Press review

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
24 June 2020

L'Unione Sarda


 

1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMA PAGINA
DEL ZOMPO
Accordo tra l’Università e la Regione per migliorare i servizi digitali destinati a cittadini e imprese  
A PAGINA 18

CAGLIARI - Pagina 18
La firma. Del Zompo: “L’Ateneo mette a disposizione le competenze nei settori più avanzati”
PIÙ ISTRUZIONE, RICERCA E INNOVAZIONE
Accordo Università-Regione per potenziare servizi a vantaggio della popolazione

L'obiettivo è far crescere la Sardegna attraverso l'istruzione, la ricerca e l'innovazione, fornendo servizi di alta qualificazione e procedure innovative. La Regione mette risorse e infrastrutture, soprattutto quelle digitali, l'università di Cagliari, invece, partecipa con le competenze e le conoscenze. Nasce così l'accordo siglato ieri tra la rettrice, Maria Del Zompo, e l'assessora regionale agli Affari Generali, Valeria Satta. «Si tratta di un'importante convenzione che va a sostenere ulteriormente le sinergie già in atto tra il nostro ateneo e l'amministrazione regionale, potenziando le collaborazioni su tutta la realtà legata alla tecnologia digitale che, in questa occasione, si potra calare nelle diverse realtà del territorio», spiega Del Zompo.
L'accordo
Nel dettaglio, il protocollo ha come oggetto lo sviluppo di tematiche sull'innovazione didattica a supporto del personale regionale, lo studio di misure nel settore Ict, l'implementazione dei servizi previsti nell'Agenda digitale nazionale e regionale. E ancora: attività per la transizione al digitale, il potenziamento dei sistemi informativi delle amministrazioni, la realizzazione di progetti di studio e ricerca scientifica, la promozione per lo sviluppo scientifico-tecnologico delle imprese, in particolare le piccole e medie imprese, per fare dell'innovazione uno dei motori principali del sistema economico regionale. «Con questo accordo si dà anche una risposta alle esigenze del territorio», spiega ancora Maria Del Zompo. «Le attività, infatti, potranno riguardare figure che non trovano lavoro o che devono ricollocarsi sul mercato dopo aver svolto una formazione superiore». Insomma, persone che, a vario titolo, hanno determinate difficoltà a stare sul mercato del lavoro o che hanno necessità di un upgrade di formazione.
Gli altri asset
L'intesa mira, inoltre, a promuovere e rafforzare la collaborazione per la realizzazione di progetti di ricerca scientifica finalizzati allo sviluppo delle conoscenze utili al territorio e di studi e ricerche per iniziative strategiche a favore della Sardegna.
Sarà infine promosso lo sviluppo scientifico e tecnologico delle imprese facendo dell'innovazione uno dei motori principali dello sviluppo locale. Questo significa che saranno coinvolti non solo e non necessariamente in via esclusiva gli studenti dell'università. Anzi.
«L'università è bella nel momento in cui la si frequenta in presenza e la si porta avanti grazie alle interazioni. Ma la tecnologia ci può dare una mano importantissima in altre realtà e questa rinnovata sinergia con la Regione è assolutamente fondamentale per permettere di avere buoni risultati».
Mauro Madeddu

Il presidente
«UN PROTOCOLLO PER LO SVILUPPO»

«Ricerca e innovazione sono i motori dello sviluppo economico della Sardegna», dice il presidente della Regione Christian Solinas, commentando l'intesa tra Regione e Università di Cagliari finalizzata alla realizzazione di interventi di natura didattica, di ricerca, e di servizi di alta qualificazione. «Le università rappresentano gli interlocutori ideali coi quali la Regione intende dialogare per ottenere un supporto qualificato, con l'obiettivo di individuare obiettivi strategici finalizzati a creare un sistema economico più competitivo, capace di valorizzare i punti di forza della Sardegna, le sue specificità e i beni del suo patrimonio materiale e immateriale», dice ancora il presidente della Regione.
L'accordo, sottoscritto dall'assessora Valeria Satta, valorizza le competenze dell'ateneo cagliaritano che, in questo modo, contribuisce ancora di più alla crescita della Sardegna. «Ho voluto questo protocollo fin dall'inizio del mio insediamento in Giunta», dice l'assessora. «La collaborazione tra la Regione e l'università è di fondamentale importanza perché ci permetterà di lavorare insieme in un'ottica di miglioramento per quanto riguarda i servizi, l'innovazione e la tecnologia».
Sarà soprattutto uno scambio di competenze tra «l'Università che mette a disposizione la ricerca che sta curando e creando sul tema dell'innovazione», per esempio i progetti di ricerca sull'intelligenza artificiale che si possono applicare a tutti i settori economici, dall'agricoltura al turismo, dalla pesca alla sanità, spiega l'assessora, «e tutto quello che l'assessorato regionale agli Affari Generali può produrre nel tempo ma anche già allo stato attuale». (ma. mad.)




 

2 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMA PAGINA
Inchiesta. Nell’Isola 7 su 10 lavorano da casa: quali vantaggi per il servizio
NELLA GIUNGLA DELLO SMART WORKING
Poche regole, problemi di connessione, disagi per i cittadini: è polemica

Oltre sette lavoratori sardi su dieci sono ancora in smart working. In parte rientreranno al lavoro alla fine di luglio, altri a fine settembre, altri ancora torneranno in ufficio all'inizio del 2021. E c'è chi continuerà a lavorare da casa per sempre. E mentre bar e ristoranti muoiono per assenza di clienti, molti si chiedono qual è stata la produttività. Secondo il giuslavorista Enrico Mastino «per molti dipendenti pubblici è stata una lunga vacanza, ma non per colpa loro ed è ora di cambiare. Pensare di risolvere i problemi della pubblica amministrazione con lo smart working è come vincere una gara di Formula uno con una 500». I sindacati chiedono nuove regole e linee internet adeguate. Tra i dipendenti, c'è chi vorrebbe tornare in ufficio ma non può. LEDDA, MANCA ALLE PAGINE 2, 3

PRIMO PIANO - Pagina 2 
Inchiesta. Il giuslavorista Mastinu: il sistema non è preparato
«IL LAVORO AGILE NEGLI UFFICI PUBBLICI? IN MOLTI CASI È STATA UNA VACANZA»

