Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
17 November 2005
Ufficio Stampa
Università degli Studi di Cagliari
 
1 - L’Unione Sarda
Pagina 15 – Cagliari
Attualità
Coinvolte centinaia di scuole Il Quotidiano riparte anche in Sardegna
Il progetto nazionale "Il Quotidiano in classe", promosso dall’Osservatorio permanente giovani-editori, è ripartito nei giorni scorsi in tutte le classi. Anche in Sardegna è ripresa la lettura dei quotidiani inviati gratuitamente dalle testate che partecipano al progetto. Sono ben 191 gli istituti di tutta l’Isola che quest’anno aderiscono all’iniziativa. Ciascuna scuola, di ogni ordine delle superiori, partecipa con più classi, quindi sono migliaia gli studenti sardi che hanno la possibilità di far parte di una grande e ambiziosa operazione su scala nazionale. L’Unione Sarda ogni mercoledì pubblicherà una pagina dedicata all’iniziativa. «Quest’anno uno studente su due delle superiori riceve il giornale: significa che l’iniziativa raggiunge un milione e 200 mila alunni, su una popolazione complessiva di età compresa tra i 14 e i 18 anni di due milioni e mezzo», afferma con soddisfazione Andrea Ceccherini, presidente dell’Osservatorio permamente giovani-editori: «Per noi è un progetto di grande successo, ma per i sociologi è ormai un fenomeno sociale perché questa iniziativa farà crescere le nuove generazioni sicuramente in modo diverso rispetto al passato». Quando partì la prima volta, cinque anni fa, i partecipanti furono 30 mila. Poi in crescendo esponenziale si è balzati ai 436 mila del 2002-03, ai 743 mila dell’anno successivo e al boom dello scorso anno con un milione di studenti. L’obiettivo non nascosto è quello di arrivare a coinvolgere l’intera popolazione studentesca delle superiori e in futuro di entrare anche nell’Università. Partecipano al progetto i principali quotidiani nazionali (Corriere della sera, Stampa, Sole 24 Ore) e quindici tra le testate regionali più rappresentative: in Sardegna L’Unione Sarda, il quotidiano più antico e di maggiore diffusione, ha aderito sin dal primo momento con diverse iniziative. Oltre alla distribuzione del quotidiano nelle classi, organizza visite guidate nella redazione centrale di viale Regina Elena e al Centro stampa di viale Elmas. L’anno scorso ha fatto realizzare dagli studenti di dodici classi di altrettante scuole di tutta l’Isola una pagina di giornale pubblicata tra le cronache locali. Per un giorno i ragazzi si sono trasformati in reporter.
Carlo Figari
  
2- L’Unione Sarda
Pagina 31 – Cagliari
Assemini Convegno sul medioevo, studiosi da tutta l’Isola
Domani in Comune è in programma un seminario di studi dal titolo "Assemini e il suo territorio: crocevia emblematico nell’alto medioevo sardo", organizzato dalla professoressa Barbara Fois, docente di Antichità e istituzioni medievali all’Università di Cagliari (facoltà di Lettere). Al convegno prenderanno parte anche numerosi studiosi: i professori Giulio Paulis, Roberto Coroneo, Rossana Martorelli, Giorgio Cavallo, Gian Nicola Spanu, Gino Camboni, Francesca Carrada, Emanuela Solinas, Pietro Orrù. Arabi e bizantini, ceramiche e iscrizioni, documenti, avvenimenti e tradizioni, forniranno le tessere del mosaico storico della cittadina dell’Hinterland cagliaritano. I lavori si svolgeranno dalle 10 fino a sera, nell’aula consiliare del Municipio di Assemini. É prevista un’altissima affluenza di esperti e appassionati di storia.
(g. l. p.)
  
3 - L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cagliari
Università, bando per...
Università, bando per contributi L’Università di Cagliari  bandisce una selezione per l’assegnazione di contributi alle associazioni studentesche per la realizzazione di iniziative culturali e sociali. Le associazioni dovranno essere composte da almeno 50 studenti regolarmente iscritti e in corso, oppure fuori corso da non oltre un anno. Lo stanziamento disponibile è di 80 mila euro. Domande da presentare entro il 15 dicembre. (fr. gh.)
  
4 - L’Unione Sarda
Pagina 26 - Sulcis
Musei. In visita docenti universitari di quattro paesi
Riflettori sulle case di fango
Trentacinque docenti universitari di Francia, Spagna, Marocco e Nord Italia, hanno fatto tappa venerdì scorso a Musei per visitare l’antica Casa Ferri (i cui lavori di ristrutturazione sono in via di ultimazione) e l’antica struttura in mattoni crudi de Su Cungiau e Omu. I docenti, studiosi delle antiche case in terra cruda, accompagnati da Maddalena Achenza dell’università di Cagliari, hanno apprezzato i lavori di restauro in corso a Casa Ferri, di lato alla chiesa di Sant’Ignazio di Loyola. A fare gli onori di casa il sindaco, Marisa Concas, con il resto dei componenti della Giunta comunale, e l’attuale proprietario de Su Cungiau e Omu, Giovanni Portas, che ha rispolverato l’antica tecnica costruttiva dei mattoni fatti con paglia e fango. (p.cab.)
  
