Press review

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
25 June 2020

L'Unione Sarda


 

1 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 giugno 2020 / PRIMA
L’analisi
RIPRENDERE A PRODURRE

di Beniamino Moro
Alla recente kermesse del Governo sugli Stati generali dell'economia, la Confindustria, con un preoccupato intervento del suo presidente, Carlo Bonomi, ha indicato le priorità che secondo l'Associazione degli industriali devono guidare il governo per la ripresa dello sviluppo economico del Paese.
Nell'immediato, il presidente ha chiesto il pagamento di 50 miliardi di debiti arretrati della Pubblica amministrazione. Poi ha attaccato sulla cassa integrazione, sostenendo che è stata anticipata in vasta misura dalle imprese e ha lamentato gravi ritardi anche per le procedure di sostegno della liquidità. Infine, ha indicato «le tre priorità più essenziali, direi “trasversali” alle misure da varare. La prima è la produttività: la grande assente da 25 anni nel dibattito pubblico italiano». La seconda è quella della misurazione di qualità ed efficacia della spesa pubblica, mentre la terza è costituita da «una cornice credibile pluriennale di sostenibilità della finanza pubblica italiana e di riduzione del debito pubblico». Le tre indicazioni di Confindustria colgono nel segno, perciò torna utile soffermarsi brevemente su ciascuna di esse.
Se l'Italia oggi è nei guai, la colpa non è solo del gigantesco debito pubblico. L'altro grande problema è costituito infatti dalla bassa produttività, cioè dalla scarsa capacità di crescere. Secondo l'Ocse, tra il 1995 e il 2019 l'aumento della produttività del lavoro, misurata dall'aumento annuo del Pil per ora lavorata, è stato dello 0,3%. (...) SEGUE A PAGINA 15

 
ECONOMIA - Pagina 15  SEGUE DALLA PRIMA
RIPRENDERE A PRODURRE
(...) È il più basso tra le 40 economie più sviluppate, a fronte di un aumento medio annuo nei paesi Ocse dell'1,47%. Nel dettaglio, l'Italia è passata dal +1% di incremento annuo tra il 1995-2000 allo 0,1% del quinquennio successivo, per registrare poi una flessione dello 0,2% tra il 2005 e il 2010, seguita da un +0,3% annuo negli anni più recenti.

Il declino della produttività del lavoro si lega a molti fattori. Il primo è costituito dal fatto che nel nostro Paese è sempre più difficile fare impresa. Rispetto all'anno scorso, l'Italia ha perso cinque posizioni nella classifica mondiale del rapporto “Doing Business”, redatto dalla Banca Mondiale, scendendo dal 46° al 51° posto in classifica. Tutti i principali Stati dell'Unione europea ci precedono. Ma sotto la voce “difficoltà di fare impresa” vanno aggiunte anche altre peculiarità italiane, come ad esempio la frammentazione del tessuto produttivo con un'eccessiva presenza di piccole e medie imprese, incapaci di investire in innovazione nell'era della globalizzazione. Inoltre, pesa l'orientamento della specializzazione verso produzioni tradizionali a basso contenuto tecnologico, la proprietà familiare spesso ostacolo a innovazione e competitività, nonché la presenza di familismo, clientelismo, corruzione e inefficienza del sistema giudiziario e del settore pubblico.
Sulla misurazione di qualità ed efficacia della spesa pubblica, infine, sarebbe opportuno che il governo vi prestasse maggiore attenzione, per evitare di continuare a sprecare soldi in spese clientelari e improduttive e come premessa di una riqualificazione della spesa; mentre sulla cornice pluriennale di sostenibilità della finanza pubblica e di riduzione del debito pubblico, un commento finale è doveroso. Con i recenti provvedimenti di lotta al Covid-19 e la conseguente perdita di Pil dovuta alla pandemia, il rapporto debito/Pil a partire da quest'anno farà un balzo dell'ordine dei 20 punti, che dovranno essere recuperati almeno in parte negli anni futuri. L'Europa, con gli acquisti di Btp innanzitutto e poi col Recovery Plan in corso di approvazione al Consiglio di luglio dei capi di Stato e di governo, ci sta dando una mano importane e risolutiva, ma il piano di stabilizzazione e, almeno in parte, di rientro dal debito spetta al nostro governo, proprio, come suggerisce Bonomi, adottando una credibile cornice pluriennale di sostenibilità della finanza pubblica. Dopo gli Stati generali, questi problemi non possono più essere elusi, né lasciano spazio a ipotesi di riduzione dell'Iva come auspicato da Conte.
BENIAMINO MORO
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI






 

2 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 11
Intervista. Daniela Ghironi guida la squadra che ha sviluppato il server dell’app anti-contagio
UNA CAGLIARITANA NEL TEAM IMMUNI
«SCOMMESSA VINTA»

«Da bambina ero già fissata con computer, algoritmi e videogiochi. Sono una nerd», ride Daniela Ghironi, 38 anni, cagliaritana, numero uno del team che ha creato il server di Immuni e dipendente - anche se forse è più corretto dire membro della tribù - di Bending Spoons, azienda tech milanese (150 buste paga, età media 29 anni, fatturato di 90 milioni di euro) che crea app di culto, tra le prime al mondo per numero di download, scelta anche quest'anno come "Best workplace in Italia", cioè luogo migliore in cui lavorare.