«Pensare di risolvere i problemi della pubblica amministrazione nel nostro Paese con lo smart working è come credere di poter vincere una corsa ippica con un mulo».
Enrico Maria Mastinu, avvocato giuslavorista e docente all'Università di Cagliari, non usa troppi giri di parole
Quindi è d'accordo con il professor Ichino: per molti impiegati pubblici è stata una lunga vacanza? «L'analisi di Pietro Ichino è persino scontata, per migliaia di dipendenti pubblici è stata una vacanza ma non per colpa loro: non poteva che essere così perché lo smart working è uno strumento che richiede complessi adattamenti strutturali delle organizzazioni del lavoro. Era ovvio che in contesti così diversi e così impreparati come quelli della nostra pubblica amministrazione un uso massivo dello strumento avrebbe creato delle difficoltà, il problema non è lo smart working in sé ma i difetti e le deficienze del nostro pubblico impiego».
Tradotto: l'esperimento obbligato nei mesi del lockdown è stato un fallimento? «In molti casi, anche se non in tutti, si è rivelato inadeguato a dare risposte come era ovvio che fosse. Nella pubblica amministrazione lo smart working nasce infatti per gestire situazioni marginali, non per migliorare la produttività ma per venire incontro ad alcune categorie di lavoratori svantaggiati come disabili, donne in maternità o mamme con figli piccoli. È una misura di nicchia insomma, non di sistema».
Ma era anche l'unica risposta possibile alla pandemia o no? «Certo e infatti è stata utilizzata per fronteggiare un'emergenza senza precedenti ma il tema è un altro: si è dimostrata adeguata? Ebbene la risposta è no. In Italia i lavoratori pubblici sono 3,2 milioni su 18 complessivi e improvvisamente tantissimi di loro hanno dovuto lavorare da casa: cosa si pretendeva da una misura nata per essere marginale?».
Ma in futuro le cose potranno cambiare? «Credo che col ritorno alla normalità ci si renderà conto che solo una parte degli impiegati pubblici potrebbe usare lo smart come forma permanente di organizzazione del lavoro. In Italia ci sono un milione di dipendenti nella scuola, 650 mila nella sanità, 600 mila negli enti locali, 500 mila nelle forze armate e 300 mila sono statali in senso stretto: quanti di questi possono fare il loro lavoro da casa? Gli amministrativi forse sì, ma per fare le multe si deve stare in strada, per insegnare si deve stare in aula e chi deve assistere un malato deve farlo in ospedale».
E nel settore privato? «Il discorso cambia perché nel settore privato lo smart working aveva e ha come obiettivo quello di non fermare o migliorare la produttività, tanto che per molti dipendenti non è stata sempre una manna: spesso si sono trovati a lavorare di più dovendo raggiungere degli obiettivi precisi e trovandosi in carico anche l'organizzazione del lavoro, che normalmente spetta al datore. Questa fra l'altro è stata una delle due cause scatenanti della polemica di questi giorni: i lavoratori privati hanno visto la differenza fra loro e quelli del pubblico e si sono arrabbiati perché obiettivamente in molti casi non si tratta di smart working ma di una barzelletta».
E l'altra causa scatenante qual è? «Che il cittadino ha visto che molte cose non funzionavano, ad esempio andando al Catasto o all'ufficio Urbanistico. Per questo dico che l'uso massivo dello smart working durante la pandemia è stato solo un amplificatore dei problemi della pubblica amministrazione e non certo la soluzione».
Massimo Ledda

 

3 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 2
Il dato: nel capoluogo stanziati 100mila euro per gli strumenti informatici
IL SINDACO DI CAGLIARI: «A CASA O IN COMUNE, CONTA IL RISULTATO»

A tre mesi dal trasloco di massa degli impiegati dall'ufficio a casa per il coronavirus, nel Comune di Cagliari è tempo di valutazioni. «La priorità è il risultato: dobbiamo garantire un servizio efficiente ai cittadini ai quali poco importa quale sia la modalità di lavoro scelta», sgombra il campo da dubbi il sindaco Paolo Truzzu che individua tre aspetti utili a decidere sul futuro: «Ora che la città è tornata a una certa normalità c'è una richiesta maggiore di servizi, dobbiamo capire se lo smart working consente di raggiungere i risultati che la gente si attende.
Per questo dovremo stabilire quali sono i servizi indifferibili ed essenziali, in quali casi si può ricorrere allo smart working in modalità spinta e quali possono essere gestiti con un mix tra le due formule».
La produttività
A chi accusa i “lavoratori agili” del settore pubblico di produrre meno, Truzzu replica senza lasciarsi tentare dalle generalizzazioni: «Chi non ha voglia di lavorare non lavora a casa e neppure in ufficio, forse in ufficio è più facile controllare ma non possiamo neppure correre il rischio che i dirigenti anziché svolgere i compiti ai quali sono destinati debbano passare il tempo a controllare gli impiegati».
Le percentuali
Durante l'emergenza da coronavirus, nelle settimane più nere quando le disposizione del governo hanno imposto limitazioni e distanziamento sociale, l'attività del Municipio è stata gestita per circa il 70 per cento da dipendenti collegati alla piattaforma direttamente da casa. Proprio a causa della situazione emergenziale, in parte hanno lavorato con le apparecchiature fornite dal Comune e, in parte, utilizzando il proprio computer personale. Proprio per potenziare le risorse in questo settore, nel documento finanziario approvato qualche settimana fa dall'Aula di via Roma ci sono 100mila euro destinati all'acquisto di strumenti informatici. «Voglio chiarire un aspetto che ritengo essenziale: il Comune anche durante il lockdown ha sempre garantito i servizi primari, il fatto che la maggior parte dei dipendenti fosse in modalità smart working non ha impedito all'amministrazione di proseguire con l'attività e dare risposte ai cittadini», insiste il sindaco.
I numeri
Le cifre diffuse in piena pandemia da Palazzo Bacaredda riferivano di un incremento nel numero di dipendenti in smart working passato in pochi giorni da 120 a 700, pari appunto a circa il 70 per cento del totale. (m.c.)






