Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
29 March 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 19 – Cagliari
A Pirri ricordato il medico buono
Didaco Cossu, il lavoro come una missione
A Pirri nel quartiere Barracca Manna c'è una strada dedicata a Didaco Cossu, medico e docente universitario e scrittore. Cossu nasce nel 1894 a Escovedu, frazione di Usellus oggi in provincia di Oristano, studia presso i Salesiani di Lanusei e di Alassio, poi medicina per due anni a Sassari e infine la laurea nell'università di Cagliari. Inizia la professione come medico condotto a Fordongianus e Sant'Antonio Ruinas dove per cinque anni mostra la sua umanità, l'attaccamento alla professione e mette in campo le sue esperienze chirurgiche apprese nei due anni di assistente a Cagliari nella clinica diretta dal professor Baggio. Consegue nell'università di Roma la specializzazione in radiologia e conosce in quella città noti personaggi come i coniugi Curie e Gabriele D'Annunzio. Ottiene in seguito la nomina di assistente chirurgo radiologo assieme al professor Ottavio Businco, presso l'Ospedale Civile di Cagliari diretto da Angelo Garau e, appena costituita, la cattedra universitaria di radiologia. A metà degli anni Trenta apre a Cagliari uno studio di radiologia poi chiuso per gli eventi bellici, durante i bombardamenti del febbraio1943, non fugge dal capoluogo e si adopera anche come anestesista nella clinica chirurgica per curare le centinaia di feriti che arrivano da ogni parte della città. A marzo del 1943, segue i reparti ospedalieri trasferiti a Villamassargia dove lavora in una scuola trasformata in ospedale e qui rinsalda l'amicizia e la collaborazione con il professor Angelo Garau che a Cagliari lo aveva salvato costringendolo ad abbandonare il suo studio di via Ospedale colpito un attimo dopo da uno spezzone che lo avrebbe ucciso. Al professor Cossu per la sua competenza, per lo spirito di sacrificio e per il suo modo di considerare la professione medica come una missione, arrivano incarichi di prestigio. Diventa socio e membro del consiglio direttivo della Sirm (Società di radiologia medica), presidente dalla Cimo (Comitato italiano medici ospedalieri) per Cagliari e la Sardegna, membro della giunta provinciale amministrativa di Cagliari e commissario della federazione provinciale dell'Omni (Opera Nazionale Maternità e Infanzia), diventa anche consigliere comunale del capoluogo e cavaliere al merito. Per Idaco Cossu questi incarichi sono intesi come un doveroso impegno verso gli altri e rifiuta qualsiasi compenso e, quando è costretto ad accettarlo, lo distribuisce in beneficenza conservando sempre l'anonimato. Un medico "buono" dotato di un'innata umanità, sempre al servizio dei sofferenti e dei più deboli e pronto a qualunque sacrificio pur di essere d'aiuto al prossimo. Cossu va in pensione nel 1963 e continua l'attività nel suo studio privato ma si interessa di storia della medicina e anche di narrativa e segue un corso biennale di paleografia latina, archivistica e diplomatica e consegue il relativo diploma. Numerose sono le sue pubblicazioni e le collaborazioni a riviste scientifiche, scrive persino dei racconti, poi alla fine degli ani '70 viene colpito da un ictus . Per tanti anni viene assistito amorevolmente dai familiari e riceve continue visite di noti personaggi come Antonio Spanedda, Umberto Fanni, Domenico Corda ed Enrico Endrich. Muore a Cagliari il 25 novembre del 1982 e riposa nella tomba di famiglia del cimitero di Bonaria.
Sergio Atzeni
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 11 – Cultura
Proteggere sa limba? Solo velleità se non si insegna
I sardi stanno perdendo l'abitudine di parlare il vernacolo, non c'è tutela istituzionale e si fa scempio delle leggi
Questo documento è sottoscritto dagli allievi del Master di Lingua e letteratura sarda anno 2003-2004 dell'università di Lettere e Filosofia di Cagliari e dagli allievi del Master di lingua, cultura e storia della Sardegna anno 2004-2005. Sono: Antonio Murru, Nicoletta Meloni, Stefano Sanjust, Sandra Murgia, Gianluca Corsi, Angela Bitti, Cristiana Gaviano, Fresia Murenu, Francesca Mesina, Maria Assunta Piras, Paola Mallei, Giuliana Mallei.