Si presenti.
«Sono nata e cresciuta a due passi dal Cep. I miei genitori, che vivevano a Cagliari, sono morti di recente, ho una sorella più grande che fa la missionaria in Brasile. Ho studiato al Pacinotti, indirizzo informatica e poi mi sono laureata all'Università di Cagliari in Informatica. Sono sposata con un programmatore, un compagno di facoltà».

Da cosa nasce questa passione?
«Fin da bambina avevo il pallino della tecnologia, mai interessata alle bambole. Mi hanno sempre considerato tutti un po' strana. Poi mio padre mi ha regalato il Commodore 16, la consolle da collegare alla tv, con un libro che spiegava come ricopiare i codici e realizzare videogiochi. Da lì è stato amore vero».

Ed è diventato il suo lavoro.
«Ho iniziato a lavorare a 16 anni in una piccolissima impresa che faceva siti web; dal 2005 al 2014 al Crs4; ancora, nella sede di Lugano di una multinazionale del settore medicale e, dal 2016, sono a Bending Spoons, la più anziana, e ho il ruolo di Technical leader, coordino un team di dieci software engineers».

Cosa fate?
«Sviluppiamo software per l'analisi dei dati, ad esempio, quanti utenti usano una certa app, per quanto tempo, quali funzionalità piacciono di più. Informazioni che in seguito vengono analizzate da un altro gruppo di colleghi, e servono per migliorare e sviluppare il prodotto».

Ora è arrivata Immuni.
«Negli ultimi tre mesi ho guidato la squadra di quattro persone che si è occupata dello sviluppo del server di Immuni».

Com'è nata l'idea?
«L'input è arrivato dai fondatori della società, si è pensato a uno strumento a supporto di quello che già avviene, il contact tracing. Quando c'è un positivo al coronavirus i medici chiedono di ricostruire la catena dei contatti, un processo lasciato alla memoria del paziente, quindi spesso incompleto. Noi abbiamo pensato di automatizzarlo, che la tecnologia potesse essere d'aiuto».

Ci sono state molte polemiche.
«Sì, soprattutto per la privacy, e questo fa sorridere dato che comunque le autorità sanitarie chiedono nomi e cognomi delle persone che hanno incontrato i contagiati. Sui social ci sono arrivati alcuni insulti, ma anche moltissimi segnali di apprezzamento. Noi ci siamo spesi anima e corpo per fare qualcosa di buono, è stata una cosa pazzesca, e senza guadagnarci nulla».

Come sta andando Immuni?
«La gestione della app è in mano al ministero della Salute, non abbiamo accesso ai dati, lavoriamo solo all'implementazione».

Cosa vuol dire lavorare nell'azienda migliore?
«Intanto vorrei sottolineare che il riconoscimento è reale, ne siamo molto fieri, la classifica è data da sondaggi anonimi ai dipendenti».

Cos'ha Bending Spoons di speciale?
«La cosa più importante è la totale fiducia. Abbiamo la libertà di organizzarci come preferiamo, se lavorare da casa o in ufficio, non ci sono orari da rispettare, le ferie non si chiedono a un superiore. Ci sono le aree relax, dove si può mangiare a tutte le ore, giocare a ping pong, a biliardino, ai videogiochi, leggere e riposare. Poi ci sono i famosi retreat aziendali».

I viaggi.
«Prima si faceva ogni anno un mese di ritiro all'estero tutti insieme, alternando lavoro e gite. Adesso si fa un grande ritiro, soltanto di svago (a gennaio è stata la volta di Bali) e un altro, di solito a ottobre (che salterà) in gruppi ristretti in luoghi diversi».

In vacanza con i colleghi. Mah...
«L'obiettivo è legare, essere amici, divertirsi, coltivare relazioni, aiutarsi l'un l'altro. La produttività sale alle stelle, e tutti sono felici».

Cristina Cossu






 

3 - L’UNIONE SARDA di giovedì 25 giugno 2020 / SASSARI E ALGHERO - Pagina 38
SASSARI
Nuovi alloggi universitari: vince l'Ersu

Dopo la vittoria al Tar, l'Ersu incassa anche quella decisiva del Consiglio di Stato: riprenderanno i lavori nell'ex Fondazione Brigata Sassari, sospesi da due anni. Entro l'anno accademico 2020/21 l'Ersu sassarese conta di aprire la struttura da 75 posti letto, spazi verdi e altri servizi, che è costata quasi 8 milioni e mezzo, compreso l'intervento da 770 mila euro per la sistemazione della piazza con accesso da Viale Adua. I lavori erano iniziati nel settembre 2015 e l'opera doveva essere consegnata nel 2017. Il ritardo non è imputabile all'ente: lo stop era stato conseguente alla risoluzione per grave inadempimento del contratto direzione lavori ed esclusione della società di progettazione Baldo Progetti Engineering srl dall'affidamento della progettazione e direzione dei lavori complementari per difetto sul possesso dei requisiti.

