Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
28 October 2005
Ufficio Stampa
Università degli Studi di Cagliari

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cagliari
Tre sportelli su sei aperti
Tasse e documenti, file da incubo nelle segreterie
Oltre duecento, in attesa del proprio turno. Anche soltanto per chiedere un’informazione di pochi secondi. Capita da diverse mattine nella segreteria studenti del polo universitario di Sa Duchessa. Servono anche tre ore per poter arrivare finalmente davanti all’addetto della segreteria. Anche in Ingegneria e nel polo giuridico ed economico la situazione non è migliore. Tutto questo accade proprio in un momento delicato nella vita degli studenti: è vicina la scadenza per la presentazione dell’autocertificazione, per determinare l’importo da pagare per le tasse , e lunedì prossimo scadono le immatricolazioni ai corsi di laurea specialistica. Insomma un periodo infuocato e dei sei sportelli della segreteria di via Trentino, soltanto tre sono aperti. Pochi per un locale dove confluiscono gli studenti di tre facoltà: Lettere e Filosofia, Lingue, Scienze della formazione. La prima operazione da compiere è quella di prendere il numeretto. Un display, in stile ufficio postale, che permette a molti di aspettare al sole, approfittando della bella giornata. Ma l’attesa è snervante e in pochi sono contenti di perdere una mattinata per ricevere delle informazioni o per ritirare un modulo. «Sono qui da due ore ? commenta, quando sull’orologio le lancette segnano le 11 e 30, un po’ spazientito Antonio Piras, iscritto in Psicologia, - e penso che dovrò aspettare ancora molto. Devo consegnare l’autocertificazione, che si può depositare nelle cassette apposite. Il problema è che ho dei dubbi e mi serve qualcuno per un chiarimento». Chiarimento che costa caro: quasi tutta la mattina. «Il problema ? aggiunge ? è che la situazione è quasi sempre la stessa. Per fortuna riesco a venirci molto raramente». L’esperienza dell’infinita attesa in segreteria è una delle prime per ogni studente che si affaccia all’Università. «L’altro giorno ? racconta Melania Incollu, matricola in Lingue straniere, trasferita a Cagliari da Baunei - sono rimasta fino alle 14,30. Ci sono sei sportelli, non capisco perché ne aprano soltanto la metà. Forse serve un po’ più di personale». L’orario è dalle 9 alle 12: a mezzogiorno si continua a servire soltanto quelle persone in possesso del numeretto presenti all’interno del locale. Per chi resta fuori nessuna opportunità: c’è da mettere in conto un’altra mattina. Il problema è stato portato anche in Cda, da Giuseppe Frau, rappresentante di Università per gli studenti: «Purtroppo gran parte del personale delle segreterie è impegnato nei corsi di formazione per il nuovo sistema informatico che snellirà il lavoro nelle segreterie. Questo crea però un disservizio. Chiediamo che alcune unità vengano spostate dai dipartimenti per dare una mano nelle segreterie che rischiano di affogare».
Matteo Vercelli
  
2 – L’Unione Sarda
Pagina 21 – Cagliari
Lite legale Fulvio Duce-Casic
Vince in una causa e usa parte dei soldi per borse di studio
Dopo quasi dieci anni di causa civile contro il Casic ha vinto il ricorso per un licenziamento che ha sempre ritenuto ingiusto: ora, dopo la decisione del giudice, l’ex assessore comunale di Cagliari Fulvio Duce ha deciso di devolvere parte del risarcimento ad alcune borse di studio per tesi di laurea a favore di «meritevoli giovani universitari sardi». I soldi, destinati alle Università di Cagliari e Sassari, nelle intenzioni di Duce serviranno «ad applicare un giusto diritto per tutti», a portare a termine quella sua personale "battaglia per la legalità" che cerca dal giorno del licenziamento. Motivo che l’ha spinto, nonostante la sentenza gli sia stata favorevole, a presentare ricorso in appello contro la decisione del giudice e contemporaneamente a intentare contro lo stesso Casic altre due cause: una penale e una davanti al tribunale per i diritti dell’uomo alla Corte di Strasburgo. Fulvio Duce, avvocato, 71 anni, fu licenziato dal Casic il 30 settembre 1994. Era il vicedirettore dell’ente e lavorava lì dentro da oltre 30 anni. Non prese bene il suo allontanamento dal lavoro e, assistito dal legale Sergio Ballicu, fece ricorso in sede civile. Riteneva illegittimo il licenziamento perché «contrastante con molti fondamentali principi del contratto nazionale di lavoro e privo dell’obbligatorio preavviso», si leggeva nel ricorso. Il Casic, secondo Duce, rifiutò il tentativo di accordo extragiudiziale nel ’97 per poi non presentarsi all’obbligatorio tentativo di conciliazione. Si arrivò allora davanti al giudice civile Emanuela Muscas. Al magistrato Duce chiedeva di dichiarare nullo il licenziamento; di riconoscergli un risarcimento del danno pari a oltre 212 milioni di lire; il pagamento del contributo mensile del 10 per cento da versare nel Fondo integrativo pensionistico per ogni anno non lavorato dopo il licenziamento; il risarcimento dei danni patiti a causa del «carattere ingiurioso del licenziamento». Tutte accuse respinte dal Casic ma accolte dal giudice che ha condannato l’ente a pagare quasi 71 mila euro. «Dopo anni di confronto legale, il giudice mi ha dato ragione», ha sottolineato Duce: «Ero stato licenziato senza giusta causa e senza l’obbligatorio preavviso. È stata sconfitta l’azione illegittima del Caisc, che infatti non ha presentato appello contro questa decisione. Ora, dopo la vittoria nel primo match, si passa al secondo: quello penale. Poi c’è anche il ricorso all’Alta corte di giustizia a Strasburgo, per la tutela dei diritti dell’uomo». (an. m.)
 