 
Negli ultimi mesi L'Unione Sarda ha dato ampio spazio al dibattito intorno a "sa limba", alla cultura e alla identità. Un valzer di teorie che corrono su binari differenti per inquadrare uno dei problemi ancora irrisolti: la salvaguardia della nostra lingua. Si parla di leggi, della L. R. 26/97 e della 482, nate la prima per la tutela del sardo e la sua valorizzazione, la seconda come legge nazionale di tutela delle minoranze linguistiche. "Come se i sardi avessero bisogno per esprimersi di leggi che li legittimino per poter scrivere e parlare il vernacolo", questo è quanto ha asserito argutamente lo scrittore Marcello Fois in un recente incontro pubblico a Nuoro, "per non parlare poi - continua Fois - dei progetti di sardi unificati che sono deliranti perché producono anonimi e non identità". Lo sfogo provocatorio dello scrittore nella sua Nuoro esprime in modo inequivocabile l'amarezza di un intellettuale profondamente legato alle sue radici, che oggi sono diventate appetibile preda per operazioni poco culturali e molto mercantili. Le leggi richiamate, allo stato attuale, non tutelano né la lingua né coloro che hanno speso energie e denaro per conseguire titoli accademici qualificanti per l'esercizio della tutela. La legge 26 finanzia tra gli altri progetti rivolti alle scuole che spesso implodono per fatiscenza gestionale: 1) Estrema discrezionalità delle scuole sulla nomina di "esperti" esterni. 2) Mancanza di tutor esperti che affianchino i docenti. 3) Incapacità di spendita dei fondi erogati dalla Regione. 4) Incontrollata ricaduta culturale sugli studenti-utenti dei progetti. I fondi spesso, per anni, restano congelati nel fondo di istituto delle scuole. La Regione nel contempo finanzia lautamente iniziative di tutela ed anche l'Università per la formazione di esperti di limba che non utilizza per la semplice ragione che la materia non risulta essere disciplinata. Intanto la stessa Regione si avventura nell'odissea di scelte linguisticamente ufficiali: ora rinnega la LSU a favore de Sa limba de mesania, ora fa l'esatto contrario. Il contrario del contrario è che non c'è necessità di creare alternative omologanti a favore di altre, né di utilizzare soldi pubblici per tutelare lingue che nella realtà non esistono, ma che sono forse solamente chimere letterarie o meglio mercenarie. Chi si esprime in limba comunica senza difficoltà con chi parla varianti diverse. E lo fanno soprattutto coloro che ne hanno acquisito dimestichezza attraverso lo studio e le specializzazioni nel settore. Una lingua unitaria nasce attraverso processi di evoluzione linguistica e di una politica di tutela che per altro anche la legge 26 prevede. Non è pensabile, oggi, avere la velleità di preservare il vernacolo in assenza della istituzionalizzazione dell'insegnamento capillare dello stesso. Ma questo accade solo nelle regioni che della propria specificità hanno fatto tesoro, quali il Friuli e La Val d'Aosta. Quelle regioni però sono più vicine all'Europa e noi più vicini a Cartagine. Queste considerazioni emergono dal fatto che nell'ultimo convegno tenutosi a Sorgono il 13 febbraio sia stato rilevato che i sardi stanno perdendo l'abitudine di praticare la lingua anche in ambito familiare. Gli esponenti regionali non hanno battuto ciglio e non si sono peritati di vagliare le proposte del professor Mario Puddu circa le impellenti necessità di tutela del sardo sul piano istituzionale. Non si sono neanche preoccupati di conoscere in modo circostanziato lo scempio che della legge 482 si sta facendo nella provincia di Nuoro. La Provincia di Nuoro è stata antesignana nel proporre e presentare progetti di tutela del sardo. Ma ha stravolto il senso e l'efficacia della norma. È esemplare che abbia predisposto un progetto ai sensi della 482 per la tutela della lingua a partire dal 2001. Progetto encomiabile sulla carta ma discutibile nella prassi: 1) La Provincia ha corredato il progetto con formula sperimentale introducendo l'LSU (Lingua Sarda Unificata) come idioma di riferimento, variante inesistente nella pratica, mistificatrice e deformante nella sostanza. 