5 - L’Unione Sarda
Pagina 23 - Sulcis
Santadi. Via alle campagne di scavo e alla nascita di strutture ricettive e aree di sosta
Un parco intorno all’antica fortezza
Due milioni per valorizzare il sito archeologico di Pani Loriga
Finanziati con due milioni di euro i lavori per valorizzare il futuro parco archeologico di Pani Loriga. Il Cnr si occuperà della campagna scavi.
Prima strutture ricettive e aree di sosta, poi ricerche e campagne di scavi coordinate dal Centro nazionale ricerche per scoprire i segreti di Pani Loriga, l’antica fortezza fenicio punica nelle colline di Santadi. Il progetto di recupero e valorizzazione dell’importante sito archeologico è diventato realtà. Mezzi e operai, nei giorni scorsi, sono entrati in azione per posare la prima pietra su quello che, secondo le intenzioni del Comune di Santadi, dovrà diventare un vero e proprio parco archeologico. Due milioniGrazie agli oltre due milioni di euro, ricavati da bandi Por e fondi sull’occupazione, l’intervento per riportare alla luce Pani Loriga è entrato nel vivo. E, nell’area acquisita dal Comune, i primi metri di recinzione hanno già fatto la loro comparsa per delimitare il perimetro del futuro parco archeologico. «La prima fase dei lavori - ha spiegato Elio Sundas, sindaco di Santadi - riguarderà l’area di accoglienza per i visitatori: parcheggi per le auto, aree verdi e servizi». Il progettoMa il progetto per fare del sito fenicio punico una delle attrazioni culturali e turistiche del Basso Sulcis prevede anche la realizzazione di una struttura all’ingresso dell’intera area. «Si tratta di una sorta di ufficio turistico, dotato di una sala didattica e di un piccolo punto di ristoro e arricchito da sistemi multimediali, quali schemi e impianto stereo», ha aggiunto il primo cittadino. Ma tra escursioni sul campo e viaggi virtuali nel passato di Pani Loriga e del territorio di Santadi, c’è anche chi ha identificato il sito come uno dei «più importanti e unico, nel suo genere, nell’area del Basso Sulcis e della Sardegna», ha commentato Remo Forresu, responsabile della Sovrintendenza ai beni archeologici di Cagliari e curatore del museo archeologico di Santadi. Particolarità (l’acropoli, l’abitato e la necropoli circondati da tre solide cinta di mura) che hanno attirato l’attenzione anche del Centro nazionale di ricerche. L’accordoLa sovrintendenza ai beni archeologici di Cagliari, infatti, ha siglato un accordo con il Cnr per una accurata campagna di scavi. «Prenderà il via in primavera e a guidarla - ha spiegato Forresu, anch’egli coinvolto nel progetto - saranno il professor Massimo Botto e il suo assistente, Stefano Finocchi». Una serie di scavi a cui parteciperanno anche gli studenti delle Università sarde e del resto d’Italia che potranno contare sugli spazi del museo archeologico di Santadi come base operativa. «Scopo del Cnr è quello di stabilire l’esistenza di eventuali legami tra Pani Loriga e Monte Sirai, a Carbonia, e soprattutto le ragioni di un insediamento militare così poderoso e distante dalla costa», ha concluso Forresu. Mura che hanno resistito ai millenni e che, oltre ad aprire una finestra sul passato, per Santadi rappresentano una nuova frontiera di sviluppo e opportunità di lavoro. Maurizio Locci (Unioneonline)
Tesori nascosti da millenni
Situato in cima ad un piccolo tavoliere che si affaccia su Santadi Basso (lungo un’area di oltre dieci ettari), Pani Loriga è uno degli insediamenti più importanti fenicio punici del Sulcis. «Al pari di Monte Sirai, a Carbonia», ha sottolineato Remo Forresu, curatore del museo di Santadi. Ma anche di altri siti quali la necropoli prenuragica di Montessu (Villaperuccio), il nuraghe Seruci (Gonnesa) e le rovine di Solki, a Sant’Antioco. Abitato sin dall’epoca nuragica (presenza testimoniata tutt’intorno dai nuraghe Diana, Sanna, Schisorgiu, Fenugu e Peddi e Angioni), ha raggiunto il suo massimo splendore intorno al VII secolo avanti Cristo, in pieno periodo fenicio punico, quando divenne una fortezza inespugnabile a difesa dell’entroterra di Sulci, l’attuale Sant’Antioco. Nell’area, inoltre, gli studiosi hanno individuato numerose domus de janas, oltre 150 tombe a fossa (la necropoli arcaica, ricca di corredi funerari fenicio punici, etruschi e greco orientali), tombe a camera di origine cartaginese, un’acropoli, resti di abitazioni, casematte e tre ordini di possenti mura difensive. Una storia millenaria per troppo tempo rimasta nascosta. «Sono passati 36 anni da quando Ferruccio Barreca, archeologo e professore di archeologia fenicio punica all’Università di Cagliari, cominciò a scavare tra le colline e gli ulivi di Pani Loriga. Sembra un’eternità», ha commentato con soddisfazione Remo Forresu. E che ora il Cnr tenterà di portare alla luce. (m. lo.)
  
6 - L’Unione Sarda
Pagina 18 – Nuoro
La partnership tra l’Asl e l’Aci studiata da un giovane allievo dell’Università di Pisa «Un parcheggio da massimo dei voti» Gli spazi dell’ospedale diventano tema di una tesi di laurea
La ricerca ha riscosso un grande successo. Lo studente della Facoltà di Economia e Commercio si è laureato con il massimo dei voti.
Quel che l’aveva colpito era il progetto innovativo, gli strumenti finanziari utilizzati e per la perfetta sinergia tra la Asl di Nuoro e l’Automobil Club. Così, sul parcheggio dell’ospedale San Francesco, un giovane studente toscano dell’Università di Pisa ci ha fatto la sua tesi di laurea. Lo studio realizzato da Alessandro Bottari, che si è brillantemente laureato con il massimo dei voti (110 e lode), presso la facoltà di Economia e Commercio dell’ateneo toscano, ha messo l’accento sulla particolare e vincente partnership tra l’azienda sanitaria barbaricina e l’Aci. Il progettoIn pratica l’Aci, con la realizzazione dell’opera e con il suo finanziamento, ha svolto il ruolo che solitamente svolgono i privati, ma allo stesso tempo ha agito in un’ottica di servizio interpretando con notevole elasticità il rapporto con la Asl. A sua volta l’azienda sanitaria ha tratto un notevole beneficio dall’accordo, evitando in questo modo, di non distrarre dipendenti e risorse, evitando di gestire e realizzare direttamente un servizio importante per l’utenza ospedaliera. L’intero progetto è poi inquadrato nella tesi di Alessandro Bottari, come un caso al momento unico in Italia, di Public-Private Partnership, in cui anche il partner privato è un ente pubblico. Un connubio davvero originale che ha consentito di costruire il parcheggio, (costato all’Aci 220 mila euro e collaudato il 25 marzo del 2004) senza ricorrere ad alcuna forma di finanziamento bancario e di conseguenza abbattendo notevolmente i costi di realizzazione. La cerimoniaIeri mattina la tesi è stata consegnata dai responsabili dell’Aci (direttore regionale e della provincia di Nuoro Alessandro Paita) al direttore generale dell’Asl Franco Mariano Mulas durante una conferenza stampa nella sede della direzione sanitaria di via Demurtas. Un incontro al quale ha partecipato anche il geometra Ninni Spoto, progettista di un’opera che ha attirato l’attenzione dell’Università di Pisa come un vero e proprio caso da imitare. «Siamo veramente orgogliosi di essere stati tra i protagonisti di questo progetto - ha detto il dirigente dell’Aci Alessandro Paita - un’opera partita con diversi spunti polemici, ma che sta dimostrando interamente la sua utilità per i dipendenti del San Francesco e per la vasta utenza che quotidianamente raggiunge l’ospedale. Un investimento che dall’Automobil Club verrà recuperato in soli cinque anni e che ci permetterà di raggiungere il pareggio di bilancio». Soddisfatto naturalmente anche il manager Franco Mulas che ha ribadito come esempi virtuosi da imitare e degni di considerazione possano e debbano ancora partire da questo territorio.
Luca Urgu (Unioneonline)
 