 3 – L’Unione Sarda
Pagina 28 – Provincia di Cagliari
Monserrato. Lettera a prefetto, Regione, Provincia e Anas: il percorso non è sicuro
Comitato in rivolta contro il maxi ponte
Mi lle firme per una rotatoria: «Pronti a bloccare la 554»
Secondo un comitato spontaneo il grande ponte per la Cittadella universitaria non è sicuro e dalla circonvallazione 554 il traffico non sparirà. Lettera al prefetto: «Meglio costruire una rotatoria»
«Il maxi ponte sulla 554, quello per la Cittadella universitaria, non è sicuro». L’allarme è lanciato da un comitato spontaneo, che ha promosso una petizione con mille firme. Un consigliere comunale, fautore del gruppo di protesta, va ancora oltre: «Cerchiamo il dialogo, attendiamo un confronto con Provincia e Comune, perché qui si sta per compiere un danno enorme, quasi come quello del Poetto». Carlo Sanvido, consigliere del Gruppo misto, non esclude clamorose iniziative di lotta: «Se nessuno ci ascolterà potremmo imitare i cagliaritani che si sono opposti al parcheggio di via Manzoni. Ma bloccare la 554 è l’ultima cartuccia che intendiamo sparare. Anche se, alla luce dei precedenti, la protesta oggi sembra essere l’unico modo per far valere diritti e ragioni». Il documentoA giorni la Provincia consegnerà il cantiere all’impresa. Ma il Comitato anti-ponte ha formulato una controproposta. In una lettera a prefetto, Regione, Provincia, Anas e Comune ricorda che - spendendo molto meno - il collegamento tra Monserrato-San Fulgenzio e il Policlinico potrebbe essere garantito da una rotatoria a valle di una sopraelevata, sull’esempio del piano che Cagliari sta attuando per rendere più fluida la viabilità da e per via Peretti. Non basta: «La scelta di andare avanti con il ponte», scrivono a nome del comitato Ignazio Zuddas ed Efisio Sanna, «è motivata dalla circostanza che, essendo il progetto esecutivo già stato approvato e grosse somme già spese in progettazioni e consulenze, se non si desse avvio alle opere la Regione potrebbe chiedere i danni alla Provincia». SicurezzaMa perché il ponte è avversato dal comitato? La risposta è di Efisio Sanna, ingegnere: «Lo svincolo a quadrifoglio realizzato quarant’anni fa tra la 554 e la 131, con i criteri del tempo ma oggi carente, interessa circa 20 ettari e ha raccordi del raggio di 60 metri», dice l’esponente del comitato. «Quello per la Cittadella è un quadrifoglio che si è voluto mantenere in dimensioni elevate per il territorio in cui si inserisce, ma incompatibili con la funzionalità dell’opera, circa sei ettari. Prevede solo curve strette, di 35 metri, e in più punti, in successione destra-sinistra-destra, corsie di accelerazione e decelerazione brevi, assieme a pendenze elevate dei raccordi e delle rampe. Sono elementi che creeranno pericoloso il transito e critiche le condizioni di traffico». I punti critici«È stato curato molto l’aspetto spettacolare, prevedendo che il ponte sia appeso con cavi di acciaio a un altissimo pilone. Ma il viadotto avrà una sola corsia per senso di marcia: così il tappo nella 554 non sparirà». La conclusione: «La valutazione di impatto ambientale allegata al progetto approvato evidenzia un grave paradosso: prevede di scavalcare la 554 con il ponte strallato di oltre ottanta metri e altissimi costi. Risulterà però impossibile allargare la carreggiata della circonvallazione, oggi di 14 metri, a causa della vicinanza dei raccordi circolari. Infine, non si capisce come si potrà mettere in sicurezza la 554 senza la possibilità di realizzare la corsia di emergenza e senza adeguare lo spartitraffico centrale».
Lorenzo Piras
 
 
 