 

4 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 2
L’esperto. L’opinione di Gianni Loy
«MA COSÌ LA NOSTRA SOCIETÀ HA FATTO IL SALTO TECNOLOGICO»

«Mi sembra esagerato e punitivo parlare vacanza di massa, certo ci sono state alcune categorie di lavoratori pubblici che non potevano oggettivamente fare niente da casa ma in tanti hanno continuato a svolgere le loro mansioni e spesso in modo disagevole, penso ad esempio agli insegnanti».
Gianni Loy, giurista fra i più apprezzati dell'Isola ed ex docente di diritto del Lavoro all'Università di Cagliari dove ha lavorato anche con Pietro Ichino, vede il bicchiere mezzo pieno.
«Nel ricorso di massa al telelavoro riscontro anche molti aspetti positivi - è la sua analisi -, perché abbiamo avuto l'occasione seppur traumatica di far fare alla nostra società un grandissimo salto in avanti nella capacità tecnologica. Ci siamo abituati a usare quegli strumenti informatici che già avevamo a disposizione ma che abbiamo dovuto imparare a sfruttare in tutte le loro potenzialità. Penso ad esempio ai tanti insegnanti che non avevano dimestichezza con la tecnologia e che sono riusciti ad adeguarsi. Per questo sono convinto che questo balzo di capacità tecnica avrà delle ricadute positive».
Attenzione però a vedere solo gli aspetti postivi o “goderecci” dello smart working. «Spesso si ha l'idea che lavorare da casa sia meglio - spiega Loy - ma non è sempre così perché anche il telelavoro nasconde delle insidie. Penso alle categorie deboli per cui la socializzazione è importante ma anche a chi deve stare chiuso in casa in ambienti angusti o dove ci sono problemi di convivenza. Il rischio è quello di aumentare l'emarginazione e l'isolamento sociale».
Ma non solo. «L'altro pericolo, soprattutto per i lavoratori privati, è l'indeterminatezza nello svolgimento della prestazione e degli orari perché paradossalmente si rischia di lavorare troppo e fuori da qualunque tutela e diritto. Per questo è uno strumento da usare con equilibrio tenendo in conto il rispetto dei diritti del lavoratore e della dignità della persona umana». (m. le.)






 

5 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 6
Sanità. Il manager Sorrentino: “Più veloci le operazioni di sicurezza all’ingresso”
LUCE VERDE PER ENTRARE IN OSPEDALE
Controllo di febbre e mascherina: sei termoscanner al Policlinico

L'azienda ospedaliero universitaria di Cagliari installa sei termoscanner per prevenire la diffusione del Covid-19 e verificare che gli utenti indossino sempre la mascherina. Azione necessaria per garantire la massima sicurezza e fronteggiare l'aumento delle presenze connesse anche alla ripresa dei ricoveri programmati. Sei macchinari che misurano la temperatura corporea sono già operativi all'interno del Policlinico Duilio Casula di Monserrato e svolgono un'importante funzione di filtro. Altri due saranno presto operativi all'interno dei locali dello storico presidio del San Giovanni di Dio.
Il protocollo
Al Policlinico i termoscanner si trovano nei due ingressi del Blocco C (ingresso principale, ticket, prelievi e ambulatori di diverse specialità) e nei due del Blocco Q (ginecologia, neonatologia, oncologia, gastroenterologia e neurologia). Al San Giovanni gli ingressi operativi sono quello principale e quello che si raggiunge dal passo carraio, accanto ai nuovi uffici ticket recentemente oggetto di un intervento di ristrutturazione. I macchinari funzionano in base a protocolli precisi.
La sagoma verde
Il paziente dovrà avvicinarsi alla telecamera del termoscanner sino a che la sagoma che disegna il viso non diventerà verde. A quel punto i tornelli si apriranno solo se la sua temperatura corporea sarà inferiore ai 37,5°C e se si indosserà correttamente la mascherina. Se il paziente, per errore, non avrà la mascherina sul viso sarà una voce guida a ricordargli che la dovrà mettere per poter entrare in ospedale.
La svolta digitale
Il direttore generale dell'Aou di Cagliari Giorgio Sorrentino spiega come questo intervento sancisca la piena ripresa di tutte le attività sanitarie garantite ai cittadini: «Nei nostri ospedali le visite e gli esami ordinari sono ripresi da alcune settimane. I termoscanner saranno molto importanti per garantire maggiore velocità alle operazioni di sicurezza all'ingresso delle nostre strutture». Le norme per il contenimento della pandemia hanno imposto all'azienda sanitaria un rapido aggiornamento di procedure e protocolli. Accorgimenti che - anche per limitare gli ingressi negli ambulatori e negli uffici - sono stati tutti nel segno della svolta digitale. Il rapporto con i pazienti si è arricchito grazie alle comunicazioni portate avanti sul canale WhatsApp: servizio a cui rispondono funzionari in grado di fornire informazioni e raccogliere eventuali reclami.
Mat. Mas.





 

6 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 7
INTERVISTA. Tatiana Cossu, antropologa dell’Università di Cagliari: “basta didattica a distanza, riapriamo gli istituti”.
«AULE SOVRAFFOLLATE DA ELIMINARE, più sicure le classi con pochi alunni»