7 - L’Unione Sarda
Pagina 18 – Nuoro
Lettera dell’Ateneo nuorese
«Tecnici per le oasi? La Regione assuma i nostri laureati»
Inaugurato un nuovo corso per formare esperti contro la trichinellosi e la peste suina
Il consorzio universitario nuorese rilancia la propria squadra di 35 tecnici faunistici, usciti dal corso di laurea triennale in Gestione e protezione della fauna. In una lettera indirizzata all’intera giunta regionale, l’ateneo nuorese, con un occhio alla direttiva sulla gestione delle oasi permanenti di protezione faunistica, di cattura e delle zone di ripopolamento, chiede espressamente alla Regione che «nei programmi di rinnovo degli organici, preveda l’impiego di queste nuove professionalità ? così la missiva ? specificatamente preparate». Nel frattempo, in attesa di una risposta, l’Università nuorese scommette su un master concepito per sviluppare e rafforzare le competenze di chi in questo campo ha già avuto una prima formazione. Il nuovo corso di specializzazione è stato presentato in città ieri mattina, nei locali di via Salaris da Bachisio Porru, presidente del Consorzio, il vicepresidente Nanni Fancello e Basilio Floris, direttore scientifico del master. Presenti anche Sergio Coda e Salvatore Naitana, rispettivamente preside e vicepreside della facoltà di Veterinaria di Sassari dalla quale dipendono tutti i corsi di laurea nuoresi che afferiscono al settore zootecnico. Non ultimo quello sulle produzioni animali attivato l’anno scorso dal capoluogo barbaricino. La new entry tra i blocchi post lauream del Consorzio universitario presentata ieri, da una parte si pone come continuazione ideale del corso triennale per tecnici faunistici, contemporaneamente si rivolge a tutti gli altri laureati che abbiano le stesse prerogative (info 0784/244737-244704, www.consuinuorese.it). «È legato alla facoltà sassarese di Veterinaria ? spiega Floris ? infatti quando si parla di veterinari non si deve pensare solo a problemi di tipo sanitario». Gli specialisti potranno essere impiegati nei progetti di eradicazione della trichinellosi e la peste suina, strettamente legati alla natura promiscua dell’allevamento barbaricino tradizionale. Ma il master andrà a formare una categoria di esperti in grado di collaborare anche con l’Ente Foreste, dove non esiste ancora una figura di tecnico della fauna selvatica. «Abbiamo istituzionalizzato sul territorio ciò che esso aveva già», rileva Naitana. «La Barbagia, in questo campo è un laboratorio naturale ? gli fa eco Porru, e aggiunge ? l’unico rammarico è che i corsi triennali attivati a Nuoro non siano ancora andati a regime, cioè con una prima che riparta ogni anno». Sergio Coda, dal canto suo, ribatte auspicando che questo possa avvenire al più presto, ma avanza anche alcune perplessità: «Purché non ne consegua una diminuzione progressiva delle iscrizioni», afferma il responsabile. Francesca Gungui
 
8 - L’Unione Sarda
Pagina 42 – Cultura
Università. Pubblichiamo la seconda parte della lectio magistralis del grande linguista tedesco
Sardi, fate ballare le vostre cinquanta lingue
L’affettuoso richiamo di Harald Weinrich: la diversità è una formidabile risorsa da sfruttare
L’8 novembre si è svolta nell’Aula Magna dell’Università di Cagliari la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in lingue e letterature moderne euroamericane all’insigne filologo, linguista e letterato Harald Weinrich, 78 anni, professore emerito a Monaco e al Collège de France. L’evento prevedeva la discussione di una tesi dal titolo "Quante lingue per l’Europa?" nella quale il prof. Weinrich ha svolto delle considerazioni sulla lingua sarda in una prospettiva europea. Pubblichiamo un estratto dell’ultima parte. Vorrei illustrare da una prospettiva europea alcuni problemi della lingua sarda. Ho detto illustrare, non studiare, analizzare o esaminare. Io so bene che con tutto il mio profondo interesse per la cultura linguistica della Sardegna, non posso considerarmi un vero sardologo. Così, pur avendo letto non pochi libri, saggi e articoli sulla situazione linguistica di quest’isola, mi accorgo ancora di troppi buchi neri nelle mie conoscenze per poter arrischiarmi nel campo della cosiddetta questione della lingua in quanto applicata alla lingua sarda. Comunque, dal punto di vista europeo, mi pare che il livello europeo della cultura linguistica si distingua notevolmente dagli altri livelli più presenti nella nostra cultura linguistica abituale. Scelgo come esempio la nota triade di valori frequentemente applicata alla lingua sarda: purezza, arcaicità e correttezza. Io non contesto la legittimità. Mi domando però se a livello europeo essi siano davvero tanto validi quanto lo sono a livello locale, regionale e nazionale. La purezza, ad esempio. Come si potrebbe ragionare in termini di cultura linguistica senza avere un certo senso di purezza per una lingua data? A livello europeo però, la meno pura di tutte le lingue germaniche è proprio l’inglese. Le vicende storiche hanno fatto dell’inglese una lingua mista al massimo, mescolata in particolare di elementi germanici e romanzi, ossia neolatini. Mi pare che proprio questa mescolanza sia stata una delle condizioni del successo mondiale da registrare per questa lingua "franca". Poi l’arcaicità. È ben noto che uno dei valori più applicati alla lingua sarda in generale è proprio la sua arcaicità, misurata a partire dai tempi di Wagner in termini di affinità con il latino. Nei suoi scritti e in non poche pubblicazioni di altri autori, l’arcaicità è divenuta quasi un titolo nobiliare del sardo. D’accordo a livello locale, regionale e nazionale ? ma chi rispetta davvero a livello europeo un tale valore! Lì si ricorda innanzitutto il fatto che tra tutte le lingue romanze, l’italiano e il sardo compresi, la lingua meno arcaica nelle sue strutture fonetiche, morfologiche e sintattiche è proprio il francese il quale, nella sua brillante storia, non ha mai sofferto della sua non arcaicità. Finalmente la correttezza. È senz’altro un valore linguistico. Io, ad esempio, non avrei mai potuto scrivere due grammatiche, una del francese e un’altra del tedesco, senza rispettare ad ogni momento il valore della correttezza. Ultimamente però, sono divenuto un poco vacillante. Mi sia permesso di raccontare un fatto aneddotico, quasi una barzelletta. Per farmi capire, devo però spiegare prima che la lingua tedesca più corretta ossia la lingua standard si è costituita all’alba dell’epoca moderna ed esattamente all’epoca di Lutero, nella regione sassone. La Sassonia è la nostra Toscana. Ne risulta che le regioni più lontane dalla Sassonia hanno conservato forme dialettali assai divergenti dal cosiddetto "alto tedesco" (Hochdeutsch). Ora, quale è stata per me la sorpresa, qualche tempo fa, nel vedere alla televisione uno spot a favore del Land Baden-Württemberg (la regione di Stoccarda) che diceva: "Noi siamo competenti in tutto, tranne che in tedesco standard" (Wir können alles, außer Hochdeutsch). L’impresa pubblicitaria è divenuta famosa con questo slogan ? uno schiaffo però per l’idea di correttezza grammaticale. Voglio dire con questi tre esempi che i valori linguistici visti dalla prospettiva europea sono forse assai diversi dai livelli locali, regionali e nazionali. Mi domando allora se non ci sono altri valori più riconosciuti, magari persino una nuova triade alternativa: diversità, vitalità, mobilità. La diversità, ad esempio. Mi sembra un valore particolarmente adatto alla situazione della Sardegna. Mi pare possibile e raccomandabile vedere nella diversità della lingua sarda e delle sue varietà una ricchezza culturale che merita di essere sfruttata. Ci vuole però una certa competenza nella gestione di tale ricchezza, una facoltà che non si acquista senza sforzi. Immagino un insegnamento scolastico puntato proprio verso questo valore, un insegnamento cioè della diversità nonché la ricerca comune, maestri e alunni, dell’identità sarda nella sua diversità. Posso persino immaginare uno "spot" al servizio forse del turismo, che dice: "Noi siamo l’isola delle cinquanta lingue ? siamo quindi un’immagine dell’Europa." Due brevi accenni ancora. Il primo: parlando di cinquanta lingue ho forse esagerato un tantino. Volevo lasciare un po’ di spazio al gioco dell’immaginazione, giacché nel regno delle lingue, il plurale è sempre più interessante del singolare. Esiste effettivamente, mi pare, una certa affinità tra la verità linguistica e la "ludicità" della natura umana. Il nostro Schiller l’ha espressa così: "L’uomo non è interamente uomo fuorché quando gioca" (Der Mensch ist nur ganz Mensch, wenn er spielt). C’entra senz’altro anche il linguaggio, visto che Wittgenstein ha denominato l’atto comunicativo, da cui nasce tutta la scienza del linguaggio: Sprachspiel, gioco linguistico. Nello stesso senso voglio intendere un’idea espressa da Eduardo Blasco Ferrer in un suo articolo scritto per l’Unione Sarda, dove parla del "gioco a scacchi" delle lingue e della sarda in particolare. Questa tendenza potrebbe esprimersi in una terza triade, questa volta con i valori soggettivi di promozione, animazione e motivazione a favore della lingua sarda. Proprio in questo senso mi auguro e vi auguro in tutte le considerazioni e pianificazioni a favore della lingua sarda, che sia presente una certa dose "ludica", quasi un elisir di "serenità". Tutto questo non può che aiutare in modo formidabile a far bella figura in Europa. Ora il secondo accenno. In tutto il mio gioco linguistico, vale a dire nella mia lezione, ho cercato accuratamente di evitare la voce "dialetto". Ho detto sempre "lingua" o "lingue". Non conosco forse la differenza tra lingua e dialetto? La conosco, forse troppo bene per crederci. L’unica definizione differente che mi convince è questa: una lingua è un dialetto con armata. In questo senso, l’italiano sarebbe dunque una lingua, il sardo con tutte le sue varietà, un dialetto? No davvero. Infatti, io vi auguro che anche il sardo abbia un’armata di "tifosi" i quali amano le loro lingue e in particolare la loro bella diversità e che così, quando fanno uso del sardo e ne fanno la lode in Europa, riescano ? per dirla in termini nietzschiani ? a far ballare le idee. Harald Weinrich
 
