Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
19 July 2006
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 5 articoli delle testate: L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna 

1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia Pagina 13
Gavino Faa: «Fallimento del sistema»
«Sono dati preoccupanti, che confermano l'esistenza di un problema sociale. Università, scuola e mondo politico si devono sedere intorno a un tavolo e dialogare. Altrimenti sarà difficile invertire la rotta». Gavino Faa, preside della facoltà di Medicina, non nasconde lo stupore di fronte ai dati che sono usciti dall'esame di maturità nelle scuole cagliaritane. «Il 6,5 per cento dei ragazzi è stato bocciato. Significa che qualcosa non funziona, e che c'è un fallimento del sistema». Per il preside di Medicina dunque il dato che deve essere analizzato è quello relativo al numero di bocciati, e non quello sulla media dei voti: «Il fatto che non ci sono stati molti punteggi massimi non significa molto: mi ricordo che quando il mio professore di Greco ci dava un sei e mezzo era una festa». Quando invece una commissione sceglie di bocciare uno studente tutto cambia. «Dobbiamo partire con una campagna che motivi le famiglie e i ragazzi, e che li spinga a investire il loro tempo e i loro sforzi sulla cultura. Per sfondare, in un panorama sempre più globale, l'unica strada da seguire è quella della cultura, dello studio e della formazione. Un discorso che probabilmente in Sardegna, e a Cagliari visti i risultati di questo esame di maturità, trova ancora troppi sordi». L'importante per Gavino Faa è non cercare un capro espiatorio: «Non lo sono i ragazzi e non lo sono neanche i professori. Quando arrivano degli studenti impreparati all'Università la prima cosa che dico ai miei docenti è di non dare la colpa alle scuole superiori o alle medie». (m. v.)
 
Cagliari e Provincia Pagina 13
Scuola. L'analisi dei risultati dei 2721 studenti che hanno affrontato l'esame di maturità nei 18 istituti superiori cittadini
Maturità, una valanga di bocciati
Non passa il 6,5%, oltre il doppio della media nazionale
Gli studenti cagliaritani escono male dall'esame di maturità. Nelle diciotto scuole superiori della città, su 2.721 ragazzi che hanno affrontato l'ultima fatica 176 sono stati bocciati. Una percentuale del 6,5 per cento, oltre il doppio di quella nazionale (non ancora definitiva perché in fase di elaborazione da parte dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo) che si attesta al 3 per cento. Pesa notevolmente il dato disastroso degli istituti tecnici che raggiungono la poco invidiabile percentuale del 12,5 per cento di bocciature. I cagliaritani si allineano con i colleghi della Penisola per quanto riguarda il raggiungimento del voto massimo, il tanto sognato 100: 217 studenti degli istituti superiori di Cagliari sono riusciti nell'impresa. Il 7,9 per cento, in linea con la media nazionale (8%). Un quadro non proprio idilliaco, in contro tendenza con quello che capita nel resto dell'Italia dove sembra che la bocciatura all'esame di maturità sia diventata una chimera. In città invece non è così. Scarsa preparazione dei ragazzi? Professori e commissioni troppo severe? Il dibattito è aperto, anche perché le differenze tra licei, istituti professionali e istituti tecnici sono notevoli. maglia neraGli studenti meno bravi sono quelli degli istituti tecnici: dei 933 esaminati sono stati bocciati 117. Una percentuale del 12,5 per cento, nettamente più alta della media delle scuole sarde e quattro volte superiore a quella nazionale. Per i ragazzi dei sette istituti tecnici cagliaritani (Buccari, Da Vinci, Martini, Deledda, Bacaredda, Marconi, Giua) un altro record negativo: soltanto in 38 hanno ottenuto il voto massimo, il quattro per