L'esperienza della pandemia, e del conseguente distanziamento, non potrà non avere ripercussioni anche in futuro sul nostro modo di gestire gli spazi e di stare insieme. «Abbiamo sperimentato all'improvviso il blocco totale delle nostre routine in tempo di pace - dice Tatiana Cossu, antropologa culturale dell'Università di Cagliari -. È stato uno choc che, comunque, aiuterà a riflettere sulla necessità di ripensare gli spazi anche per prevenire situazioni come quella che abbiamo vissuto. Si è discusso dei ristoranti, degli alberghi, dei luoghi di svago, ma ho sentito parlare poco della scuola...».
Si è pensato ai divisori in plexiglas, poi alle visiere trasparenti...
«Sì, i bambini tornano in classe, ma come? Anche la scuola è un punto di organizzazione degli spazi che, adesso, devono essere assolutamente ripensati».
In che termini?
«Uno dei problemi della scuola pubblica erano le classi sovraffollate, una condizione di forte disagio a prescindere dalle ripercussioni della pandemia. Davanti a un numero di studenti sempre più ridotto perché si fanno pochi figli, si è puntato per questioni di risparmio sulla chiusura di molte scuole concentrando gli studenti in quelle più grandi».
Questo modello non sarà più ammissibile?
«Credo proprio di no. Bisognerà pensare a classi con un numero ridotto di bambini non solo per le necessarie esigenze di spazio ma anche perché il rapporto fra compagni è molto importante. Non si può trasferire nel mondo virtuale la costruzione di quella socialità che necessita della presenza dei corpi».
Mai più lezioni a distanza.
«La didattica è molto importante in presenza perchè non è un semplice trasferimento di contenuti dal docente agli allievi. È un insieme di comportamenti, anche del linguaggio non verbale, dello stare insieme. Noi parliamo con il corpo. Vale per gli adolescenti e vale ancor più per i bambini: durante la crescita è fondamentale il gioco, il rapporto, il contatto dei corpi per imparare, costruire il proprio sé e le relazioni interpersonali».
E il rispetto delle misure anti-contagio?
«Ovviamente si dovrà studiare come garantire la socialità in sicurezza. Certo è, però, che i luoghi sovraffollati devono essere rimessi in discussione: pensiamo anche alle case di cura con tutti gli anziani messi lì. Un esperimento fallimentare».
Siamo stati costretti a tenerci a distanza dagli altri. Che cosa ha significato, nel profondo, per noi?
«Ci ha consentito di riflettere su come consideriamo la prossimità, su quanto deve stare distante l'altra persona per sentirci a nostro agio».
La bolla dello spazio personale ha solo radici individuali?
«Non solo, è legata pure ad aspetti sociali, di ambito familiare, culturali. Pensiamo ai distanziamenti che si creano nei confronti di quanti vengono ritenuti di razze differenti, che ritroviamo nell'organizzazione urbana con i quartieri ghetto. Poi ci sono gli aspetti legati al genere...».
Al genere?
«Noi donne spesso amiamo la vicinanza tra amiche ma nei confronti degli sconosciuti preferiamo una certa distanza. Su questo si costruisce anche il nostro modo di sentirci».
Sono aspetti naturali, no?
«No. La prossimità, e quindi anche il distanziamento, sono cose che costruiamo volta per volta e che poi sono diventate parte di noi. L'avere interrotto per pochi mesi ci ha reso consapevoli che tutto quello che noi facevamo naturalmente - vicinanza, baci, abbracci, la distanza rispetto agli altri - in realtà è qualcosa che si costruisce. La consapevolezza di questo processo è stata molto importante».
Perché?
«Perché ci ha permesso di capire quali conseguenze possono avere sugli altri i nostri comportamenti. Esserne consapevoli ci deve aiutare a rimettere in discussione magari certe forme di distanziamento sociale che operiamo: è anche uno strumento per diventare migliori».
Piera  Serusi




 

 

7 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 10
Sanità. L’appello lanciato dai giovani medici
«BORSE DI STUDIO, SUBITO I FINANZIAMENTI»

«In un periodo delicato come quello che stiamo vivendo, dove è in corso una pandemia mondiale, sembra che si faccia un enorme passo indietro: non si può e non si deve commettere questo grave errore. La Giunta e il Consiglio regionale devono porre come priorità assoluta la formazione medica post-laurea e dare le risorse alle Università per offrire la massima rete formativa». È l'appello delle associazioni dei giovani medici dopo l'intervento di Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in Consiglio, che ha dichiarato: «Quest'anno le borse di studio potrebbero non partire». Si tratta dei 190 contratti regionali disposti dalla legge approvata a marzo: il problema sta nelle mancate garanzie sui fondi che la Regione dovrebbe assicurare alle Università. «Sappiamo - scrivono - che la legge regionale approvata presenta alcune criticità: le conoscevamo, ma sappiamo anche che sono risolvibili. Confidiamo dunque che si agisca il prima possibile affinché si possa partire subito, da quest'anno, con le borse di specializzazione medica e un aumento serio delle borse per la medicina generale».





 

8 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / ECONOMIA - Pagina 15
L’evento. I creatori: tecnologia e neuroscienze unite per migliorare la qualità della vita
L'IDEA ANTI-EMICRANIA VINCE IL CLAB
Trionfo della giovane startup Aura al concorso dell’Università di Cagliari

La ricetta per combattere l'emicrania e lo stress passa attraverso un dispositivo studiato da un giovane gruppo di ricercatori, che ieri si è imposto nella settima edizione del CLab Unica 2020. Aura, questo il nome del progetto, è stato preferito ai kit odontoiatrici personalizzati e alle molecole per farmaceutica, cosmesi e mangimi.
Il vincitore
«Aura è un progetto che unisce neuroscienze e innovazione tecnologica dando vita ad un dispositivo di stimolazione auricolare del nervo vago, in grado di trattare l'emicrania e gestire lo stress», spiega la responsabile della comunicazione Sara Cocco. «Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita delle persone attraverso lo stimolo del vagus, uno dei più importanti nervi del sistema nervoso autonomo e aiuta a regolare l'attività dei principali organi del nostro corpo, prevenendo e trattando il mal di testa». Il dispositivo è dotato di un generatore e speciali cuffie che immettono leggerissimi impulsi elettrici, stimolando il nervo vago, in base ai bisogni della persona. «Ognuno di noi ha approfondito le proprie conoscenze, a presentarci il vago è stata la neuroscienziata Federica Donno - continua Cocco -, abbiamo riproposto una tecnologia già esistente, personalizzandola al singolo trattamento, in quanto i parametri non possono essere uguali per tutti, ciò che differenzia la nostra start up è il collegare il dispositivo alla smartband personale».
L'intuizione
La smartband, infatti, controlla la frequenza cardiaca, il battito, lo sforzo: questi parametri vengono rilevati da Aura, che è in grado di ricavare l'indice di stress dell'individuo durante l'intera giornata. «Il costo per la realizzazione di una ventina di prototipi è di qualche migliaio di euro - spiega -, ora vogliamo procedere subito con il brevetto e dedicarci alla sperimentazione clinica, ossia alla sperimentazione dei trattamenti in base alla persona».
L'evento è stato organizzato dall'Università di Cagliari, in collaborazione con Fondazione Sardegna e patrocinato dall'Ente nazionale sordi e Netval, per potenziare nuove idee imprenditoriali. Della start-up vincitrice, che ha incassato un premio da 7.500 euro fanno parte Federica Donno, neuroscienziata e psicologa, Roberto Pianu ingegnere, la responsabile della comunicazione Sara Cocco e Gianni Granara, studente di Economia aziendale. Mentre il secondo progetto, Bfix, porta a casa un premio da 5.000 euro e propone un kit personalizzato per la terapia della parodontite da fornire ai dentisti
Francesca Melis





 

9 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 24 giugno 2020 / UN GIORNO IN TV - Pagina 47
TELECOMANDO
“Figli d'Europa”

Su Videolina ritorna “Figli d'Europa”, il format curato e condotto da Maria Carmela Solinas (foto) per la regia di Marcello Del Giudice. In questa nuova edizione, che andrà in onda ogni mercoledì e giovedì alle 18, si farà il punto sulle azioni messe in campo dall'Unione Europea per supportare i paesi membri e soprattutto l'Italia nel momento di massima emergenza, ma grande spazio si darà anche al futuro di Erasmus e alle opportunità per la Sardegna in vista dei fondi della politica di coesione 2021-2027. Nella prima puntata di oggi alle 18 si parlerà del programma Erasmus e dell'intervento dell'Università di Sassari per garantire il rimpatrio e l'assistenza di circa 400 studenti rimasti bloccati all'estero dal lockdown.




