici. Pianificazione e progettazione ecosostenibile". L’iscrizione scade il 30 dicembre. Il costo del master è di 2.500 euro, l’erogazione di borse di studio è da definire. Informazioni: Università "Carlo Bo" via Saffi 2, Urbino, tel.800462446; e-mail: informazioni@uniurb.it; l’indirizzo del sito internet è www.uniurb.it. In Svizzera, l’Università di Neuchatel propone un master in "Sistématique et gestion de la biodiversité". Informazioni al numero di telefono 0041216924160; oppure nel sito internet www.unil.ch/biodiv/page23092.html. Negli Stati Uniti, infine, l’Università di Denver (School of engineering and computer science) propone un master in "Computer science and Engineering". Il costo è di 721 dollari per credit hour. Numero di telefono 0013038713787; www.du.edu/engineering/degreesGrad/index.html. Daniela Corona
  
5 - L’Unione Sarda
Pagina 42 – Cultura
La storica sassarese colma una grave lacuna nella storiografia sul fascismo
Ragazze partigiane e di Salò Le ragioni di una difficile scelta
Nel libro di Marina Addis Saba il ruolo della donna dagli anni Venti alla guerra
di CARLO FIGARI
Le bambine cresciute nel regime fascista erano educate dalla scuola e dalle organizzazioni del Littorio al destino di sempre: essere spose e madri esemplari. Negli anni Trenta furono formate, anche con lo sport, con la mobilitazione civile e con tutti i mezzi di propaganda allora disponibili, a considerare la Patria come valore supremo a cui dedicare la vita e i figli che dovevano nascere numerosi per essere destinati a combattere. Le bambine degli anni Venti e Trenta divenute ragazze vissero la dura realtà della guerra totale. Al momento dell’armistizio, ormai giovani donne, mostrarono valori di responsabilità e di partecipazione trovandosi di fronte a una scelta: stare con il regime nel quale erano cresciute oppure passare dall’altra parte. La maggioranza delle giovani optò per la resistenza civile e quotidiana, mentre solo una minoranza si arruolò come ausiliarie nella Repubblica di Salò. Le ragioni della scelta sono state analizzate e raccontate da Marina Addis Saba, storica dell’Università di Sassari, autrice di numerosi studi sulle donne, che di recente ha mandato in libreria il suo ultimo libro: La scelta: ragazze partigiane, ragazze di Salò (editori Riuniti, 168 pagine, 12 euro). Giovedì il libro verrà presentato a Roma dal presidente dell’associazione nazionale partigiani Massimo Rendina. Marina Saba, di una nota famiglia di antifascisti sassaresi, nelle sue ricerche ha avuto come primo obiettivo quello di studiare e comprendere il regime fascista, mentre narra gli eventi di allora, esamina problemi e cause che indussero le ragazze a scegliere tra la lotta di liberazione e la Repubblica di Salò. «Vengo da una famiglia di antifascisti e quindi la mia storia personale è diversa perché sono cresciuta con certi ideali», dice la storica: «Durante le mie ricerche universitarie ho notato che mancava completamente una storia delle donne dal Ventennio alla guerra. Eravamo presenti in ogni situazione della vita eppure la storiografia ufficiale non ci ha mai preso neppure in considerazione. Mi sono chiesta perché i giovani di allora fossero tutti fascisti e perché i giovani di oggi accusino i padri di essere fascisti senza però cercare di capire come ciascuno si sia poi confrontato con il passato e il presente. Da qui - sottolinea la Saba - deriva quella reticenza da parte della mia generazione di parlare di quei tempi e in particolare della giovinezza». Per scrivere questo libro si è avvalsa di centinaia di testimonianze che hanno restituito un quadro molto complesso. Senza dirittiIl fascismo trova un’Italia ancora ottocentesca dove le donne erano relegate a un ruolo subalterno senza