 Il ricordo del professore «La Sardegna è una piccola Europa di idiomi diversi»
Professor Weinrich, lei è stato in Sardegna agli inizi della Sua carriera, negli anni ’50. Che cosa ricorda di quell’esperienza a distanza di quasi mezzo secolo? «Sono venuto in Sardegna nel 1958 da giovane libero docente, spinto da una grande curiosità verso la lingua sarda, o meglio le lingue sarde. Mi ero proposto con quel viaggio di effettuare delle registrazioni sul campo delle parlate locali in Ogliastra, nella zona di Lanusei e Tortolì; non so più per quale motivo avessi scelto proprio quella zona, probabilmente per restare fuori dall’area linguistica del logudorese e del campidanese seguendo l’ipotesi che l’Ogliastra formasse, rispetto alle altre due grandi varianti del sardo, una terza zona. Avevo infatti già acquisito una certa esperienza nella tecnica delle registrazioni nell’Italia del nord e in Toscana per la mia tesi di abilitazione sulla fonologia delle lingue romanze, i Phonologische Studien. L’anno dopo, nel 1959, ricevetti la mia prima chiamata come professore ordinario all’università di Kiel. Quegli anni coincisero con il fenomeno delle università di massa e io mi trovai da subito a dover fare lezione anche a 1000 studenti, che desideravano studiare la letteratura francese. Ho così dovuto interrompere le mie ricerche. Il tempo è passato, il tempo con cui tutti dobbiamo combattere, quasi mezzo secolo è passato e oggi sono felice di riprendere i contatti con la Sardegna, non come dialettologo, ma come amico delle lingue e politico delle lingue in un certo senso». Se dovesse dare una risposta di politica linguistica, può dirci per quale motivo i sardi devono conservare la/le loro lingua/e? «Comincio dall’Europa. L’Europa nella sua forma attuale, cioè nella forma dell’Unione Europea è un’unione basata sulla diversità; ci sono 25 paesi e quasi tutti hanno la loro lingua. Da linguista sono interessato a mantenere e rispettare questa diversità e non voglio che questa venga annullata a favore dell’inglese. L’Europa è per me un continente che ha bisogno della sua diversità, quella linguistica compresa, perché la diversità è una forma della cultura europea e della ricchezza culturale di questo piccolo continente. Quando guardiamo la Sardegna, troviamo pressappoco la stessa diversità ma in un modello ridotto; in questo senso la Sardegna con le sue lingue (o dialetti) può considerarsi un’immagine dell’Europa». Lei crede nell’insegnamento del sardo nella scuola? «Mi pare interessante quest’idea, cioè davvero cercare una soluzione scolastica del sardo ma non nel senso dell’insegnare la grammatica e il parlare corretto del sardo, ma insegnare la diversità, non tanto la conoscenza quanto l’arte del riconoscimento, cioè che gli alunni siano capaci di riconoscere i dialetti sardi e di ritrovarsi nella diversità. Il mio senso è piuttosto quello di un insegnamento scolastico dove gli alunni, anche i giovanissimi, siano piccoli ricercatori loro stessi. Ci vuole una grande immaginazione per concepire un insegnamento non solo scolastico e infatti io preferisco parlare di un insegnamento ludico del sardo per interessare i giovani. Del resto la parola ludus in latino vuol dire insegnamento e gioco». Franca Ortu docente di lingua tedesca all’Università di Cagliari.
  
