Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 July 2006
Rassegna a cura dell’Ufficio stampa e web
Segnalati 4 articoli delle testate L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna

 
 
1 - L’Unione Sarda
Pagina 4 – Cronaca regionale
«Sbagliato tassare il turismo»
Malavasi: danno d'immagine, la cosa peggiore
La tassa sul turismo, così come preferisce definirla, sta creando un pericoloso danno d'immagine alla Sardegna. Con conseguenze pesanti, dice Roberto Malavasi, per l'economia dell'isola.
«Le politiche-contro non aiutano lo sviluppo. E danneggiamo l'immagine». Professore di Economia degli intermediari finanziari, Roberto Malavasi, cinquantanove anni, è da dieci preside della facoltà di Economia dell'Università di Cagliari. Attento osservatore delle vicende economiche dell'isola, prende atto con rammarico dell'assenza di «una visione strategica» per lo sviluppo, ribadita, sostiene, dalle ultime iniziative della Regione. La conferma, dice, arriva dalla legge regionale del 4 maggio scorso, "Disposizioni varie in materia di entrate". Professore, è una tassa sul lusso, come è stata ribattezzata, o una tassa sul turismo? «Penso sia buona la seconda definizione. Sì, tassa sul turismo, sicuramente. Un'iniziativa avviata senza alcuna valutazione economica dei problemi di tipo generale. Compito della politica è quello di tenere sempre al centro dell'azione il rapporto tra costi e benefici. Vedo le ricadute negative dei costi di esazione, che saranno importanti. Non vedo, invece, quali possano essere i ricavi». Si è parlato di 200 milioni di euro. «Credo che, come tutte le cifre sbandierate dagli organi di governo regionale, anche questa sia frutto di una sopravvalutazione delle entrate e di una sottovalutazione delle uscite. Ma, ammesso e non concesso che ci sarebbero entrate per 200 milioni, a cosa verrebbero destinate? Continuo a pensare che l'azione politica di questa Giunta si contraddistingua non per avere una progettualità condivisa ed esplicita, ma per una mancanza di programmazione. Mi dispiace, ma siamo tornati a 20 anni fa, quando si parlava di interventi a pioggia». Cosa critica di questa tassa è già abbastanza evidente. Ma cosa condivide? «Direi nulla. Non credo sia questo il terreno sul quale si deve muovere la Regione. Non si recuperano nuove entrate imponendo nuove tasse. Si tratta, invece, di razionalizzare la spesa per creare nuove entrate. E per far questo serve un progetto. E questo, se mi è permesso, non lo vedo». Telefono blu raccoglie adesioni per abolirla, chi va per mare o per aria compra spazi sui giornali per contestarla. «Non credo che il problema rilevante sia tassa sì, tassa no. C'è un problema di improvvisazione e di estemporaneità in questi atti». Il ricorso del Governo, intanto, non blocca gli effetti della tassa. E chi opera sul mercato immobiliare prevede rincari per chi compra e per chi affitta. «È vero, la valutazione è corretta». Esistono dati certi che mettono in relazione la tassa con un calo di arrivi e presenze? «Gli studi del Centro universitario di ricerche sul turismo, che ha sede a Oristano, segnalano già una sensibile contrazione negli arrivi e nelle presenze, in particolare per quanto riguarda gli stranieri». Meglio tassare tutte le seconde case, allora, sardi e non? «Potrebbe essere una soluzione. Ma il problema, rischio di ripeterlo sino alla noia, non è quello di creare nuove fonti di entrate, ma di razionalizzare la spesa, innescando processi virtuosi di sviluppo che abbiano concrete ricadute