cento. promossiDai sei licei (Dettori, Siotto, Alberti, Michelangelo, Pacinotti e Artistico) arrivano le note migliori. Maturità superata senza problemi da quasi tutti, con una media di bocciature che torna ai livelli di quella nazionale (solo 32 respinti, il 2,9 per cento del totale di studenti che si sono presentati all'esame). In evidenza il numero dei "100" assegnati: ben 138 (il 12,6%). Ma nel confronto con gli studenti del resto d'Italia ad avere la peggio sono ancora una volta i nostri ragazzi: la media nazionale dei liceali che hanno chiuso la prova con il punteggio massimo è infatti del 13 per cento. Sconfitta senza attenuanti anche nel duello di percentuali dei bocciati: se a Cagliari la media è del 2,9, nelle scuole della Penisola si scende fino all'un per cento. istituti professionaliNei cinque istituti professionali (De Sanctis, D'Arborea, Azuni, Pertini e Meucci) la situazione del dopo maturità è una via di mezzo tra il risultato dei licei e degli istituti tecnici. I ragazzi bocciati sono stati 27 su un totale di 698 (il 3,8 per cento): i "perfetti", quelli che hanno meritato il voto massimo, sono stati il 5,8 per cento (41 in tutto). Sul piano delle bocciature la situazione degli istituti cagliaritani è migliore rispetto a quella nazionale (4% i bocciati). cagliaritani asini?Il confronto dunque sembra inappellabile. Se a livello nazionale l'esame di maturità sembra diventato sempre meno selettivo (anche l'anno scorso la media dei respinti era stata del tre per cento), in città questa regola non vale. Basta infatti un confronto con i primi anni del Duemila per verificare che prendere un diploma nelle scuole superiori cagliaritani non è facile: nel 2001 la media dei bocciati fu del 6%, mentre l'anno dopo salì all'8,5%. Dalle scuole della città, nel comunicare i numeri dell'esame, i commenti non sono dei più teneri: cala la media dei voti e spesso aumentano i bocciati. Negli ultimi anni dal mondo universitario cagliaritano è arrivato più volte un grido di dolore: gli studenti che si diplomano hanno una preparazione di basso livello. La conferma purtroppo arriva puntuale con i test d'ammissione ai corsi di Odontoiatria e Medicina, con i nostri ragazzi sempre agli ultimi posti. La difesa si muove sulla tesi della «non predisposizione ai quiz». Ma il brutto risultato di questi esami di maturità sembrano portare il verdetto in un'altra direzione. Ora resta da stabilire chi abbia commesso il "reato": i ragazzi, che non hanno studiato, oppure i professori, troppo severi?
Matteo Vercelli
 
2 – L’Unione Sarda
Economia Pagina 9
Pmi Imprese e ricerca: opportunità in un seminario a Cagliari
"Impresa e Ricerca: due mondi che si incontrano. Strumenti, modelli applicativi, reti di sostegno". È il tema del seminario in programma domani dalle 9 nella sala conferenze della Camera di commercio di Cagliari (largo Carlo Felice 72). L'iniziativa è del Centro servizi promozionali per le imprese e del Dintec. L'iniziativa è destinata alle Pmi, che potranno riceveranno informazioni su come individuare l'interlocutore più adatto fra i numerosi enti pubblici, i centri di ricerca e gli istituti universitari che in varie forme offrono sostegno all'innovazione. Si parlerà anche delle opportunità di finanziamento per ricerca e innovazione disponibili a livello regionale, nazionale ed europeo. Hanno aderito la Regione, l'Università di Cagliari ed il Consorzio 21, oltre ad associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali. Sul sito www.csimprese-ca.net è possibile scaricare il programma del seminario e la scheda di adesione. Dintec è una società consortile costituita dall'Unioncamere e dall'Enea, nata per ideare, progettare e attuare interventi sui temi dell'innovazione, della normativa tecnica e della qualità alle piccole e medie imprese.
