Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 May 2006
Rassegna a cura dell’Ufficio stampa e web
Segnalati  7 articoli delle testate L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna

 
 
1 - L’Unione Sarda
Pagina 16 – Cultura
Sessant'anni fa i sardi alla guerra della malaria
Il 14 maggio 1946 nacque a Cagliari il piano antianofele Fu una "Die de sa Sardigna" all'aroma di Ddt
Autonomia speciale: 60 anni dopo lo Statuto sono maturi i tempi per una nuova carta
Cagliari, 14 maggio 1946. In una stanza del monumentale edificio che ancora oggi è sede delle Scuole Elementari Riva, in Piazza Garibaldi, pochi uomini stanno per decidere il futuro della Sardegna appena uscita dalla guerra. Hanno in mente un'isola libera da una malattia che miete molte vite ogni anno, soprattutto per la facilità di trasmissione: la malaria. Il protozoo responsabile dell'infezione (Plasmodium falciparum) che distrugge i globuli rossi dell'ospite è trasportato da una zanzara (Anopheles labranchiae). Una malattia micidiale, in grado di intervenire nella selezione naturale: i talassemici portatori sani offrono un ambiente meno accogliente al plasmodio, così la malaria ha favorito gli individui affetti da talassemia minor. Un flagello secolare, responsabile di sofferenza e sottosviluppo: con la malaria il turismo, l'agricoltura e la stessa vita nei centri costieri non si sarebbero mai potuti sviluppare. Attorno a un tavolo siedono Giuseppe Brotzu (direttore dell'Istituto d'igiene dell'università di Cagliari), Alberto Missiroli (designato dall'alto commissario per l'igiene e la salute pubblica), Guido Casini (esperto nell'utilizzo del dicloro-difenil-tricloroetano, il famigerato Ddt) e una squadra fatta arrivare dagli Stati Uniti che comprende un entomologo (T.H.G. Aitken) e un esperto in tecniche di eradicazione (D.B.Wilson). Ci sono poi medici, agronomi, tecnici forestali, amministratori locali. È il quartier generale dell'Ente regionale per la lotta antianofelica in Sardegna (ERLAAS), i generali di un esercito di trentamila uomini, che combatterà fino a sconfiggere la malaria nel 1950. In questa guerra, nome in codice "Sardinia Project" furono determinanti il supporto scientifico e tecnico della Fondazione Rockefeller e i fondi dello Stato e dell'UNRRA (il fondo delle nazioni unite nato nel 1943 per sostenere la ricostruzione post bellica). Ne abbiamo parlato con Eugenia Tognotti, docente di Storia della Medicina e Scienze umane alla Facoltà di Medicina dell'Università di Sassari, autrice della più accurata ricostruzione storica di questa vicenda con Americani, comunisti e zanzare (Editrice Democratica Sarda, 1995) e La malaria in Sardegna (Franco Angeli, 1996). È corretto dividere la storia della Sardegna in prima e dopo la malaria? «Non c'è dubbio: l'eradicazione della malaria ha aperto un capitolo nuovo nella storia della Sardegna contemporanea: per la prima volta grandi pianure, prima abbandonate a causa della malattia, sono state recuperate all'agricoltura e all'insediamento umano. Circondata fin dai tempi più remoti dalla triste fama di "isola pestilente", luogo di esilio e di pena, la Sardegna è diventata vivibile». Fino a poco tempo fa sui muri di molte case erano ancora visibili i segni lasciati dalle squadre che irrorarono tutti gli edifici: il DDT è stato scagionato o resta pericoloso? «Proibito ovunque negli anni Settanta, il Ddt, a quanto ho potuto vedere in alcune recentissime pubblicazioni scientifiche, sta subendo un processo di riabilitazione. Che presentasse problemi per la salute, gli americani lo sapevano dal 1946, quando l'esperimento di eradicazione era già avviato. Ho avuto modo di leggere due lettere riservate in cui si sosteneva che veterinari e agronomi avevano segnalato il pericolo di quell'insetticida. Successivamente, nel 1948, una lunga relazione confidential commissionata a un ricercatore della John Hopkins University, segnalava che il fiume di Ddt riversato su acque e campagne minacciava nel