Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 March 2006
Rassegna a cura dell’Ufficio stampa e web
Segnalati  6 articoli delle testate: L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna

 
 
1- L’Unione Sarda
Pagina 12 – Economia
Innovazione
Al servizio della comunità sarda una delle più potenti reti di calcolo
Un progetto da 12 milioni di euro per creare una delle più potenti reti di calcolo d'Europa, al servizio della ricerca e della tecnologia in Sardegna. Un percorso che potrà avere ricadute in vari settori: portuale (simulazione nel movimentare i container), pianificazione territoriale (dinamiche urbane e dei sistemi idrici), meteorologia (previsione di eventi estremi), oltre ai campi informatici, medici e dell'ingegneria. L'iniziativa, che coinvolgerà 160 tra ricercatori e esperti nei settori di ingegneria, informatica e scienze naturali, compresi 35 nuovi assegnisti di ricerca, si chiama Cybersar, ed è stata presentata ieri dagli aderenti del consorzio Cosmolab (Università di Cagliari e Sassari, gli istituti nazionali di Astrofisica e Fisica naturale, il Crs 4, e due imprese private), che ha preparato il progetto vincitore del bando predisposto dal Miur. Ha ospitato la presentazione il Banco di Sardegna, che ha dato un contributo nell'acquisto delle infrastrutture di calcolo (per un totale che sfiora i 3 milioni). «La Sardegna», sottolinea Giuseppe Mazzarella, presidente del consorzio Cosmolab, «avrà a disposizione una delle più potenti macchine di calcolo d'Europa, con numerosi campi d'applicazione per la ricerca. Inoltre si svolgerà alta formazione per il personale». I rappresentanti nel campo della ricerca dei due atenei isolani, Adolfo Lai e Attilio Mastino, hanno rilevano l'importanza della cooperazione tra università.
Matteo Vercelli
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 23 – Cagliari
Rotary
 Due premi per laureati con tesi su Iglesias
Il Rotary Club Iglesias mette a concorso due premi da 2500 e 1500 euro per laureati negli ultimi tre anni accademici con tesi sulla vita, la popolazione, gli usi, i costumi, la storia, l'economia, gli aspetti sociali, l'assetto territoriale di Iglesias e del territorio. Sono richiesti i seguenti requisiti: laurea di primo o secondo livello o di dottorato presso qualsiasi Ateneo negli anni accademici 2002-2003, 2003-2004 e 2004-2005 e comunque entro il 30 aprile 2006; non appartenere al Rotary né avere rapporti di parentela con iscritti al club di Iglesias, non avere avuto altri premi per la tesi. Info dott. Piergiorgio Delrio, Via Cattaneo, 37 ?09016 Iglesias, tel. 3200191620, premiolaurea@rotaryclubiglesias.it. Sito web www.rotaryclubiglesias.it
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 23 – Cagliari
I pericolosi gran tour nell'Isola
Quando alla Marina Balzac cercava albergo
Il Grand Tour, che soprattutto gli inglesi praticarono tra il Settecento e l'Ottocento, non toccava la Sardegna, che fu scoperta solo nel sec. XIX. Umberto Boscolo (1919-1987) professore di Storia medievale e rettore dell'Università di Cagliari ha avuto la grande benemerenza di raccogliere in "I viaggiatori dell'Ottocento in Sardegna", 1973 ben sedici viaggiatori che visitarono l'Italia, dal tedesco Joseph Fuos (sec. XIII) all'americano J. E. Crawford Flitich. Un libro, peraltro, che tace su altri viaggi non meno importanti, che nei secoli precedenti, seppure individuali e senza seguito, costituiscono anch'essi una scoperta dell'Isola, come quella di Heinrich von Matzan, Emanuel Domenech, Christian Zervos. A cui merita che sia aggiunto il viaggio di Miguel de Cervantes, ancora più lontano nel tempo, per essere stato compiuto almeno due secoli prima, nel sec. XVI, anche se si tratta di un viaggio regolato dalle autorità militari. C'era