 
3 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 43
Sassari. Dopo la visita dei Nas
Impianti fuori norma nei laboratori di Anatomia Inchiesta della Procura
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari ha aperto un'inchiesta per accertare eventuali responsabilità della dirigenza della Asl n.1 nella mancata esecuzione dei lavori di messa in sicurezza degli impianti e dei locali dell'Istituto di Anatomia Patologica dell'Università. L'edificio, che sorge in via Padre Manzella, non ha superato l'ispezione effettuata dallo Spisal il 28 febbraio dello scorso anno. I tecnici del Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro disposero in quell'occasione all'Azienda sanitaria l'esecuzione di una serie di interventi per tutelare la sicurezza del personale, mettere a norma gli impianti elettrici e garantire le vie di fuga in caso di emergenza. Per questi interventi erano stati prescritti sei mesi di tempo con l'avvertenza che, in caso di inadempienza da parte della Asl, lo Spisal avrebbe segnalato alla Procura della Repubblica le infrazioni riscontrate. Trascorsi i 180 giorni la Asl ha ottenuto dallo Spisal un'ulteriore proroga di sei mesi, trascorsi inutilmente come i primi. Nulla di quanto prescritto dal Servizio di prevenzione è stato fatto. Inevitabile a questo punto l'intervento dei carabinieri del Nas il cui rapporto sullo stato in cui versano i locali dell'Istituto di Anatomia Patologica è finito sul tavolo del sostituto procuratore Roberta Pischedda che sulla vicenda ha aperto un'inchiesta. Sotto accusa è l'inerzia dell'Azienda sanitaria nonostante le ripetute sollecitazioni fatte sia dal responsabile dell'Istituto che dal Rettore dell'Università, Sandro Maida. Quest'ultimo, in una lettera del 31 maggio del 2005, segnalava alla direzione generale della Asl, allo Spisal e al Comando dei Nas «l'esigenza di provvedere con la massima urgenza all'individuazione di una struttura idonea ad accogliere l'Istituto di Anatomia Patologica per garantire l'erogazione dei servizi assistenziali senza soluzione di continuità». Una sollecitazione che la Asl ha ignorato nonostante avesse a disposizione alcune soluzioni come il trasferimento dell'Istituto al Villaggio San Camillo o, meglio ancora, al terzo piano del Palazzo Rosa, dove ha sede la direzione generale della Asl, lasciato libero dal laboratorio di analisi. Nessuna di queste strade è stata percorsa. Nel frattempo il direttore generale dell'azienda, Bruno Zanaroli, è riuscito a organizzare il trasferimento del suo ufficio dall'attuale sede, a due passi dall'Ospedale civile, ai più tranquilli e defilati locali di via Catalocchino. Gibi Puggioni
 

4 – La Nuova Sardegna
Pagina 37 - Cultura e Spettacoli
Il Dizionario del libro sardo 
Progetto realizzato dalla Biblioteca di Cargeghe 
CARGEGHE. Dalla «A» di Angius Vittorio alla «Z» di Zucca Antioco. C’è un’isola da sfogliare tra le 480 pagine del «Dizionario Enciclopedico del libro sardo», la nuova produzione della Biblioteca di Sardegna, a Cargeghe.
Curato dal giornalista Corrado Piana, con la collaborazione di esperti e la consulenza scientifica di docenti e studiosi delle università di Sassari, Cagliari e Stoccarda, il Dizionario passa in rassegna, in oltre duemila voci, opere e scrittori che hanno fatto la storia della letteratura isolana.
Completa il lavoro un ricco apparato d’appendice con centinaia di schede sinottiche delle biblioteche sarde, degli archivi, degli istituti di ricerca e delle istituzioni pubbliche regionali.