tempo una vasta contaminazione ambientale e l'accumulo nei tessuti di molti animali, compreso l'uomo. Ma la determinazione della Fondazione Rockefeller era tale che niente avrebbe potuto fermarli. Il principale problema del Ddt, come segnalava il rapporto, sta nella facilità con cui l'insetticida veniva trasmesso da un organismo all'altro attraverso le reti alimentari, raggiungendo una diffusione estremamente più vasta dell'originario ambiente di applicazione». Le ultime due generazioni non conservano alcun ricordo del flagello: nulla è rimasto nell'immaginario collettivo? «Per i più giovani la malaria è poco più di un nome. Non è così, invece, per le generazioni che hanno conosciuto l'epopea della grande battaglia della fine degli anni Quaranta. L'interesse è sempre vivissimo, come posso constatare in tutte le occasioni in cui mi capita di parlare della malaria. Va anche ricordato che decine di migliaia di uomini trovarono un lavoro stabile e ben remunerato nell'ERLAAS in un periodo di gravissima crisi dell'occupazione». Un raro esempio di sardi uniti. «Esatto, vorrei sottolineare che per la prima volta nella storia della Sardegna, una storia segnata dall'individualismo e dalla disunione, tanti uomini, di paesi e dialetti diversi, si trovarono a lavorare insieme per un obiettivo comune. Se mai c'è stata nella storia dei sardi una Die de sa Sardigna, è stata la guerra alla malaria che ha impegnato disboscatori, spruzzatori, studenti, tecnici, igienisti, agronomi. La facoltà di agraria appena nata a Sassari fu subito coinvolta, e così l'intera comunità regionale».
Andrea Mameli



 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 33 - Sassari
Incontro sulla diagnostica per immagini
ALGHERO. «Le nuove frontiere della diagnostica per immagini» il tema dell’incontro che si svolgerà venerdì prossimo nella sala Sari del liceo Classico Manno in via Carlo Alberto.
 L’iniziativa è organizzata dal Centro Studi Atlantis, dall’Istituto Manno, in collaborazione con le Scienze radiologiche dell’università di Sassari. Si tratta di un incontro a carattere fortemente divulgativo, per sensibilizzare chi voglia tenersi informato sulle nuove tecnologie messe oggi a disposizione della scienza al servizio della salute. Il progresso tecnologico applicato, in particolare a mezzi quali la TCo l’ecografia o la risonanza magnetica, ha permesso di ottenere risultati impensabili fino a qualche anno fa. Interverranno il professor Giulio Cesare Canalis, direttore dell’Istituto di scienze radiologiche dell’università di Sassari e il dottor Salvatore Costantino, coordinatore del progetto Atlantis.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Cagliari
ORROLI
Una terra di ultracentenari
Simposio internazionale sul progetto ‘A kent’annos’
ORROLI. “Longevità in Sardegna” è il titolo del simposio internazionale che si svolgerà oggi a Orroli (dalle 9) nella biblioteca di via Cesare Battisti. Il meeting è organizzato dall’Università degli studi di Sassari e dal comune di Orroli con la collaborazione della Pro loco, della Comunità montana Sarcidano Barbagia di Seulo, della Provincia di Cagliari, della presidenza del consiglio e della giunta regionale e dall’assessorato regionale dell’Igiene e sanità e dell’Assistenza sociale. La relazione introduttiva sarà svolta dal professor Luca Deiana responsabile del progetto Akea (A kent’annos) lo studio avviato sin dal 1997 dalla cattedra di biochimica clinica dell’Università di Sassari sui fattori di salute e longevità in Sardegna. Lo studio che ha avuto ampi riconoscimenti sia in sede nazionale che internazionale ha evidenziato quanto è rilevante il fenomeno della longevità in Sardegna. La nostra isola ha avuto il primato dell’uomo più vecchio del mondo attestato dal “Guinnes world record 2001” ad Antonio Todde di Tiana nato il 22 gennaio 1889 e morto il 3 gennaio del 2002. Anche Orroli, il comune che ospita il simposio internazionale può vantare di avere avuto un suo concittadino Giovanni Frau