 

 

La Nuova Sardegna


 

 

 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMA PAGINA
SASSARI, I CANDIDATI
Plinio Innocenzi: “Rendiamo il nostro ateneo internazionale”

Plinio Innocenzi, professo ordinario di scienza e tecnologia dei materiali del Dipartimento di Chimica, dove è responsabile del laboratorio dei materiali e nanotecnologie, si presenta alla corsa per la successione a Carpinelli con le idee chiare: aprire i confini dell’Università grazie all’internazionalizzazione, trattenere i migliori studenti, attrarre le eccellenze, restituire un ruolo primario all’Ateneo sassarese.  R. SANNA A PAGINA 15

SASSARI - Pagina 15
UNIVERSITÀ >> VERSO LE ELEZIONI
Parla il terzo candidato alla successione del rettore Massimo Carpinelli
«Non abbiamo bisogno di amministratori ma di docenti e ricercatori»
INNOCENZI: «UN ATENEO APERTO E INTERNAZIONALE»

di Roberto Sanna
SASSARI «Una candidatura di rottura? No, non la metterei in questi termini. Sarebbe meglio dire che la mia è una candidatura indipendente, al di fuori dei vari gruppi all'interno dell'Ateneo, che pure sono legittimi. Scendo in campo come elemento di profonda diversità grazie alla mia esperienza personale, molto internazionale, e quindi super partes». Plinio Innocenzi, professore ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali del dipartimento di Chimica e Farmacia, dove è responsabile del laboratorio dei materiali e nanotecnologie, si presenta alla corsa per la successione di Massimo Carpinelli con l'idea di portare un valore aggiunto: aprire i confini dell'Università grazie all'internazionalizzazione, trattenere i migliori studenti, attrarre le eccellenze, restituire un ruolo primario all'Ateneo sassarese. Le elezioni del rettore dovrebbero svolgersi tra settembre e ottobre ma ancora Carpinelli non ha fissato la data, Plinio Innocenzi esce comunque allo scoperto sulle pagine della Nuova Sardegna che già avevano ospitato, nei giorni scorsi, Gavino Mariotti e Giampaolo Demuro nel percorso di presentazione dei candidati.
Il ruolo dell'Università. «Dobbiamo renderci conto che la riforma Gelmini ha portato a una polarizzazione delle risorse verso i grandi centri, svuotando di conoscenze gli atenei come quello sassarese che assistono alla migrazione dei più bravi verso il Nord Italia. Dobbiamo cambiare prospettiva, recuperare attrattività e qualità. Quello che mi ha stupito ascoltando gli altri candidati è che non si stia cogliendo il senso dell'emergenza che ci ha travolto, saremo costretti a riorganizzarci e da questo dobbiamo ripartire anche nella nostra Università: sarà necessario ridefinire nuove modalità di fare didattica e ricerca tenendo presente che le nostre vite saranno profondamente diverse. È comunque una grande opportunità per sperimentare, non possiamo perderla e per questo dovremo avere una forza progettuale straordinaria. Partendo da un nostro punto di forza che è la forte identità storica e radicata nel territorio, dobbiamo aprirci a una dimensione nazionale e internazionale: non credo che il nostro potenziale possa trovare la sua espressione nella Corsica e nelle Baleari, dobbiamo andare oltre un orizzonte così ristretto. Così come quando si parla di progetti, bisogna puntare a quelli veramente grossi».
Università e territorio. «Questa Università ha formato per anni la classe dirigente che è stata a lungo al centro della politica nazionale, sono profondamente convinto che debba ritornare a occupare un ruolo di rilievo in un processo di innovazione e cambiamento. Parole che non deve rimanere uno slogan ma un'azione per la creazione di ricchezza e lavoro per il territorio. A Sassari l'Università è la più grossa azienda del territorio ed è un'anomalia. Nel senso che se andiamo a vedere altre città, faccio l'esempio di Padova ma ce ne sono altre, l'ateneo è al centro di un sistema di altre realtà collegate, una sorta di cerchi concentrici. Qui no, tutto comincia e finisce dentro l'università, è un mondo chiuso. Definire vecchio questo modello non rende l'idea, rinchiudersi in un ruolo locale significa arretrare e regredire fino a diventare una "teaching University", una sorta di super-liceo, e questo non aiuta il territorio perché gli studenti continueranno ad andare via e si rischia di chiudere. Invece dobbiamo aver chiaro quali dovranno essere il ruolo e la visione nel panorama nazionale e internazionale, dobbiamo diventare attrattivi. E lo si diventa solo se si crede che si può cambiare innovando e migliorando la didattica e la ricerca».
Il cambiamento. «Innanzitutto non servono solo le risorse. O meglio, le risorse da sole non bastano se non si cambia atteggiamento. L'internazionalizzazione, in un processo di cambiamento, è fondamentale, ma anche qui bisogna darsi obiettivi chiari: per esempio, in sei anni arrivare ad avere il dieci per cento di studenti stranieri. Non è semplice perché implica un lavoro a tutto tondo, non solo sul versante dell'offerta didattica. Servono strutture, e non c'è bisogno di costruirne nuove, serve un'accoglienza di un certo tipo. Intendo un ufficio dove si parli non solo l'inglese ma anche il russo, il cinese e l'arabo, dove ci sia un collegamento veloce con la questura per i visti. Un sistema di accoglienza altamente specializzato che potrebbe portare Sassari al centro di una rete di università europee che si sta formando in questo momento storico. Perciò dobbiamo attivare lauree internazionali a doppio titolo, corsi in inglese, corsi di formazione nelle lingue e nella cultura italiana. Tenendo conto che partiamo comunque da una buona base, il nostro Ateneo eroga servizi di buon livello e la città e il territorio sono accoglienti: un insieme di cose che agli studenti piacciono. Sassari deve guardare al futuro con ottimismo e ambizione, ora è rinchiusa in se stessa rimanendo al di fuori dei cambiamenti. Resta una delle mete più popolari per l'Erasmus ma quando si passa alla didattica curriculare l'entusiasmo scema. Significa che ci sono grandi potenzialità ma bisogna lavorarci».
Didattica e ricerca. «Il processo di apprendimento non può prescindere dal rapporto diretto del docente con l'allievo. Non dobbiamo dimenticare che le nuove modalità possono essere utilizzate sia nella formazione, sia per attrarre studenti altrimenti esclusi, ad esempio quelli con disabilità. Un altro aspetto fondamentale e complesso è quello della ricerca. Per un ateneo come quello di Sassari fare ricerca competitiva è difficile, perché servono grandi strutture e grandi investimenti. L'ideale è individuare delle aree tematiche e dei ricercatori sui quali puntare. Mi piacerebbe creare due poli, uno tecnico-scientifico e un altro umanistico che sarebbe assolutamente unico: vedrei bene un hub di formazione agroveterinaria capace di diventare un punto di riferimento per tutto il Mediterraneo e non dimentichiamo che c'è sempre grande richiesta per la cultura italiana. Un punto sul quale mi voglio soffermare e al quale tengo parecchio è la parità di genere: a Sassari la percentuale di professori associati donne è del 36 per cento ma nella fascia degli ordinari cala al dieci per cento: sintomo di un qualcosa che non è stato governato nel modo giusto. Stessa cosa per il personale tecnico-amministrativo, che ha bisogno di pari opportunità».
La corsa elettorale. «Con gli altri candidati abbiamo ovviamente idee diverse ma tengo a dire che c'è un ottimo rapporto e stima reciproca. Una cosa che ci accomuna è che tutti vorremmo creare una comunità coesa, è fondamentale perché ci attendono sfide importanti. Non dò un giudizio sul mandato di Massimo Carpinelli: adesso bisogna solo guardare al futuro, ci sono troppe polemiche. Bisogna partire da quello che c'è di buono e partecipare al cambiamento, vivere la crisi affrontando il mondo diversamente. L'Università non è un centro di potere, è un luogo dove si crea conoscenza e la si trasmette. E per guidarla servono docenti e ricercatori, non amministratori. Il senso della mia candidatura vuole essere quella di mettere a disposizione la mia esperienza per aprire l'Università verso l'esterno in modo competitivo partendo da radici forti. E poi, anche se non sono sardo di nascita, mi sento in debito perché in questa terra credo di aver ricevuto più di quanto ho dato e vorrei fare qualcosa di importante».