sul nostro sistema economico». È credibile che la Sardegna abbia subito e stia subendo un danno d'immagine? «Sì, il danno d'immagine c'è stato. Ed è la cosa peggiore che ci potesse capitare. A livello internazionale soprattutto, ma anche nazionale. Molta gente, può sembrare una banalità ma è così, viene in Sardegna per incrociare i personaggi stranieri importanti. Se questi vanno altrove, anche i nostri ... vip scelgono altre mete. Meno presenze, meno business». Il gossip elevato a fonte economica. «È la realtà». Come superare il problema, allora, in corso d'opera? «Credo che questa stagione, ormai, ce la siamo giocata. Questi annunci così forti contro qualcuno hanno tempi di trasmissione molto brevi. Più lunga, invece, la via del recupero. Mi chiedo come questa tassa possa conciliarsi con altre iniziative che vorrebbero favorire l'allungamento della stagione turistica». A cosa si riferisce? «Agli incentivi stanziati dalla Giunta per favorire i voli low cost internazionali, abbattendo gli oneri di atterraggio, gli stessi che la tassa sul turismo appesantisce per gli aerei privati». Cosa proporrebbe per conciliare le esigenze di tutela dell'ambiente e quelle di cassa? «Anziché dare poco a tutti, individuiamo progetti strategici, anche in campo ambientale e turistico. Il problema è di progettualità e di programmazione. Ovvero, devo capire come andrà il mondo tra dieci o vent'anni e disporre le infrastrutture in modo da essere in sintonia con le esigenze di domani. Purtroppo si guarda solo l'esistente e, aggiungo, si guarda anche il passato». In Corsica fanno pagare 50 centesimi per ogni giorno di permanenza. Un modello da imitare? «Una soluzione che non fa gridare allo scandalo nessuno. E che è legata a un'offerta di servizi che si chiamano pulizia dell'ambiente, reti di comunicazione. Che si chiama, soprattutto in Sardegna, acqua. Ho girato molto e in tutte le località di pregio questo avviene nella normalità». Regione bocciata all'esame di economia? «Le politiche contro, in economia, non danno risultati, non innescano quei meccanismi virtuosi di cui parlavamo prima». Professor Malavasi, tutti diranno, adesso, che lei è di destra. «Crede? Negli anni mi hanno attribuito un po' tutte le appartenenze politiche. In realtà sono solo un professore di economia, abituato a ragionare come il buon padre di famiglia, razionalizzando le entrate e le spese. Se questo esercizio non riesce alla politica, sia di centrodestra o di centrosinistra, il limite non è dell'economia. Il limite è della politica». Emanuele Dessì



 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Cattedra di Latino vinta da concorrente già indicato in lettere e denunce anonime
Quel concorso chiacchierato
Un’insegnante esclusa: «Io ho presentato un esposto»
CAGLIARI. L’anno scorso un’insegnante di Latino della facoltà di Lettere di Cagliari aveva spedito un lungo esposto alla procura della Repubblica dove raccontava una serie di antefatti al concorso cui lei tanto ambiva e che, data la composizione della commissione (e altro), forse non sarebbe mai riuscita a vincere. Quest’anno, quasi nella stessa data, la medesima insegnante ha inviato un ulteriore lungo esposto alla Procura (e anche al ministero dell’Università) dove entra nel dettaglio del lavoro della commissione, quella di cui aveva chiesto lo scioglimento, e mostra un paio di lettere anonime di robusto supporto alla sua tesi: in questo concorso per materie latine (lingua, filologia ecc.) ci potrebbe essere qualcosa che non va.