che è vissuto più di 112 anni. Tra i risultati più importanti dello studio Akea oltre alla individuazione delle aree ad alta longevità delle regioni più interne della Sardegna, vi è la scoperta di un basso rapporto femmine-maschi tra gli ultracentenari sardi. Mentre in altri paesi occidentali e nell’Italia continentale tale rapporto è intorno a 4 a 1 e anche 7 a 1, in Sardegna il rapporto è sotto di 2 a 1 e nell’interno dell’isola addirittura di 1 a 1. Fatto questo assolutamente inatteso e unico al mondo. «La ricerca in corso, sottolinea uno dei ricercatori del progetto A kent’annos, si prefigge altresì di individuare gli eventuali fattori genetici e ambientali responsabili di tale longevità soprattutto nel sesso maschile». A tale scopo il professor Luca Deiana e i suoi collaboratori hanno prelevato campioni di dna e cellule in un certo numero di soggetti ultralogevi e dei loro familiari. Nel simposio di oggi si illustreranno i nuovi dati della ricerca del progetto Akea e saranno illustrati e discussi temi demografici, immunologici, genetici, di biochimica clinica e biologia molecalare clinica, di politica sociale. Fra i relatori figurano James Vaupel (Duke University North Carolina Usa), Bernard Jeune (università di Odense Danimarca), Bertrand Desjardin (Università di Montreal, Canada), Franco Turrini, Calogero Caruso, Graziella Caselli, Claudio Franceschi rispettivamente delle Università di Torino, Salerno, Roma, Bologna. In Sardegna il fenomeno della longevità è particoalrmente rilevante e obbligherà tra breve le amministrazioni pubbliche a predisporre adeguati interventi sanitari e di sostegno sociale per la fascia di popolazione più anziana.
Giancarlo Bulla
 
Pagina 37 - Cultura e Spettacoli
I sardi? Centenari da record
A una svolta le indagini sulla longevità nell’isola
Oggi un convegno internazionale a Orroli Il dirigente del progetto AKeA Luca Deiana: «Segreti custoditi nel patrimonio genetico»
PIER GIORGIO PINNA
L’isola dei centenari. Non è uno slogan. E neppure un sogno. Meno che mai un invito alla speranza. E’ il titolo del convegno internazionale sulla longevità in Sardegna che si svolge oggi a Orroli. L’indicazione si avvicina alla realtà: coglie dati essenziali, fotografa un quadro inconsueto e straordinario, circoscrive un fenomeno nelle sue proporzioni demografiche. Se l’isola è infatti una delle aree più spopolate dell’Occidente, il patrimonio genetico del suo milione e mezzo di abitanti o poco più custodisce un segreto: qualcosa di simile all’elisir di lunga vita.
 Dono, evidentemente, non alla portata di tutti i sardi: in genere l’esistenza-tipo di un individuo, in Gallura come nel Nuorese, in Sarcidano come nella Nurra, nel Cagliaritano come in differenti zone della regione, non si protrae più a lungo che altrove. Anzi. Spesso le statistiche, da questo punto di vista, non sono a favore dei sardi. In Europa ci sono Paesi dove la vita media appare di maggior durata. Il record dell’isola è quindi diverso. Il suo primato riguarda i picchi di longevità. Interessa quei matusalemme che si avvicinano al secolo o l’hanno già superato. Investe un mix fatto di codici genetici e rapporti interfamiliari.
 Il punto di partenza è l’isolamento storico, a volte ancestrale, che ha caratterizzato nei millenni gruppi etnici della regione. «Si parla di quando l’esistenza umana era scandita dai ritmi delle tribù e dei villaggi», spiegano gli specialisti. In particolare in Barbagia e in Ogliastra. Ma non solo. Otto sardi su dieci discendono dai primi abitanti dell’isola. E avere un buon patrimonio genetico, in certe situazioni, può essere un vantaggio. Dunque non è un caso che le indagini scientifiche in questo campo abbiano dalle nostre parti tanto rilievo da finire sulle prime pagine delle più prestigiose riviste scientifiche di tutto il mondo, dalla Francia alla Corea. Come non sembra un caso che alla voce «longevity in Sardinia» qualsiasi motore di ricerca su Internet guidi all’istante verso migliaia di siti.