Il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello della società esclusa per l'annullamento della sentenza del Tar. Il direttore dell'Ersu sassarese Antonello Arghittu afferma: «Ora siamo più sereni, abbiamo affidato il servizio di direzione lavori per l'ultimazione delle opere a chi era in graduatoria nella gara d'appalto». Il più è fatto, perché l'avanzamento dei lavori era arrivato al 90%. Il gruppo Gavini-Roggio deve ultimare le opere e progettare la piazza. Nel frattempo l'Ersu ha appaltato alla società di ingegneria Metassociati la progettazione e direzione lavori per la sistemazione dell'area attigua in cui è prevista la realizzazione di un campo di calcetto e degli spogliatoi a servizio anche del campo di calcio di viale Adua ma per la struttura sportiva bisognerà attendere il 2025.
Giampiero Marras




 

La Nuova Sardegna


 

 

 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 25 giugno 2020 / SARDEGNA - Pagina 6
DISTURBO BIPOLARE
ne sono affetti 30mila sardi

In Sardegna 30mila persone sono affette da disturbo bipolare. Sulla base dei dati dei costi diretti e indiretti (stime degli Stati Uniti), nell'isola almeno 180 milioni di euro all'anno vengono spesi per affrontare questa patologia. Mirko Manchia, primo firmatario di uno studio pubblicato sulla rivista European Neuropsychopharmacology, spiega: «Oltre alla problematica clinica, vi è un enorme impatto economico e sociale determinato dal disturbo»





 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 25 giugno 2020 / SASSARI - Pagina 15
Sfrattata dall'Ersu perché aveva dormito fuori. Il dipartimento di Agraria le dà una stanza in foresteria
LA STUDENTESSA ESPULSA TROVA CASA

di Nadia Cossu
SASSARI L'Università ci mette una pezza e trova subito una soluzione abitativa per la studentessa marocchina "sfrattata" dall'Ersu dopo aver trascorso la notte tra lunedì e martedì fuori dall'alloggio. E aver violato, di conseguenza, il regolamento anti-covid che prevede che i ragazzi debbano dormire nelle proprie stanze. Ci ha pensato il dipartimento di Agraria a recuperare per la ragazza di 23 anni, rimasta all'improvviso senza un posto dove andare a dormire, un nuovo alloggio nella foresteria che si trova proprio a ridosso della facoltà. L'impegno del direttore del dipartimento, Antonello Pazzona, e di Luciano Gutierrez, delegato per internazionalizzazione, Erasmus e mobilità studentesca, oltre che per il progetto Formed (lo stesso che ha portato a Sassari la studentessa del Marocco e altri suoi connazionali) ha consentito di risolvere rapidamente una situazione che ha scatenato la rabbia di tanti studenti ospiti degli alloggi Ersu.
In particolare contestano le contraddizioni presenti nel regolamento predisposto nel periodo della pandemia dall'Ente che, ad esempio, consente agli studenti di stare fuori tutto il giorno ma dall'altra parte impone loro di fare rientro negli alloggi la notte, pena l'espulsione. Cosa che è puntualmente accaduta a Meryem, studentessa del Marocco arrivata a Sassari nell'ambito del progetto universitario Formed. Non era forse pienamente consapevole del rischio che avrebbe corso trascorrendo la serata con le amiche e poi decidendo di dormire a casa loro. Quando la mattina si è ripresentata nella struttura dell'Ersu, a Corte Santa Maria, la vigilanza ha suo malgrado dovuto comunicarle la decisione dell'ente. «Le regole sono regole e come tali vanno rispettate» era stata la risposta laconica del direttore Antonello Arghittu. «Abbiamo predisposto un regolamento per garantire la sicurezza a tutti i nostri ospiti, non posso soprassedere». Alla giovane marocchina avevano da subito manifestato piena solidarietà tanti colleghi. Stranieri e sardi. Questi ultimi da mesi, proprio in virtù del regolamento Ersu, non possono tornare a casa nei loro paesi. La regola è chiara: la notte si rientra in alloggio altrimenti lo si perde. In molti hanno sottolineato il fatto che se queste regole potevano essere valide quando l'emergenza coronavirus era in piena evoluzione forse ora andrebbero riviste e, in qualche modo, "ammorbidite". «Queste decisioni non sono in capo all'Università - ha spiegato il professor Gutierrez - sono regole stabilite dall'Ersu. Per fortuna abbiamo risolto presto, la ragazza starà insieme a un'altra studentessa che era stata espulsa per gli stessi motivi due mesi fa. L'ateneo sta riaprendo gli esami in presenza, i laboratori sono in funzione e ripartiranno subito anche le mobilità Erasmus. Naturalmente tutto nel pieno rispetto delle condizioni di sicurezza».


 

Questionnaire and social

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