9 - L’Unione Sarda
Pagina 43 – Cultura
L’utopia necessaria dell’Unesco
A Parigi un convegno per i sessant’anni dell’organizzazione
Da oggi a venerdì si svolge a Parigi il Simposio internazionale "Sessant’anni di storia dell’Unesco". Vi prenderanno parte personalità della diplomazia internazionale e studiosi di tutto il mondo. Nella prima giornata di lavori, in cui è prevista una lezione magistrale dell’ultranovantenne Claude Levi-Strauss, interverranno anche due studiosi sardi: Carlo Felice Casula di Ollolai, per molti anni titolare della cattedra di storia contemporanea all’Università di Cagliari e Liliosa Azara di Palau, docente a Roma di relazioni internazionali. Entrambi firmano il primo studio interdisciplinare pubblicato in Italia sull’Unesco, edito da Città Aperta: "Unesco 1945-2005. Un’utopia necessaria. Scienza educazione e cultura nel secolo-mondo". Sulla ricorrenza ospitiamo un articolo del prof. Casula. Sessant’anni or sono, il 16 novembre del 1945 veniva fondata a Londra, che recava ancora i segni dei pesanti bombardamenti aerei della guerra da poco conclusa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, universalmente nota con il suo acronimo Unesco. Essa ha rappresentato, a partire dalla sua fondazione, un’utopia necessaria, secondo la felice espressione di Jacques Delors. Uno degli elementi del fascino esercitato dall’Unesco, anche a livello di pubblica opinione, è costituito dal fatto che in essa tutti gli Stati membri hanno uguali diritti: il suo Consiglio Esecutivo non ha membri permanenti e, unica, fra le agenzie specializzate delle Nazioni Unite, prevede una rete di Commissioni nazionali. Caratteristica peculiare dell’Unesco è la sua capacità, consolidata nel tempo, a interloquire con la società civile, con lo sviluppo di variegate forme di collaborazione con soggetti individuali e collettivi del mondo dell’educazione, della scienza e della cultura. Con l’Unesco interloquiscono e collaborano un gran numero di ONG che, sempre di più, rappresentano la coscienza del mondo. L’Unesco, a partire dalla riflessione sulla sua peculiare "diplomazia delle relazioni intellettuali internazionali", secondo la felice espressione di uno dei suoi direttori generali, l’italiano Vittorino Veronese, propone una politica non staticamente gerarchizzata nel quadro di un’organizzazione mondiale e un insieme di interferenze e interazioni tra processi socioculturali, offrendo un concreto esempio di quella che Jürgen Habermas ha definito "politica interna mondiale". Ripercorrendo la storia dell’Unesco nel contesto più ampio di quella delle Nazioni Unite e, più in generale, delle relazioni internazionali dei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, è significativo, anche se non sorprendente, che all’interno dell’Unesco la contrapposizione Urss-Usa, Est-Ovest, persino negli anni della guerra fredda, non sia stata determinante nella strategia e nelle dinamiche interne, a differenza della dialettica Nord-Sud del mondo che ha rischiato di divenire quasi una contrapposizione paralizzante. Nel bilancio positivo dei primi sessant’anni dell’utopia necessaria dell’Unesco, occorre allora evidenziare il suo contributo fondamentale, sul piano della riflessione teorica e delle politiche operative, per lo sviluppo della reciproca comprensione tra i popoli, con la loro storia, le loro tradizioni, i loro valori spirituali. L’Unesco continua ad operare perché Stati e nazioni siano protagonisti, nella nuova consapevolezza della loro crescente interdipendenza, di progetti comuni di sviluppo nel campo educativo, culturale e scientifico, che prevedano, preliminarmente, la gestione pacifica e intelligente dei conflitti sempre possibili. La storia di sessant’anni di vita dell’Unesco deve essere necessariamente ripercorsa all’interno delle complesse dinamiche delle relazioni internazionali negli anni della Guerra fredda, della distensione e dell’epocale passaggio dal mondo bipolare al mondo unipolare, a seguito dell’implosione e del crollo del Comunismo sovietico. Un’attenzione specifica deve essere prestata all’emergere della realtà del Terzo Mondo, dalla fase della decolonizzazione e della costituzione del Movimento dei Paesi non allineati all’attuale drammatica realtà del perdurante sottosviluppo. Le ricerche sull’Unesco richiedono un approccio multidisciplinare e interconnesse competenze di studio: la storia politica, sociale, culturale e religiosa del mondo contemporaneo e il diritto internazionale nel nuovo contesto del sistema delle Nazioni Unite, con una sensibilità congiunta per l’evolversi delle relazioni fra gli Stati e le culture nelle complesse e intricate dinamiche del secolo-mondo appena trascorso. Il ricorso a discipline diverse, dalla storia al diritto, dall’antropologia alla letteratura e al cinema, è imprescindibile non solo per ricostruire, ma anche solo per comprendere fenomeni quali quelli della diversità culturale e dell’intercultura, centrali nella vita dell’Unesco. Nella sua azione l’Unesco si è dovuto confrontare con la dialettica Stato-nazione versus governo globale: disvelatrice al riguardo, è la questione ecologica, in quanto, come ha magistralmente illustrato Maurice Strong, nella sessione di apertura del Summit della terra di Rio de Janeiro, nel 1992, ad esempio nel campo delle risorse energetiche e della salvaguardia non è più sostenibile che la sovranità sia esercitata unilateralmente da singoli Stati. Come direttore generale, al vertice dell’agenzia specializzata più popolare delle Nazioni Unite ? caso ancora unico ? c’è stato anche un italiano: Vittorino Veronese, dirigente prestigioso dell’Azione Cattolica, amico e interlocutore di Paolo VI, che ha avuto il merito di promuovere con successo la campagna internazionale per evitare che i monumenti insigni dell’Antico Egitto, di Abu Simbel, fossero sepolti dalle acque della diga di Assuan. Nella conduzione dell’organizzazione che compie festeggia i primi sessant’anni di vita con un rinnovato impegno nel portare avanti un ambizioso programma educativo e culturale, il ruolo svolto dai suoi direttori generali è stato di grande rilievo, sul piano dell’elaborazione teorica e degli interventi operativi. Dallo scienziato inglese Julian Huxley al diplomatico di lungo corso giapponese, Koïchiro Maatsura, specifiche competenze professionali, differenti background sociali e culturali, personali sensibilità ideali e religiose, derivanti dalle storie dei Paesi di provenienza, hanno costituito un’indubbia risorsa per la maturazione della scelta strategica della diversità culturale, la via maestra e obbligata al contempo per l’azione complessiva dell’Unesco. Carlo Felice Casula
10 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
 Scienze politiche vola ma mancano i prof
 Il preside Paci: «Fondamentale l’organizzazione», gli studenti «Più aule»
 CAGLIARI. Le immatricolazioni sono in aumento anno dopo anno, gli universitari arrivano prima alla laurea, il numero dei fuori corso è tra i più bassi in Sardegna. La facoltà di Scienze politiche è sempre più allettante e continua a scalare le classifiche nazionali. Nonostante i successi, i problemi non mancano: poche aule, basso il numero dei docenti.
 Da anni preside della facoltà, Raffaele Paci siede dietro una scrivania zeppa di carte e raccoglitori: potrebbero scoppiargli tra le mani tanto sono gonfi.
 - Quali le virtù?
 ‹‹L’essenza sta nell’organizzazione. A cominciare dal calendario delle lezioni pensato in semestri, le date degli esami decise per tutto l’anno, stimoli continui agli studenti perché si sentano subito protagonisti».
 - Orgoglio di preside.
 
«Sono soddisfatto».
 Gli esempi non mancano. Le lezioni sono cominciate da un mese, ma si sa quando saranno sospese per lasciar spazio agli esami.
 - Le matricole aspettano il momento del debutto.
 
‹‹Niente di traumatico, il primo contatto sarà con i pre-esami. E in questo modo sono stimolati ad organizzarsi e capiranno subito che bisogna darci dentro, prendere il ritmo».
 E i risultati si vedono. Parola degli studenti: ‹‹Non c’è che dire - è la pagella di Nicola Meleddu, rappresentante nel Consiglio di facoltà - L’organizzazione è ottima. Ragion per cui riesci ad andare avanti seppur con tutte le carenze di cui la facoltà soffre ancora. Devi fare lo slalom, ma arrivi al traguardo senza il fiatone››. Un problema su tutti: il numero d’insegnanti in rapporto a quello degli studenti. Il rapporto è basso, ha sentenziato nei giorni scorsi anche il Sole 24ore.
 ‹‹Cinquantaquattro docenti per più di tre mila ragazzi - allarga le braccia Paci - E’ vero: troppo pochi. Per essere a posto avremmo bisogno di almeno ottanta professori››.
 Ma in tempi di vacche magre, come quelli attraversati ora, la cosa non è pensabile. Così, ecco che bisogna pensare a una soluzione. Raffaele Paci pensa al numero chiuso. Inevitabile quando non ci sono soldi per ingaggiare nuovi docenti. Quando la coperta è corta, bisogna tirare limidall’altra parte, ma gli studenti non vogliono sapere del numero chiuso: ‹‹È antidemocratico››, taglia corto Nicola Meleddu. Un altro problema sentito è quello delle lauree specialistiche: ‹‹Spesso sono una ripetizione del primo livello››, dicono gli studenti. Paci non nega, ma puntualizza: ‹‹Questo - dice - dipende dal fatto che la riforma, intesa come tre+due, non è ancora percepita come si dovrebbe. Siamo ancora ancorati alla logica dei cinque anni››. Ma Paci è ottimista: il tempo sistemerà anche questo. Finita? No, dagli universitari arriva un altro appunto: ‹‹Gli impiegati delle segreterie studenti non bastano a far fronte alle le nostre richieste. Prima eravamo pochi e un impiegato poteva bastare. Adesso siamo tremila, e non abbiamo il tempo per stare in fila». Chi passeggia è fuori, qui si corre... verso la laurea.
Sabrina Zedda
  