Al centro del simposio, il progetto AKeA. Cioè A kent’annos, a cent’anni. Evoca una formula d’augurio tradizionale, diffusa quasi ovunque in Sardegna, apparsa particolarmente fortunata per le verifiche e gli accertamenti intrapresi in questo settore già dal 1997. Sono indagini ad ampio raggio, in tutta la regione condotte da più enti e istituzioni. Nella circostanza del congresso di Orroli riferite alla campagna attuata dalla facoltà di medicina sassarese, dipartimento di scienze biomediche. E per l’esattezza dalla cattedra di Biochimica clinica e biologia molecolare clinica diretta da Luca Deiana. Un programma che in quasi dieci anni ha potuto contare su fondi ministeriali, regionali e, specialmente, sugli stanziamenti dell’istituto centrale di sanità americano, il Nia, arrivati nell’isola attraverso la Duke University, in North Carolina.
 Deiana, che oggi presiede il simposio, non ha alle spalle solo trascorsi di carattere scientifico. Assessore regionale al Lavoro per i Popolari dal 1995 al ’99, prima ancora, negli anni Settanta, è stato giovanissimo sindaco del suo paese natale, Perfugas. Così ha forse attinto dal passato remoto della regione d’origine, l’Anglona, una delle aree paleontologiche e archeologiche più ricche dell’intera isola, la passione per l’antichissima storia delle prime genti sarde. «Infatti è proprio da lì che bisogna partire per meglio comprendere i nostri studi - spiega - L’isola è una terra unica al mondo. La nostra raccolta d’informazioni parte dal Paleolitico, passa per le prime tracce lasciate dall’uomo in Sardegna 450mila anni fa, tocca poi il Neolitico per arrivare quindi ai periodi nuragico, fenicio, punico, romano. E giungere, secolo dopo secolo, fino ai nostri giorni».

Quali, dunque, le «evidenze genetiche» in ere così lontane e diverse tra loro? «Nelle ricerche abbiamo potuto constatare alcune condizioni tipiche in parte della popolazione - chiarisce ancora il docente - Mi riferisco a situazioni negative. Per esempio, ad alcune malattie. Come la malaria, il favismo, la talassamia. Ma, rovesciando il discorso, parlo anche di altro. In positivo. Per l’esattezza, delle situazioni che hanno portato a tanti casi di eccezionale longevità. Quali sono i presupposti di tutto ciò sul fronte dell’ereditarietà? Forse ci troviamo di fronte all’altra faccia della medaglia di patologie selettive, forti e decise, come quelle a cui facevo riferimento prima. In termini differenti: se padre e madre portatori sani di talassemia possono generare bambini microcitemici, perché la base di una lunghissima vita non potrebbe trovarsi nei geni particolari posseduti sia da tutti e due i genitori e, diciamo così, esaltati nei figli che poi supereranno il secolo?».
 In attesa di risposte certe a questi interrogativi, è un fatto l’altissima presenza di centenari nell’isola. Fenomeno che col passare del tempo ha richiamato l’attenzione dei mass media internazionali sulla Sardegna. Come è accaduto a Okinawa, in Giappone, e in poche altre aree del globo dove la gente vive così a lungo. Nel novembre scorso «National Geographic» ha dedicato parecchie pagine all’unica regione del Mediterraneo dove gli anziani toccano vette altrove inarrivabili. Un dettagliato servizio scritto dal giornalista scientifico Dan Buettner e corredato dalle stupende immagini del fotografo David McLain. Obiettivo centrato su Silanus, su Giovanni Sannai, che in quei mesi a Orosei aveva da poco compiuto 103 anni, sugli altri vegliardi del Nuorese. Con uno sguardo attento all’alimentazione e alle condizioni esistenziali. Dalle virtù degli schietti cannonau di Barbagia alle impagabili qualità del carasau, insomma.

Ma nel simposio di Orroli saranno messi a fuoco soprattutto gli aspetti legati alle questioni ereditarie. «La nostra ricerca è stata estesa a tutti i 377 Comuni sardi - afferma ancora Luca Deiana - si prefigge d’individuare gli eventuali fattori genetici e ambientali. Perciò, nel rispetto delle norme sulla biotetica, nel tempo sono stati prelevati campioni di Dna e cellule in soggetti ultralongevi E nei loro parenti più stretti. Il materiale è stato poi sottoposto ad analisi sofisticate ed è stato al centro di pubblicazioni nazionali e internazionali. Oggi a Orroli verrano illustrati gli ultimi risultati raggiunti con il nostro progetto».