LA SCHEDA
Laureato in fisica a Padova, ha lavorato a Pechino per l'ambasciata italiana

Plinio Innocenzi è nato a Roma e ha compiuto 60 anni pochi giorni fa. Si è laureato in fisica all'Università di Padova, dal 1994 al 1996 è stato ricercatore associato all'Institute of Chemical Research dell'Università di Kyoto, in Giappone, mentre dal 1997 al 2002 è stato ricercatore nel dipartimento di Ingegneria meccanica dell'Università di Padova. Nel 2002 è diventato professore associato all'Università di Sassari e professore ordinario nel 2004. Nel 2007 e nel 2012 ha ricevuto il premio alla ricerca dell'Università di Sassari, dal 2010 al 2018 ha prestato servizio nell'ambasciata d'Italia a Pechino come addetto scientifico ed è stato membro delle delegazione italiana in importanti vertici internazionali come il G20 per la scienza e tecnologia. Nel 2017 ha ricevuto il premio del ministero della Scienza e tecnologia cinese per il contributo alla cooperazione scientifica tra Italia e Cina. I suoi interessi di ricerca sono focalizzati nelle nanoscienze e nella nanochimica, è nella lista dei "Top italian scientist" e tra i centomila ricercatori più influenti al mondo.




 

 

11 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 3
I vincitori di Contamination Lab: trionfa "Aura"
Una cura per emicrania e stress. Sul podio Bfix e Zoe
INNOVAZIONE E STARTUP: LE IDEE PER LA RIPRESA PARTONO DAI GIOVANI

Mario Frongia
CAGLIARI Un anno di lavoro, tra studio e laboratorio. Quattro minuti per presentare il progetto alla giuria. L'intera serata di lunedì per festeggiare: la startup Aura ha vinto il CLab 2020 proponendo un generatore e cuffie per una particolare stimolazione del nervo vago tramite impercettibili impulsi elettrici che permette di controllare emicrania e stress. L'idea di Federica Donno (psicologa), Roberto Pianu (ingegnere), Sara Coco (comunicazione) e Giuseppe Granara (studia economia aziendale) coniuga neuroscienze e innovazione. Un mix che è piaciuto ai giurati e ha incassato premi da Secured solution (1.500 euro), Fondazione di Sardegna (4.000), Banco di Sardegna (2.000), più due mesi di stage a The Net Value, noto incubatore di idee vincenti. Un bel colpo.
Aura è stata capace di imporsi su BFix e Zoe, seconda e terza, autrici di altre interessanti intuizioni. I primi hanno proposto un kit odontoiatrico personalizzato per la terapia della parodontite con la rigenerazione ossea magnetica, aggiudicandosi 3.000 euro da Fondazione e 2.000 dal Banco; si tratta di Martina Portas (dentista), Diego Garau (economista), Rita Saiu (studia ingegneria biomedica) e Matteo Francesco Manca (studente odontoiatria). Zoe ha evidenziato la bontà dell'estrazione in modo sostenibile dei carotenoidi da frutta e verdura inutilizzabile, le molecole sono utilizzabili in farmaceutica, cosmesi e mangimi. Irene Locci (aspetti finanziari), Luca Iesu (studente biologia), Francesco Congiu (studente scienze politiche) e Marta Tanas (studia biologia) hanno realizzato un prototipo da peperoni invenduti e vinto 3.000 e 1.000 euro.Ieri, con oltre duemila accessi su Youtube per il ContaminationLab dell'Università di Cagliari è stata una giornata doc. Fin dai premi speciali del rettore Maria Del Zompo e dell'ambasciata italiana negli Usa per le altre due finaliste, Claint e Capaye. Il percorso curato da Maria Chiara Di Guardo, prorettore Innovazione e territorio dell'ateneo, sintetizza saperi, competenze multidisciplinari, intuito. «Il CLab è fucina di idee che si traducono in opzioni economiche, posti di lavoro e brevetti utili alle imprese. Per i mercati le idee delle startup finaliste sono allettanti» dice la professoressa Di Guardo. Il CLab di UniCa - guida del network nazionale per i ministeri di Sviluppo economico e Università - ha avuto i patrocini di Ente nazionale sordi e Netval. «Idee innovative e proficue. Abbiamo segnato la strada» le parole della Del Zompo. La settima edizione dell'evento - di rilievo l'intesa con Innois, iniziativa Fondazione di Sardegna sul tema innovazione - ha brindato ad Aura, BFix e Zoe. Con Capaye, prima Influencer tv al mondo, che ha vinto 2.500 euro. Mentre Claint - con una vernice che attiva autopulizia e purificazione dell'aria - ha portato a casa i 2.000 euro messi in palio dal rettore.