11 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Oggi studenti e universitari insieme 
Corteo e pranzo: il ministro è cotto 
 Corteo, festa, pranzo, e concerto per dire “no” alla privatizzazione dei saperi e “sì” alla libera istruzione. Oggi è la Giornata mondiale di mobilitazione studentesca, e in città l’Unione degli universitari e l’Unione degli studenti hanno promosso una giornata zeppa d’iniziative. Con una particolarità: per la prima volta universitari e studenti delle scuole superiori s’uniranno «per diventare soggetti centrali d’una società che punti sulla conoscenza e sul sapere libero attraverso maggiori finanziamenti e investimenti».
 Un po’ come dire: basta con gli studenti visti come soggetti passivi, costretti a subire le decisioni prese da altri. Ora anche chi sta dall’altra parte della cattedra vuole essere protagonisti. Proprio questo pensiero esprime l’intero spirito dell’iniziativa di oggi: «Nelle nostre scuole e nelle nostre facoltà - dicono ancora gli studenti - non vogliamo sentirci estranei. Rivendichiamo la possibilità d’autogestire tempi e spazi». Questo il programma della giornata: alle 10 concentrazione in piazza Garibaldi da dove partirà il corteo destinazione via Paoli, Dante, piazza Giovanni XXIII. Ultima tappa la facoltà di Scienze della formazione, in via Trentino. Qui, alle 13, è prevista la festa con pranzo, perché gli studenti riescano a vivere gli spazi inutilizzati dell’università. Alle 15.30 tutti in assemblea nell’aula magna del Corpo aggiunto: dall’incontro dovrà scaturire un manifesto dei bisogni e delle richieste degli studenti della provincia. L’ultimo atto alle 20.30, nella scalinata d’ingresso della facoltà di Lettere con un concerto di diversi gruppi giovanili. (s.z.)
  
12 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 – Cagliari
DALL’UNIVERSITA’
Borse per la cultura
 L’Università bandisce una selezione per l’assegnazione di contributi alle associazioni studentesche, composte da almeno 50 studenti regolarmente iscritti e in corso, oppure fuori corso da non oltre un anno, per la realizzazione di iniziative culturali e sociali. Domande entro il 15 dicembre.
  
13 -  La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
IL PROGETTO PONTES AL VIA 
Le quattro tappe per sconfiggere l’emarginazione 
CAGLIARI. Migliorare la qualità del lavoro per le fasce deboli, promuovere la piena occupazione, l’integrazione attraverso la formazione permanente. Questi gli obiettivi principali del progetto Pontes, presentato al Palazzo Viceregio e finanziato dall’Unione europea, con settecentomila euro. Durata dell’intervento: due anni. I soggetti coinvolti per la piena riuscita del progetto sono la Provincia, il centro studi relazioni industriali dell’Università e la Comunità montana del Serpeddì.
 Il punto di partenza, per niente incoraggiante, riguarda soprattutto i processi di trasformazione sociale legati alle dismissioni industriali, alla disoccupazione, all’emigrazione e alla flessibilità esasperata del mercato lavorativo. Il risultato? Una marcata esclusione di alcune categorie di occupati o disoccupati, che si ritrovano così ai margini del mercato lavorativo. Le cause sono diverse, a cominciare da competenze professionali superate e, quindi, al di sotto del livello minimo richiesto, ma tra le varie discriminanti ci sono anche il sesso e l’età: l’accesso ad un impiego stabile è più difficile per le donne e per gli individui che hanno oltrepassato la soglia dei quarantacinque anni. Ma nel mirino c’è anche la flessibilità delle imprese e la crescita della mobilità.
 Le fasi di attuazione del progetto sono quattro. La prima riguarda l’analisi del contesto territoriale e, quindi, individuare, quantificare e descrivere il fenomeno della marginalizzazione dei lavoratori appartenenti alle fasce deboli. Quindi, partiranno le prime iniziative specifiche volte all’aggiornamento e alla riqualificazione dei soggetti coinvolti, sia nella pubblica amministrazione che nelle aziende private. In concomitanza con le due prime fasi, ci sarà l’attivazione di un Centro provinciale per le politiche attive del lavoro e dell’inclusione sociale, con l’apertura, a giugno, di uno specifico sportello sia in Provincia che nella sede della Confindustria.
 Infine, il progetto Pontes prevede la formazione di esperti nella valorizzazione delle risorse umane.
Pa.So 
  
14 - La Nuova Sardegna
Pagina 7 – IGLESIAS
CONVEGNO Rifiuti e riciclaggio la Provincia in campo
Cambiano le regole per il ritiro dei rifiuti e la Provincia si adegua alle direttive del decreto Ronchi che impone la raccolta differenziata. Per fornire agli amministratori comunali e agli operatori del settore un’adeguata conoscenza delle normative di legge la Giunta provinciale ha promosso un convegno dibattito che si terrà domani, con inizio alle ore 9.30, nei locali dell’ente intermedio in Via Argentaria. Gli interventi dei ricercatori e degli esperti del settore inizieranno alle 15.30 con l’intervento del presidente della Provincia Pierfranco Gaviano.
Alle 15.40 l’assessore regionale all’Ambiente Tonino Dessi parlerà della raccolta differenziata in Sardegna e subito dopo è previsto l’intervento di Carla Cicilloni, assessore provinciale all’Ambiente per fornire suggerimenti e consigli.
I lavori proseguiranno con “Effetti ambientali sulla dispersione dei rifiuti” del prof. Aldo Muntoni dell’università di Cagliari e con l’intervento di Andrea Binetti, dirigente della Ila di Portovesme che parlerà di “Riciclo dell’alluminio in Sardegna e fenomeni di riciclaggio alluminio in Europa”. Il coordinatore dei lavori è il prof. Carlo Muntoni, docente di fisica. Sono inoltre previsti gli interventi di Gianluca Bertazzoli, Graziano Sarritzu, Stefano Mura e Fabrizio Aroni.
Dalle 9.30 si potranno visitare i reparti espositivi dei manufatti di Biosulcis 3000 effettuati con materiali riciclati.
(ea)
 