 L’appuntamento è per le 9 del mattino nelle sale della biblioteca comunale, in via Battisti 12. Dopo la cerimonia d’apertura, i lavori andranno avanti fino a sera. Molti e autorevoli gli interventi. Al di là degli esperti che in questa delicata fase hanno seguito le indagini sul campo in Sardegna, è prevista la partecipazione di diversi specialisti italiani e stranieri. Si va da James Waupel a Claudio Franceschi, da Bernard Jeune a Giovanna De Benedictis, da Calogero Caruso a Bertrand Dejardins. Di Francesco Turrini, che da Porto Conte Ricerche coadiuva l’équipe di Deiana con tecniche all’avanguardia, Pietro Pirina, Franco Carta, Maria Antonietta Cuccuru, Antonio Corda, Maria Elena Sini altre importanti relazioni sull’esito dell’inchiesta a 360 gradi condotta finora.

Nel 2005 in Sardegna gli ultracentenari erano 254. Adesso sono scesi a 234. Ma non è detto che, prima della fine dell’anno, non risalgano ai precedenti record grazie a nuovi compleanni da dieci lustri ciascuno. In ogni caso, se nelle altre zone del pianeta, dal 1997 gli over-cento oscillano in media tra gli 8 e i 10 ogni centomila abitanti, in Sardegna sono, sempre in media, 13 e mezzo. Con punte di 15 nel 2005 e addirittura di 19 in qualcuno degli anni precedenti. A partire dallo stesso periodo preso in considerazione, lo staff di AKeA ha quindi accertato che i centenari sono stati 901. E gli ultracentenari 105. Del gruppo di studio fanno parte tre team: uno è composto da una media di 2-4 medici, il secondo da 5-10 biologi, l’ultimo da 2-5 demografi. Ciascuno staff, com’è naturale, ha le sue competenze specifiche. Ma alla fine tutti i dati vengono raccolti insieme in un programma d’analisi esclusivo e unico.
 C’è un’altra particolarità tutta made in Sardinia. Di solito, nel resto del globo, tra i matusalemme gli uomini sono in netta minoranza, con un rapporto di 4 a 1. Nell’isola, invece, il rapporto è molto meno accentuato: varia da 2-1 a 1-1. E c’è qualche aspetto davvero curioso. A Tiana è vissuto Antonio Todde: dall’alto dei suoi 113 anni (morì 18 giorni prima di compierli, nel 2002) è stato per qualche tempo l’uomo più vecchio del mondo, primato attestato nel Guinness World Record 2001.

Di recente, poi, a Villasalto, Pietrina Melis e Antonia Congiu hanno festeggiato 100 e 101 anni. E fin qui niente di speciale: siamo in Sardegna, che diamine. Se non fosse che le due super anziane sono state chiamate a spegnere le candeline nelle stesse 24 ore: casualmente, il medesimo giorno nel quale la regina d’Inghilterra festeggiava i suoi modestissimi 80 anni. Di più: lunedì scorso a Villanova Strisaili, frazione di Villagrande, hanno superato il secolo i coniugi «regolari» più resistenti dell’intero globo terracqueo: Efisia Ferreli e Peppino Murinu. Si erano sposati 72 anni fa, nel gennaio 1934. Da allora nessuno li ha mai più divisi.
 Ma perché proprio Orroli sede dell’incontro? E’ presto detto. In questo paese c’è un’elevata concentrazione di persone per le quali il tempo sembra non passare. Situazione studiata con i dati anagrafici dal 1866 al 2005 da Antonella Budroni, che terrà la relazione conclusiva sul tema. Non solo. Orroli può vantare un vero campione di leongevità: tziu Giovanni Frau. Per pochi mesi ha mancato il record dei 113 anni di Todde, ma si è piazzato in vetta all’elenco dei nonni più inossidabili del Vecchio continente. Insomma, Orroli è una sede ideale. E poi: perché perdere l’occasione di augurarsi a kent’annos nella patria dell’uomo più vecchio d’Europa?