 

12 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 3
Aiuto ai non udenti
INTENDIME VOLA: VERTIS-VENTURE CI CREDE E INVESTE 2,3 MILIONI

CAGLIARI Dalla vittoria del «Premio dei premi» per l'innovazione, nel 2016, alla partnership finanziaria stretta con i fondi Vertis-Venture per un investimento intorno ai 2,3 milioni. È il cammino esaltante della startup cagliaritana «IntendiMe», che ha come obiettivo rendere più facile la vita ai non udenti. Nata in una delle edizioni del «Contamination Lab», organizzato dall'università di Cagliari, la società ha fatto passo da giganti in poco meno di 4 anni. A far breccia fra gli investitori è stato il software che insieme a due hardware trasforma lo squillo del telefono, o altri apparecchi come il citofono, in vibrazioni scaricate sul bracciale al polso della persona non udente, che si rende così conto della chiamata. L'idea di «IntendiMe» restituisce piena autonomia ai non udenti anche se sono soli in casa o sul posto di lavoro. In questi anni l'innovazione tecnologica ha attirato le attenzioni di diversi investitori e alla fine Vertis-Venture è stato il primo fondo a credere nel brevetto. «Questo investimento - fanno sapere dalla startup - ci permetterà di accelerare l'ingresso sul mercato del nostro KitMe, è il nome che abbiamo dato al software, per farlo diventare entro l'anno un prodotto acquistabile». Di sicuro questa discesa in campo sarà un'altra grande soddisfazione imprenditoriale ma anche sociale per chi da sempre ha creduto nel progetto sin dall'inizio: Alessandra Farris, figlia di genitori non udenti, Giorgia Ambu, Antonio Pinese, Leonardo Buffetti, ingegnere elettronico sordo fin dalla nascita, e poi Filippo Lorenzi, Flavio Venturi e Francesco Quartuccio.



 

 

13 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / SARDEGNA - Pagina 4
CAGLIARI
Innovazione, accordo tra università e Regione

CAGLIARI Istruzione, innovazione, ricerca e sviluppo sono i quattro pilastri dell'accordo firmato dall'assessora agli affari generali, Valeria Satta, e dal rettore dell'Università di Cagliari Maria Del Zompo. L'obiettivo è dare gambe a un piano di formazione e-learning del personale dell'amministrazione regionale, sostenere l'Agenda digitale e l'Ict in generale. «Si tratta di una convenzione importante per l'Università - ha sottolineato - ha detto Maria Del Zompo - perché rafforza le sinergie che già esistono sulla didattica, la ricerca e i servizi. Noi siamo pronti a mettere a disposizione conoscenze e competenze per far crescere il territorio». Il protocollo promuoverà e rafforzerà anche la collaborazione per la realizzazione di progetti a sostegno di scelte strategiche. «Ricerca e innovazione sono i motori dello sviluppo economico. Le nostre università sono gli interlocutori ideali con cui la Regione vuole dialogare per costruire un sistema economico più competitivo, capace di valorizzare i punti di forza della Sardegna, le sue specificità e i beni del suo patrimonio materiale e immateriale», è stato il commento del governatore Christian Solinas e dell'assessora Valeria Satta.





 

14 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / SASSARI - Pagina 17
Studentessa marocchina viola il regolamento anti-Covid e ora non ha più la sua stanza
DORME FUORI DALL'ALLOGGIO ERSU, ESPULSA
La rabbia dei colleghi: è disumano

di Nadia Cossu
SASSARI Meryem ha 23 anni, uno sguardo spaventato che a malapena riesce a nascondere dietro le lenti spesse degli occhiali da vista. È del Marocco e sta frequentando la facoltà di Veterinaria a Sassari, due anni di studio nell'ambito del progetto universitario Formed. Un'iniziativa per la promozione della cooperazione internazionale tra le istituzioni universitarie della sponda sud del Mediterraneo e della Sardegna che ha l'obiettivo di garantire la mobilità degli studenti delle Università di Tunisi, Algeri I e "Mohammed V" di Rabat verso gli atenei di Cagliari e Sassari. Lei, come altri studenti del progetto, vive negli alloggi Ersu della struttura di via Coppino.
Meryem Ouanin lunedì notte è uscita con alcune amiche, hanno mangiato qualcosa insieme e poi ha passato la notte da loro. Ieri mattina intorno alle 11.30, al rientro nell'alloggio è stata bloccata all'ingresso: «Ci dispiace, lei è stata espulsa. Come ben sa il nuovo regolamento anti-covid vieta agli studenti di passare la notte fuori sede. Da ora in poi non potrà più stare qui». Facile immaginare la paura, lo sconforto, il senso di smarrimento. Meryem ha avvisato gli altri studenti e colleghi che condividono il suo stesso percorso di studi. Immediatamente un gruppo di ragazzi, circa una ventina, si è stretto intorno alla 23enne marocchina: «È assurdo, non si può lasciare per strada una studentessa che qui non ha famiglia, non parla bene l'italiano e non saprebbe dove andare a dormire - è stata la protesta accesa dei tanti giovani che ieri hanno passato la serata con la ragazza espulsa - Il regolamento? È pieno di contraddizioni. Sembra quasi che uno il Covid se lo possa prendere solo di notte e non anche di giorno. Abbiamo anche proposto di fare una colletta che consenta a Meryem di sottoporsi al tampone, così sono tutti più tranquilli. Niente da fare. Una cosa è certa: non lasceremo la nostra collega per strada da sola. Non si sono nemmeno preoccupati di trovarle un alloggio alternativo, come invece è accaduto in altri casi. Venerdì mattina manifesteremo, abbiamo già ottenuto l'autorizzazione dalla questura. Abbiamo una borsa di studio e sarà anche vero che questa non è casa nostra, come ci è stato detto, e non possiamo quindi stabilire noi le regole ma qui si parla davvero di falle enormi nel regolamento e di questioni che sono semplicemente prive di logica». Da parte sua l'Ersu ritiene di aver agito correttamente, considerato che tutti gli studenti sono a conoscenza delle disposizioni in vigore. «Resta però il fatto che lasciare dall'oggi al domani una ragazza straniera senza un letto dove dormire noi personalmente troviamo sia disumano». È l'amara considerazione conclusiva degli studenti.