15 - La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Carbonia
«I colori dell’esperienza», quando il teatro guarisce dalla malattia
PSICHIATRIA Una festa-convegno sul centro diurno
 I “colori dell’esperienza” sono quelli dipinti dalle mani dei “ragazzi” del Centro di salute mentale dell’Asl n.7, dagli operatori sanitari, dai volontari: sono le tinte vivide e dense dell’umanità che forgia la gioia dalla sofferenza. Ed è davvero una festa, più che un convegno, sebbene la presenza di qualificate voci della psichiatria ne faccia un’occasione di conoscenza approfondita, la mattinata di riflessione e rappresentazione teatrale organizzata dal Servizio di tutela della salute mentale. “Colori e disegni per raccontare la promozione della salute mentale” questa l’intitolazione dell’appuntamento, previsto per il 30 novembre nel teatro Centrale a partire dalle 9.30. Il programma vuole rappresentare il bilancio della seconda annualità del progetto di abbattimento delle barriere del pregiudizio nei confronti della sofferenza psichica, che ha coinvolto i bambini delle scuole materne ed elementari: forte anche la presenza dell’elemento “teatrale”, che larga parte ha avuto nelle attività del Csm, grazie al Gruppo “Albeschida”. I lavori inizieranno con la sessione “I colori dell’esperienza”, con un “cammeo” di “Nemus”, l’ultimo lavoro della compagnia: una libera trasposizione dell’antico racconto popolare sardo “I tre fiori della felce maschio” (tematiche legate al banditismo e alla violenza), con riferimento agli elementi mitici, contenuti nel racconto di origine, combinati con il vissuto degli interpreti e il loro rapporto con la paura. Seguirà la presentazione dell’opuscolo “Cosando... cosando. Vita al Centro diurno”: un lavoro dedicato ai bambini che hanno partecipato alle attività del progetto, dal linguaggio semplice e ricco di disegni, che narra le origini del Centro diurno e le vicende della psichiatria contemporanea, con riferimenti alle esperienze dei piccoli a contatto con il mondo della sofferenza psichica. Alle 10.15, la sessione “Condivisione e partecipazione per superare le barriere”: il professor Bachisio Scarpa, dell’università di Cagliari, interverrà sul tema “Un esempio di promozione della salute mentale nell’Asl 7 di Carbonia”. Seguirà la relazione di suor Maria Saccomandi, direttrice dell’istituto scolastico “Gritti”, su “La semplicità dei bambini che trascina gli adulti nella condivisione”. Concluderà il professor Luigi Attenasio, già stretto collaboratore di Franco Basaglia, padre della riforma psichiatrica: parlerà del “Viaggio di un’idea... a Carbonia e oltre”. Nella terza sessione, un’anticipazione del prossimo lavoro del gruppo “Albeschida”, “Eros e Psiche”, mentre la quarta vedrà la presentazione del dvd “Natural...mente insieme”: è il racconto di alcune della esperienze vissute dai bambini della scuole nell’attività del Csm, nelle strutture agro-zootecniche del Centro. La mattina terminerà (ore 12) con la riproposizione di un quadro della prima rappresentazione di “Albeschida”: quel “Sogno di Edipo” che fu applaudito per la prima volta nel 2003 all’anfiteatro di Monte Sirai.
Giovanni Di Pasquale
  
16 - La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
Provincia-Fondazione, bufera sulle nomine 
A rischio la tenuta della coalizione, i capigruppo hanno anche chiesto una verifica 
Una bufera violentissima che non ha alcuna intenzione di placarsi. Anzi, oggi potrebbe rafforzarsi durante il consiglio provinciale quando la maggioranza e ancor di più l’opposizione attaccheranno a viso aperto la presidente della Provincia, Alessandra Giudici.
 Il motivo è uno: la delibera presidenziale che Alessandra Giudici ha inviato alla Fondazione Banco di Sardegna indicando la terna di nomi della Provincia. Tre nomi, tutti vicini alla Margherita, anzi a una parte della Margherita di cui la presidente è espressione: il medico Giuseppe De Luca è il favorito, ma nel fax c’erano anche i nomi di un altro medico, Salvatore Canu, esponente di spicco della Dc da alcuni decenni, e del giovane ingegnere Fabrizio Fiori. Tre nomi che vanno ad aggiungersi ai due espressi dall’università: il professor Bruno Masala, vicino ai Diesse e il professor Francesco Soddu, figlio di Pietrino, vicino a Progetto Sardegna.
 Ma è sulla decisione di Alessandra Giudici che è scoppiato il finimondo che rischia di mettere a rischio la tenuta della coalizione di centrosinistra visto che tutti gli alleati sono scesi sul sentiero di guerra rimarcando il fatto che la presidente ha scavalcato a piè pari il Consiglio provinciale.
PIER LUIGI PIREDDA 
  
17 - La Nuova Sardegna
Pagina 4 – Sardegna
Banco e Asl, tensione per le nuove lottizzazioni
Ecco i nomi del vertice della Fondazione. Sanità, alla vigilia vertice Soru-Dirindin Spartizione politica tra Ds, Margherita e Progetto Sardegna
Si parla di nomine e si riscatenano le polemiche politiche. Al centro dell’attenzione sono gli incarichi nel comitato di indirizzo della Fondazione Banco di Sardegna e le nuove nomine dei manager della sanità, che dovrebbero essere decise oggi dalla giunta. A provocare le tensioni sono il fatto che a decidere sono solo i maggiori partiti (Ds, Margherita e Progetto Sardegna) e che i presidenti delle Province (caos soprattutto a Sassari) non hanno coinvolto i rispettivi Consigli, come prevede lo statuto della Fondazione. Cambia la politica ma non le lottizzazioni.
Fondazione Banco di Sardegna. Il diciotto membri del comitato di indirizzo sono scelti in parte (cinque) dallo stesso comitato e gli altri tredici da diversi organismi istituzionali e enti economici e culturali, che devono inviare delle terne dalle quali il comitato dovrà scegliere un nome.
Nella seduta di giovedì, nel corso della quale sono state evitate polemiche e contrapposizioni, il consiglio regionale ha dato ben 50 voti ad Antonello Arru, dirigente della Margherita, che con questa super-designazione unitaria da parte della maggioranza di Centrosinistra (con qualche consenso aggiuntivo arrivato persino dai banchi dell’opposizione) si avvia ad essere confermato alla presidenza del comitato e, automaticamente, anche del consiglio di amministrazione della Fondazione.
Dalle terne indicate dalle singole Province (solo le quattro «vecchie») dovrebbero essere scelti questi nomi: il diessino Franco Mannoni (Cagliari), ex assessore socialista e fratello dell’attuale responsabile dei Lavori pubblici nella giunta di Renato Soru, Giuseppe De Luca (Sassari), indicato dalla Margherita, come Michele Ladu (Nuoro), ex dirigente della Dc. Non ha invece ancora scelto la Provincia di Oristano, che è l’unica a essere governata dal Centrodestra.
Per le Camere di commercio (tutte hanno inviato delle terne) saranno scelti Antonello Angioni (Cagliari), indicato dal presidente Romano Mambrini, Nando Scalamandrè (Sassari), presidente diessino della Cna di Olbia, Luciano Di Cesare (Nuoro), indicato dalla Margherita, Piero Franceschi (Oristano), che si è autonominato.
Ed eccoci alle Università, ciascuna delle quali ha diritto a due posti e deve pertanto indicare due terne. Per quella di Cagliari i prescelti saranno Micaela Morelli e Franco Cabras, per quella di Sassari Francesco Soddu (gradito al soriano Progetto Sardegna) e Bruno Masala, vicino al presidente diessino del consiglio regionale Giacomo Spissu.
Sono membri uscenti del comitato di indirizzo, oltre il presidente Antonello Arru, anche Franco Cabras, Luciano Di Cesare, Micaela Morelli e Francesco Soddu.
Le nomine nelle Asl e al Brotzu. Un lungo vertice tra Renato Soru e Nerina Dirindin si è svolto ieri sera nella sede della presidenza della Regione, dove oggi la giunta è chiamata a nominare il nuovo manager dell’azienda ospedaliera cagliaritana Brotzu e, forse, delle Asl di Olbia e del Medio Campidano. Presidente e assessore alla Sanità dovevano valutare diverse candidature, alcune tecniche (forse non più di moda, dopo la fase iniziale) e altre «suggerite» dagli alleati che riescono a esercitare pressioni sull’esecutivo.
Per il Brotzu circolava ieri con sempre maggiore insistenza il nome di Mariolino Selis, ex capo della Ragioneria della Regione, figura gradita sia a Soru sia al big dei Ds Antonello Cabras. Nei giorni scorsi An aveva lanciato bordate, ricordando che Selis è il dirigente all’epoca del caso Scomazzon (ammanco dalle casse della Regione).
Per la Asl di Olbia c’erano in lizza soprattutto due nomi: Mario Posadinu, sponsorizzato da ambienti di Progetto Sardegna e in particolare da Pietro Soddu, e Gianni Cherchi, fratello medico dell’ex deputato diessino Tore Cherchi (ma la scelta non sarebbe di segno politico).
Per la Asl del Medio Campidano era circolato diversi mesi fa il nome del diessino Bruno Palmas, ma ha poi preso consistenza l’ipotesi di Pietro Paolo Murru, ex manager nel settore della sanità, sponsorizzato - pare - da uno dei principali collaboratori di Soru, Giuliano Murgia, l’ex assessore regionale ora presidente del Consorzio 21.
Filippo Peretti
 