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
L’INTERVENTO
Università vecchia e giovani ingabbiati
L’Università italiana è vecchia, molto vecchia. In Europa, nel mondo è l’Università con l’età media dei suoi docenti più alta. I “giovani” iniziano la loro carriera accademica intorno ai quarant’anni. La gerontocrazia è nel Paese, diffusa, e l’Università si adegua. Si dice e si continua a dire: “I vecchi sono una risorsa, di saggezza e di teoria, di grandi capacità di sintesi, dai frammenti”. Si può aggiungere: “I vecchi sono le origini, le radici”. E’ vero, ma è solamente una faccia della medaglia. I vecchi sono, per natura, anche conservazione e rigidità, consolidamento rapace del potere, quello del Gattopardo. Niente deve cambiare, perché tutto è stato compiuto. I vecchi riproducono se stessi. E’ il contrario della speranza, quella dei giovani per la costruzione di un loro mondo, diverso, cui vorrebbero appartenere, ma ne sono impediti. I giovani sono rinchiusi nelle chiudende di un possibile garantismo sociale e/o del privilegio, di un posto sicuro oltre la precarietà. Rimane la speranza della sopravvivenza, ma in un mondo di vecchi. I giovani inseguono una loro sicurezza esistenziale, del benessere, ma rinunciano anche a costruire un loro mondo con la vitalità delle loro energie giovanili. Per la costruzione è necessario mettere in campo il faticoso pragmatismo del proprio libero arbitrio, ma è fatica. Preferiscono assecondare il mondo dei vecchi da cui sperano di ricavarne un tornaconto, in un futuro più o meno prossimo. Usciamo dalle generalità esistenziali ed entriamo nella pratica del governo delle cose. Gli addetti ai lavori avranno già capito. Si è cercato di parlare di Università, a Cagliari, e delle prossime elezioni rettorali, di rapacità del potere e di condiscendenza.
Paolo Pani Docente di Patologia generale
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Sassari
Odontoiatria: servizio garantito ai disabili
Nella clinica universitaria la struttura per le cure «speciali» Cento casi trattati dal febbraio del 2004 E una volta al mese sono disponibili le sale operatorie
GABRIELLA GRIMALDI
 
SASSARI. Cento pazienti disabili visitati e curati dal febbraio del 2004. Cinquantuno al di sotto dei sedici anni e il resto maggiorenni. Una volta al mese, utilizzando le sale operatorie del policlinico universitario, sono state curate parecchie persone in anestesia generale. Sono le persone che, a causa di disabilità di vario grado, non possono essere sottoposte a cure odontoiatriche in ambulatorio.
 Un servizio importantissimo svolto dai medici dell’Istituto di Clinica Odontoiatrica guidato da Pierfranca Lugliè ai quali arrivano richieste di assistenza non solo dal territorio di Sassari ma anche dal resto dell’isola.
 Un’analoga attività viene svolta nel reparto ospedaliero del Santissima Annunziata, da cui qualche tempo fa era partito l’allarme per una possibile soppressione in vista della costituzione della nuova azienda mista “ospedale-università». I medici del reparto avevano dichiarato in quella occasione che senza il loro apporto sarebbero rimasti privi di assistenza moltissimi utenti della Asl. L’azienda aveva replicato che, qualsiasi fossero state le decisioni future in merito all’organizzazione dei reparti, il servizio di odontoiatria per disabili sarebbe stato garantito.
 È doveroso però rimarcare che, nell’ipotesi della cancellazione di uno dei due reparti, così come previsto in alcuni casi di “doppione” nel protocollo d’intesa fra Regione e Università, resterebbe comunque in piedi l’attività dell’istituto e della clinica universitaria che potrebbe andare ad assorbire parte del personale ospedaliero.
 «In campo odontoiatrico - spiega la professoressa Lugliè - si intende per diversamente abile colui che, per malattie sistemiche o deficit psicofisici presenti, crei difficoltà operative e necessiti pertanto di metodiche di approccio, tempi e modalità nelle cure diversi rispetto all’attività routinaria».