anche lui nelle navi, che nel Golfo di Cagliari Giovanni d'Aragona aveva riempito di archibugieri, memore della sconfitta di Lepanto, per impiegarli nella spedizione contro Tunisi, dove fu fatto prigioniero, e di cui lo scrittore spagnolo ha tramandato questa memoria. «Fu soldato per molti anni e schiavo cinque e mezzo, durante i quali imparò ad avere pazienza nelle avversità. Perdette nella battaglia navale di Lepanto la mano sinistra per un colpo di archibugio, che per quanto appaia una deformità egli reputa bella, perché ricevuta nella più memorabile e più degna occasione che mai vedessero i secoli passati né mai vedessero i secoli futuri. Militando egli sotto le bandiere di Carlo V, fulmine di guerre». Anche ad Honoré de Balzac piacque Marina, che percorse in lungo e in largo, per scegliersi l'albergo. Era venuto in Sardegna, per tentare di entrare nella vita mineraria dell'Isola. Ed invece prevalse lo scrittore, come confessa scrivendo alla donna amata, Evelina Hanska, il 17 aprile 1838: «Ho attraversato foreste vergini piegato al collo del cavallo a rischio della vita, perché per attraversarle bisogna camminare lungo un corso d'acqua ricoperto da una volta di liane e di rami che mi avrebbero cavato un occhio, portato via i denti, rotto la testa. Ci sono querce verdi gigantesche, alberi da sughero, lauri, eriche di trenta piedi di altezza». E ci sono ancora e fanno, col mare, bella Marina.
Antonio Romagnino

 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Prevenzione: la vera arma della medicina
Venerdì ad Alghero un simposio su nuove tecniche e metodi di cura
 
PIETRO RUBINO
SASSARI. La medicina fa continuamente passi avanti e, anche se non riesce a guarire da determinate malattie, le tiene sotto scacco prolungando la vita e la sua qualità. Il segreto di questi successi sta nelle diagnosi sempre più perfette, nella strumentazione scientifica che le rende possibili e nell’interdisciplinarietà che porta all’interscambio di informazioni fra medici con diverse specializzazioni.
  Proprio questo è uno degli obiettivi che si propone il Simposio clinico che si svolgerà ad Alghero venerdì 31 marzo e sabato 1 aprile nel salone dell’hotel Catalunya, organizzato dalla cattedra di medicina nucleare dell’università di Sassari, la disciplina che con le sue metodologie diagnostiche di tipo strettamente funzionale riesce a precisare ciò che altri strumenti intravvedono. «La tomografia da emissione di fotone singolo - afferma il professor Giuseppe Madeddu, direttore della cattedra sassarese - può arrivare alla diagnosi di lesione cerebrovascolare quando questa non sia ancora chiaramente evidenziabile con altre metodologie, come nel caso dell’attacco ischemico transitorio, il TIA, di brevissima durata, caratterizzato dall’assenza di lesioni tessutali; può rappresentare il primo episodio di una serie che può evolvere nell’ictus».
 Una metodologia importante, questa della Spect, considerato che le vasculopatie carotidee e quelle cerebrali rappresentano la terza causa assoluta di morte dopo la cardiopatia ischemica e i tumori maligni. E ancora più importante se si considera che, assieme alla Pet, la tomografia da emissione di positroni, può dire una parola risolutiva, in campo neurologico, nell’epilessia che colpisce lo 0,5-1 per cento della popolazione. «L’elettroencefalogramma - afferma il professore Madeddu - rimane il più utilizzato fra i mezzi diagnostici per l’identificazione dei focolai epilettici ma non può essere dirimente in una certa percentuale di casi. A questa indagine si sono associate sia la risonanza magnetica sia la Spect e la Pet che riescono a evidenziare i focolai durante il periodo dell’intervallo fra le crisi epilettiche come aree di ridotta perfusione e metabolismo rallentato».