18 - La Nuova Sardegna
Pagina 7 – Sardegna
Una pillola usata da 20 anni ma negata alle italiane»
Il direttore del S. Anna di Torino spiega le dinamiche che fin’ora hanno bloccato l’uso del farmaco
La direzione sanitaria dell’Asl di Cagliari in questi giorni convocherà i direttori delle sette farmacie aziendali e stabilirà quante dovranno essere le scorte minime di Ru436, la pillola abortiva che i reparti ospedalieri e convenzionati potrebbero chiedere una volta autorizzati dal comitato etico di riferimento. E’ già stato accertato che, per ricevere il farmaco, ci vogliono dalle 48 alle 72 ore. La macchina organizzativa comincia a muoversi, stretta conseguenza dell’annuncio dell’assessore alla sanità Nerina Dirindin sulla disponibilità della Regione ad accogliere le richieste degli operatori che volessero utilizzare la pillola Ru436 in alternativa all’intervento chirurgico ormai tradizionale. Ed ecco che si delineano due fronti medici e due, diciamo, politici. Quelli medici si definiscono in fretta: da un lato ci sono gli operatori che desiderano saperne di più sulle conseguenze per la paziente dell’uso della pillola abortiva e aspettano, per esempio, gli esiti della sperimentazione in corso a Torino; dall’altro ci sono quelli che si dichiarano pronti a cominciare, una volta concluse le procedure di autorizzazione. Guardando alla politica si delineano fronti uguali e contrari: due consiglieri dello Sdi (Maria Grazia Caligaris e Raimondo Ibba) chiedono che anche in Sardegna le donne possano essere messe nella condizione di scegliere, mentre tutti i consiglieri regionali di An hanno firmato una mozione (il primo è stato Matteo Sanna) per domandare che la Sardegna sia tenuta al riparo da questa metodica abortiva. Il frastuono della polemica non aiuta a capire e da vari ambienti arrivano domande semplici e interessanti: come mai questa pillola conosciuta da quasi due decenni non è mai entrata in Italia; perché le formazioni politiche che via via si stanno esprimendo a favore di questa alternativa all’intervento chirurgico, in passato, quando determinavano le politiche sanitarie, non hanno promosso l’accoglienza del farmaco nel nostro Paese; come mai le autorità sanitarie finora non hanno accettato di registrare il prodotto; cos’è che, davvero, ha fatto saltare il tappo della non informazione fino alla polemica di queste settimane?
Da Torino, Mario Campogrande, direttore del dipartimento 1 di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Sant’Anna, parla dell’esperienza cominciata: «Si tratta di un farmaco ampiamente sperimentato e utilizzato da migliaia se non milioni, ormai, con la Cina, di donne. Non si usa in Italia, Portogallo e Irlanda, qui da noi perché la ditta produttrice non ne ha mai chiesto la registrazione». Spontanea la domanda (perché?) impossibile la risposta: forse, su questo tema, le scelte risentono di ideologie e volontà politiche. Delle due l’una (sempre nel campo delle congetture): la società produttrice non ha trovato conveniente sfidare il molosso cattolico, la società produttrice ha trovato conveniente accontentare la richiesta di non affacciarsi sul mercato italiano.
Allora, com’è che il Sant’Anna di Torino ha potuto avere la pillola? «Abbiamo fatto un progetto - risponde il professor Campogrande - per sperimentare il farmaco con due posologie diverse: nel rispetto della 194, abbiamo seguito tutte le procedure per arrivare all’autorizzazione. Guardi che ci sono voluti 4 anni...». Il sospetto viene: forse la sperimentazione è stata il grimadello per aprire un varco anche in Italia. «Assolutamente no - dice il direttore del dipartimento torinese - semmai è stato un modo di presentare un problema, la posologia è ancora allo studio». Ma se altrove si usa da tempo? «Le buone norme della pratica medica invitano a utilizzare i dosaggi minori di qualunque farmaco e quindi noi stiamo valutando quale sia la quantità strettamente necessaria del primo farmaco da assumere. Ricordiamolo: questa pratica è composta da due farmaci». Alcuni medici, pur interessati a una metodica che può essere meno gravosa per la paziente, temono il rischio di emorragie dopo l’assunzione del secondo farmaco, quello che provoca le contrazioni dell’utero necessarie per espellere l’embrione «staccato» dalle pareti dell’endometrio attraverso l’azione della prima pastiglia. «Il rischio è raro e comunque si tratta di modeste emorragie - risponde il professore - le emorragie gravi sono rarissime in letteratura». La sperimentazione di Torino sarà conclusa dopo 400 casi, e Campogrande ci tiene a ribadire due concetti: «Non si tratta di decidere aborto sì o aborto no, ma aborto come. C’è una differenza assoluta tra questa metodica alternativa all’intervento chirurgico e la cosiddetta pillola del giorno dopo: la confusione è un errore grossolano, si tratta di farmaci diversi e con meccanismi di azione differenti».
Gian Benedetto Melis direttore della clinica di ostetricia e ginecologia dell’Università di Cagliari spiega di aver chiesto tempo addietro di poter utilizzare «questo antiprogestinico». «Risultava ci fossero blocchi legati al ministero, se ora c’è la disponibilità alle autorizzazioni, una volta presentata la richiesta al comitato etico, saremo prontissimi. Ritengo sia una crescita poter offrire un metodo medico anziché chirurgico a chi si sottopone a un aborto, anche se i nostri studi ci hanno mostrato che il problema più grosso è di tipo psicologico e con day hospital, anestesia blanda e supporto psicologico anche l’intervento chirurgico può risultare meno pesante sul piano fisico e psicologico». Sulle eventuali difficoltà dell’uso Melis spiega: è indispensabile che la datazione della gravidanza sia esatta, entro il 49°, 50° giorno dall’ultima mestruazione. Altro problema: oggi l’ivg chirurgica si fa in day hospital, le norme del ministro Storace impongono invece due giorni di permanenza in ospedale per il monitoraggio «anche se questo non è nella logica delle tecniche usate nell’ivg».
Nicola Pirastu, ginecologo della clinica convenzionata Sant’Elena, guarda con favore alla possibilità di evitare un intervento alle pazienti, «ma ci sono dettagli da mettere a punto», probabilmente si potrà fare, ma soltanto quando tutto sarà ben chiaro.
ALESSANDRA SALLEMI

Questionnaire and social

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