 
4 - La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
Università: eletti i rappresentanti nel consiglio di amministrazione
SASSARI. Si sono svolte, nell’ateneo sassarese, le elezioni per il rinnovo delle rappresentanze dei docenti nel Consiglio di Amministrazione. Diversi i nuovi rappresentanti, alla loro prima nomina. Gli eletti rimarranno in carica per il triennio accademico 2005-2008. I rappresentanti nel Cda d’ateneo dei professori ordinari, appartenenti al ruolo più alto, di prima fascia, saranno i professori Angelo Castellaccio (Lettere e filosofia), nuovo eletto e il più votato dai suoi colleghi, con 44 preferenze, Virgilio Agnetti (Medicina e chirurgia), con 34 preferenze, Mario Agabbio (Agraria), con 33 preferenze, e Francesco Feo (Medicina e chirurgia), con 27 preferenze. Anche loro, al pari di Castellaccio sono nuovi rappresentanti della rispettiva fascia di docenti rispetto al Cda uscente.
 Tra i docenti associati, di ruolo di seconda fascia, sono stati nominati rappresentanti nel Consiglio di amministrazione d’ateneo di Sassari Eraldo Sanna Passino (Veterinaria), riconfermato nell’incarico con 48 preferenze, Antonio Mario Scanu (Medicina e chirurgia), con 38 preferenze, e Marco Ruggirei (Economia), con 29 voti, entrambi nuovi eletti. I due esponenti nel Cda dell’università sassarese per la fascia dei ricercatori, stabilizzati e assistenti del ruolo a esaurimento sono Luigi Pinna (Scienze matematiche, fisiche e naturali), riconfermato con 56 voti, e Rosanna Ortu (Giurisprudenza), nuova eletta con 47 preferenze. (m.d.)
 
 
 

 
5 - Corriere della Sera
Assemblea a Chimica. Aumenterà il valore in crediti delle prove
Sapienza, meno esami e tasse
Il rettore Guarini ha incontrato gli studenti
Cambieranno le tasse e diminuiranno le prove d’esame. Le novità alla Sapienza sono annunciate in una mattinata insolita: il gentiluomo Renato Guarini incontra gli studenti dell’ateneo occupato; dipartimento di Chimica, aula colma di ragazzi e striscioni, e, al tavolo dei relatori, oltre al rettore, uno studente che per l’occasione indossa un cappello da vichingo, di quelli con le corna. L’incontro s’intitola «Didattica, le proposte degli studenti». Alcune, sono già state accolte. Mattinata di proposte e discussioni, alcune delle quali destinate a cambiare il futuro non solo dei presenti ma di tutti gli iscritti: come la vicenda tasse, ad esempio. A mezzogiorno e quaranta, quando l’incontro termina, Guarini annuncia che le fasce dei contribuenti saranno cambiate, rese più giuste, più vicine al diritto allo studio dei ceti in difficoltà. Tempi e modi da definire, ma presto, finalmente, partiranno i lavori della commissione che dovrà studiare le novità.
Gli applausi sommergono il rettore Guarini, «anche perché ero l’unico Magnifico italiano in piazza con gli studenti a Montecitorio», ma è evidente che il clima complessivo dell’ateneo è teso. «La riforma Moratti peggiora nettamente una situazione già di per sé non rosea», dicono gli studenti. Che criticano anche la riforma precedente, la cosiddetta «3 più 2», «approvata in modo frettoloso e con molti errori». Ad esempio: in alcuni corsi di laurea ci sono le prove d’esame, che però danno diritto a pochissimi crediti, «in alcuni casi anche solo quattro», e così costringono i ragazzi a collezionare «esamini» per raggiungere il totale dei crediti necessario. «La Commissione per l’innovazione della didattica - dice Guarini - ha avviato un approfondito esame della questione, soprattutto riguardo al fenomeno della frammentazione formativa e culturale che deriva dall’applicazione del decreto. In particolare si studieranno soluzioni finalizzate alla riduzione delle prove di esame, introducendo moduli di sei crediti, eventualmente raddoppiabili». Non solo: «Sarà inoltre esaminata la possibilità di assegnare crediti formativi per la partecipazione a iniziative culturali».
Gli studenti hanno chiesto interventi anche in fatto dei corsi a numero chiuso: il rettore Renato Guarini, però, ha ricordato che «per i corsi di laurea a numero chiuso disciplinati dall’ordinamento europeo non è possibile alcun intervento immediato».
Contestazioni poche, applausi molti di più. Anche perché il rettore ha ricordato che le politiche per gli studenti sono state scelte come priorità fin dal suo esordio. «Per la prima volta nella storia de La Sapienza - dice Renato Guarini - è stato nominato un Prorettore alle politiche per gli studenti che si sta occupando di rafforzare l’impegno dell’ateneo in questo ambito con numerose iniziative». Il rettore - che annunciato anche un incontro con l’assessore competente della Regione Lazio, Silvia Costa, sulla vicenda dell’Adisu - ha ricevuto fischi quando ha annunciato di dover lasciare l’assemblea per «altri impegni». È riuscito ad andare via solo quaranta minuti dopo mezzogiorno. E a chi gli chiedeva se in incontri così si decidano davvero le cose, se non si tratti semplicemente di parole, Renato Guarini ha risposto con poche parole: «Entro 20 giorni saranno riunite le commissioni di lavoro chieste dagli studenti».
 