alcun diritto, a partire da quello di voto. Il tasso di analfabetismo raggiungeva punte altissime e poche erano le giovani che potevano frequentare le superiori e l’università. Solo la Prima guerra mondiale riuscì a smuovere le acque stagnanti: «Le donne - dice la storica - furono chiamate a sostituire gli uomini al fronte e lo fecero egregiamente in fabbrica, negli uffici, ovunque si rendesse necessario. Ma al ritorno dei reduci furono rimandate a casa e in malo modo». Divenuto regime, il fascismo infeudò la scuola sino ad arrivare al testo unico di Stato nelle elementari. Infine ottenne quello che Renzo De Felice ha chiamato il "consenso" con l’accettazione coatta di una situazione di ferro. «Il regime - riprende la studiosa - esaltò le differenze di sesso e di genere anche perché dalle donne doveva ottenere il massimo contributo con l’aumento delle nascite che avrebbe reso potente la nazione. Le donne dovevano crescere secondo i buoni principi morali e religiosi con un unico obiettivo: dare figli alla patria, materia prima per la guerra. In una parola erano considerate come semplici fattrici». Con furbesca intuizione il regime impose alle donne il «lavoro di sempre, la maternità come missione specifica, ma proclamandola patriottica e nazionale». Secondo la Saba «l’obiettivo primo era, sin dalle origini, la guerra: il posto al sole di una nazione povera». L’infanziaPer comprendere a fondo la politica del fascismo nei confronti dell’infanzia e poi della giovinezza, inquadrate nelle organizzazioni del Littorio sia maschili che femminili, è necessario partire da questa volontà di potenza non nascosta, ma esibita e ostentata. L’Italia fascista doveva essere grande e rispettata nel mondo e a ciò tutti erano chiamati a partire proprio dai bambini. La misoginia dell’Italia giolittiana si rafforzò nel Ventennio alimentata agli inizi dai reduci della Grande guerra che trovarono le donne al loro posto di lavoro e imposero che se ne tornassero a casa. «Il fascismo riportò le donne al ruolo che da sempre era stato assegnato ma con fanfare e onori». Donne senza voceL’educazione delle bambine era mirata al concetto di maternità, di obbedienza o quanto meno di assoluto rispetto per il capo famiglia. Era necessario per la donna rendersi piacevole agli occhi di colui che la sera, tornando stanco dal lavoro, portava i soldi a casa. Sin dalla nascita alle donne si insegnava la disponibilità verso gli altri, la sottomissione assoluta con la convinzione che il matrimonio fosse la missione e il bene finale. Donne senza voce, senza voto e senza identità perché acquisivano il nome del marito. «Il regime - sottolinea la Saba - prese le donne per il loro verso, quello tradizionale, ma il vecchio dovere venne rivalutato ed esaltato con lodi, premi e mostre». Solo con l’inizio degli eventi bellici (dalla Spagna alla Seconda guerra) cominciò a rompersi l’indifferenza, la sottomissione o il cosiddetto consenso. Il popolo, anche quello femminile, si distaccò dal regime e le giovani si allontanarono da tutta l’organizzazione creata per loro e che le aveva formate alle regole del Fascio. La guerra in casaLa guerra entrò nelle case con i bombardamenti, la distruzione, le retate, le fucilazioni e ogni genere di privazioni. Così le donne si ritrovarono nuovamente protagoniste e in prima linea. E qui la Saba analizza il momento della scelta. «Passare con la Resistenza fu quasi naturale perché continuarono a svolgere il ruolo femminile. Per prima cosa videro i soldati tornati dal fronte e sbandati che rischiavano di essere presi prigionieri dai tedeschi. Così li aiutarono a togliersi le divise, li vestirono con gli abiti trovati in casa e li nascosero nelle ville e in campagna. Fu un fenomeno spontaneo, come