Con questo lavoro - disponibile dal prossimo mese - la Biblioteca di Sardegna, l’opera di tutela, valorizzazione e promozione della cultura sarda, iniziata lo scorso anno con l’inaugurazione di una struttura polivalente convenzionata con l’amministrazione provinciale e sette comuni limitrofi, e con l’edizione a partire dallo scorso gennaio della rivista bimestrale di informazione libraria «Libro Sardo». E che proseguirà il prossimo mese di ottobre con la pubblicazione e la presentazione in forma di teatro musicale (in occasione della tappa sarda della manifestazione «I Luoghi della Lettura», promossa dal ministero dei Beni Culturali per l’organizzazione della Provincia di Sassari e della Biblioteca di Sardegna) della riedizione della fiaba di Maria Intaulada, riattualizzata nei territori del Sassarese a cura del professor Antoni Arca dell’ateneo turritano.
Ed ancora, sempre nel mese di ottobre, con la presentazione dell’anastatica dell’opera completa del compositore sardo Lao Silesu, già avviata lo scorso anno con l’integrale del repertorio pianistico.
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 33 - Cultura e Spettacoli
PADRU. Non c’è il diavolo sulle colline.
La storia fa affiorare una verità diversa
Pier Giorgio Pinna
PADRU. Non c’è il diavolo sulle colline. La storia fa affiorare una verità diversa: Sa conca de su demoniu sarà pure ammantata di leggende sataniche, ma con quelle rocce cosparse di lava che hanno lasciato tracce meravigliose e indelebili costituisce solo un tesoro della geologia d’immenso valore. Uno scrigno prezioso perché unico nel suo genere, almeno in Sardegna. Forse perciò circondato da fiabe sin dai tempi dei tempi. Fiabe che evocano il nero Signore dell’aldilà e le sue impronte lasciate sui massi resi incandescenti dal sole. La spiegazione dei segni, naturalmente, è un’altra. E qualcuno può considerarlo un peccato a parti incrociate. Ma il fenomeno non ha nulla a che vedere con l’inferno né con improbabili presenze diaboliche. La sua storia però è ugualmente affascinante. Anche in un’isola tra le più antiche del globo come la Sardegna.
 Nella località Pedrabianca, la Pietrabianca, quasi un contraltare dopo tanti richiami alle tenebre, si profilano verso il cielo terso della Bassa Gallura grandi blocchi di granito che risalgono a 300 milioni di anni fa. E fin qui nulla di speciale: il «foglio geologico» di Arzachena e dell’ampia regione circostante, elaborato dal docente sassarese Giacomo Oggiano, di graniti tanto antichi ne annovera parecchi, tutti di età compresa tra i 290 e i 318 milioni di anni fa. Risalgono al Carbonifero. Periodo preso in esame nell’isola con approfondite ricerche, sin dall’Ottocento, dallo stesso Domenico Lovisato, lo studioso al quale è dedicato il museo palentologico di Cagliari. Ma adesso questi stessi tafoni di Padru, rocce dalle forme bizzarre e magiche, sono al centro di nuovi studi. Da diversi punti di vista.
 Gli specialisti spiegano che l’intera zona si trova in superficie, come fosse all’improvviso risalita dalle profondità del sottosuolo, ormai da migliaia di anni. Con l’arrivo delle prime genti che hanno popolato l’isola nel Neolitico, l’intera area è sempre stata conosciuta. Magari con nomi e indicazioni non sempre omogenee nei secoli. Spesso, per esempio, è stata chiamata Fizza Ona, dal nome di una vicina località: e così viene ancora oggi definita da alcuni. Già in epoca storica - durante il Novecento - allevatori, contadini, visitatori occasionali ne hanno fatto per lungo tempo la meta di gite e viaggi sporadici. Ma naturalmente la presenza in Gallura di queste formazioni granitiche particolari, molto differenti dalle tantissime rocce sagomate dal vento e dal mare che caratterizzano la regione per altri versi, era nota soprattutto agli abitanti dei paesi vicini. Così come non si deve dimenticare che queste rocce si formano in un momento nel quale l’isola non era un’isola, ma faceva parte con la Corsica del blocco continentale franco-iberico, i dinosauri non avevano fatto ancora la loro comparsa sulla Terra e la deriva della Sardegna verso l’attuale posizione nel mare che oggi chiamiamo Mediterraneo sarebbe cominciata solamente parecchie decine di milioni di anni più tardi.