 6 - Corriere della Sera
Ecco l’Italia delle lauree (taroccate) per tutti
Solo quest’anno l’Antitrust ha messo 14 «università» sotto inchiesta: 5 già condannate
Forse perché gli ultimi anni sono stati segnati da un delirante moltiplicarsi di nuove università e sezioni staccate sparse per tutta la penisola quasi che un paesotto di provincia fosse miserabile senza uno svincolo a tre corsie e uno straccio di facoltà. Forse perché le aperture ai «privati» sono state male regolamentate. Forse perché il caos ha incoraggiato i furbi. Fatto sta che all’Authority oggi presieduta da Antonio Catricalà ne hanno viste di tutti i colori. La «Libera Privata Università di Diritto Internazionale» dell’Isfoa, Istituto Superiore di Finanza e Organizzazione Aziendale stracolmo di lettere maiuscole come fosse un poderoso istituto traboccante di storia, gloria e onori, scrive ad esempio nel suo sito di voler «diffondere i principi dell’Open University, programma di matrice anglosassone» per superare le «evidenti lacune presenti nel sistema accademico tradizionale» grazie a un metodo che «fonda le sue radici nel concetto secolare, iniziato dai filosofi greci, che l’istruzione superiore deve essere in sintonia e in armonia con la vita personale e professionale di ciascun allievo». E promette agli iscritti decine e decine di percorsi di studio, dalla «Tecnica di Borsa» all’«Ingegneria Finanziaria e Montaggio di Operazioni di Securitasion». E dice di avere sedi nella Quinta Strada di New York (New York!) e nel Principato di Monaco (Monaco!) e a Sofia (Sofia!) e perfino Repubblica di Nauru, in Polinesia (la Polinesia!). E dove ha la sede centrale questo splendido ateneo ricco di storia? In Rruga Tefta Tashko, 104/6 a Tirana, dove la società albanese è stata registrata in tribunale l’8 settembre 2005. Forse (forse) per superare l’imbarazzo dell’«università» precedente che portava un nome simile già condannato dalla nostra Authority per la concorrenza.
Alla «Libera Università Internazionale G. W. Leibniz», con sedi a Milano, Roma, Bergamo e Lamezia Terme, hanno preso in prestito il nome del pensatore tedesco non a caso: entrato all’Università di Lipsia a 15 anni, laureato in filosofia a 17 e benedetto dottore in legge a 20, era il simbolo giusto: qui si fa in fretta.
Come non fidarsi, di un nome così? Di un simbolo con la penna e il compasso? Di un ateneo fondato «nei primi anni ’90 del secolo scorso» a Santa Fè, nel New Mexico, che dice di avere un «rettore» e un «senato accademico» e una «direzione accademica»? L’Antitrust l’aveva già sanzionata nel 2003, per quelle parole, specificando che la sedicente «università» «non gode di alcun riconoscimento o accreditamento in Italia e che i titoli dalla stessa rilasciati non possono qualificarsi quali titoli aventi valore legale» quindi la pubblicità «poteva trarre in errore». Due anni dopo, dice l’Authority, «è stata riproposta senza cambiamenti di sostanza».
Del Cetus (Centro di Tecnologia Universitaria Straniera) è sufficiente vedere in questa pagina la foto della sede principale: cinque vetrine a piano terra di un brutto palazzone al numero 2220 di via Aurelio Di Bella, periferia di Palermo. Come possa essere la sede secondaria, a Caltanissetta, immaginatelo voi. Eppure, a guardare il sito internet, tra bedde fimmine con toga e tocco da laureate e il marchio con quel berretto a punte da dottore, non puoi aver dubbi. Né te li lascia la presentazione, che è tutta un fiorir di paroloni e spiega che il Cetus è «un Campus di cultura universitaria per la Sicilia, altamente specializzato nella realizzazione di corsi per il conseguimento del Dottorato di Laurea degli Stati Uniti d’America» (l’America!) e puoi avere il Bachelor Degree, il Master Degree e il PH Doctor e con quei pezzi di carta hai il mondo in tasca perché «i Titoli Accademici rilasciati dalle Università Statunitensi attraverso il nostro Dipartimento sono legalmente ammessi».
Un falso, denuncia l’Antitrust. Infatti, anche se «le espressioni presenti nella pagina web quali "Facoltà di Economia Management", "Facoltà di Ingegneria e Scienze Fisiche", e i relativi titoli ottenibili, quali "Dottore in Economia", "Dottore in Ingegneria meccanica/elettronica", "Dottore in scienze ambientali", contribuiscono a suscitare nei consumatori il convincimento che Cetus permetta di conseguire titoli aventi valore legale», quelle carte non valgono niente. Tanto più che i presunti atenei americani che dovrebbero (dovrebbero) rilasciare quelle lauree (Adam Smith University, Golden State University, Clayton University) «non sono università "accreditate" secondo l’ordinamento statunitense».
Il che vale anche per i «cugini» del Cesus, Centro Studi Università Straniera-Campus per la Calabria e il Lazio, con sedi a Siderno e Colleferro e una filiale ad Ardore Marina, altra metropoli che senza un pezzo d’ateneo si sentiva umiliata. Dice l’Authority che, a leggere il suo sito, ieri miracolosamente sparito da Internet, si potevano conseguire anche qui le prestigiose lauree americane del Cetus più un reboante «Doctor Phylosophy Degree». Di più: «I nostri Laureati possono accedere ai Master di specializzazione presso le più prestigiose Università statali europee, nelle facoltà di medicina» e che il CE.S.U.S. consente la «convalida di esami già sostenuti presso altre strutture Universitarie nell’ambito delle medicine convenzionali e non, abbreviando in tal modo il percorso accademico Universitario». E tutto grazie a cosa? Alla «legge 7 agosto 1990 n. 241 che recita: gli esami della tesi finale del dottorato di laurea sostenuti in un dipartimento di un’Università Usa hanno lo stesso valore di quelli sostenuti presso la sede originale negli Stati Uniti d’America».
E guarda caso con chi erano affiliati il Cetus e il Cesus? Con «l’European Institute of Technology avente sede nella Repubblica di San Marino che, a sua volta, costituisce un "Dipartimento della Clayton University", sita nel Missouri». Lo stesso «ateneo» sammarinese che diede la «laurea» in economia al reuccio del mattone Stefano Ricucci e in lettere ad Anna Falchi. Applausi. Peccato che, a leggere su internet un articolo dell’ Arkansas Democrat-Gazette del 4 giugno, la Clayton University del Missouri non solo non è accreditata ma non ha un solo studente americano dal 1989 e oggi risulta trasferita a Hong Kong.
Gian Antonio Stella
  