un tam tam che coinvolse un gran numero di donne. Entrate nelle file partigiane seguirono le leggi dell’universo femminile come infermiere, vivandiere e soprattutto svolgendo quel ruolo fondamentale di staffette che con grande coraggio e rischio tenevano i contatti tra le bande. Pochissime andarono a combattere». SalòNelle ricerche di storia delle donne, numerose negli anni Ottanta, rimasero ultime e incomprese le ragazze che scelsero Salò. «La loro - afferma Marina Saba - fu una scelta sicuramemente sbagliata, ma non imposta come quella dei ragazzi. Se molti di loro andarono a Salò volontari, per fede fascista, moltissimi però si presentarono al bando di leva obbligati dalle minacce di morte. La scelta, dunque, fu solo quella delle ragazze». Il fascismo - spiega la studiosa - sin dagli albori le aveva preparate alla guerra che si avvicinava. Negli anni Trenta furono sottoposte a un programma di mobilitazione civile con le marce, la ginnastica, le attività sportive che venivano incoraggiate, furono ammesse persino ai giochi Littori (rigorosamente separati dagli uomini). Tra il 1941 e il 1943 si istituirono Centri di Mobilitazione Civile, in origine solo enti di propaganda, ma con la guerra organizzazioni che realmente dovevano risolvere il problema di sostituire con donne i maschi mandati al fronte. Dopo l’8 settembre molte giovani di famiglie fasciste e fasciste loro stesse, considerando un tradimento la resa dell’Italia e il suo passaggio agli Alleati, si offrirono volontarie. Ma la loro iniziativa era stata suggerita dalla propaganda e predisposta dalle autorità. Furono arruolate in un Corpo militare dipendente dai comandi generali, ebbero una generalessa e accettarono il nome di Ausiliarie senza discuterlo come fecero, invece, le ragazze partigiane. Erano un’emanazione dei fasci femminili e del Movimento femminile repubblicano. Amor di Patria«Non è vero che si trattava di un nuovo e diverso fascismo» rileva Marina Saba: «in tutto ciò che dissero e fecero queste ragazze appaiono essere fasciste come erano le donne fasciste convinte prima di loro. Erano forse più forti nel carattere, consapevoli e decise, e in esse parlava soprattutto l’amor di Patria». Nelle memorie e nelle poche lettere tramandate emergono questi sentimenti e la rabbia per il tradimento del re sabaudo. In un ambiente comunque maschilista non trovarono vita facile e anzi venivano inquadrate in divisa, sorvegliatre e sottoposte a rigidissima disciplina col divieto assoluto di frequentare per qualsiasi ragione, compagnia maschile. Furono utilizzate come ausiliarie, diventando un corpo elitario separato dal resto della società. La loro iniziativa era finita al momento stesso in cui era cominciata. La loro scelta fu una sola: arruolarsi. Poi eseguirono gli ordini in ruoli tipicamente femminili: addette alle pulizie, lavandaie, telefoniste, stenografe, interpreti. «Molte - sottolinea la Saba - avrebbero voluto combattere, ma la concezione fascista della donna, vigente anche a Salò, era sempre la stessa: maternità e casa». OrgoglioLa studiosa sassarese sostiene che «le ragazze di Salò non sottoposero a revisione critica la loro esperienza e ancor oggi non sembrano disponibili a farlo. Alcune - aggiunge - le abbiamo conosciute e non concedono perdono e neanche lo chiedono. Il loro orgoglio è rimasto intatto, ma anche la loro analisi è rimasta ferma. Si ha l’impressione che si siano volutamente estraniate dal mondo e che pesi non poter ricordare con nostalgia la propria esperienza giovanile». L’unità nazionale - auspica la storica - dovrebbe essere raggiunta oggi con la pacificazione delle parti: «Le ragazze del tempo dovrebbero valutare ciò che la repubblica democratica ha costituito per noi donne».