 E proprio le persone disabili hanno necessità di un’igiene dentale particolarmente curata al fine di evitare complicazioni e problemi gravi per la salute. «Il nostro compito - continua la responsabile della Clinica - è infatti anche quello di insegnare ai genitori o a chi provvede all’assistenza del disabile, come mantenere in ordine la bocca del paziente quotidianamente. Operazioni che se sono importanti per chiunque diventano vitali per chi ha gravi problemi di salute. Di solito i pazienti ci vengono inviati dai medici di base e noi li inseriamo in un programma di prevenzione».
 Oltre alla cura del disabile, che in molti casi non è in grado di collaborare con il medico che gli sta prestando le cure, nel reparto vengono trattate anche le persone che, a causa di patologie croniche come ad esempio gravi cardiopatie, sono considerate a rischio e devono essere curate in sala operatoria alla presenza dell’anestesista.
 Ecco perchè una volta al mese la sala del policlinico è a disposizione degli odontoiatri per gli interventi programmati. Di solito vengono trattati due disabili e tre pazienti a rischio. Sono anche disponibili due letti di degenza nelle corsie universitarie di ortopedia. Nel reparto diretto da Pierfranca Lugliè operano sette medici con 28 riuniti (le poltrone da dentista) e la struttura ricomprende anche il corso di laurea in Odontoiatria dell’università sassarese.
 Fra i timori evidenziati dai medici del reparto di odontoiatria del Santissima Annunziata anche che un eventuale “allontanamento” del servizio dal pronto soccorso e in generale dal polo dell’emergenza-urgenza possa compromettere la cura di quei pazienti considerati a rischio. Ma nell’istituto clinica odontoiatrica viene ribadito che gli interventi in sala operatoria vengono attentamente programmati e che eventuali situazioni di emergenza vengono gestite come in qualunque struttura sanitaria.
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Nazionale
Entro settembre partiranno i lavori
Bandito l’appalto per la caserma, poi subito il campus
NUORO. Ma a che punto sono le strutture per l’università nuorese? Il campus si farà? Ed entro quali tempi? Le risposte che arrivano dal Comune sono queste: l’appalto-concorso per la caserma di Pratosardo è già stato bandito a livello europeo. La presentazione delle domande scade il 30 Maggio e dal 1º al 10 giugno verrà nominata la commissione di gara. È ragionevole dunque ipotizzare che l’appalto di costruzione della caserma di Pratosardo possa essere assegnato entro il mese di settembre. Da questo momento l’impresa aggiudicataria ha dai due anni e mezzo ai tre anni per completare i lavori. L’importo dei lavori è di 12.500.000 Euro completamente finanziati.
 Il 23 marzo scorso inoltre è stato approvato dalla giunta comunale il progetto di ristrutturazione dell’ex convento delle Carmelitane. Il progetto prevede che i locali, una volta completata la ristrutturazione, ospiteranno la segreteria generale dei corsi universitari, la mensa universitaria, e le relative strutture funzionali, con strutture conviviali di svago e di animazione della comunità studentesca e la biblioteca con la sala lettura, oltre le due aule magne e le sei aule per la normale didattica.
 Il bando di gara dovrebbe essere pubblicato entro metà giugno e i lavori assegnati entro settembre. Da settembre poi l’impresa avrà circa due anni per completare i lavori. L’importo complessivo dei lavori è di 3.000.000 di Euro.
 I lavori per la realizzazione del campus universitario potranno ovviamente partire soltanto quando saranno completati i lavori della nuova caserma di Pratosardo con il realativo trasferimento dell’esercito. Sulla realizzazione del campus ci sono dei progetti di massima, ma non un progetto definitivo. Attualmente l’amministrazione ha a disposizione circa 6.000.000 di Euro.(n.b.)
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Nazionale
Ateneo nuorese. Il sindaco riapre il dibattito su ricerca e sviluppo
«Università, dal grande tradimento al rilancio»
Mario Zidda propone una piattaforma per rivendicare un Polo barbaricino
«Fare i conti con i forti interessi di Cagliari e Sassari su un criterio: quello della riserva delle intelligenze»
NUORO. Tradimento? «Se c’è stato, questo viene dalla due università sarde, che bloccano l’autonomia, non dalle gestioni precedenti dell’università nuorese» afferma il sindaco, che riapre il dibattito sull’ateneo barbaricino, dopo il cambio di guardia a favore del nuovo presidente, Sergio Russo. Mario Zidda comunque vuole «farci i conti» con le due università per riprendere la battaglia su una facoltà autonoma, ripartendo da una piattaforma unitaria.