7 - Corriere della Sera
Le sfide strategiche per gli atenei
UNIVERSITA’ E FUTURO
di ANGELO PROVASOLI*
Sono 237 le sedi universitarie italiane per un totale di 5.131 corsi attivati. Il primato spetta alla Lombardia (con 28 sedi e 960 corsi circa) seguita dalla Sicilia (22 sedi per un uguale numero di corsi). Se la delocalizzazione è un valore non si può certo dire che il sistema universitario non lo abbia fatto suo. C’è da chiedersi però se una simile parcellizzazione possa essere la base da cui partire per rendere competitiva ed europea l’università italiana. Personalmente non credo. La ricerca, vera forza per una didattica di eccellenza, necessita di massa critica, di risorse concentrate oltre che ben investite. L’università è uno dei motori dello sviluppo economico del Paese e come tale va considerata e gestita. Prima di tutto da noi docenti e rettori. La questione non è certamente quella di aziendalizzare la cultura quanto piuttosto di dotarsi di un progetto strategico e di un sistema di relazioni che rendano possibile concretizzare le strategie: non è più possibile pensare di potersi accontentare delle risorse pubbliche. La ricerca italiana resta ai margini del contesto internazionale perché, a differenza di quanto avviene nei Paesi del Nord Europa, in Giappone e negli Usa, la percentuale del finanziamento pubblico sul totale degli investimenti in ricerca e sviluppo è troppo alta: se nel nostro Paese è del 50,8 per cento, nella Ue dei 15 è 34,4, negli Usa è 27,8 e in Giappone è il 18,5 per cento. Appare chiaro quindi che solo dall’alleanza su progetti condivisi tra mondo della ricerca e dell’alta formazione e mondo produttivo è possibile costruire il nostro futuro.
L’università non può non accettare la sfida europea così come non può non lavorare affinché la competitività divenga finalmente un vincolo per lo sviluppo del Paese e non un obiettivo. Per farlo però non bastano le dichiarazioni di principio, non serve richiedere al governo che verrà la convocazione degli stati generali dell’università per ridefinire la missione stessa dell’università, perché non è questa a essere in discussione. Il sistema necessita di una forte accelerazione, non di una pausa di riflessione. È necessario fissarsi degli obiettivi, che non possono però ridursi alla discussione sulla contrattualizzazione della forza lavoro. L’università deve rafforzare i sistemi di alleanze e le joint venture con centri italiani e stranieri e soprattutto deve superare le proprie barriere culturali.
L’internazionalizzazione deve diventare una dimensione strategica del nostro sistema. Dobbiamo essere in grado come italiani di attrarre i migliori talenti europei e non. Progetti come l’università italo-cinese che coinvolge quattro atenei italiani (di cui due milanesi: la Bocconi e il Politecnico), due cinesi, il ministero dell’università e le imprese devono diventare un modello, un format al quale ispirarsi. L’anno accademico che stiamo inaugurando dovrà essere ricordato non per i contrasti che dividono le diverse componenti del sistema universitario, a volte troppo concentrato e chiuso su se stesso, ma per la sua capacità di guardare oltre, di programmare e perseguire obiettivi utili alla crescita del paese e del suo capitale umano. Alle richieste di attenzione e dialogo con le istituzioni dobbiamo affiancare proposte concrete, progetti che facciano crescere il nostro sistema universitario. La Bocconi ha scelto di farlo programmando i suoi prossimi dieci anni, potenziando la sua offerta formativa internazionale, sempre più europea e in lingua inglese, e, già da anni, investendo nei giovani ai quali offre un percorso di carriera con il quale misurarsi e testare la propria capacità di fare ricerca e didattica.
*rettore Università Bocconi
  