2) La Provincia di Nuoro ha adottato con l'LSU l'esperanto sardo, prodigandosi a diramare bandi di concorso totalmente distanti rispetto ai precetti normativi della legge 482, tanto che detto comportamento evoca un imput d'epoca, quello delle chiudende "tancate bonne". L'amministrazione provinciale nell'aprile 2003 ha bandito un concorso per 15 operatori linguistici laureati in Scienze politiche, Giurisprudenza, Economia e commercio, Lettere, Filosofia, Lingue, Scienze della formazione accomunando materie di ambito giuridico-economico a quelle letterarie. I concorrenti sono stati destinati a s'Ufitziu de sa Limba Sarda; tuttora vi operano. La Provincia non ha previsto di richiedere attraverso il bando titoli di specializzazione; ha violato il dettato della legge 482 redigendo una graduatoria triennale di non titolati attraverso una selezione promossa dall'ente locale in collaborazione con s'Ufitziu de sa Limba Sarda, creatura, questa, partorita dalla stessa amministrazione provinciale già nel 2001 con il primo progetto, legge 482, di tutela presentato al ministero. La 482/99 e DPR successivi impongono la temporaneità degli interventi di tutela. Quindi è illegittima sia la graduatoria del 2003 sia l'istituzionalizzazione de s'Ufitziu de sa Limba Sarda, in quanto non risulta essere una libera associazione ma una propaggine burocratica della stessa Provincia. È straordinario che nel bando del 2003 siano state richieste ai soli laureati in lingue le seguenti competenze: un esperto in nomativizzazione, un esperto in terminologica, un esperto nel linguaggio amministrativo, due operatori nel notiziario quotidiano! Agli altri operatori competenza traduttiva di documenti dall'italiano al sardo, l'elaborazione della terminologia settoriale, la redazione dei dizionari, la consulenza linguistica sia all'interno che all'esterno della pubblica amministrazione. La 482 non è una chat-line ma una legge che prevede per dette mansioni nelle amministrazioni pubbliche (art.4) la presenza di personale interprete qualificato. Tanto va la gatta al lardo che sempre la stessa amministrazione provinciale il 31 gennaio 2005 ha emesso un nuovo bando di concorso per cinque borse di studio, iniziativa non prevista nei progetti; titoli richiesti laurea in Scienze politiche, Giurisprudenza, Economia e commercio, Lettere, Filosofia, Lingue, Scienze della formazione. I cinque selezionati devono possedere un voto di laurea non inferiore a 105/110 valutabile sino a 50 punti; i Master di limba sono stati valutati 20 punti compresi quelli di sole 300 ore promossi da s'Ufitziu privi di legittimità accademica certificabile, e la conoscenza della LSU, pena la dissuasione dall'acquisizione della borsa. Insomma al titolo, in ambito di selezione, è stato anteposto il non titolo. I borsisti dovrebbero curarsi della costituzione di una data-base in cui inserire la completa bibliografia della Sardegna, archivio riviste ed immagini, cronologia completa della Sardegna, voci di carattere enciclopedico come traduzione in sardo da fonti enciclopediche di altre lingue! Tanto varrebbe riesumare Diderot, D'Alembert e Rousseau! Le omologazioni linguistiche preoccupano i linguisti per difficoltà oggettive, a meno che la Provincia di Nuoro non abbia intrapreso la via dei Galli Boi e dei Galli Senoni con una secessione impropria. Il responsabile nazionale dell'Ufficio minoranze linguistiche interpellato in materia ha spiegato che negli uffici linguistici debbono essere presenti figure specializzate di lingua madre ai sensi del D.L.22/12/2004, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 31/01/2005, art. 2 comma 1, ove si sottolinea che, in assenza di personale linguisticamente preparato, esso debba essere affiancato esclusivamente da interpreti e traduttori in possesso di titoli certificabili. Il responsabile ha inoltre sottolineato che ciascuna regione ha il compito di esercitare funzione di controllo sui progetti in ottemperanza alla norma, preoccupandosi di tutelare il vernacolo nella sua espressione territoriale e micro-territoriale. La Regione sarda nonostante i progetti della 482 debbano essere conformi sia alla 26 che alle norme di tutela abdica all'esercizio di controllo sulle regolarità applicative (DPR n 345 art.1 comma 3), consentendo il "buglione" dell'anarchia più inaudita.