 Basterebbero queste due considerazioni per giustificare la presenza della Spect e della Pet in ogni centro sanitario di interesse regionale. Ma non è così, anche in Sardegna, dove tutto il Nord va avanti con la sola Spect dell’università di Sassari mentre chi avesse bisogno anche della Pet deve confluire, con un defatigante e sempre abbastanza dispendioso «viaggio della speranza», verso Cagliari dove funziona una Pet e un’altra sta per affiancarsi. Con l’aumento dell’età media della popolazione è invece importante che tutte le strumentazioni medico-sanitarie di avanguardia siano ben distribuite nel territorio per limitare al massimo il trasferimento degli anziani, con utilizzazione sempre più ampia del day hospital e disincentivazione dei ricoveri, che alle volte si fanno anche per motivi sociali più che sanitari. Una medicina nucleare ben dislocata nel territorio potrebbe infatti consentire una individuazione più rapida delle malattie degenerative, in particolare l’Alzheimer e il Parkinson, vera e prorpia piaga dell’età senile.
 L’Alzheimer in particolare colpisce 1 persona su 10 dopo i 65 anni e addirittura la metà di quelle sopra gli 85 anni. La diagnosi nella fase iniziale della malattie è determinante perchè rende possibile instaurare tempestivamente una terapia con farmaci che ne rallentano la progressione e anche perchè consente di indiduare altre patologie con quadro clinico similare, quali le forme vascolari di demenza e la depressione a prognosi più favorevole. La Spect e la Pet sembrano inoltre in grado di predire la progressione della malattia e di seguirne nel tempo l’effetto della terapia. «Per quanto riguarda il Parkinson - continua il prof. Madeddu - gli studi più approfonditi sulle cause di questa malattia sono stati condotti con la Pet, in grado di confermare il sospetto di malattia in pazienti nella fase ancora iniziale, differenziando in particolare dai parkinsonismi e dal tremore essenziale non associato a processi degenerativi cerebrali e trattabile con farmaci specifici con una prognosi più favorevole».
 Tutti questi argomenti saranno trattati in dettaglio nella prima giornata del simposio con dieci relazioni.
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
Rimedi naturali, l’isola chiama l’India
Dalle ricerche contro l’Aids alle intese del virologo La Colla
 
ROBERTO PARACCHINI
 
 CAGLIARI. A Bombay l’aereo atterrò di notte. La sesta metropoli più grande del mondo fa sempre una certa impressione: quelle luci a perdita d’occhio, 13 milioni di abitanti, lasciano senza fiato. Erano le 23 del primo febbraio e iniziava il mese di visita in India del virologo Paolo La Colla. La tabella di marcia del direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie biomediche dell’università di Cagliari sarebbe cominciata con la partecipazione a un convegno, Panacea 2006, sulla medicina naturale che in India ha radici antichissime. E ora - a fine viaggio - uno studio specializzato sta mettendo a punto un brevetto da applicare alle proprietà di alcune piante curative indiane in modo che i titolari tradizionali ne vengano tutelati. L’obiettivo di La Colla era ed è una collaborazione per evidenziare i principi attivi della fitoterapia indiana. La storia inizia da lontano, da una ricerca europea su una crema anti-Hiv, il virus dell’Aids. La sperimentazione sulle scimmie si fa a Gottingen, in Germania, e a Franceville, in Gabon, e dà risultati soddisfacenti. Il progetto, coordinato da La Colla, è stato finanziato dall’Ue con 4 milioni all’interno di un programma per malattie da povertà e coinvolge 5 Paesi europei e uno africano.