8 - Corriere della Sera
IL CASO / Il «Secolo d’Italia»: giusto schierarsi contro? De Angelis (Area): nel ’68 lo facemmo e sbagliammo. Gli «antagonisti»: no a offese come il dito della Santanchè
Giovani in piazza, dubbi a destra: vanno capiti
ROMA - Ci sono di nuovo gli studenti in piazza, le facoltà occupate, una massa che si muove, un movimento. Farfalle rosse, bandiere rosse. E la destra italiana che fa? Come risponde? Flavia Perina, direttore del Secolo d’Italia , il quotidiano di An, ieri ha scritto un articolo dal titolo eloquente: «Attenti alla sindrome di Valle Giulia». Primo marzo ’68, Roma, Valle Giulia, facoltà di Architettura, studenti e celerini contro. Fu battaglia vera, quel giorno, botte e feriti. Tutt’altra storia, sicuramente, rispetto alle scaramucce e ai fumogeni di martedì scorso a Montecitorio. Ma lo stesso, scrive Flavia Perina, «forte oggi è la tentazione di fare paragoni con il passato». Attenti, perciò, alla sindrome di Valle Giulia, «che sembra imporre di schierarsi di qua o di là...». E la destra che fa? «Nel ’68, sicuramente, sbagliò di grosso. L’importante oggi è non fare lo stesso errore», risponde Marcello De Angelis, direttore di Area , autorevole mensile della destra social e. Quale errore? «Quello commesso allora di schierarsi contro, di essere controparte - spiega De Angelis -. Quello di mandare il servizio d’ordine del Msi, per esempio, a sgombrare a Roma la facoltà di Legge, il 16 marzo ’68». «Un’operazione politica - racconta il saggista Adalberto Baldoni -. C’erano le elezioni di maggio alle porte e il Msi, partito anticomunista, non poteva tollerare che all’università fascisti e comunisti andassero d’accordo. Tutti contro il Sistema». «E già - continua De Angelis - perché a Legge c’erano proprio i gruppi nostri, che a quel punto si sentirono sbugiardati, isolati. Ed è così che lasciarono il campo alla sinistra». Attenti alla sindrome di Valle Giulia: «Il centrodestra a oggi non è controparte - scrive sempre la Perina -. Cadere nella trappola sarebbe un errore. Non c’è modo migliore per incoraggiare quei giovani che dargli un po’ di lacrimogeni, qualche fuggi-fuggi, la sensazione di avere un nemico, un potere adulto che si contrappone». Ecco, appunto. «Il dito alzato della Santanchè contro gli studenti - dice Alfredo Iorio, destra antagonista, presidente del Movimento del Trifoglio - vale, simbolicamente, quanto lo sgombero di Legge del marzo ’68». Un’offesa, un’umiliazione. «Altro che riforma Moratti - continua Iorio -. La destra dovrebbe occuparsi delle facoltà a numero chiuso, dove i figli del popolo non possono andare perché non sono raccomandati. Dovrebbe occuparsi del fatto che l’accesso all’informatica e l’inglese, è tuttora sostanzialmente negato ai proletari». Tra i giovani in piazza, però, martedì scorso, non c’era nessuno di quelli di Azione Giovani o di Azione Universitaria (il vecchio Fuan).
A Valle Giulia, invece. «Piperno, Scalzone, Franco Russo, Petruccioli, certo, ma c’eravamo anche noi», ricorda Mario Merlino, il Professore Nero, 61 anni, assolto nell’87 dalla Cassazione dall’accusa di essere uno dei mandanti della strage di piazza Fontana: «Io, Guido Paglia, Stefano delle Chiaie, tutti ben riconoscibili in fotografia». Sì, c’erano anche loro, precisa lo storico Giano Accame, all’epoca inviato de Il Borghese : quelli del Fuan-Caravella e della Giovine Italia, della Primula Goliardica e di Avanguardia nazionale. «Stava accadendo davvero qualcosa di strano, di nuovo, a Roma. Non solo un tacito accordo, gli slogan di Che Guevara e di Mao che convivevano con il nostro Europa Fascismo e Rivoluzione , ma anche spaghettate e partite di pallone - si sfoga Merlino -. Così i partiti, il Pci e il Msi, ne ebbero una paura pazzesca. Ma anche oggi vedo brutti segnali, un incattivimento, la voglia di rimettere sotto il giogo della politica questi ragazzi. Pensate un po’: quelli che li portano fin davanti a Montecitorio, quegli altri che li provocano apposta davanti al portone e la polizia in mezzo che interviene e carica. Ognuno si fa i propri conticini elettorali. Le fotocopie, però, son sempre cattivi prodotti».
«Ma noi non dobbiamo allontanarci, dobbiamo anzi riuscire a intercettare questa grande realtà di disaffezione, malcontento e rabbia», fa autocritica Giorgia Meloni, presidente di Azione Giovani, l’ex Fronte della Gioventù. «Dobbiamo far capire ai ragazzi in piazza che la sinistra li vuole solo strumentalizzare - continua la Meloni -. Le borracce d’acqua di Mussi io al posto loro le avrei rifiutate. Ho sempre combattuto, da quando avevo 13 anni a oggi che ne ho 28, quelli che utilizzano la mia rabbia per sedersi su una poltrona». «Sicuramente dobbiamo cambiare marcia, ci aspetta un’evoluzione più movimentista», conferma Vittorio Pesato, coordinatore nazionale di Azione Universitaria.
«Già, sarebbe meglio - conclude ironico De Angelis, il direttore di Area -. Perché questo non è il nuovo ’68, è un movimento vuoto, uno specchietto per le allodole. La realtà, però, è che i nostri dirigenti nazionali, che oggi sono al governo ma vengono da lì, dal movimento giovanile, FdG, Fuan, hanno dimenticato del tutto come si fa. I cortei studenteschi di ottobre sono un meccanismo della politica che la sinistra invece conosce bene: si gettano le reti per reclutare le nuove leve. I nostri giovani invece, 15-16 anni, oggi studiano solo per diventare segretari dell’onorevole tal-dei-tali. Si sentono consigliare il posto giusto dove andare a comprare una cravatta. Mentre avrebbero bisogno di un calcio nel sedere per ricordargli di tornare in piazza».
Fabrizio Caccia
 