 Per dirla più chiara: sarebbe utile, secondo l’insegnante che già da qualche anno legittimamente aveva chiesto si bandisse un concorso «immediato» per insegnare da ordinario quel che già divulgava da professore associato, che esperti di diritto penale e di discipline concorsuali andassero a dare un’occhiata alla composizione della commissione e ai criteri di valutazione adottati per i candidati. Interessante, anche se non si può dire fino a che punto significativo, il fatto che, in una prima lettera anonima, si denunciasse quale sarebbe potuta essere la composizione della commissione. Interessante anche di più il fatto che, poi, la commissione fosse risultata proprio quella e che, in un esposto anonimo successivo inviato per conoscenza alla procura di Roma, si segnalasse la possibilità che una delle due candidate, indicata come vincitrice, potesse essere «sostituita in corso d’opera»: «ad esempio - è sempre l’esposto anonimo a parlare - se le pressioni per un candidato locale si facessero insostenibili». Secondo quel che descrive nell’esposto del 6 luglio scorso l’insegnante cagliaritana esclusa dal concorso, sembra essere successo proprio questo: hanno vinto infatti la candidata forestiera e una dell’università di Cagliari. L’insegnante (che la denuncia sua la firma con nome, cognome e titolo accademico) racconta di come, nel 2003, in un consiglio di facoltà, si fosse evidenziato che, per un eventuale concorso in materie latine, l’università di Cagliari disponesse di ben due ordinari tra cui scegliere il membro interno, e, invece, in questo concorso il membro «interno» è stato un docente dell’università La Sapienza di Roma, già a Cagliari negli anni passati. L’insegnante, nell’esposto firmato, offre ai giudici qualche elemento per valutare i criteri con cui ha proceduto la commissione. La «valutazione comparativa», dove la comparazione, secondo le procedure, deve essere condotta sulle pubblicazioni e sui titoli dei candidati, in questo concorso sarebbe stata fatta sui giudizi sintetici collegiali i quali, a loro volta, erano la somma di giudizi espressi senza l’uniformità necessaria oppure di giudizi non formulati. L’elenco delle stranezze denunciate è lungo, alla magistratura il compito di fare chiarezza. (a. s.)
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Finiti gli alibi: l’azienda mista ora si può fare
E’ pronta al varo la legge che applica la riforma, appello di preside e manager
I due temi caldi: scorporo dei beni e la possibilità di scegliere per il personale
ALESSANDRA SALLEMI
CAGLIARI. L’azienda mista, adesso, si può fare. Lo ha spiegato venerdì nell’aula magna di Anatomia patologica il consigliere regionale di Progetto Sardegna, Sandro Frau. La prossima settimana in aula è quasi sicuro venga varata la legge di premessa, indispensabile perché i concetti di dipartimento, di distretto, ma anche di direttore generale e di atto aziendale acquistino operatività.
 E’ una legge che doveva essere fatta nel 1999 per portare la riforma Bindi, arriva adesso. A ruota si materializzerà il piano sanitario e il primo gennaio 2007 non c’è ragione perché non ci debba essere un’azienda mista Regione-Università e anche il direttore generale che dovrebbe farla funzionare. Vale per Cagliari e per Sassari. Nel dibattito tra ospedalieri e universitari s’è capito, tra l’altro, che resiste il timore degli ospedalieri di trovarsi imprigionati tra i potentati universitari. Dopo una carrellata sulle ragioni storiche delle diffidenze tra università e sanità pubblica (sono nate separate e lo sono state dal 1924 al 1968), si è arrivati al punto: ora c’è la legge quadro, i protocolli possono vivere, non si può agitare lo spauracchio che, formando l’azienda prima della riorganizzazione ospedaliera, questa farà incetta di posti letto e per gli altri ci saranno le rimanenze. «I posti letto - sottolineava Frau - sono già stabiliti sulla base di parametri che conosciamo tutti. Si può cominciare velocemente...». Il direttore generale della Asl 8, Gino Gumirato, ha dichiarato di credere verosimile la data del primo gennaio 2007 (nonostante nulla finora sia stato fatto di quel che si doveva entro la data attuale, come era stato spiegato da altri già in maggio) «perché è stato scritto e firmato dall’assessore»: «Ci sono quattro grossi problemi su cui fare chiarezza. L’assetto istituzionale dell’azienda mista: sono già definiti gli ospedali che ne faranno parte, ma bisogna dare corpo a ciò che è stato firmato e quindi serve un protocollo operativo che dica materialmente cosa va all’azienda e cosa no. Sullo scorporo di beni, tecnologie, amministrazione: sembra che il problema principale dello scorporo nascerà sugli immobili. Noi diciamo: ci vuole attenzione. Ma siamo pronti a farlo». Un tema davvero centrale è la scelta che il personale potrà fare di andare o meno nell’azienda mista. Si temono deportazioni forzate, ma, anche nel caso in cui si potesse optare per un’amministrazione o l’altro, è forte la preoccupazione di non riuscire a disporre di tutte le informazioni necessarie per scegliere al meglio per se’ (reddito, carriera, coinvolgimento nelle attività). Ha spiegato Gumirato: «Ovunque è stata possibile l’opzione, dobbiamo studiare se è opportuno applicare lo stesso sistema. E’ chiaro che i reparti universitari passeranno all’azienda mista, quelli con direttore universitario e personale ospedaliero al San Giovanni (ospedale che passerà all’azienda mista) andranno all’azienda mista ma, una volta dentro, entro 180 giorni potranno chiedere il trasferimento all’asl. Se tutti andranno all’azienda mista ci vorrà un protocollo, se tutti restassero: si farà un protocollo per valorizzare il lavoro e regolare rapporti e tariffe. Non c’è dubbio che il tempo corre e si debba decidere». Altro tema scottante: il direttore generale. Gumirato ha dimostrato che questa figura, di fatto, una volta insediato è sottoposto al gradimento della giunta regionale perché può respingere l’atto aziendale una volta e la seconda, se il direttore generale insiste, può revocargli il mandato. «Non ho mai visto da nessuna parte un’applicazione in questi termini».