 «C’è la necessità di riappassionare l’opinione pubblica e i soggetti politici e istituzionali all’idea dell’università» comincia Mario Zidda che, riaggancia le motivazioni originarie, come motivazioni profonde e «ancora valide» in un territorio che subisce come nel passato un particolare processo di degrado sociale ed economico. «Un processo da contrastare - afferma il sindaco - come indicò la stessa Commissione Medici» che negli anni Settanta quando indagò sul bantidismo. Ma una delle condizioni del rilancio dell’ateneo barbaricino, naturalmente, resta questo principio: che si faccia una università capace di «attrarre i giovani», anche dall’esterno. «In Italia, infatti, le province forti sono quelle che hanno una università», osserva convinto Zidda. Qualcuno però (Antonello Soro) ha parlato di fallimento delle gestioni precedenti, in quanto non avrebbe saputo conquistare nè autonomia nè capacità di attrazione. Sarà vero? «E’ un moto dell’animo» minimizza Zidda, che comunque ammette che l’autonomia resta una «questione irrisolta». L’università nuorese, insomma, è rimasta a metà del guado. Dato che i problemi materiali (strutture) e gli accordi con lo Stato e la Regione «non sono mai entrati negli indirizzi dell’ateneo». E la stessa gemmazione di Nuoro con le due università sarde ha dato luogo al “grande tradimento”. Solo contentini, in pratica, e soluzioni logisticiche. Poi nient’altro. Il vero problema era e resta quello della creazione di un Polo universitario. Ma come realizzarlo? Questo il punto.
 «Non partiamo dall’anno zero - argomenta il sindaco - partiamo invece dal fatto che le strutture vanno avanti, anche il campus che è a buon punto». Non si è messi male, insomma. Quindi non serve «fare processi» al recente passato gestionale. Anzi il sindaco da atto all’ex presidente Porru di aver portato al «raddoppio di studenti, corsi e lauree». Ma detto questo, però, ora bisogna «guardare al futuro: capire cosa esprime il territorio» e andare a trattare con lo Stato, per ottenere una «facoltà vera e propria». Da questa dipende l’autonomia. Ma che tipo di facoltà, però? Ecco l’altra grossa questione da decidere, prima di andare a trattare con Stato, Regione e università sarde. Anche su questo Zidda ha qualche idea da spendere. «La scelta può essere ancora quella ambientale - sostiene - anche se il parco del Gennargentu non c’è più». Il retroterra è cambiato rispetto al passato, ma non per questo bisogna guardare solo all’ambiente. Il polo nuorese può nascere anche su scelte «demoantropologiche», e altre ancora. Ma il sindaco non vuole prefigurare soluzioni, lui vuole solo «restituire al dibattito», al Comune, alla Provincia e al territorio, le scelte da fare: solo con questi soggetti possono «dare forza» al nuovo disegno. D’altronde - sottolinea ancora Zidda - il Consorzio è di «promozione» agli studi universitari, non è un consorzio di soli «servizi». L’idea forza è dunque quella di una «piattaforma» nuova che vada oltre il tema delle strutture, già in fase avanzata. Serve però un «consorzio più allargato» con l’obiettivo puntato sulla la facoltà.
 Ma un nodo da sciogliere resta il rapporto con le università sarde, che non è idilliaco. Come sbloccarlo? «Lì agiscono intertessi forti, aree di ricerca consolidate, e occorre farci bene i conti» osserva il sindaco. Anche perchè «non è facile far accettare un polo universitario autonomo». Certo che «non possono proporci il criterio del numero degli studenti». Sarebbe sbagliato. Così diventerebbero un «grande errore» anche le strutture e i fondi già spesi. Il criterio valido invece è quello di una “riserva di intelligenze” che nel territorio non manca. «Così l’università può e deve partire, come stimolo allo sviluppo, come un volano capace di attirare anche grossi capitali», conclude Zidda, facendo sua la linea di Renato Soru.
 
 

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