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 28 – Carbonia
I Comuni si muovono, ma il cervello dell'operazione di risanamento e rilancio non decolla e non spende i denari
Carbonia si muove, ma dov'è il Parco geominerario?
Dal nostro inviato
Carbonia Per decenni una scritta murale gridava che Carbonia non voleva e non doveva morire. La sfida del futuro è stata vinta dai figli e dai nipoti dei minatori, che ora scommettono sul recupero della propria identità e si danno un progetto di crescita sul fronte della cultura e della scienza. La città del carbone fa la sua parte, come su altri piani hanno fatto in questi anni numerosi Comuni minerari. Manca all'appello il regista, il cervello unitario dell'operazione che ha spinto l'Unesco e poi il Parlamento della Repubblica a riconoscere come patrimonio dell'umanità il Parco geominerario, storico e ambientale della Sardegna. «Noi contiamo di aprire il nostro Lingotto il prossimo 4 dicembre», ribadisce Tore Cherchi, che da Parlamentare fu uno dei padri del Parco e da sindaco ha investito molte delle sue carte sull'operazione Serbariu. «Mi dispiace che noi, come sta facendo anche Guspini, abbiamo fatto e faremo di tutto e di più per realizzare la tappa del carbone. Ma il contenitore Parco non c'è, e chi dovrebbe non spende i denari che saranno necessari per far decollare il museo, per mettere sul mercato non il singolo progetto ma tutta l'offerta della Sardegna, con un marchio adeguato. I Comuni stanno operando, mi auguro che questo Parco geominerario decolli, perché ne abbiamo bisogno». Non resta che attendere i prossimi passi di un organismo lentissimo nel muovere i primi passi, con un presidente, Emilio Pani, su quale si sono abbattuti anche i fulmini del leader della Regione Renato Soru, che chiede al ministro dell'Ambiente Altero Matteoli un cambio di guida. Sin qui inutilmente. A Carbonia, intanto, si muove anche l'Università cagliaritana, che pare orientata a dar vita a un master di architettura nella grande miniera. La città, d'altronde, ha una storia urbanistica e architettonica originale. E l'Ateneo cagliaritano è molto impegnato nel progetto per la nuova piazza Roma e altre importanti operazioni di recupero e ricostruzione. Serbariu non sarà soltanto museo. Tore Cherchi punta a farne nuovamente il cuore della città. «Non ci saranno solo studi e musei, ma anche attività produttive, soprattutto di tipo artigianale». Ci sono locali che ancora non hanno un'utilizzazione sicura. «Faremo dei bandi, chiederemo agli imprenditori di partecipare- dice Giacomo Guadagnini-coinvolgendo ancora una volta la città. Come quattro anni fa, quando cominciammo l'operazione Serbariu con una grande assemblea qui, nel piazzale davanti alla lampisteria fra nomadi e occupanti abusivi». La forza del consenso ha prevalso, i cittadini di Carbonia hanno creduto in una scelta che mette insieme memoria, identità, scienza, tecnologica, e, si spera, occupazione e sviluppo. Questa città nata soltanto 67 anni fa, ha radici giovani, ma già assai tenaci. «E una buona capacità di ottenere finanziameni, comunitari, ma anche regionali», come chiarisce Antonello Dessì, assessore al Bilancio abituato a destreggiarsi fra Por, Pia e via elencando. «L'importante-spiega- è riuscire a realizzare una delle più grandi e interessanti strutture del settore, anche con la collaborazione di enti e aziende italiane e straniere che hanno messo a disposizione reperti e attrezzature attraverso i quali ricostruire la storia della vita dell'uomo nella miniera dalle origini fino ad oggi». G.G.