 
 
 

 
6 - La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Sassari
Veterinaria, un convegno sulle parassitosi
SASSARI. «Attualità sulle parassitosi gastro-intestinali degli ovini e dei caprini», è il titolo del convegno organizzato dall’università di Sassari, che si terrà il 4 novembre presso la camera di commercio di Sassari. I lavori si apriranno alle 8,45 con il saluto delle autorità e l’introduzione al corso del professor Claudio Genchi, dell’università di Milano. Seguono, poi, nel corso di tutta la giornata, fino alle 18.15, le relazioni dei professori Salvatore Giannetto (Messina), Maria Teresa Manfredi (Milano), Antonio Scala (Sassari), Philippe Jacquiet (Francia), Giovanni Poglayen (Bologna), Giuseppe Cringoli (Napoli), Giorgio Traldi (Milano), Giovanni Garippa (Sassari), Christophe Chartier (Francia). Tra i temi trattati, i «Meccanismi patogenetici dei principali nematodi gastro-intestinali dei piccoli ruminanti» e la «Risposta immunitaria degli ovini infestati da Haemonchus contortus».
 
 7 - La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Cagliari
Il Geoparco in mostra fa il tour dell’Europa
IGLESIAS. A preso il via domenica a Salonicco il viaggio europeo del Parco geominerario dfella Sardegna. Si tratta di una mostra itinerante che viaggerà nei sette Paesi tutti partners del progetto (Università di Turku (Finlandia), Ecomusée de la Comunité Le Cresot Monceau le mine (Malta), Ticcih (Francia), Ministero della Cultura della Grecia, Fondazione Cini (Provincia di Venezia), Museo della scienza e della tecnica della Catatonia (Spagna), Università di Minho (Portogallo), Ministero della Cultura e degli Affari religiosi della Romania).
 Con il progetto, che si svolge per iniziativa dell’associazione iglesiente Pozzo Sella, la Commissione europea «intende fare conoscere e mettere in rete i siti di archeologia industriale più significativi dell’Unione europea, promuovendo un circuito scientifico, culturale e turistico fondato sulla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale costruito nel corso dei millenni dalle civiltà europee e mediterranee».
 La cerimonia di apertura della mostra a Salonicco si è svolta alla presenza del presidente dell’associazione Pozzo Sella Giampiero Pinna, che è poi intervenuto domenica al convegno internazionale sul patrimonio industriale d’Europa.
 Alla conclusione del giro in Europa, nel prossimo marzo la mostra sarà in Sardegna nei Comuni del Parco Geominerario
 
 8 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Giovedì ad Architettura
Un seminario sulle case in terra cruda
CAGLIARI. E’ organizzato dal dipartimento di Architettura della facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari il seminario di avvio del progetto europeo Cultura dedicato alla conservazione, significato e decoro urbano delle case e delle città costruite in terra cruda, un tecnica edilizia diffusa nel bacino del Mediterraneo. Il seminario si terrà giovedì nell’aula magna di via Corte d’Appello con il coordinamento degli architetti Maddalena Achenza e Marco Cadinu. Il dipartimento di Architettura è capofila del progetto co-finanziato dalla Commissione Europea che raduna 16 enti di 7 nazioni. Le architetture e le città costruite con la terra cruda, hanno spiegato gli organizzatori del seminario, sono un patrimonio culturale, comune a tutti i paesi europei, costituito da centinaia di migliaia di architetture abitative e monumentali. La progressiva crisi dei tradizionali settori artigianali e tecnici collegati a questo genere di costruzioni sta portando ad un generale impoverimento della qualità degli interventi e sta mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di un importante patrimonio. Il progetto prevede lo scambio culturale tra alcuni organismi rappresentativi della cultura europea sul tema delle tecnologie manutentive e del recupero delle «buone pratiche costruttive tradizionali» e sullo studio della «formazione e sviluppo dei modelli insediativi». Quattro sessioni di lavoro sono programmate nelle sedi degli organizzatori europei con conferenze e visite tecniche ai siti di maggiore interesse. Sarà inoltre diffuso in due lingue un «Quaderno di lavoro», mentre nell’arile prossimo si terrà a Marrakech un workshop sulle tecniche costruttive tradizionali.
 

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