 Così facendo il virologo cagliaritano ha conosciuto meglio le realtà dove i farmaci delle multinazionali non arrivano perché, per loro, si tratta di mercati non produttivi. «E non è un caso - sottolinea La Colla - che nessuna casa farmaceutica si sia ancora fatta avanti per continuare la sperimentazione dell’EMC1220, la molecola che rappresenta l’elemento centrale della crema microbicida anti-Hiv. L’obiettivo è di fornire un unguento che serva come prevenzione e sia gestito direttamente dalle donne. Solo che, essendo il mercato di questo prodotto i Paesi poveri, sub-sahariani e non solo, la multinazionali se ne disinteressano».
 In altre occasioni La Colla ha avviato rapporti proficui con alcune multinazionali farmaceutiche, come per la sperimentazione di un composto anti-epatite “C”, ma della crema non ne vogliono sapere. «Queste ricerche costano e loro vogliono grossi ritorni. In questa situazione - sottolinea - mi sono detto che se fosse possibile trovare un principio antagonista nella medicina naturale di questi Paesi, con proprietà analoghe alla molecola di sintesi della crema anti-Aids, il farmacista locale potrebbe preparare la crema. E lo stesso potrebbe avvenire per i principi attivi di altri farmaci, da cui i Paesi poveri sono per lo più esclusi. In questo senso il ruolo delle università è determinante». Poi La Colla ha preso la palla al balzo offrendo l’ospitalità del suo istituto a due ricercatori indiani. «Arriveranno tra poco - spiega - Fanno parte di un rapporto di collaborazione che prevede cento ricercatori su tutto il territorio nazionale. L’ateneo di Cagliari ne accoglierà sei, il mio istituto due, dell’università di Allahabad. Lavoreranno su progetti di bioinformatica. L’India sta diventando la Silicon Valley orientale, ma non ha importanti laboratori biologici. Da qui la sinergia. Nello stesso tempo questo rapporto mi ha permesso di approfondire i discorsi sulla medicina popolare». Nei tre giorni di convegno di Bombay, La Colla ha messo a fuoco il rapporto con associazioni di piccoli produttori indiani di medicina naturale e stipulato alcuni accordi. Finito il simposio, ha continuato il tour con un obiettivo più ambizioso: coinvolgere i laboratori di quel continente in un progetto sulla loro medicina tradizionale, per le fasi di preparazione.
 In India è molto diffusa la medicina ayurvedica (dal sanscrito ayur veda, sapere della longevità), le cui origini risalgono a 2500 anni prima di Cristo e a cui lo stesso greco Ippocrate si era ispirato. Si tratta di una sapienza sanitaria che comprende anche una ricca fitoterapia, particolarmente importante, visto che in India viene utilizzata da circa il 75% della popolazione. Così, oltre a Allahabad, La Colla ha intrecciato rapporti coi dipartimenti di chimica dell’università di Delhi e di Rajkot, di farmacologia di Belgaum, con la società di chimica e biologia di Lucknow, e con la fondazione per le ricerche antitumorali Gabur di Gaziabad. La collaborazione Cagliari-India si basa sul fatto «che il nostro laboratorio - spiega il virologo - è in grado di eseguire tutte le analisi per cogliere le proprietà antagoniste di queste erbe medicinali. Possiamo individuare quelle antiproliferative, antimicrobiche (antibatteriche e antimicotiche), antivirali e quelle che permettono di agire contro le errate configurazioni delle proteine (come nel caso del prione della mucca pazza). Mentre in India non esiste una struttura capace di questo spettro di analisi».
 Negli accordi presi «le proprietà intellettuali di chi detiene i saperi tradizionali sono protette, come auspicato anche dal protocollo di Kyoto: per impedire che si continui a depredare i Paesi poveri». L’obiettivo è ambizioso: gettare un ponte attraverso la ricerca senza cadere nelle contraddizioni delle politiche di sviluppo sbilanciate a favore dell’Occidente. L’economista francese Serge Latouche ha di recente scritto un libro dal titolo Come sopravvivere allo sviluppo (Bollati Boringhieri), in cui partendo dai torti prodotti dalle diverse politiche degli organismi economici internazionali, mette in discussiione lo stesso concetto di crescita. Ma un’altra strada (niente rapine e rispetto delle culture locali) è possibile e La Colla come un novello Davide si nuove in questo solco. Che è poi quello indicato dalla scrittrice indiana Vandana Shiva che con tenacia combatte le mistificazioni delle multinazionali (come in La guerra dell’acqua, Feltrinelli).