 E’ comunque dal secondo dopoguerra e, con più precisione, da una quindicina d’anni che Sa conca de su demoniu comincia a venire osservata con maggiore attenzione. Immagini del fenomeno prodottosi a suo tempo e delle sue possibili origini, accompagnate da brevi note, vengono inserite in qualche guida turistica. Poco dopo prendono il via le ricerche e le indagini universitarie, che iniziano a descrivere in tutti i loro aspetti le tipologie delle rocce. Accertamenti e controlli specialistici sempre preceduti o seguiti dalle leggende popolari. Leggende che raccontano di un Belzebù instancabile, da quelle parti impegnato nottetempo in molteplici attività. Di più: nelle favole di paese si narra che le concrezioni visibili a occhio nudo, così definite dai profani ma che gli scienziati chiamano con termini diversi, altro non sono che le orme del diavolo, in trasferta in quel di Padru con una lunga lista di oscure tentazioni per donne e uomini.
 Passando dal mondo incantato dei miti alla realtà scaturita dagli studi accademici, si scopre che ad occuparsi per primi della questione sono due specialisti dell’ateneo di Cagliari: i professori Felice Di Gregorio e Maria Vittoria Asara, del dipartimento di Scienze della Terra. Dopo una serie di indagini sul campo, i due docenti, nell’autunno 2003, a un workshop internazionale sui siti geomorfologici tenuto nello stesso capoluogo, presentano i risultati delle loro verifiche. «La ragione per cui Sa conca de su demoniu è unica nel suo genere appare semplice - chiariscono i professori in una pubblicazione scientifica in lingua inglese - Tutto dipende dalla disposizione del suo granito orbicolare, formato da ellissoidi circondati da sottili bordi blunastri». Appunto quei cerchi che fanno pensare a misteriose impronte ancestrali. «Queste forme rare e facilmente distinguibili nella conca nel tempo hanno attratto l’attenzione», scrivono ancora Asara e Di Gregorio. Così da rilanciare, fra le altre cose, l’idea di un demonio sbarcato in Gallura per terrorizzare i pastori e le loro greggi. I docenti, invece, spiegano il fenomeno facendo riferimento all’effetto di strati di magma fortemente viscoso risalito in superficie. Che ha segnato le rocce in quel modo fantastico e quasi irreale.
Le ricerche, fra l’altro, hanno arricchito di stupende immagini e di nuovi particolari dettagliati l’Istituto della civiltà del mare di San Teodoro (le foto di questa pagina sono esposte sotto forma di gigantografie nella mostra «Conoscere il paesaggio», prima allestita nello stesso complesso del Museo del mare e ora in via di predisposizione nel vicino Centro di documentazione ambientale, sempre a San Teodoro). Di recente, poi, le rocce del demonio hanno ispirato ulteriori indagini scientifiche. Stavolta da parte di due docenti dell’università di Sassari, Sergio Ginesu e Francesco Secchi. I professori hanno dato comunicazione dei loro risultati, mirati soprattutto a un’analisi degli aspetti petrografici, al convegno di Spoleto dello scorso anno. E nelle scorse settimane hanno scritto un articolo divulgativo sull’«Almanacco gallurese», pubblicazione da qualche giorno in edicola e in libreria. «Noi - spiega Ginesu - abbiamo lavorato in profondità sugli aspetti più interni della struttura delle rocce. E a nostro avviso uno degli aspetti di maggior rilievo è rappresentato dal miscelamento del magma nel raffreddarsi».
 Insomma, su quelle colline magari il diavolo non ci sarà mai stato. Ma, andando oltre le leggende popolari, Sa conca de su demonio vale un viaggio solo per i suoi straordinari risvolti scientifici. Lo vale per una tappa d’estate realmente alternativa, per una bella estate.

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