 
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 28 – Carbonia
A dicembre il museo nella vecchia lampisteria e numerosi interventi di valorizzazione
E la miniera di Serbariu diverrà il Lingotto del Sulcis
Sarà il Centro italiano del carbone: identità, tecnologia e scienza
Dal nostro inviato Giancarlo Ghirra
Carbonia L'appuntamento è per il 4 dicembre, festa di Santa Barbara, patrona dei minatori. Quel giorno, a tre anni esatti dall'inizio dei lavori di risanamento, il vecchio cuore di Serbariu riprenderà a battere dopo quasi cinquant'anni dalla chiusura dei pozzi e delle gallerie. Non torneranno i tremila minatori che a partire dal gennaio del 1939 estraevano il carbone dalle viscere della terra a prezzo di durissime fatiche. Non riprenderà la produzione, ma Serbariu rinascerà simile al Lingotto, la vecchia fabbrica della Fiat a Torino: un centro culturale e un polo tecnologico e scientifico sul quale ricostruire l'identità della città e le prospettive di un nuovo sviluppo. «Sarà il Centro italiano del carbone, che rappresenterà contemporaneamente un atto di rivendicazione della nostra identità e un investimento sulla cultura nel senso più ampio», spiega il sindaco Tore Cherchi. «Costruiremo nella vecchia lampisteria e in una galleria sotterranea il museo del carbone, il cuore dell'operazione. E intorno- aggiunge l'ex parlamentare Ds che ha puntato molte delle sue carte sull'operazione Serabriu- apriremo le porte all'Università, ci sarà un grande Centro congressi, il Museo paleontologico, l'archivio storico, il centro di ricerca della Sotacarbo sulla produzione di idrogeno partendo dal carbone. Per realizzare tutti questi progetti siamo riusciti a ottenere ventidue milioni di investimenti, prevalentemente provenienti dall'Unione europea. L'obiettivo è individuare un nuovo polo di sviluppo della città, un polo culturale e scientifico dentro il quale possano lavorare oltre 100 persone, per non parlare delle possibilità che si aprono per artigiani e imprenditori ai quali affideremo spazi e opportunità». Spazi e opportunità che si vano aprendo in un cantiere nel quale Giacomo Guadagnini, assessore ai Lavori pubblici, ingegnere con padre minatore di origine veneta, si muove con una passione che solo chi è nato da quste parti può comprendere. «Siamo qui, in via Roma, due chilometri dal Municipio nel cuore di una città creata proprio con l'obiettivo di produrre in questa miniera un milione di tonnellate nel '39 da trasformare in quattro milioni dopo qualche anno. In piena autarchia, Serbariu rappresentava il cuore pulsante della città, anche dal punto di vista sociale. Qui crebbero le organizzazioni dei minatori, una coscienza politica e civile acuita dalla durezza delle condizioni di vita e di lavoro. Fu una stagione intensa, ma anche breve, perché l'estrazione del carbone fu bloccata negli Anni Sessanta. Ma la nostra amministrazione ha voluto, nel giro di pochi anni, riportare in vita Serbariu, anche per l'amore dei vecchi minatori rimasti». In pochi anni, dunque, castelli, argani, pozzi, gallerie, casa del direttore, sono stati strappati all'abbandono, al vandalismo, all'occupazione di gruppi di nomadi trasferiti altrove. E oggi il cantiere è in mano all'impresa e ai tecnici che hanno già messo a punto il restauro della lampisteria, il punto di raccolta dei minatori che, dopo aver depositato le biciclette, prendevano lampada (e consegnavano la medaglietta di riconoscimento) prima di inabissarsi a scavare a trecento venti metri sotto terra. Tiziana Serri, giovane ingegnere nata a Carbonia, racconta insieme a Luca Mereu, ingegnere dirigente del Comune, come si sta procedendo al recupero e al restauro de diversi edifici. Ecco qui il futuro centro di ricerche sull'energia, l'edificio della vecchia direzione, gli affascinanti casteli che sovrastavano i pozzi, gli argani potentissimi che azionavano le gabbie, l'interessante refrigeratore in cemento armato. Ed ecco il Padiglione fonderia, dove sarà alloggiato il Museo paleontologico e di scienze