 Il preside di Medicina, Gavino Faa, ha sottolineato quel che ripete da due anni: l’azienda mista si fa con le tre «c», collaborazione, condivisione, compartecipazione. Niente colpi di mano, niente silenzi sui tavoli di lavoro che nasceranno perché è dalla non-conoscenza che in questi anni si sono moltiplicate le preoccupazioni di ospedalieri e universitari, di finire schiacciati (i primi) di perdere potere (gli altri). «Ci deve essere il rispetto delle reciproche professionalità, crescerà l’importanza delle valutazioni, la nostra facoltà è passata dal 33° posto a 22° della classifica Censis sulla qualità della didattica, entro l’anno una task force ministeriale verrà a presentarci una check list cui dovremo rispondere: insomma, i lazzaroni avranno sempre meno spazio. Una cosa da evitare sarà un rapporto di subordinazione tra didattica, ricerca, assistenza. I dipartimenti vanno integrati: un dipartimento di sola assistenza sarebbe una sconfitta, ma lo accetterei se servisse per far partire l’azienda. E credo che l’azienda mista debba mettersi a disposizione della medicina di base». Francesco Marongiu ha illustrato l’importanza della ricerca: può offrire opportunità anche di finanziamento (se l’azienda mista diventasse Rccs, centro di cura di altissimo livello, in Sardegna nessun reparto è riconosciuto tale); può identificare il ruolo dell’azienda come succede per l’istituto di Veronesi che, essendo un rinomato luogo di cura, presenta la ricerca quale elemento di qualificazione rispetto ad altri perché «i pazienti devono essere seguiti da un sistema che è il prodotto di assistenza abbinata alla ricerca». Anche Marongiu ha raccomandato l’apertura alla medicina di base.
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Un vertice sul futuro dei precari
CAGLIARI. La Flc-Cgil esprime una forte preoccupazione per la sorte di oltre un migliaio di insegnanti precari della scuola sarda. Venerdì i rappresentanti del sindacato hanno incontrato l’assessore regionale della Pubblica istruzione, il Direttore scolastico regionale e i due rettori delle Università di Cagliari e Sassari, per discutere del diritto dei 1.050 precari a conseguire un’abilitazione con la frequenza di corsi abilitanti speciali. «Pur registrando dei passi avanti - commenta Peppino Loddo, segretario regionale Flc-Cgil - non possiamo dirci soddisfatti. A malapena troverebbe accoglimento la metà delle domande presentate, e i corsi verrebbero attivati in sole 21 classi di concorso rispetto alle 53 che sono necessarie. I corsi dovrebbero tenersi a Cagliari e Sassari, lasciando scoperte vaste aree. Le modalità organizzative sono pensate più per gli studenti universitari che per i lavoratori, seppure precari. E i costi arrivano sino ai 2.400 euro».
 Gli incontri, spiega Loddo, «continueranno. È incredibile che l’Università, in violazione delle norme vigenti, non intenda organizzare i corsi che consentirebbero loro di prendere l’abilitazione. I precari di altre regioni, cui è toccata miglior sorte per la diversa sensibilità delle istituzioni locali, spenderanno qui da noi le abilitazioni conseguite, a danno ovviamente dei nostri precari».

Questionnaire and social

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