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 38 - Cultura e Spettacoli
Domani e dopodomani a Sassari due conferenze di Pier Vincenzo Mengaldo nell’aula magna di Lettere
I racconti e i versi della Shoah
La specificità dell’Olocausto nella storia del Novecento
«Intorno alla letteratura della Shoah» è il titolo di due conferenze che Pier Vincenzo Mengaldo terrà lunedì e martedì prossimi, alle 18 nell’aula magna della Facoltà di Lettere in via Roma a Sassari.
 Le due conferenze sono una sorta di anteprima di un libro di prossima pubblicazione presso Bollati Boringhieri tutto dedicato all’argomento. Mengaldo si era già occupato in varie occasioni di Primo Levi, ma in questo caso l’ambizione è quella di effettuare un excursus su molta parte della letteratura della/sulla Shoah.
 Mengaldo affronterà il tema prima di tutto da critico letterario qual è, attento alle forme e ai luoghi della scrittura. Ma va altresì detto che la sua ricerca ha assunto nel tempo una valenza sempre più storiografica, in quanto, attraverso l’esame di varie posizioni e approcci, intende affrontare alcuni fondamentali nodi problematici legati all’unicità e specificità dell’Olocausto come fenomeno storico. In tal senso va anche ricordato che egli non ha preso in esame solo i testi letterari in stretto senso, ma anche moltissima saggistica. Si tratta, in altre parole, di un primo tentativo di bilancio, per forza di cose parziale, su quanto si è scritto nel mondo a proposito di quello che può forse essere considerato il problema della modernità novecentesca.
 Pier Vincenzo Mengaldo (nato a Milano nel 1936) insegna Storia della lingua italiana all’Università di Padova. Ha curato fondamentali edizioni di Dante Alighieri e di Boiardo e l’antologia «Poeti italiani del Novecento» (Mondadori 1978). Tra i suoi studi «Epistolario di Nievo: un’analisi linguistica» (Il Mulino 1987), «Storia della lingua italiana: il Novecento» (Il Mulino 1994) e «La tradizione del Novecento» (Einaudi 2003). Quest’ultimo testo raccoglie una serie di scritti, pubblicati in prima edizione del 1987, nei quali Mengaldo analizza le vicende poetiche del Novecento italiano nei suoi momenti e nelle sue figure più rilevanti: da Pascoli a Montale, da Fortini a Sereni, attraverso saggi nati in occasione di corsi universitari. Nell’analizzare l’attività dei poeti, ampio spazio viene dato alle attività culturali che in quasi tutti gli autori importanti del Novecento italiano affiancano l’opera poetica, intrecciandosi con questa.
 L’ultimo testo pubblicato da Mengaldo è «Tra due linguaggi. Arti figurative e critica» (Bollati Boringhieri), un denso saggio che affronta diverse questioni: si può spiegare a parole un quadro, una statua, un monumento architettonico? In che modo la scrittura gareggia con la cosa descritta? A quali procedure retoriche e risorse stilistiche attinge la descrizione di un’opera d’arte e che cosa la distingue dalla descrizione letteraria di un paesaggio? Tutti interrogativi a cui sono state date risposte diverse da filosofi, storici dell’arte, estetologi e critici. Mengaldo entra nel vivo della questione attraverso una fittissima campionatura di critici figurativi degli ultimi tre secoli, convocando Denis Diderot, Jacob Burckhardt, Erwin Panofsky, Emilio Cecchi, Roberto Longhi. (red. c.)

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