naturali, oltre all'Archivio storico, mentre nel Padiglione Forge e Tornerie verranno ospitati il centro congressi e le strutture di alta formazione dell'Università di Cagliari. «Il cuore del Centro sarà la lampisteria, dove verrà creato il percorso museale, che continuerà sulle tracce di ciò che facevano i minatori-spiega l'assessore Guadagnini-con un passaggio in superficie sino al Pozzo Sud. Da lì partirà un tratto sotterraneo attraverso una galleria didattica che culmina nuovamente nella Lampisteria, il locale nel quale erano ospitati i macchinari per la ricarica delle lampade, le docce e i servizi». Sulla scorta di quanto avviene in altri importantissimi musei minerari, come quello tedesco di Bochum, i visitatori disporranno di strumenti audiovisivi, guide, materiali didattici. Ma il centro non è soltanto un museo. Carbonia crede ancora nel carbone, e nel suo uso produttivo. Ha puntato moltisismo sull'ipotesi di gassificazione. «E ora-spiega Guadagnini- guardiamo con interesse alla convenzione con la società Sotacarbo per la realizzazione di un centro di ricerche per lo sviluppo di tecnologie di utilizzazione pulita del carbone». Un centro che nascerà nell'edificio adibito sino a cinquant'anni fa al magazzino dei materiali. Qui tecnici e scienziati (ci saranno anche Enea, Ansaldo e Ingegneria meccanica dell'Università di Cagliari) studieranno il modo più economico per trasformare, attraverso gassificazione, il carbone in idrogeno: una tecnologia non inedita, ma da rendere competitiva su scala industriale. È questo uno dei maggiori omaggi a una città nata intorno al carbone, insieme alla scelta di investire tre milioni di euro per collegare l'area di Serbariu al sistema viario e ferroviario della città, e attrezzarla con verde, strade ciclabili, acqua, illuminazione e gas.
 
 

5 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Olbia
Premio Cala di Volpe: scelti i finalisti, il 14 maggio cerimonia di premiazione
 OLBIA. Dopo la riunione di qualche giorno fa a Roma, nel corso della quale la giuria del premio letterario Cala di Volpe - composta dagli studenti del corso olbiese di economia e imprese del turismo e di quello sassarese di lettere - ha scelto i quattro romanzi finalisti dell’appuntamento letterario, sono in corso di allestimento gli ultimi preparativi dell’evento organizzato dalla Starwood in collaborazione con l’università di Sassari.
 La giuria di studenti ha svolto un ruolo di primaria importanza in questa manifestazione nata per promuovere la lettura e la valorizzazione culturale della Sardegna. I giovani, infatti, avevano due punti a disposizione per esprimere il proprio giudizio, a differenza degli esperti: Pasquale Chessa, vicedirettore del Panorama, Giulio Giorello professore e filosofo e Vittorio Sgarbi critico d’arte, che ne avevano solo uno. Entro il 4 aprile, nella facoltà di lettere e filosofia sarà organizzato un incontro tra i giurati, i docenti e i componenti della segreteria del premio per la distribuzione delle opere finaliste e delle schede di voto; il 12 maggio i giurati saranno poi chiamati a votare per uno dei quattro romanzi arrivati in finale.
 Per la premiazione del romanzo vincitore del “Premio Cala di Volpe” bisognerà aspettare il 14 maggio; il 13 si svolgerà invece una giornata di studi che comincerà con la conferenza di uno dei componenti della giuria degli esperti alla quale seguiranno due tavole rotonde ed un dibattito pubblico. Il tema proposto per l’edizione 2005 è “Immaginare e raccontare l’altrove. L’arte del romanzo nell’epoca della comunicazione planetaria”: il dibattito intende approfondire come il progresso dei mezzi di comunicazione e lo sviluppo del turismo di massa abbiano modificato la percezione del mondo da parte dell’uomo contemporaneo, influenzandone l’immaginario, in particolar modo quello romanzesco. La sera del 14 maggio, infine, con un’elegante cena di gala verrà assegnato il premio “Volpe d’oro” del valore di 10 mila euro al primo classificato e quello menzione speciale al secondo.