 
 

  
9 – Il Mattino
Gaetano Quagliariello: «Grazie a questa legge apriamo alla modernità»
DANIELA LIMONCELLI
«Non credo che l’università si riformi attraverso il cambiamento dello stato giuridico dei docenti: una riforma, se ci sarà, partirà dalla creazione di università migliori di altre a giudizio di studenti e mercato del lavoro». Gaetano Quagliariello, consigliere per gli affari culturali del presidente del Senato, professore della Luiss, ha un «giudizio moderato» su un ddl che giudica «piuttosto positivo». La Moratti è stata contestata nel metodo... «Ma di cosa può essere imputata? Era da tre legislature che si trascinava il provvedimento. Il problema è un altro. Un Parlamento, una maggioranza, un ministro dopo aver consultato il mondo universitario e fatto tutti i passaggi previsti, possono fare un provvedimento legislativo o no? La Moratti ha avuto coraggio anche perché quel che si prefigurava a livello di Parlamento era l’affermazione di lobby accademiche trasversali, come nel caso dell’ope legis». I punti qualificanti del ddl? «Quello più contestato dai docenti: il concorso di idoneità nazionale. Nei concorsi locali, come c’erano prima, le commissioni locali premiavano i candidati locali. Erano burocratizzati. Oggi saranno premiati i meritevoli. Poi, è importante l’ingresso del capitale privato nelle università per finanziare la ricerca - che non significa privatizzazione - o che i ricercatori (ad esaurimento dal 2013) possano avanzare di carriera senza ricorrere all’ope legis ma con i concorsi. Si attiva il principio di mobilità anche attraverso contratti di sei anni per dottorandi, con possibilità di carriera per i più bravi». Dunque, perchè tante proteste? «È diffusa la convinzione che solo l’università possa cambiare se stessa, ci sono interessi corporativi, e gli studenti sono informati in base a parole d’ordine. Non trova che i ragazzi dovrebbero ribellarsi più per le aule fatiscenti che non su un provvedimento che inserisce un minimo di modernità?». (27-10-05)
 
 
 