Il direttore Arghittu fermo nella decisione
«LE REGOLE ESISTONO E VANNO RISPETTATE»

«Ci sono regole precise in vigore da quattro mesi, da quando cioè è scoppiata la pandemia. Vanno rispettate e non posso soprassedere. Perché se lo facessi mi si rivolterebbero contro le decine di ragazzi sardi che alloggiano sempre all'Ersu e che da mesi non tornano a casa, proprio in virtù del regolamento. E vivono a 150 chilometri da Sassari...». È irremovibile il direttore dell'Ersu Antonello Arghittu (nella foto) per quanto riguarda il provvedimento preso nei confronti della studentessa marocchina. «Mi dispiace molto ciò che è successo ma lavoriamo seriamente e abbiamo il dovere di tutelare i nostri ospiti. Durante il Covid ho assegnato solo stanze singole, abbiamo mantenuto aperte tutte le quattro strutture presenti in città, anche se avremmo potuto riunire i ragazzi in una sola. Studenti che, oltretutto, non stanno facendo tirocini, lezioni o esami in presenza. La studentessa conosceva le regole, così come chiunque stia qui. Se non le rispettano sanno a cosa vanno incontro». (na.co.)






 

15 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / SASSARI - Pagina 17
TEAM DI SVILUPPO
oggi webinar dell'Università

SASSARI Si parlerà di "gestione della proprietà intellettuale" nell'incontro sulla piattaforma Teams in programma questa mattina a partire dalle 10. Proseguono quindi i webinar Start Cup Sardegna, gratuiti e aperti a tutti, organizzati dall'Università degli Studi di Sassari. Oggi alle 10 si parlerà in particolare del più grande valore di un'azienda innovativa in fase di Start up: ossia le competenze e il know how del team di sviluppo. Il tema, di grande interesse soprattutto per chi vuole fare impresa, sarà approfondito dalla professoressa Monica Cossu - docente di Diritto e brevettabilità alla Università degli studi di Sassari - con la quale si parlerà di proprietà intellettuale e dei principali strumenti di tutela della stessa. Nelle indicazioni fornite dagli organizzatori sono spiegate le modalità di connessione: sarà sufficiente cliccare su Webinar SCS 2020 e in questo modo ci si potrà collegare direttamente alla pagina Teams per poter partecipare all'incontro online. I seminari, come fanno sapere gli organizzatori, rientrano in un ciclo di attività di orientamento e formazione all'imprenditorialità e alla valorizzazione delle proprie competenze e conoscenze che l'Università di Sassari organizza proprio all'interno della competizione Start Cup Sardegna.



 

 

16 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 24 giugno 2020 / PROVINCIA DI ORISTANO - Pagina 38
Ghilarza, avviato il procedimento internazionale per la creazione del polo museale
TUTTO IL MONDO PROGETTA NEL NOME DI GRAMSCI

GHILARZA La caratura di Antonio Gramsci, il peso indiscusso della sua eredità culturale e politica e il concorso di progettazione che disegnerà il futuro centro di documentazione e divulgazione dedicato all'intellettuale annoverato tra i più carismatici del Novecento, non potevano che meritare un'eco internazionale. A dare una visibilità planetaria al bando sulla creazione del Polo museale pubblicato dall'Unione del Guilcer e dal Comune di Ghilarza è la piattaforma Concorrimi.it, sulla quale lunedì si sono ufficialmente aperti i termini di partecipazione.
Al voluminoso fascicolo consultabile sul portale dell'Ordine degli architetti di Milano è accluso anche il documento preliminare di progettazione redatto dal responsabile unico del procedimento dell'Unione dei Comuni con la consulenza scientifica del Dipartimento di ingegneria civile, ambientale e architettura dell'università di Cagliari. L'elaborato tecnico contiene una traccia per i candidati e recepisce a sua volta gli indirizzi della Fondazione Casa Museo Gramsci di Ghilarza.
L'orientamento del partenariato pubblico e privato è quello di inserire il polo museale all'interno di una strategia di riconoscimento e valorizzazione dei luoghi della formazione del giovane Gramsci «costruendo e proiettando i tanti micro-luoghi in un sistema più ampio che parte dalla Sardegna come primo e originario paesaggio gramsciano e che trova rispettivi ambienti tematici nelle esperienze torinesi, russe, romane e in un possibile itinerario delle carceri», sono gli obiettivi perseguiti.
Si prevede l'ampliamento degli spazi espositivi secondo una concezione museale interattiva e contemporanea, quindi una nuova unità di accoglienza e un punto d'informazioni, la creazione di un auditorium con trenta posti, di un'ampia sala per le esposizioni temporanee, di un libreria, una sala per le proiezioni, l'archivio storico gramsciano e spazi per le attività di studio e laboratorio.
Il costo del progetto è di un milione. Il concorso è suddiviso in due parti. In prima battuta saranno selezionate le cinque migliori proposte che gli studi di progettazione, i raggruppamenti di professionisti e i singoli architetti o ingegneri dovranno presentare entro il 27 agosto. Ai concorrenti ammessi alla seconda fase sarà richiesto un approfondimento sulla strategia di costruzione di un potenziale sistema dei paesaggi gramsciani, sulla riqualificazione degli spazi interni ed esterni a Casa Gramsci, all'immobile adiacente e alle vecchie sedi del Pci e della pretura. E ancora, l'esplicazione delle modalità espositive, l'indicazione della dotazione tecnologica e il ricorso a tecniche costruttive ecosostenibili.
Questo iter si concluderà il 26 novembre e successivamente sarà selezionata la proposta progettuale che ispirerà la realizzazione del Polo museale Antonio Gramsci, da Ghilarza al mondo. (mac)

 

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