Serena Lullia
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 13 - Olbia
Palau, restauro in arrivo per il faro di Punta Sardegna
 PALAU. Lungo la fascia costiera del territorio comunale palaese sono presenti diverse strutture denominate Fari di segnalamento, con funzione di ausilio per la navigazione. Dette strutture, realizzate dall’Esercito italiano approssimativamente nel 1850, venivano localizzate nei punti più avanzati delle coste in modo da agevolare la navigazione notturna e in condizioni di scarsa visibilità. Dal 1910 gli stessi venivano affidati alla Marina Militare e successivamente assegnati al Genio Militare nel 1913. In particolare, il faro di Punta Sardegna, ubicato sulla punta piu estrema dell’isola, ricadente in territorio di Palau, veniva ceduto dal Genio Militare, all’agenzia del Demanio di Sassari e successivamente al ministero dell’Ambiente. Quest’ultimo ha concesso in convenzione per sei anni (rinnovabile) la struttura del “Faro di Punta Sardegna” al dipartimento di Scienze Geologiche Ambientali e Marine dell’università di Trieste, Centro interdipartimentale di ricerche sulle coste e sull’ambiente marino dell’università di Cagliari e Comune di Palau. In seguito alla concessione della struttura il consiglio d’amministrazione dell’Università triestina nel luglio del 1999 ha stabilito di finanziare un intervento per la manutenzione conservativa della struttura un importo di 45.108,38 euro, chiedendo al comune di Palau la disponibilità a seguire i lavori e la gestione della stessa. Il fabbricato è stato realizzato ai primi del ‘900 con struttura portante in cantonetti di granito.
 Ora si procederà a un intervento per la manutenzione conservativa della struttura del Faro di Punta Sardegna, volta alla realizzazione di una “Rete di osservatori sulle coste e sull’ambiente naturale Sottomarino”. Sulla base delle disponibilità attuali dell’Ente è stato predisposto un primo intervento funzionale che comprende la realizzazione di alcune opere, con il con il restauro degli intonaci originari interni e degli infissi. (a.n.)
 
 

7 -  Corriere della sera
In Lombardia un’unica piattaforma per gestire le eccellenze della sanità Un parco scientifico contro la fuga di cervelli
di don LUIGI VERZÈ*
Forse a qualche osservatore meno attento è sfuggito come in queste ultime settimane si siano avviate in Lombardia eccezionali iniziative: la nascita della Fondazione Policlinico, la posa della prima pietra a Pavia del centro di adroterapia, l'avvio della prima macchina in Europa per la tomoterapia e il contemporaneo raddoppio strutturale del San Raffaele con l'avvio di Blue Gene, il computer più potente al mondo per lo studio della proteomica di cui potranno avvalersi tutti gli istituti di ricerca d'Europa, la nascita del Cerba del prof. Veronesi. È il segnale di un rinnovato fervore della genialità italiana verso un sapere ed una medicina d’avanguardia. «Percorri l'uomo ed arriverai a Dio» ci insegna Sant’Agostino. Da sempre mi è chiaro che non si può guarire una patologia senza conoscere tutto l'uomo, perché l'uomo è corpo, mente e spirito in un «unum». È la ricerca il punto chiave per addentrarci in questo percorso: la ricerca nelle scienze umanistiche e bio-molecolari, la ricerca per capire sempre meglio il nostro essere, il nostro genoma e proteoma, al fine di bloccare insipienze e patologie.
Tempi lunghi? L'ignoranza, la malattia e la morte non danno tregua e la coerenza cristiana non consente indugi. Dobbiamo essere coscienti che il futuro ci porterà a vincere questa sfida solo se sapremo far lavorare insieme ricercatori, istituzioni, politici. Alcuni Paesi destinano risorse imponenti alla ricerca. L’Italia parrebbe più ricca di geni ed anche di genialità per creare risorse. Ma il genio e la scienza per loro natura sono patrimonio non campanilistico, bensì globalizzante. C'è un modo semplice per riuscire a rendere più fruttuose moltiplicandole le risorse, anche allo scopo di bloccare le «fughe di cervelli».