 
10 – Il Tempo
«Non è detto che Ciampi firmi»
I ricercatori auspicano che il Presidente rinvii la legge in Parlamento
«NON È DETTO che la legge venga firmata dal Presidente della Repubblica: qui non si tratta solo di salvare l’università, ma di ripristinare la legalità più volte calpestata. La strada del provvedimento può ancora essere arrestata». Lo ha affermato ieri Marco Merafina, del coordinamento nazionale ricercatori universitari, secondo il quale, la legge sullo stato giuridico dei docenti universitari, approvata martedì dalla Camera «è un provvedimento vuoto che di certo non rilancia l’università e inasprisce le difficoltà di tanti giovani precari, che aspirano a diventare docenti universitari». Per questo, secondo Merafina, «sarà necessario uno sforzo che dovrà coinvolgere tutti, dai rettori ai docenti, ai precari, agli studenti. Questa è la sfida da cogliere in vista della prossima legislatura. Dobbiamo ripartire dalla manifestazione di martedì, dallo straordinario messaggio di compattezza di tutto il mondo universitario, che è vivo, e tanto ha da dare al Paese». La nuova legge, secondo il coordinamento dei ricercatori universitari, «pone le basi per una ulteriore dequalificazione della didattica a tutto danno degli studenti; rende la ricerca ancor più subalterna e controllata». «Abbiamo perduto l’occasione di costruire uno stato giuridico basato sull’unicità della carriera docente, la possibilità di dare ai quasi 60 mila precari la speranza di una prospettiva reale di carriera, la possibilità di dare agli studenti un’università migliore. Ma - ha concluso Marco Merafina - devono ancora essere preparati i decreti attuativi, possiamo limitare al minimo gli effetti negativi della legge evitando di applicarla, laddove sarà possibile, in attesa di una vera riforma». A rincarare la dose contro la riforma varata dalla Moratti è la «Rete nazionale ricercatori precari» che in una nota ha affermato, stigmatizzando l’atteggiamento della polizia nei confronti della manifestazione studentesca di martedì «Il ministro Moratti continua ad affermare di aver accolto le proposte del movimento di protesta. Nulla di più falso. Il governo non ascolta e anzi mette in campo la polizia e vanno avanti a colpi di maggioranza e manganello». «I ricercatori precari erano in piazza con gli studenti, mentre il parlamento approvava una legge palesemente incostituzionale. Manifestavano in maniera pacifica - ha affermato Nora Precisa, portavoce della rete - mentre le forze dell’ordine li aggredivano. Gli studenti sono stati responsabili e calmi di fronte a questi comportamenti, dimostrando comunque una grande determinazione. Lo squadrismo di cui li accusa Gianfranco Fini, è lo squadrismo di un governo e di un sistema dell’informazione spesso cieco alle ragioni di tanti cittadini e dell’intera università». Secco no alla riforma Moratti anche da parte del segretario nazionale della Cgil, Guglielmo Epifani. Da Campobasso, dove è intervenuto per l’inaugurazione della nuova sede regionale molisana del sindacato, Epifani ha detto: «Non la condividiamo e non la condividano né i ricercatori né i professori e nemmeno gli studenti». Insomma, nonostante la riforma sia stata votata a maggioranza dalla Camera e nonostante il ministro Moratti abbia più volte pronunciato parole volte a stemperare la tensione, le polemiche sulla nuova legge e sugli episodi di martedì pomeriggio non si sono placate e Pisanu è stato invitato a riferire a Montecitorio. La conferenza dei capigruppo della Camera ha accolto la proposta del presidente dei deputati del Prc Franco Giordano di invitare il ministro dell’Interno Beppe Pisanu a riferire sui disordini. «Siamo stati ben lieti di accogliere questa proposta - ha detto il capogruppo di Forza Italia Elio Vito - perché riteniamo utile che il ministro venga a dire cos’è successo martedì, ma per l’intera giornata». «Se non lo avesse chiesto Giordano - ha aggiunto Ignazio La Russa, presidente dei deputati di An - lo avremmo chiesto noi. Anche noi vogliamo che Pisanu riferisca alla Camera». Sugli atti di violenza, il segretario dei Ds Fassino ha parlato di «episodi marginali».
(27-10-05)
 
 
11 - Il Tempo
«L’inchiesta sugli esami comprati rovinata dai media»
BARI — Non è possibile attribuire alcun reato ad alcuna persona nelle indagini della Procura di Bari sulla presunta compravendita di esami alla facoltà di economia dell’università della citta pugliesei. Lo scrivono i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Bari nella relazione conclusiva che hanno inviato al sostituto procuratore inquirente Francesca Romana Pirrelli. Nel rapporto i militari spiegano che nel corso dell’indagine gli indizi raccolti non sono stati sufficienti ad attribuire alcun tipo di reato sia per l’omertà che circonda tutta la vicenda sia perchè quasi tutte le persone ascoltate (studenti, rappresentanti di associazioni studentesche, dipendenti amministrativi e docenti dell’università) hanno riferito di aver sentito solo parlare della presunta compravendita di esami. Elementi questi che i militari ritengono di scarso valore investigativo e che potrebbero indurre il pubblico ministero Pirrelli a chiedere al giudice per le indagini preliminare l’archiviazione del fascicolo nel quale sono ipotizzati i reati di corruzione e concussione a carico di persone da identificare. La presunta compravendita di esami alla facoltà di economia venne alla luce dopo la pubblicazione della lettera «riservata» che l’allora preside della facoltà, Carlo Cecchi, scrisse nel gennaio scorso ai suoi colleghi di facoltà invitandoli a vigilare contro possibili compravendite di esami di cui parlavano insistenti voci di corridoio, voci che comunque potevano essere frutto di millantato credito. Secondo queste voci raccolte dal preside, per ogni esame da superare sarebbero stati pagati dai 150 ai 200 euro per favorire questo o quel candidato. «Caro collega - scrisse il professor Cecchi nella missiva - ad ogni sessione di esami giungono voci, proteste e accuse su esami venduti e favoritismi...». «Sto tentando di acquisire prove - scrive Cecchi - senza fare chiasso, datemi una mano». La letterà finì sulle pagine dei giornali locali ed ebbe ampio risalto: la procura dela Repubblica avviò accertamenti e li delegò ai carabinieri. Nei giorni scorsi i militari dell’Arma hanno concluso l’indagine e inviato una corposa relazione conclusiva al pubblico ministero nella quale hanno sottolineato che anche la battente campagna di stampa fatta dai media sulla vicenda ha in qualche modo minato da subito la possibilità di raccogliere indizi concreti a carico di eventuali responsabili. Dagli elementi testimoniali raccolti è emerso che sarebbero stati gli studenti più deboli che non riuscivano a superare alcuni esami, magari quand’erano ormai vicini alla laurea in economia, ad avvicinare persone (o ad essere avvicinati da queste) alle quali avrebbero quantomeno detto di essere disposti a pagare pur di superare le prove. (27-10-05)
 

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