Perché in Lombardia, la regione d'Italia più ricca di strutture scientifiche valide, non si può costituire in «un’unica piattaforma», un unico Parco Scientifico, dove l'autonomia, l'aggregazione e mutuo vantaggio siano un trinomio stimolante? Il San Raffaele ha pronto il progetto di un comune tavolo coordinatore che ho chiamato «Genesis Eden» (Eden in ebraico significa Delizia). Ne ho già parlato con alcuni dei protagonisti ricevendo entusiastiche reazioni. Sfogliando il programma del prossimo mandato del Presidente Formigoni leggo un impegno a creare una rete di eccellenza che sappia coordinare e sostenere i singoli centri, gli ospedali di ricerca e le università. Gli do credito: alcuni importanti risultati si sono visti. Ora occorre il colpo di reni: alla giunta del dopo elezioni chiedo da subito un impegno prioritario su questi argomenti.

*
Fondatore  e presidente  San Raffaele
 
 
8 – Il Giornale di Sicilia
Missione Eneide, Vittori "promosso" Tornerà per la seconda volta nello spazio
Città delle Stelle. L'astronauta italiano sarà il primo europeo a salire ancora sulla Stazione internazionale. Saranno effettuate ricerche anche su biologia e terremoti
ROMA. Quella dell'astronauta Roberto Vittori è stata una Pasqua trascorsa in solitudine nella neve ancora alta della Città delle Stelle, il centro russo di addestramento per i cosmonauti vicino a Mosca, ma comunque felice: ha infatti superato gli esami, tappa finale della preparazione per la missione Eneide, che l'astronauta dell'Agenzia spaziale europea (Esa) affronterà il 15 aprile. Insieme a lui dalla base di Baikonur, nel Kazakhstan, partiranno per la Stazione spaziale internazionale sulla navetta russa Soyuz il russo Sergei Krikalev e l'americano John Phillips. "Gli esami - ha detto Vittori dal centro di addestramento - hanno sancito la preparazione dell'equipaggio". La commissione era composta da membri dell'agenzia russa Roskosmos, della Nasa e dell'azienda russa Energia. Il primo dei due esami che Vittori ha superato prevedeva la simulazione di una giornata tipica sulla stazione spaziale e la simulazione di una situazione di emergenza. Nella seconda prova Vittori e gli altri hanno lavorato per otto ore al simulatore della Soyuz. Nato a Viterbo 40 anni fa, tre figli, Vittori ha avuto dall'inizio del corso rare occasioni di rivedere la famiglia e la preparazione è stata molto dura. E' la seconda volta che l'astronauta affronta questa sfida alla Città delle Stelle, dopo la missione Marco Polo del 25 aprile 2002. Il prossimo 15 aprile diventerà l'unico astronauta europeo ad essere salito per due volte a bordo della Stazione spaziale internazionale. Affronterà il suo secondo volo sulla Soyuz come ingegnere di bordo e, per la prima volta, con la qualifica addestrativa di comandante. C'è da parte di Vittori un grande entusiasmo per una missione che considera lo spazio come una nuova frontiera accessibile anche a piccole realtà, aperto alle esigenze di ricerca delle università così come alle necessità delle piccole e medie industrie e della Difesa. La missione Eneide è infatti la prima ad essere finanziata da una regione, la Regione Lazio, insieme ad ESA, Aeronautica Militare e Alenia Spazio (Finmeccanica). Quella che era stata definita più volte "una missione impossibile" porterà a bordo della Stazione Spaziale 22 esperimenti (i primi 8 l'hanno già raggiunta lo scorso 28 febbraio) relativi ad ambiti di ricerca molto diversi (dalle telecomunicazioni alla biologia, dalla ricerca aerospaziale allo studio dei terremoti). Vittori ha superato così per una seconda volta con successo il lungo periodo di addestramento che prevede studi di tecnologia spaziale, lunghe ore ai simulatori e preparazione fisica e psichica alla missione. Oggi con Krikalev e Phillips, parteciperà alla cerimonia ufficiale di conclusione del corso di addestramento, con la visita alla tomba di Yuri Gagarin. Il periodo di quarantena che precede la missione comincerà ufficialmente domani, ma è già cominciato il semi-isolamento. Intanto sono italiani i primi tre medici aerospaziali non russi mai entrati nel centro di addestramento Yuri Gagarin. Il maggiore Francesco Torchia, il capitano Paola Verde e il capitano Angelo Landolfi hanno raggiunto a gennaio al centro di addestramento dei cosmonauti Vittori.
 
 

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